-Capitolo 44-
Andava talmente veloce in macchina, che lo sfrecciare delle macchine sull'asfalto, diveniva quasi un ruggito al nostro udito.
Il caso volle che nessun semaforo ostacolasse il nostro rientro. I pianeti erano dalla nostra parte. La luna voleva bearsi dei nostri corpi eccitati, che si sarebbero di nuovo riassaporati.
Non riuscivo a stare ferma sul sedile, le mie gambe si stendevano, poi si ritiravano su, si accovacciavano da un lato, era tutto un movimento, per placare l'agitazione che stava subendo la mia intimità contraendola, ed il basso ventre che vibrava.
Alan manteneva lo sguardo lussureggiante sulla strada, come a raggiungere la sua meta tanto ambita.
Non ero riuscita ad ottenere il suo bacio, ma la punta della sua lingua, che sfiorò la mia, era stato qualcosa di magnifico.
Non avevo mai così desiderato ardentemente un bacio. Ero convinta che un bacio dato da lui mi avrebbe fatto perdere, mi avrebbe fatto sentire smarrita, ma viva dentro.
Consideravo da sempre il bacio, come il gesto più intimo che esistesse. Qualcosa che suggellava il vero amore, e ti risvegliava da un lungo sonno. Come quei film della Disney un po' consunti, invecchiati, ma che mi facevano sognare e trepidare per un bacio. Questo sentivo quando lui mi sfiorava anche solo con la sua lingua vellutata, morbida, umida. La trepidazione di un'attesa stupenda e spaventosa.
Ero sicura che se ci fossimo baciati davvero, lasciando che la sua lingua avvolgesse la mia, avremmo fatto sesso in qualche vicolo.
Alan era qualcosa che riusciva a farmi perdere la concentrazione. Non esisteva luogo o tempo che mi facesse tornare razionale, non esisteva nulla, perché la bramosia che mi scorreva dentro per sentirlo, superava ogni limite che mi ero imposta in tanti anni.
Sempre rigida, a tal punto di essere così frigida, che credevo che forse il problema fossi io. Mentre con lui, ogni sentore del mio corpo prendeva vita, ardeva violentemente, scottava al suo minimo contatto, facendomi bagnare senza il minimo pudore.
Come sempre azionò la freccia, che spezzò il silenzio, alternato ogni tanto dal fruscio fuori, e dai miei piedi sul tappetino.
Avvertii la ghiaia lamentarsi sotto il peso delle gomme, arrestando la corsa, e spegnendo i fari, che prima puntavano lontani, quasi fino ad estendersi verso la spiaggia buia.
Non perde tempo, sentii la levetta della cintura sganciarsi, ed il suo sportello aprirsi con un cigolio, prima di venire dalla mia parte ed aprirlo, aspettando come se lo stesse facendo da una vita, che io scendessi da quella vettura dove i nostri sentimenti facevano a cazzotti per restare tutti compatti.
Mi diede giusto il tempo di poggiare il tacco che affondò appena nella ghiaia ed in qualche ciuffo d'erba che sbucava dal terreno, che afferrò la mia mano, stringendo forte il suo palmo contro il mio, trovando subito i miei occhi che come fiaccole s'illuminarono insieme ai suoi.
"Sei bellissima al chiarore della luna" soffiò dolcemente, fermandosi un attimo per ammirarmi, davanti al porticato di casa.
Abbassai teneramente lo sguardo in imbarazzo, e mi morsi il labbro talmente forte da sentire un lieve pizzicore, ma mai quanto le parole che mi aveva detto con quel tono caldo ed avvolgente.
Un dolce refolo di vento si abbatté su di noi, facendomi finire una ciocca di capelli sulla punta del naso, che Alan si apprestò con delicatezza a togliere e riportarla dietro l'orecchio.
"Entriamo" affermò pacato, tirando fuori dalla tasca del jeans il mazzo di chiavi, che tintinnarono tra loro, aprendola con un dolce cigolio quasi impercettibile e richiudere la porta vetro, nella medesima maniera, intimandomi di toglierci le scarpe per salire al piano di sopra.
Sorrisi a vederlo così preoccupato di svegliarli entrambi, che mi appoggiai alla parete, sfilandomi i tacchi, e salendo su prima di lui, sotto il suo sguardo divertito, mentre cercavo di essere il più seducente possibile a salire le scale a chioccia.
Mi voltai appena, con il piede su uno scalino avanti e l'altro indietro, e il palmo poggiato sul corrimano, vedendo il suo sguardo puntato sulle mie natiche, facendomi rivoltare di nuovo, ed un'altra fitta arrivare, finché non lo rialzò piano su i miei occhi.
Sorrisi in modo malizioso, mentre le sue labbra erano una linea retta, ed il suo corpo tonico era teso come le corde di un violino.
Finì di salire le scale in fretta, sentendo subito i suoi passi veloci, sulle scale, aprendo la porta velocemente ed afferrai l'intimo per fiondarmi nel bagno, richiudendomi dentro.
Esalai un respiro profondo, quasi come un sospiro che permeò tra le piastrelle verdi. Sfilai velocemente il vestito, indossando accuratamente ogni singolo indumento. Mi guardai pochi istanti allo specchio. I miei occhi non abbandonavano quello scintillio speciale che lui mi donava, il mio cuore non cessava di battere nel petto, a ritmo costante, picchiava forte, bussava.
Mi ripetei mentalmente che era la cosa giusta è sbagliata da fare. Che più provavo a non volerlo e più lo volevo.
Simon era ormai un ricordo nei miei pensieri, e lo sarebbe divenuto una volta che lo avrei visto, per mettere in chiaro le cose. Inutile continuare con chi non sapeva farmi provare certi brividi. Ero stufa di una vita imprigionata in una che non ero io. Perché la vera me era questa, ed usciva solo con lui nei paraggi.
Aprii dolcemente la porta del bagno, con la mano stretta sulla maniglia fredda, trovandolo davanti al letto, quasi a torso nudo e il viso coperto dalla maglia che su stava sfilando. Guardai affascinata i muscoli del suo corpo che guizzavano a quel movimento, facendo una foto mentale del suo corpo che sembravo conoscere a memoria.
Linee così perfette, così ricalcate, da farmi rimanere incantata.
Talmente presa dal suo corpo, che non mi resi conto che si era avvicinato, con uno sguardo famelico argenteo, ed un sorriso increspato lateralmente, che sapeva molto.
"Tu non hai la minima idea, di quanto sei sexy così" rivelò acuto, sentendo le corde della sua voce uscire graffiate, mentre si passò una mano tra i capelli morbidi.
Feci dei passi lenti verso di lui, ancheggiando su i tacchi in maniera sensuale, passandomi il pollice sulle labbra schiuse e più rosse da quanto le avevo morse.
"Posso prendere pieno possesso per questa notte?" Domandai senza esitare sulle parole, vedendolo innalzare un sopracciglio incuriosito, portando a tingermi di nuovo le guance.
"Dipende che intenzioni hai. Perché le mia non sono buone" ammise profondo, allungando una mano, premendola sul fianco, fino a portarla dietro al mio fondoschiena, aprendo il palmo e facendomi inarcare appena la schiena. Avvertii il suo membro eretto, spingere sul mio bacino, e piegai appena il collo, lasciando ricadere alcune ciocche sulla spalla opposta.
"Voglio leccartela fino a farti scordare il tuo nome" ricalcò rauco, poggiando le sue labbra appena sotto l'orecchio, lasciandomi un bacio umido ma che mi fece sospirare con gli occhi chiusi.
"Stenditi" tentai di dire, mantenendo un tono basso e seducente, che sembrava più una supplica ansimante.
Sentii il suo palmo, scivolare dolcemente via da me, innalzando le spalle con noncuranza e sfidandomi con il suo sguardo più ardente e di ghiaccio. Quel ghiaccio che mi faceva accapponare la pelle, anche la parte più nascosta.
Si sfilò con un rumore metallizzato, la cintura di cuoio nera dai passanti, arrotolandola sulla mano, prima di adagiarla sul comodino con un tonfo sordo. Lo guardai tirare giù la cerniera del jeans e sganciarsi il bottone, sfilandosi i pantaloni, per ammirare le sue gambe tornite, con solo un boxer bianco addosso. Talmente aderente da vedere il suo cazzo duro, ed intravedere la cappella che avrei leccato fino a sentire la lingua prosciugarsi.
In un attimo si tolse anche i boxer, lentamente, mantenendo il mio contatto visivo che senza volere cadde sulla sua erezione maestosa, portandomi ad avere una fitta più prepotente nella mia calda intimità, che stava divenendo fuoco. Mi stavo liquefacendo.
"Perché ti sei tatuato uno scorpione?" Domandai l'unica cosa che m'incuriosiva in quel momento, gettando uno sguardo al suo scorpione che si attorcigliava con la coda sul suo inguine.
Lo guardai socchiudere un attimo le palpebre, ma non fu restio. Ogni tatuaggio sapevo che parlava di noi, e probabilmente me ne sarei fatto uno, anche io, o semplicemente li conservavo dentro.
"Perché ha due significati importanti. La morte e la libertà. Dipende da che punto di vista lo vuoi vedere" rivelò appena cupo, ma mantenendo quell'argenteo che mi mandava in fibrillazione. Le sue parole le avvertivo con dolore però, come se ci fosse una storia più lunga, ma la paura di chiedergli di più e rovinare il momento era forte.
"Tu che significato gli dai?" Ricalcai con un'altra domanda, mordendomi l'interno guancia. Sapevo che non avrebbe detto di più e forse mi andava bene, almeno per oggi. Se ogni cosa aveva il suo tempo avrei tolto ogni suo strato per ammirare il vero Alan, anche se mi stavo innamorando e lo sapevo che forse non avrei dovuto, che magari il mio sentimento non era corrisposto. Non avrei corso il rischio di rivelarmi così e ritrovarmi frantumata.
"Entrambi, per molti motivi" mi confidò solamente, inchiodandomi al suo sguardo penetrante, come se volesse dirmi di più ma non poteva.
Seppi solo annuire, vedendolo ritornare di nuovo più tranquillo, e guardarmi come se niente esistesse. Il faro che proveniva in lontananza dal mare, faceva entrare un fascio di luce, insieme ai raggi della luna bianca e pallida, per illuminare i nostri corpi, come se fossero stati i nostri riflettori. Protagonisti di un film nostro.
"Vado bene così?" Domandò con tono rauco, leccandosi il labbro inferiore, scalciando i boxer con il piede, sapendo l'effetto che stava causando al mio corpo.
"S...si" balbettai imbarazzata. Non stava andando bene. Hope comandi te stasera! Mi ricordai mentalmente.
Fece un sorriso sfacciato, che mi portò a sospirare, girandosi per mostrarmi i suoi glutei tonici, scolpiti da un Dio, o semplicemente era lui un Dio troppo sexy per essere vero. Ma lo invocavo sempre per farmi portare all'inferno.
Si distese sul letto, sentendo le molle del materasso cedere sotto al suo peso, e mettendo in evidenza di più la sua V deliziosa, che puntava sul suo cazzo gonfio.
"Fermo e zitto" gli intimai con tono sensuale, portandomi l'indice tra le labbra schiuse, lasciando scivolare uno "shh" che gli causò un gemito roco, tanto da graffiargli la gola.
Alzai una gamba, portando il piede, al lato del suo fianco, sganciando lentamente il mollettone del reggicalze, sentendo i suoi occhi puntare sulle mie labbra da cui il perizoma stretto lasciava intravedere benissimo la forma, quasi come a non indossarlo.
"Tu vuoi uccidermi, cazzo" sbottò con voce esasperata, vedendo la sua cappella sempre più scappellata.
Lo guardai freddandolo con gli occhi, per fargli capire di restare in completo e religioso silenzio, ed affondò i denti nel labbro inferiore carnoso, per sopprimere un risolino divertito dal nostro scambio di ruoli.
Mi sfilai lentamente, l'autoreggente, arrotolandolo delicatamente, fino a toglierlo del tutto e rigirarmelo tra la mano come una fascia.
Calai la gamba dal letto, notando che il piede aveva lasciato la sagoma sul lenzuolo stropicciato.
Mi rimisi il tacco, per montare con le ginocchia sul letto, evitando la voglia di montargli a cavalcioni e portarmelo tra le pieghe della fica bagnata, per stringerlo intorno al mio calore, ed abbandonarmi al piacere assoluto.
Fece un verso di apprezzamento, con le labbra compatte tra loro, e m'incitai da sola, ad alzarmi in piedi sul materasso, con cautela.
Mi guardò stranito, innalzando un sopracciglio, e barcollai appena, sentendo i tacchi a spillo, affondare nel materasso, ma ripresi subito l'equilibrio, portando i piedi divaricati ai due lati opposti, dove aveva gli avambracci, e nel mezzo la sua figura.
Si leccò di nuovo il labbro, guardando prima i miei occhi, e poi la mia intimità, che aveva proprio sopra la bocca.
Non parlò, ma potevo sentire che sopprimeva dei gemiti, stringendo la mano racchiusa in un pugno.
"Stendi le braccia" lo redarguii, osservandolo fare un ghigno compiaciuto del mio comportamento, stendendo le braccia, mentre mi srotolai dalla mano, l'autoreggente, che attorcigliai come se fosse stata una catena, abbassandomi appena, per fermargli i polsi, sulla testata in ferro battuto del letto, facendo un nodo stretto e sentendolo gemere vibrante.
"Ti piace vedermi così?" Azzardò comunque a domandare, nonostante gli avessi intimato di rimanere in silenzio, ma la domanda mi aveva stuzzicato.
Sorrisi vittoriosa e seducente, rialzandomi nella postura normale, annuendo e scuotendo i lunghi capelli che mi solleticarono la schiena.
"Mi piace da morire vederti così" rivelai intrigante, arcuando un sopracciglio, ed esalò un respiro raggelante. Cuoceva lentamente nel brodo che avevo messo sul fuoco. Ma sapevo che dopo saremmo esplosi come mine.
Mi sfilai il perizoma, vedendo le sue pupille dilatarsi e divenire catrame.
Poggiai i palmi al muro freddo, alzando una ad una le gambe per sfilarlo e toglierlo, lasciandolo al suo lato.
Si stava godendo la vista della mia fica sopra di lui, e sapevo che non potendomi toccare stava imprecando mentalmente in tutte le lingue.
"Stai giocando sporco" sbottò rauco, con la voce possente che lasciava trapelare la sua voglia.
"Non ti avevo detto che avrei giocato pulito" rintuzzai suadente, e cercando i suoi occhi che trovarono i miei.
Mi voltai lentamente, con la paura di cadere, poiché i tacchi mi facevano stare in bilico, sembrando un'equilibrista.
Scesi dolcemente, abbassandomi a poco a poco, dandogli le spalle al suo viso che già mi mancava, ma potevo sentire i suoi occhi bruciare la mia pelle, lasciando fori come marchi indelebili, come la miccia di una sigaretta che ti lascia cicatrici sulla pelle.
Piegai le ginocchia, affondandole sul materasso, che scricchiolò ancor di più, divaricando maggiormente le gambe. Lo sentii sospirare forte, come se avesse trattenuto il respiro per tutto il tempo, ed ora avesse bisogno di ripulirsi i polmoni.
"Non puoi capire cosa sei vista così" mi confidò con la voce che sembrava un serpente, pronto a morderti e farti entrare il suo veleno in circolo.
Mi voltai appena, spostandomi i capelli solo da un lato, ed il mento sulla scapola, regalandogli uno sguardo di puro desiderio sporco.
Sentii la testata in ferro battuto, sbattere contro il muro, in maniera stridula, facendo cigolare il letto, ed il cielo di Alan oscillare. Voleva liberare le mani e non poteva. Era alla mia mercé per stasera.
Portai il mio sesso, più vicino al suo viso, piegandomi su di lui, fino a toccare con i seni la sua V. Gettai affascinata un'altra occhiata al suo scorpione, che lo rappresentava.
Alzai l'indice per disegnarne i contorni, titubante e tremolante, partendo dalla testa, dove sospirò e gemette, come se il mio polpastrello sulla sua pelle fosse stato doloroso.
Seguii tutto il profilo, delicatamente, arrivando fino all'inguine, e trovare il suo membro eretto pronto per me.
"Sporgiti di più" m'intimò caustico e mellifluo, seguendo almeno quel consiglio, sentendo subito il suo labbro sfiorare il mio interno coscia, e lasciare baci umidi che mi facevano aprire mille sensazioni, arrivando sulle mie labbra pulsanti e gonfie. Ci poggiò sopra le sua, come se mi stesse baciando le labbra della bocca, potevo assaporare e immaginare, come sarebbe stato ricevere un suo bacio. Come il suo scorpione. Sarebbe stato la mia morte e la mia via di fuga per la libertà dei sentimenti.
Mi piegai maggiormente, sentendolo imprecare, e lavorare con la sua lingua, intorno alle mie labbra, facendomi emettere un ansimo pesante, che partiva dal ventre, e finiva ovunque volesse sfociare.
Seria forte gli occhi, portando un palmo aperto sulle sua coscia tonica e muscolosa affondandovi quasi le unghia nella sua pelle, per l'intensità, mentre l'altra mano stringeva vigorosa il suo membro che diveniva sempre più duro racchiuso nella mia mano, finché non mi abbassai un altro po', tirando fuori la lingua, per rotearla sulla sua cappella, e succhiargliela con uno schiocco, che lo fece gemere con la lingua nel centro della mia intimità. Non resistevo più, ero troppo esposta a lui e non solo in quel modo.
Strinsi più forte il suo cazzo, per portarmi tutta la lunghezza in bocca, fino alla gola, dove dovetti reprimere la voglia di un conato, per la voracità con il quale lo prendevo, ma il sentirlo gemere come grugniti disperati di un'animale affamato in piena caccia, mi davano quel coraggio di dargli di più, di farlo godere come nessuna. Solo il pensiero che altre donne avevano avuto il beneficio del suo corpo, delle magie che sapeva fare. La verità era che eravamo stati programmati per essere una cosa sola, come adesso, che sembravano una conchiglia candida.
Solo i nostri ansimi e gemiti spezzavano il silenzio, ed era meglio di qualsiasi sottofondo, le nostre voci erano armonia e sinfonia.
La sua lingua mi torturava con estrema pazienza e precisione, mentre roteavo la lingua sul suo cazzo, prendendolo sempre più in profondità, e risalendo per riaffondare velocemente. Non vedevo i suoi occhi il suo viso, ma potevo immaginare la sua espressione, e bastava questo per farmi sentire quel calore bruciante che dal cuore si collegava con il centro pulsante della mia calda intimità, rilasciando gli umori sulla sua lingua vellutata, che raccolse tutto, ripassando la lingua sulle mie labbra, per lavarmi via tutto. Finché non sentii un suo Gemito spezzarsi infondo alla gola, ed un fiotto di sperma invadermi le pareti della bocca, dove a poco a poco si liberò del tutto con i respiri affannati quanto i miei, che morivano e ingoiavano il suo sperma, senza esitare.
Magia, eravamo questo.
Dopo il nostro amplesso, ci eravamo fatti la doccia, mi aveva accusato varie volte di avergli legato le mani, senza dargli libero accesso di toccarmi, ma che era stata la cosa più eccitante da provare, solo con me. Quelle sue parole calde mi facevano sempre l'effetto di sentirmi riempita, riempita di mille emozioni e tornavano le mi adorate libellule a fare le loro capriole.
Mi aveva lavata accuratamente, prendendo del bagnoschiuma sulla sua mano, e toccando il mio corpo in ogni punto, fino ad arrivare alla mia intimità, facendomi ansimare e godere per la seconda volta.
Ed ora su questo letto, a vederlo dormire beato accanto a me era la cosa più bella che potessi desiderare.
Il suo braccio cingeva la mia vita, pressandomi la schiena contro il suo petto caldo e possente, sentendo il suo petto alzarsi ed abbassarsi regolarmente. Lo guardai un'ultima volta, prima di accoccolarmi più vicina a lui, portando una mano sul cuscino, e lasciandomi andare nel sogno.
"No, figlio di puttana, no" sentii un urlò agghiacciante, spalancando gli occhi come terrorizzata, vedendo Alan dimenarsi sul letto, con gli occhi chiusi e un cipiglio sul volto, come le rughe solcate sulla fronte imperlata di sudore, era mezzo, potevo notare una pozza di sudore formatasi sulle lenzuola candide.
Mi portai una mano davanti alla bocca impaurita e spaventata nel vederlo così, sentendo il battito cardiaco aumentare fortemente ed incessantemente.
Continuava ad urlare parole di disprezzo, e scuoteva la testa a destra ed a sinistra, con il respiro in affanno.
Mi guardai intorno, vedendo il buio che ci avvolgeva lasciando solo la luce del faro, a permettermi di vederlo.
Non sapevo cosa fare, ero terrorizzata, immobile e con gli occhi sgranati, senza mai battere le ciglia.
Sentivo la paura aumentare, la paura che stesse rivivendo qualcosa del suo dolore.
Non ci pensai più di tanto, e lo scossi appena, sentendolo emettere un grugnito agghiacciante che mi fece accapponare la pelle, ma non mi lasciai sopraffare. I palmi erano umidi, ed il suo petto si alzava ed abbassava ad una velocità terrorizzante.
Presi un lungo respiro, scuotendolo ancora con più coraggio.
"No non puoi averlo fatto, non puoi" gridò di nuovo, notando dalle sue palpebre chiuse, scendergli una lacrima che si mischiò al suo sudore.
Mi si strinse il cuore in una morsa violenta nel vederlo così, serrando le labbra tra loro per non piangere, sussurrando il suo nome.
"Alan ti prego, svegliati" tentai di nuovo con la bile in gola e la voce fievole, suppliche impastate, e le mie mani che non smettevano un secondo di scuoterlo.
"Ti prego amore mio" mi lasciai sfuggire in preda all'ansia più buia e la paura che mi circondava come un mostro, quello che portavo dentro io ed anche lui. Ero sicura che stesse rivivendo pezzi del suo passato oscuro e volevo riportarlo da me.
"Ti prego" urlai più forte, dandogli uno scossone con tutte le forze che mi erano rimaste e le braccia indolenzite.
Finché non lo vidi spalancare gli occhi come appena uscito dalla trance, boccheggiando ed annaspando faticosamente ma con un sospiro di sollievo da parte mia.
"Alan" lo chiamai di nuovo, più dolce, vedendo che non rispondeva. Finché non vidi quel lampi di ghiaccio come un tuono in un cielo buio e pesto, illuminargli le iridi di un colore che non avevo mai visto prima nei suoi occhi, un colore che mi fece raggelare il sangue nelle vene.
Fu un attimo, non ebbi il tempo di fare altro, che lo ritrovai a cavalcioni sopra di me, con il letto che cigolava fortemente sotto il nostro peso, e le sue mani mi cinsero il collo, con una tale forza e rabbia da portarmi a sentire brividi di freddo dentro, sentendo i miei occhi inumidirsi e riempirsi di lacrime di terrore puro.
Aveva gli occhi come il demonio, non esprimevano nessuna emozione se non l'odio vero, come posseduto.
"Al...an, m...mi fa...i, m...ma...le" tentai di dire, sentendo il respiro venirmi a mancare e spalancando la bocca in cerca di ossigeno, mentre scuotevo le gambe, agitandole sul materasso, tentando di togliermi il suo peso da sopra, ma era inutile, era troppo forte.
"A...lan" ripetei singhiozzando, sentendo le lacrime colarmi lungo le tempie e bagnandomi l'attaccatura dei capelli e parte del lobo dell'orecchio.
Stavo fremendo dalla paura, ero spaventata.
"S...sono io. H...op...e, Hop...e" riuscii a dire quasi il mio nome intero, con gli ultimi respiri che mi stavano rimanendo, poiché le sue mani sembravano pezzi di ferro che mi volevano strangolare. Finché in un attimo non lo vidi aprire le mani, tenendole ancora vicino al mio collo, il suo respiro in affanno, e gli occhi tornare lentamente al suo ghiaccio normale, e più calmo. Tossii violentemente, tentando di alzare una mano per portarmela sulle labbra, avvertendo la gola secca raschiare e farmi male da quanto mi ero sforzata. Il sudore incorniciarmi il volto divenuto paonazzo e spento, sentendo le lacrime divenute colla sulla pelle che tirava.
"Io, Hope, m...mi..." si fermò un attimo alzandosi di scatto dal letto, per allungare una mano sul mio viso, ma scossi la testa impaurita e priva di forze, rimpicciolendomi sul letto, come se fosse stata una protezione la vestaglia che avevo addosso.
"Mi dispiace Hope, io non so che mi sia preso. Giuro non ti farei mai del male, ti prego guardami. Vado a prenderti dell'acqua" parlò a raffica, passandosi più volte entrambe le mani su i capelli, con il volto seriamente pentito.
"V...va via, ti prego" parlai sommessa e con le forze che mi stavano abbandonando, vedendo i suoi occhi guizzare nei miei in un secondo, con le pupille dilatate ed uno sguardo di puro pentimento.
"Mi dispiace, ti prego, io..." non lo lasciai finire poiché radunai le forze per urlargli contro.
"Va via" portandomi le mani, sul viso ed il corpo pervaso da spasmi e singulti, sentendo altre lacrime scorrermi. Non lo guardai in volto, sentii solo il suo respiro pesante farsi spazio tra i metri quadri della stanza, ed i suoi passi flebili verso la porta che sbatté furioso dietro le sue spalle, lasciandomi sul letto a piangere e la testa piena di domande. Chi era davvero l'uomo di stanotte? Avevo avuto paura, ed un nuovo mattino al di fuori stava incombendo, ma il buio aleggiava nei nostri cuori.
Dovevo parlarci ma per il momento non me la sentivo, mi ero spaventata, a morte, ed i battiti a poco a poco tornarono regolari, lasciandomi andare con la pesantezza nelle palpebre.
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