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-Capitolo 42-


Tornammo verso casa. Durante il tragitto non avevo posto altre domande. Se ogni cosa aveva il suo tempo, prima o poi il mistero che aleggiava intorno ad Alan sarebbe uscito.
Mi cambiai velocemente, mettendomi i pantaloni bianchi nuovi e la maglietta. Alan non era in casa e neanche Jhonny.

"Vado a controllare dove sono" avvisai Dorothy, che nel mentre stava facendo un sugo a base di pesce, annuendo con la testa.

"Va pure" mi congedò genuina, mentre aprii la porta di vetro, che dava sul porticato. Si richiuse alle mie spalle, con un tonfo secco, dato una folata di vento caldo, che mi scompigliò appena i capelli, portandoli dietro le spalle.
Mi misi ad ammirare la spiaggia che non distava molto. Le onde così quiete, si assopivano debolmente, come stanche, sulla sabbia dorata. Finché non scorsi due figure a sedere. Capii che era loro, dato la movenza del ciuffo di Alan, dove il sole batteva, rendendo il suo nero più chiaro e vivo. Sorrisi dolcemente, guardandolo prendere delle conchiglie grandi e portarsele all'orecchio, avvicinandomi a piccoli passi, tenendo le scarpe tra l'indice ed il medio. La sabbia fresca, solleticava la mia pianta, strusciandola maggiormente, per sentire quei granelli fini, anche tra le dita. Vedevo così poco il mare, sempre indaffarata con il lavoro o i preparativi del matrimonio, del quale non ci badavo neanche più. Era come se il mio mondo si fosse fermato dalla conoscenza di Alan, aprendo un varco dove vivevo una vita parallela. Attratta da qualcosa più potente della ragione.

Come calamitato, come se sapesse che io ero nelle vicinanze, in un radar incorporato sotto pelle, Alan si girò, sconvolgendomi ed incantandomi con i suoi occhi. Un ghiaccio mistico, splendente al bagliore del sole, che tra poco avrebbe lasciato spazio ad un altro magico tramonto.
"Vi ho interrotto?" Domandai sarcastica, piegandomi sulle ginocchia, guardando prima Jhonny e riportando il mio sguardo sul suo, che nel mentre scannerizzava la mia figura, mettendomi a nudo.

"Stavamo ascoltando il rumore del mare, attraverso le conchiglie" rivelò euforico, Jhonny, porgendomene una, che pulì con le mani.
"Senti" m'incitò di nuovo, mentre sviai lo sguardo verso Alan che mi sorrise, mordendosi si il labbro inferiore carnoso, e scuotendo la testa divertito.

"Ascolta" innalzò le spalle, stando al gioco di Jhonny.

Corrucciai le labbra di lato, in una smorfia dolce, portandomi la conchiglia bianca con sfumature Beige, lunga e chiusa come una chioccia, sull'orecchio, estraniando il normale rumore tenue e calmo del vero mare. Sentii come il rumore delle onde, che si sollevavano e arrivavano dritte a schiantarsi su i miei timpani, un suono soffice. Sorrisi, nel vedere Jhonny che mi guardava, compiaciuto della sua teoria sulle conchiglie.
Gliela porsi, accettandolo felice.
"È magia" esclamai cristallina, spostandomi appena i capelli all'indietro, con entrambe le mani, che finivano davanti alle guance.
Annuì con convinzione, ed un'aria da saputello in quegli occhietti furbi e nocciola, più chiari con la luce.
Finché non si alzò, pulendosi appena i jeans a pinocchietto, correndo verso casa, dove i piedi scalzi, sollevavano un po' di sabbia, che il vento trasportava via.

"Sei bellissima vestita così" mi girai di soprassalto, verso la sua voce rauca, ed il suo ghiaccio che mi ammirava come un'animale affamato. Una scena mi balenò nella mente. Io e lui avvinghiati, a fare l'amore sulla sabbia, le mie suppliche di non smettere, e le sue labbra carnose che mi baciavano lasciandomi senza fiato, perché potevo morire beata, potevo morire con la consapevolezza di aver raggiunto il paradiso mistico, ancor prima di andarci.
A quel pensiero, sentii le guance tirare e divenire rosse.

"Grazie" sussurrai filamentosa e gracile, quasi in un piccolo ansimo. Si sporse verso di me, mentre il cuore accelerava in pulsazioni frenetiche, ed io restavo impalata con le ginocchia affondate sulla sabbia, ed i palmi poggiati sopra di esse.
Sentii ad un tratto la sua mano calda, ed i suoi polpastrelli ruvidi, spostare con delicatezza, una piccola ciocca, finita tra le mie labbra dischiuse, portandola dietro, ed accarezzandomi il collo con l'indice ed il medio. Chiusi appena le palpebre, sotto quel tocco leggero, ma che provocava brividi intensi per tutto il corpo.

"Dorothy mi ha detto che solitamente fanno un mercatino multietnico nel paese. Sarebbe bello insomma...vuoi venire?" Domandò quasi imbarazzato, di una richiesta così fuori dal suo essere. Spostò un attimo il suo sguardo nel farmi la proposta, verso un punto non definito al suo lato, passandosi una mano tra i capelli, per riportarlo su di me. Il suo ghiaccio limpido, mi faceva sentire trasportata come le onde che udivo dalla conchiglia.
Sorrisi di cuore nel vederlo per una volta in soggezione. Sicuramente non era da Alan normale fare una simile richiesta, e farla così impacciato. Lui prendeva posizioni più rigide, sistemi che mi facevano eccitare fino allo sfinimento, ma sicuramente questo suo lato lo amavo di più. Ed era preoccupante persino per me usare quella parola, che doveva essere associata a Simon, ma che vedevo dipinta e cucita così bene addosso a lui, all'uomo misterioso che mi faceva scalpitare.

Ci pensai su, facendo finta di perdere tempo e prendermelo, solo per il gusto di tenerlo
Sulle spine e vederlo su di giri, impaziente di una mia risposta. Incurvai le labbra in un sorrisetto laterale e sfacciato, come di solito mi lanciava lui, e gli occhi ridotti in due fessure per stuzzicarlo, alzandomi e piegandomi appena per pulirmi le ginocchia, dove granelli di sabbia erano rimasti.
Lo guardai piantare gli occhi sulle mie natiche, fasciate nel pantalone aderente, passandosi la lingua sull'angolo delle labbra, in una maniera talmente eccitante, da sentire una convulsione tra le labbra già umide degli umori che mi causava, un suo solo sfioramento, una sola sua occhiata. Mi bagnavo semplicemente di ciò che poteva farmi, di ciò che mi sarei potuta far fare. Ero plastilina sulle sue mani, e mi poteva lavorare, ed io mi sarei messa in ogni modo, perché le sue imposizioni mi facevano ansimare pesantemente, e divenire indecente, niente compostezza, nessuna Hope da mostrare a uomini altolocati, e fare sorrisi finti. Volevo essere presa in modo rude, bisognoso, passionale e volevo essere sconvolta emotivamente e fisicamente.
Si alzò anche lui, senza curarsi dei jeans appena sporchi di sabbia, la camicia a quadri aperta appena sul davanti, veniva mossa da quel filo impercettibile di vento, mostrando il suo torace definito in cui mi perdevo a disegnare con gli occhi infiammati, le sue linee.
Mi avvicinai di poco, eravamo già così vicini e non solo fisicamente. Il giusto per vedere quel poco spazio in mezzo a noi.
"Mi piacerebbe molto" confermai esile e cristallina, vedendolo rivolgermi un sorriso ed esalare un respiro trattenuto per tutta l'attesa. Quando aspetti qualcosa i secondi sembrano infinitamente strazianti.

"Monta" proruppe dal nulla, girandomi e vedendolo appena chinato, intimandomi con un gesto della testa, di salire sulle sue spalle.

"Cosa? No, non sono certo un peso piuma" ribattei basita, sentendo il cuore pompare più veloce, nel vedere il suo volto così rilassato, bello da togliere il respiro.

"No infatti. Tu hai un ammasso di piume, e sarai le ali dietro la mia schiena, quindi monta" rintuzzò sarcastico ed intrigante, solo come lui poteva essere. Mi morsi l'interno guancia, arrossata a causa della sua frase più bella che potessi udire, passandomi il pollice sul labbro inferiore, vedendolo seguire il mio gesto, e chiudere un attimo gli occhi come esausto e sfinito, come a sentire quella scossa elettrica, per la voglia incessante di averci.
"Cazzo Hope" imprecò con voce graffiata, raggiungendomi in due falcate, e prendendomi come un sacco, venendo catapultata sulla sua spalla, ed alcune ciocche finire davanti al mio viso.

"Alan lasciami" sibilai tra il divertito e lo spaventato, vedendo e sentendo i muscoli della sua schiena, guizzare ad ogni passo. Mi portai una mano davanti agli occhi, per non far finire la Sabbia che con le sue scarpe, innalzava appena, e serrai le labbra in una linea dura. Lo sentivo ridere, e stringermi una natica, cercando di contenere un ansimo che sarebbe uscito filante è assolutamente disperato.

Arrivammo verso il porticato di casa, vedendolo aprire la porta finestra, con il gomito, trasportandomi dentro, mentre mi dimenavo ancora e lo supplicavo con pugni sulla schiena, di lasciarmi andare. Pugni deboli che neanche lo smuovevano, anzi potevo immaginare che si stava mordendo il labbro inferiore, divertito dalla situazione, che lo stuzzicava.
Passammo davanti alla cucina, e di tralice intravidi Dorothy, che guardò con occhi sgranati la situazione, mentre si puliva le mani al grembiule giallo, di me trasportata come un sacco di patate.

"Tutto apposto Dorothy, era stanca di camminare" la informò Alan goliardico, facendosi beffa di me, mentre gridai quasi lontana dalla sua visuale, per salire le scale.
"Non credergli Dorothy" quasi con un certo affanno nella voce, come se avessi corso una maratona. Lui mi faceva perdere il fiato, ed io ero totalmente invaghita. Invaghita del proibito e del mistero.

Salimmo in fretta le scale, e sentivo solo le sue scarpe riecheggiare sul legno, vedendo anche un Jhonny guardarci divertito, dalla soglia della sua camera, seduto alla scrivania a scrivere qualcosa al computer.
Finché non aprì la porta di camera, richiudendola con un tonfo pesante alle nostre spalle, e scaraventandomi sul letto in modo brutale. Aprii le labbra aride, e sconvolta, come le mie pupille dilatate, vedendolo sovrastarmi in un secondo, con il suo corpo, e sorridermi sfacciatamente.
"Divertita?" Chiese rauco, avvicinandosi al mio viso, sentendo il respiro smorzato a frequenza, di entrambi, come a riprenderci il tempo perduto chissà dove, chissà come. Lo conoscevo così poco, eppure sembrava una vita che il suo corpo reclamava il mio, e lo conosceva meglio di chiunque altro. I suoi occhi che mi scavavano dentro, tentando sempre di trafiggerlo dolcemente, di un ghiaccio tenue e liquido.

"Avrei preferito camminare" risposi quasi offesa, poiché mi scappò una risatina, che cercai di sopprimere, corrucciando le labbra.

Si prese secondi, per ammirarci a vicenda, finché non si chinò ancor di più, fino a toccarmi la punta del naso, con il suo, facendomi aumentare a livelli esorbitanti il cuore, che pompava senza sosta.
Ero invogliata dalle sue labbra, così vicine, ma mantenevo il contatto con i suoi occhi che dicevano tanto eppure nulla. Quando si spostò verso il mio lobo, sentendo un leggero formicolio causato dal suo alito, soffiato sul mio collo.
"Io ho preferito godermi la visuale del tuo culo stupendo, in cui vorrei ancora affondare" rivelò intriso di passione e serio, niente sarcasmo, solo puro bisogno, che in un attimo il mio cervello metabolizzò le parole, mandandomi una scarica come un filo conduttore, verso il centro della mia intimità, sentendo un flusso rilasciato dalle mie labbra pulsanti.
Socchiusi gli occhi, cercando quiete. Sentii le sue labbra, sfiorarmi delicatamente la pelle sotto l'orecchio, ed avvertii la sua erezione pigiare contro il mio bacino, facendomi scappare un ansimo stupefatto.
"Vieni" m'intimò seducente, alzandosi da sopra di me, e porgendomi la mano, che accettai senza esitazioni.

Aprì con un cigolio tenue e strascicato sulle mattonelle, la porta del bagno, conducendomi all'interno.
Si fermò davanti a me di spalle, per poi aprire il vetro del box doccia, che strusciò con l'altro vetro della parete, azionando il getto d'acqua. Fino a girarsi verso di me, con uno sguardo di pura lussuria, la stessa mia, in cui i nostri colori si fondevano.
Rimasi immobile, vedendolo avvicinarsi di poco, e allungare la mano, per sganciarmi il bottone di metallo del jeans, e far scendere con un rumore stridulo la zip, allentandolo su i fianchi. Si abbassò dolcemente, prendendo con i pollici ai lati il jeans, e calandolo a poco a poco, come a volersi gustare il mio corpo da prima coperto, cercando i miei occhi ogni tanto.
Lo lascia fare, scalciando infondo i pantaloni dalle caviglie, lasciandolo adagiato sul pavimento. Non chiesi il permesso, le parole avrebbero rovinato quel momento magico, che ci avvolgeva e c'inebriava, spezzato da respiri dolci e dallo scrosciare lento dell'acqua.
Allungai la mano che tremava per l'emozione, verso la patta dei suoi jeans, fissandolo negli occhi luminosi, dove mi specchiavo, sganciandogli il bottone e tirandogli giù la zip, lentamente, con la paura che dall'emozione si sarebbe inceppata. Vedevo quel brillio fiammeggiante, ed ogni paura veniva spezzata come catene d'acciaio che di liquefacevano se buttavi acido sopra.
Scesi in basso, piegandomi appena sulle ginocchia, scoprendo le sue gambe toniche che avrei voluto vedere in mezzo al mio corpo preso da spasmi irrefrenabili.
Sentii una fitta prepotente nella mia intimità, facendomi pulsare il clitoride, e sentirmi sempre più bagnata, ed il fatto che mi guardasse dall'alto della sua stazza, non aiutava. Il vapore dell'acqua calda, stava facendo effetto, vedendo il box e lo specchio quadrato, già appena appannati, nascondendo quasi le nostre figure bramose.
Alzò le ginocchia, per lasciarseli sfilare, e lasciarli sul pavimento freddo, tirandomi su dal braccio, senza fatica, come se fossi davvero una piuma che mancava alle sue ali per volare. Lui era il mio angelo nero, ne ero certa.

Mi guardò pieno di Eros, in quel ghiaccio nel quale mi scioglievo piano, leccandosi le labbra, maledette.
Si fece più vicino, facendomi azionare ancora di più la pompa del cuore, prendendo con entrambe le mani, i lembi della mia canotta, tirandola su piano ed innalzai le braccia, lasciandogliela sfilare, scoprendo che non portavo il reggiseno, ed i capezzoli erano talmente turgidi da far male. Emise un grugnito strozzato e straziante per i miei timpani, a quella vista.
"Mi fai impazzire se non porti il reggiseno, cristo" imprecò basso e profondo, tanto da farmi sentire i capezzoli tirare di più, verso di lui, per la voglia di sentire le sue labbra aperte a ventaglio, succhiare dolcemente le mie punte, e sentire la sua lingua calda e vellutata martoriarmi.
Gli lanciai uno sguardo malizioso, notandolo sospirare e mi avvicinai a lui, sganciandogli lentamente i piccoli bottoni perlati, scoprendo a poco il suo addome definito. Sentivo il suo respiro irregolare, arrivarmi in pieno viso, e riportare gli occhi su i suoi.
"Ho una voglia fottuta di penetrarti" rivelò sprezzante e intrigante, poggiando le mani sulle mia, facendo forza per farmi strappare i bottoni, che si staccarono, cadendo a terra con un rimbalzo secco, rotolando piano, prima di fare dei giri su loro stesse e schiantarsi al suolo.
Roteai appena il collo, all'indietro, passandomi una mano su di esso, accaldata e tremante.
Buttai uno sguardo giù, vedendo la sua erezione, pigiare attraverso i boxer, ed un tatuaggio sul fianco, che al buio dello sgabuzzino sul grattacielo, non avevo notato.
Sembrava uno scorpione, e l'avrei voluto vedere per intero.
Mi guardò fissare il tatuaggio, esalando un piccolo respiro, alzandomi il mento, con l'indice per portarmi verso i suoi occhi.
"Curiosa?" Mi domandò sarcastico, mentre mi
Morsi il labbro, annuendo. In un attimo sentii i suoi polpastrelli, solleticarmi i fianchi, e agganciare con entrambi i pollici, le mutandine, per buttarle giù. Si piegò sulle ginocchia, e distinto alzai le gambe, per lasciarmele sfilare dalle caviglie, vedendolo raccoglierle nel pugno della mano.

"Le vuoi conservare?" Gli domandai sfacciata, notandolo stringere di più la stoffa delle mie mutandine, nel pugno forte e virile della sua mano ruvida.

"No. Mi servono" rivelò con un ghigno intrigante, incurvando appena lateralmente le labbra carnose, che mi portarono a sospirare e stringere maggiormente le labbra della vagina tra loro. Ero di nuovo nuda difronte a lui, ed il suo sguardo che correva lento addosso a me, mi faceva sentire come se mi stesse scopando con gli occhi, senza neanche avermi sfiorato, sarei potuta venire anche con il suo sguardo affamato.

Mi leccai le labbra, improvvisamente disidratate, vedendolo seguire il gesto della mia lingua, affascinato, portando con uno scatto repentino, le mie mani su l'elastico dei suoi boxer neri.
"Finisci" mi ordinò con un'imposizione cruda e disperatamente folle, da farmi attorcigliare le budella.
Non esitai, non restai impacciata e tremante come all'inizio, cercai di conservare l'aura di ragazza che voleva far impazzire questo Dio maledettamente bastardo e sexy.
Giocai dolcemente con l'elastico del boxer, sentendo che ad ogni sfioramento dei miei polpastrelli gemeva rude, per l'attesa che moltiplicavo per essere presa poi e sbattuta senza gentilezza. Si, Dio, lo volevo da impazzire, e non me ne fregava più niente del resto, volevo essere scopata indecentemente.
Finché non li abbassai con veemenza, mettendo a nudo il suo cazzo. Rimasi dei secondi ad ammirarlo, portandomi di nuovo sulle ginocchia, ritrovandomi la cappella liscia e gonfia, davanti alle mie labbra, che si dischiusero come automatiche. Osservai la sua lunghezza e la virilità del suo membro perfetto, duro, pronto per essere accolto nella mia calda fessura che scalpitava prepotente, che si sarebbe voluta bagnare intorno al suo cazzo.
Signore, stavo perdendo ogni barlume di lucidità. Lui mi rendeva fragile come cristallo, ma prezioso come esso.
Gli finii di sfilare i boxer, lasciandoli a terra, e feci per rialzarmi la la sua mano poggiata sulla mia spalla mi riportò a riabbassarmi.
"Raccoglili" un'altra imposizione con il respiro spezzato, facendo ciò che mi aveva ordinato, prendendo i boxer che sapevano di lui, nella mano, rialzandomi lentamente con il suo sguardo di ghiaccio infuocato, sotto la mia pelle e sopra. Mi trapassava come meglio credeva.
Aprii la mano, facendoglieli prendere, e m'intimò con un cenno della testa di entrare nel box doccia. Alzai il piede, toccando con la pianta, la piattaforma già bagnata, sentendo l'acqua schizzarmi dolcemente il corpo, preso da un brivido che correva lungo la spina dorsale, gettandomi sotto al getto più prepotente, sentendo di nuovo i capezzoli indurirsi. L'acqua era calda, ma la temperatura del mio corpo era infiammata.
Sentii i miei capelli lunghi, attaccarsi alle mie spalle e alla mia schiena, bagnandomi anche le labbra e il naso, vedendolo osservarmi come se avesse visto una creatura mitologica.
"Sei fottutamente sexy nuda e bagnata" proruppe con un gemito rauco, entrando dentro dopo di me, con in mano ancora il nostro intimo. Osservai meglio il suo tatuaggio e come ad appurarmene era uno scorpione. Decisi per il momento di godermi questa sensazione e di accantonare le domande per il dopo.

"Alza le braccia" sarei morta a forza di imposizioni dure e altamente erotiche, ma obbedii senza controbattere, sarebbe stato inutile, lo volevo più di lui forse.
Alzai le braccia in alto, vedendolo formare una fascia, legando entrambe le mutande, e portandoli verso i miei polsi, attorcigliandoli intorno ad essi, sentendo la stoffa morbida, fino a fare il nodo, sulla pompa di metallo del soffione, legandomi stretta, come per impedirmi di scappare. I suoi occhi erano piantati su i miei polsi, intento a stringere maggiormente la presa sul nodo, evitando di farmi male.
Nel mentre mi gustai affascinata le gocce di acqua che scorrevano armoniose sul suo corpo nudo e scolpito, mordendomi il labbro inferiore.
"Non lo fare" mi ammonì severo, rialzando lo sguardo e notando che il suo era piantato su di me. Cavolo!

"Io...io non" non mi diede il tempo di continuare, poiché si fiondò sul mio seno, aprendo le sue labbra carnose, accogliendo la punta del mio seno nel calore della sua bocca. Avvertii la sua lingua vellutata stuzzicare e picchiettare sul mio capezzolo, facendomi cacciare un ansimo, e portai la gamba sinistra sopra la destra, accavallandole, sentendo quanto fossi già bagnata, e fremente di desiderio lucido.

Roteai il collo all'indietro, e senza smettere, leccò il solco dei seni, passando all'altro, mentre la sua mano corse lentamente verso il mio ventre, arrivando tra le mie pieghe, facendosi spazio con le dita tra le mie labbra, passandoci l'indice sopra più volte, senza mai entrare e farmi lamentare.
"Vogliosa?" Mi stuzzicò seducente e beffardo, sapendo ciò che mi stava facendo e cosa implorassi.

"Da morire" replicai ansimante, sentendolo gemere rudemente alla mia affermazione, in un attimo sentii l'indice ed il medio, penetrarmi violentemente, pompando forte. Ansimai di più, mentre gemeva sul mio capezzolo, a sentire quanto fossi bagnata a causa sua, avvertivo le sue dita abili e ruvide, torturarmi, picchiettando ogni tanto sul clitoride, facendomi morire di voglia, per ricevere un orgasmo sconquassante.
"Ti prego" lo supplicai senza più riserva di ossigeno, sentendo l'acqua scrosciare più prepotente su i nostri corpi, picchiettando ritmicamente sulla porcellana bianca.

"Cosa vuoi?" Mi domandò, sfilando le sue dita, e percorrendo lentamente il mio ventre, fino al collo ed al mento, portandomele sulle labbra.

"Scopami" sbottai in affanno, vedendo il suo ghiaccio venire risucchiato dal nero delle sue pupille dilatate ed in fiamme esplosive.

"Cazzo" sibilò selvaggiamente. Mi prese per i fianchi con violenza, facendomi fare un giro su me stessa, sentendo la stoffa bagnata, premere di più su i miei polsi, sbattendomi contro le piastrelle fredde. Guardai il mio seno premuto sulla piastrella sentendo i capezzoli infreddoliti.
"Ti fotterei il culo ogni secondo di questa vita" soffiò da dietro le mie spalle, intrigante, sentendo il suo respiro caldo solleticarmi e farmi chiudere un secondo le palpebre, quando avvertii le sue labbra, rilasciarmi baci umidi lungo la spalla, fino a scendere sempre di più, mentre le sue mani rimanevano arpionate ai miei fianchi, tirandomi ogni tanto, contro di lui.
Finché non sentii la sua lingua, percorrere una mia natica, mordendola dolcemente, fino ad aprirmi con una mano la spaccatura delle natiche, stuzzicando con la punta della lingua il mio ano, facendomi sfuggire un urlo ansimante disperato. Dio, nessuno L'aveva mai fatto, era così bello ed intenso, che sentivo di scoppiare, sentivo il bruciore propagarsi all'interno del mio corpo, mandandolo in combustione.
Spalancai le labbra, serrando forte le palpebre, e poggiando la fronte contro le piastrelle fredde, muovendo il bacino e attirando il mio fondoschiena, di più, verso di lui, sentendo la sua lingua penetrarmi l'ano, e picchiettarlo rudemente.
Finché in un secondo risalì con le mani su i miei fianchi, facendomi piegare di poco, e avvertii la sua cappella bagnata e gonfia, tra la spaccatura delle mie natiche, fino a sprofondare dentro di me, lasciandomi ansimare pesantemente, come i suoi gemiti duri che si elevavano insieme al vapore dell'acqua.
Il suo ritmo era sempre preciso, sincronizzato con il mio corpo, mai doloroso, mi lasciava assaporare tutta la sua lunghezza e la sua turgidità, aumentando di poco. Mi sfiniva, mi manovrava, con una dolcezza e rudezza che disintegrava.
"Sei mia Hope, ora e sempre" mi comunicò disperato e gemendo, spingendo di nuovo dentro di me, che annuii. Ero sua, ero sua in ogni modo possibile, e non potevo negarlo a me stessa.

"Dimmelo, convinta cazzo" replicò di nuovo, cercando conferme, ed aprii le labbra per confessargli la verità evidente nel mio corpo, nella mia anima, nel mio cuore macchiato del suo mistero, prima di venire travolti da un orgasmo troppo intenso, per non ricordarlo.

"Sono tua, ora e sempre".

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