-Capitolo 5-
Tornai a casa, salutando Miranda che stasera avrebbe avuto le prove del coro in chiesa. Era molto devota a tutto ciò. Credeva fermamente alla parola del signore. Io non sapevo più a cosa credere. Ma tutte le domeniche mi radunavo con Simon ed alcuni amici, andando in chiesa. Le mie preghiere erano sempre le stesse. Sperare di trovare tracce di un passato, spazzato via come briciole in un cammino disperso. Disorientata su chi fossi in realtà. Un involucro di me, insensato.
Mi sarei voluta ricordare di chi fossero questi capelli rossi, questi occhi azzurri, che ogni mattina guardavo allo specchio ovale del bagno. Avrei voluto sapere da chi avessi preso questo fisico esile, le natiche rotonde e sporgenti, la mia terza di seno, le mie gambe lunghe e tornite, il ventre piatto dove l'ombelico era leggermente in fuori. Un difetto, che Simon invece apprezzava. Il neo sotto la pianta del piede. Avrei voluto scoprire se avessi avuto un fratello, una sorella. Ma forse le mie preghiere non venivano accolte come avrebbero dovuto. Mi abbandonavo a ciò che mi offriva il presente.
Mi feci un bagno rilassante, lasciando fluttuare i capelli nell'acqua che si muovevano come alghe. La musica che riproduceva l'iPhone che avevo posto sul lavabo di marmo bianco perlato, suonava una canzone dolce.
Mi passai la mano umida sul volto, ricordandomi che stasera non sarei sfuggita al tornado Johanna.
Uscii stando attenta a non scivolare, ed appoggiai la pianta del piede sul tappeto blu, avvolgendo il corpo pervaso da brividi di freddo, in un telo bianco.
Afferrai l'iPhone, spegnendo la riproduzione casuale, per chiamare Simon. Si era preso la briga di dire di sì, al posto mio.
Portai il telefono all'orecchio, sentendo quanto si fosse surriscaldato, finché non partirono gli squilli vivaci.
-Pronto, Amore- Dopo secondi la voce gentile di Simon fece la sua comparsa.
-Simon...perché hai detto che sarei andata volentieri, con Joy?- Gli domandai burbera, e forse troppo stizzita. Lo sentì sospirare, e potevo immaginare che stesse annuendo con il pollice e l'indice tra il setto nasale.
-Hai ragione amore. Solo che mi sembrava un'idea carina, andare al compleanno della sua cugina di sei anni. Ti piacciono i bambini, vedrai che sarai un'ottima animatrice- Ammise amorevole, mentre tossii con veemenza e notai il mio viso allo specchio, divenire paonazzo e poi rosso dalla rabbia.
-La cuginetta. Già, mi divertirò un mondo. Ci vediamo stanotte Simon- Affermai usando un tono pacato, che non rivelasse la mia ira funesta nei confronti di quella squinternata.
-Certo amore, un bacio- Mi salutò, mentre chiusi la chiamata. Aprii la porta del bagno con uno scatto, tanto da far sbattere la porta contro il muro con un tonfo pesante e tornare debolmente indietro con un cigolio. Buttai il cellulare sul piumone azzurro che rimbalzò come un piccolo sassolino lanciato nell'acqua.
Lasciai cadere l'asciugamano avvolto e fermato intorno al seno, avviandomi verso l'armadio. Mi avrebbe sentito stasera Johanna. Addirittura, la festa di compleanno di sua cugina. Dovevo essere arrabbiata ed invece scoppiai a ridere come una matta. L'inventiva non le mancava.
Scelsi un vestito nero, con uno scollo a cuore impreziosito da perline, ed un paio di ballerine nere. Amavo la comodità anche se molto spesso a lavoro indossavo i tacchi.
Lisciai i capelli già abbastanza lisci di mio, e mi passai sopra uno spray profumato alla vaniglia, distribuendolo sulle ciocche, sciacquandomi le mani.
Guardai il display illuminarsi e mi fiondai a raccoglierlo sul letto.
Da Joy
-Scenda signorina-
Raccolsi la borsa a tracolla e scesi le scale, aprendo la porta per richiuderla dolcemente. Guardai oltre al cancello in ferro battuto la Smart bianca di Johanna. Mi apprestai a sorpassare il vialetto in pietra, costeggiato da piante di ogni colore, dove un dolce profumo inebriava. Miranda aveva una fissa ed anche il pollice verde.
Aprii lo sportello, richiudendolo e guardando Joy sorridere.
"Sei una bugiarda e totalmente pazza" la ripresi senza salutarla, vedendola scoppiare a ridere.
"Hai fiato per gonfiare i palloncini?" Mi riprese derisoria, innestando la prima per partire, mentre mi aggiustai la cintura.
"Credo che te lo faranno gonfiare sul serio il palloncino...se ti fermano in stato di ebrezza" ricalcai risoluta, mentre innalzò le spalle.
"So come irrorare la pillola mia cara" sfoggiò un sorrisetto malizioso ed io spalancai la bocca. Sapeva sempre come farmi rimanere stupita, ed io che ancora mi stupivo delle sue battute sfacciate.
Parcheggiò la macchina nel parcheggio ghiaioso davanti al Blue Monkey. Un locale rinomato a San Francisco. Non per questo poco raccomandabile. Rimaneva in periferia e Dio solo sapeva che gente girava, e che roba addirittura. Mi lasciavo coinvolgere dai suoi colpi di testa.
Hope cara, se non volevi andarci potevi mandarle un messaggio. Io credo che la libertà che ti sei sempre preclusa, gridi dentro di te in modo prepotente. Vuole uscire e volare libera come le farfalle che si adagiano su un fiore ormai troppo stanche.
La mia vocina interiore si fece largo, in una di quelle poche volte che mi riprendeva. La scacciai vedendo Joy bussare sul finestrino. Non mi ero accorta che era già scesa. Vivevo davvero con la testa tra le nuvole.
Scesi, richiudendo lo sportello e vedendola fissarmi.
"Conosco un bravo psicologo. Me lo sono scopato una o due volte, un mese fa. Ho il suo numero" mi confidò derisoria mentre ridussi gli occhi a due fessure strette, quasi da non vedere niente.
"Conosco un raduno per ninfomani. Se vuoi ti iscrivo" la ripresi saccente, e ci prendemmo per braccetto ridendo d'ilarità, quasi a far uscire le lacrime sotto le rime cigliari.
Aprimmo la porta in vetro del locale, e le luci ad intermittenza mi colpirono in pieno viso. Una musica forte, rimbombava tra le pareti multicolore grazie ad i led, dal verde al giallo, al rosso al blu. Un gioco di colori dove rimanevi incantata.
Uno schermo gigante era posto in fondo al locale, dove avvenivano immagini, come scoppi di fuochi d'artificio, ed una console dove un ragazzo si accingeva a mixare le musiche anni 80 rendendole moderne.
"Vieni" urlò vicino al mio orecchio Joy, per sovrastare la musica ed annuii. La seguii fino al bancone bianco, richiamando con la mano l'attenzione del barista.
"Sei venuta" proruppe un ragazzo verso Joy, mentre mi accomodai sullo sgabello in pelle. Era per questo che eravamo venute qui. Per la sua scopata notturna. Incredibile!
"Ho portato un'amica con me" m'indicò con un cenno della testa per poi guardarmi. Allungai la mano verso il ragazzo dai capelli castani e rasati solo da un lato, che mi sorrise.
"Hope, piacere" strinsi la presa salda, dicendomi che si chiamava Thomas.
Ordinammo due Manhattan, ed osservai un oliva verde galleggiare all'interno, appuntata da uno stuzzicadenti.
Notai Thomas pulirsi le mani al grembiule nero e fare il giro per avvicinarsi a Joy.
"Vuoi ballare?" Le chiese ad un palmo dal viso, cingendole il fianco esile.
Joy spostò lo sguardo su di me, come a chiedere una sorta di approvazione che le diedi con un ammiccamento della testa.
Mi buttò un bacio volante che come sempre afferrai, vedendola scendere con un balzo dallo sgabello ed intrecciare le dita a quelle di Thomas. Si fecero spazio tra la folla ed iniziarono a ballare avvinghiati. Abbassai la testa sorridendo, e rimanendo a bere ed ascoltare la musica, muovendomi sul posto.
Se mi sarei mossa, mi sarei persa di sicuro.
Restai la bellezza di dieci minuti, ma la musica iniziava ad essere assordante ed a pompare nei timpani indolenziti. Lo sgabello stava iniziando a divenire scomodo per le mie povere natiche, e se avessi preso un altro drink, sarei finita chissà dove.
Decisi di uscire a prendere una boccata d'aria fresca e rinsavirmi dal casino, appurandomi che Joy stesse ancora ballando. O meglio, limonando. Era davvero impossibile.
Aprii la porta ed un refolo di vento dolce, mi avvolse. Mi restituii un po' di vitalità.
Mi appoggiai al muro di mattoni rossi, esalando un respiro. Finché non vidi un ragazzo rasato avvicinarsi a me. I pantaloni verdi militari a cavallo basso fermati dentro gli scarponcini Beige, ed un giubbotto nero di pelle. Gli occhi neri come una notte senza stelle a contornare il tutto. Un brivido di freddo e paura si presentò sulla mia pelle che si accapponò. Distolsi lo sguardo pregando che non mi facesse niente.
"Ciao bella. Hai d'accendere?" Mi girai lentamente con il volto, sentendo la sua voce roca ed impastata, insieme ad un puzzo di alcol e quello che sicuramente non era tabacco.
"N...no" balbettai fievole, tentando di restare con il battito normale.
"Come mai tutta sola?" Alzò il mento, squadrandomi da capo a piedi e si passò la lingua sul labbro, come se fossi stata una preda succulenta. Serrai gli occhi quando la sua mano si posò su una ciocca dei miei capelli e ritrassi un singulto.
"Io...non ho niente davvero" mi allontanai un po', ma persi un secondo l'equilibrio finendo in un irrigatore rialzato e rosso, sbattendo contro il muro, dove il palmo strusciò graffiandosi.
"Hai paura dolcezza? Non devi averne. O mi dai i soldi o mi dai il tuo corpo" un ghigno malefico, si formò sul suo volto scavato, mentre sentii di nuovo la paura cogliermi impreparata.
Avevo dimenticato la borsa in macchina di Joy, per la mia stupida sbadataggine.
"Non ho contanti con me. Ti prego" una lacrima solcò la mia guancia, e tentai di allontanarmi, così iniziai a correre. Ma una mano stretta saldamente intorno al mio posto, mi fece girare con violenza e sbattermi al muro dove sussultai dal dolore.
Avvertii gli occhi inondassi di lacrime, ed il suo volto che adesso sembrava uno schizzo fatto con gli acquerelli, avvicinarsi al mio. Mi prese il mento tra il pollice e l'indice, tenendolo fermo e stretto.
"Allora mi pagherai con il tuo corpo da puttana" affermò rude, sentendo una risata e la sua mano viscida salire tra le mie gambe che tremavano. Non riuscivo a parlare o a respirare. Ormai gli occhi non avevano più visibilità e potevo solo pregare. Pregare chi non aveva mai accolto le mie suppliche.
Altre lacrime scesero, a dissetarmi le labbra chiuse. Finché non mi sentii strattonare e liberare da quella presa. Riaprii le palpebre e vidi un uomo a cavalcioni, addosso al maniaco. Gli sferzò un pugno in pieno viso, con talmente tanta violenza da farmi rabbrividire. Notai la guancia dell'uomo muoversi come un sacco da box da prendere a pugni, ed il labbro spaccato, fargli colare un rivolo di sangue caldo che finì sull'asfalto.
"Corri" m'intimò con una voce rauca e possente, facendomi rimanere attonita. Volevo dirgli di smetterla di mostrarsi ed avere il tempo di ringraziarlo mentre le lacrime si erano asciugate sulla mia guancia arrossata.
Non si voltò, ma continuò.
"Ho detto corri, cazzo! E tu se la tocchi di nuovo...sei morto" lo sentii sussurrare piegandosi di più sul volto dell'uomo quasi privo di sensi. Mentre iniziai a correre senza voltarmi. Mi aveva salvato la vita. Non sapevo chi era ma mi aveva salvato.
Corsi ancora più forte, per raggiungere il parcheggio. Ma non riuscii ad evitare un bagliore accecante che mi colpì in pieno, mi girai un secondo con il volto verso destra, il tempo di rendermi conto di tutto. Sentii il mio corpo balzare su qualcosa di duro e freddo, e ripiombare come una foglia secca al suolo, facendomi perdere i sensi, avvertendo solo delle voci molto lontane, troppo per udirle.
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