-Capitolo 17-
Mi recai a casa, ancora raggelata da quella rivelazione. Ero stanca di pormi sempre domande. La testa sempre più confusa. Vedevo pensieri che come rami, s'intersecavano tra loro, e non giungevano a niente.
Parcheggiai la macchina difronte al bandone serrato del garage, e superai il cancelletto in ferro battuto che emise un cigolio ferreo.
Quando notai qualcosa, poggiato sullo scalino in cotto, davanti alla porta d'entrata.
Mi guardai intorno, come se ci fosse stata una presenza a perseguitarmi. Ma erano solo presenze immaginarie che vigevano dentro di me.
Mi chinai appena, sentendo la gonna stringermi intorno ai fianchi, dove piccole pieghe si formarono, per lasciare le ginocchia scoperte.
La presi tra le mani. Era una scatola rossa, rilegata con un nastro nero di seta intorno.
Estrassi con la mano libera, le chiavi dopo aver frugato a sufficienza all'interno della borsa, ed aprii la porta con uno scatto di serratura secco. La richiusi portando la gamba all'indietro, dando una spinta con il piede e sentii il tonfo netto.
Mi avviai su per le scale di corsa, sentendo i tacchi primeggiare sul silenzio assoluto. Finché non vidi la figura di Miranda, apparire dal bagno, mentre si stava aggiustando con accortezza lo chignon.
"È il vestito?" Mi domandò, infilandosi una forcina tra i capelli ricci, per tenere alcune ciocche ribelli composte, dando un'occhiata fugace al pacco e subito dopo ai miei occhi. Forse rivelavano ansia, ma speravo di no.
"Si. Anzi, vado a mettermelo. Non perdonerei un ritardo a causa mia" sviai il discorso, inventandomi di sana pianta la scusa del ritardo. Ero solita ad essere la prima. Benché non amavo le accortezze e stare a guardarmi ad uno specchio per ore. Forse perché l'immagine che rifletteva non la sentivo completamente mia. Come se avessi avuto un corpo estraneo, con la mente di qualcun'altra.
La notai annuire mesta, per raggiungere la camera con un sorriso stirato e tirare un sospiro contenuto troppo tempo, quando mi rifugiai dal suo sguardo inquisitore. Erano giorni che mi sentivo così con Miranda. E la cosa iniziava a crearmi una sorta d'inquietudine.
Mi feci una doccia rilassante. Forse troppo gelata al contatto con la mia pelle calda. Mi lasciai andare sotto al getto potente del soffione quadrato, ammirando il vetro appannarsi a poco a poco, creando aloni.
Poggiai delicatamente la testa, contro le piastrelle, e chiusi gli occhi assorta dai miei pensieri. Di nuovo quegli occhi gelidi ed ammalianti a scavarmi lentamente dentro. Come a voler sapere cosa contenessi.
Finché non mi ripresi, scuotendo la testa per scacciare visioni immaginarie, ed avvolgere il corpo con un telo, per eliminare le piccole gocce che imperlavano il mio corpo.
Aprii la porta con un debole strascico, vedendo Simon sfilarsi la camicia, per lasciarla sul letto. Quando si voltò verso di me, con un sorriso raggiante che divenne malizioso, scivolando gli occhi sul mio corpo.
"Quasi mi pento di andare alla festa. Sarebbe stato più interessante spendere il tempo a fare altro" proruppe sfacciato, sganciandosi la cintura, per lasciarla scivolare dai passanti.
"Mr Weston, non sia così allusivo" lo ripresi bonariamente, vedendolo annuire ed avvicinarsi a me. Arretrai divertita fino a toccare con le spalle il muro, ed i suoi palmi poggiati debolmente sul muro, al lato della mia testa ad inchiodarmi.
"Sono contento che hai trovato l'abito. Vado a farmi una doccia" rivelò, chinandosi appena, per lasciarmi un bacio umido sulle labbra. Riaprii le palpebre annuendo, e stringendomi maggiormente il telo sul seno, mentre scomparì dietro la porta del bagno.
Mi sentivo ancora in colpa con Simon. Ma dovevo allontanare certe colpe, certe immagini, affibbiate ad una certa persona. Riferimenti puramente casuali. Certo Hope! Mi convinsi da sola, in uno sproloquio mentale. Pinocchio sarebbe stato più credibile. E se mi sarebbe potuto crescere il naso, sarebbe andato a sbattere da per tutto.
Ammirai affascinata il vestito, lasciato sulla gruccia con armonia, poggiato sul letto. L'avevo immaginato più...classico? Casto?! Ed invece era perfetto. Lo indossai, stando attenta a non strappare la balza bianca ampia ricamata di sotto, mentre sopra vi era un velo fissato sopra, con ricami di fiori dorati, che partivano dal punto vita in giù. La vita era contornata da una cinta alta impreziosita da diamanti. Un taglio alla turca, dove la pettorina era guarnita da pizzo inglese dorato, ed i manichetti legati sopra al gomito con nastri colorati. Era uno scollo notevole, che enfatizzava il mio seno, rendendolo più prosperoso.
Mi feci aiutare da Simon ad allacciare i nastri dietro, più stretti possibili, trattenendo molto spesso il respiro, come facevo ormai da tempo. Ricordandomi più volte quanto fossi bella, e quanto era geloso, ricevendo risate sommesse da me. Pensavo a chi mi avesse portato il vestito sotto casa, ed un solo nome appariva nitido nella mia mente. Potevo essere confusa su tante cose ma su quella ero quasi sicura. Strano da pensare, per una insicura come me.
Mentre passai ai capelli. Mi feci dei boccoli morbidi, rilegandoli in uno chignon basso ed elegante, avvolto da forcine dorate con fiori applicati.
Dire che con il trucco ero una frana, era un eufemismo. Perciò decisi di applicarmi solo un po' di blush pesca sulle guance, per evidenziare gli zigomi alti, dando salute al mio viso pallido. Ed un po' di rimmel sulle ciglia folte e lunghe.
Simon invece era vestito con una giacca broccata sul nero, come i pantaloni ed una camicia con ruches.
Scavai dentro la scatola, notando una mascherina dorata, con la forma allungata ai lati, dove vi erano applicati diamantini, simili alla fascia del vestito.
Andai davanti allo specchio, poggiandomela delicatamente sul viso, ed aggiustandola sul contorno degli occhi, per legarla dietro con un nastrino di seta, fermato dai fori sulla maschera.
Ci avviammo in macchina, mentre guardai scendere Miranda dalle scale con un abito Rosso, sfarzoso. Le stava molto bene, come la maschera rivestita in velluto bordeaux. Mi rivolse un sorriso luminoso, ma anche scettico, prima di sedersi composta sul sedile.
"Graziosa la fascia di diamantini. Forse troppo vistosa" proruppe, mentre ero concentrata ad ammirare fuori dal vetro le illuminazioni della città, dove potevo navigare con i pensieri. Vidi il suo riflesso quasi stizzito dal vetro del finestrino, girandomi verso di lei, dove la luce di un lampione, le illuminò il volto, mettendo in evidenza i segni dell'età.
"Io la trovo originale. E molto fine" la ripresi saccente ma pacata, dandole un sorriso carezzevole. Per quanto adorassi Miranda, ultimamente era come se un filo spinato, avvolgesse quel legame che prima avevamo, ed una volta arrivati al limite si rimanesse scottati.
Sentii la ghiaia sotto il peso delle ruote, gracchiare. Misi a fuoco la vista, dal finestrino oscurato, l'enorme villa che si ergeva.
I muri Beige e le colonne ioniche, ad incorniciare l'entrata di un portone maestoso, spalancato per invitare molte persone, come gli scalini, ricoperti da un tappeto rosso come quelli delle star di Hollywood.
Le illuminazioni fuori, s'intrecciavano anche tra le siepi che costeggiavano i lati della casa, rendendo tutto più luminoso.
Notai Simon aprirmi dolcemente la portiera e porgermi la mano con galanteria, per aiutarmi a scendere. Poggiai il tacco sulla ghiaia, attenta a non farlo affondare. Non ero solita a portare tacchi a spillo, e la cavigliera dorata sembrava impedirmi i movimenti naturali.
Lo ringraziai con un sorriso radioso, ed una dolce melodia si elevò, divulgandosi anche all'esterno. Un pianoforte per la precisione. Potevo sentire le dita affusolate dell'uomo, armonizzare con i tasti.
Varcammo la soglia dell'entrata, ed un uomo vestito in calzamaglia come un giullare di corte, fece una sorta d'inchino, dove la parrucca bianca e buffa si mosse appena.
Guarda Simon sorridermi e lasciarmi cullare dal suo sorriso. Si. Ero convinta più che mai che fosse l'uomo giusto. Che stanotte mi sarei concessa di nuovo a lui, senza scuse, e senza pensare ad occhi che non erano i suoi nocciola.
Guarda intorno, ispezionando. Le pareti erano rivestite con carta da parati Beige e foglie d'oro, un palco al lato destro, formava una mezza luna marrone in rialzo, dove vi era riposto il piano con il ragazzo che suonava. Sul lato sinistro un buffet con varie pietanze a ricoprire la tavolata, quadri d'epoca portati apposta per l'occasione erano appesi, specchi con bordature dorate. Due vetrate imponenti su i due lati della villa, aperte come le tende Beige, tenute ferme da un nastro del medesimo colore con nappe finali che scendevano giù. Ed i lampadari a goccia, davano una luce potente ma al contempo calda.
"Vieni, ti presento qualche cliente ed investitore" mi riportò al presente Simon, concentrandomi solo sulla sua voce esile, prendendomi per la mano e trascinandomi verso un gruppo di uomini, vestiti di tutto punto come Simon. Alcuni avevano accettato l'idea della maschera, mentre altri avevano una maschera interna, non ne usavano ulteriori, si sarebbero sentiti pesanti. Troppe maschere alla fine cadono, e ti rendi conto di scoprirti davvero, inerme, agli altri ma sopratutto a te stesso.
Allungai la mano presentandomi a tutti, prosperavo il mio nome, offrendolo, ma per loro ero solo -la futura moglie di Simon Weston-. Finsi dei sorrisi stirati come una piega che vuoi cacciare, passandoci sopra una pressa. Dei uomini vestiti come pinguini, portavano con maestosità in alto i vassoi d'argento, chi distribuiva tartine, chi flûte colmi di champagne. Ne afferrai uno, bevendolo lentamente. Fingevo di essere interessata a conversazioni riguardo aziende multimilionarie, ma in realtà non m'importava molto. Aveva ragione Joy. Questa festa era noiosa.
Mia cara Hope, tu lo sei da che ne hai memoria. Cosa ti sta inducendo ora a fare simili pensieri?! Forse la voglia di scoprire che se guardi bene, non tutto è noioso. C'è chi può cacciare il tuo lato vero. Troppo timorosa di scoprire chi sei in realtà. Ma prima o poi tutto viene a galla.
"Oh finalmente. Vieni...ti presento...diciamo, il mio salvatore in un certo senso" rivelò cristallino Simon con un sorriso sgargiante, talmente tanto da evidenziare una fossetta che non avevo mai notato sulla guancia destra.
Mi lasciai trascinare verso il suo ennesimo cliente. Afferrai un altro flûte, finché non inquadrai meglio la figura dell'uomo a cui ci stavamo avvicinando. Le sue labbra carnose formarono un sorriso, una leggera barba ispida, che avrei voluto percorrere con i miei polpastrelli. Indossava una maschera nera lucida, ma potevo notare che si quel nero, spiccassero i suoi occhi di ghiaccio, che guardavano i miei, sentendomi percorsa da un brivido gelido. Tenni più saldo il flûte, che sarebbe voluto scivolare dalle mie mani, cadendo a terra con un tonfo raggelato.
Si sfilò la maschera, in un gesto lento ed ammaliante, rivelando meglio i suoi occhi che mi fissavano gelidi e mi scrutavano vittoriosi, mentre i battiti cardiaci aumentarono freneticamente. Quando spostò lo sguardo verso Simon.
"Ciao. Scusa per il ritardo. Avevo da fare" affermò pacato verso Simon che sorrise, non rendendosi minimamente conto del mio stato perso. Immaginavo cosa aveva avuto da fare. Arrogante!
"Tranquillo. Lei è Hope, nonché mia futura moglie" si voltò verso di me dolcemente, mentre Alan rimaneva impassibile alla rivelazione. Come se non lo avesse toccato minimamente. Certo! Cosa gl'importava di me.
Allungai la mano falsamente, per stringere la sua, ma il suo tocco delicato, sfiorò con i polpastrelli il mio palmo, portando in alto il dorso della mia mano, dove si chinò appena per avvicinarsi e posarci sopra le sue labbra carnose e rosee, lasciandomi un lieve bacio. Innocuo, innocente, talmente potente da farmi arrivare una fitta nelle parti intime.
Sarei voluta cedere, e in un attimo immagini di me avvinghiata a lui, si stagliarono come visioni. Come se fosse accaduto realmente. Così nitide da farmi sciogliere e stringere le gambe per la voglia di essere posseduta da un'essere così.
Ritrassi la mano quasi sdegnata, non rivelando dallo sguardo che il suo bacio mi avesse spossato completamente, come la morbidezza delle sue labbra che rivelarono un ghigno. Una scossa per il mio corpo febbricitante. Gli era arrivato il mio desiderio.
Si rialzò ricomponendosi e puntando dritto verso Simon.
"Quindi lei è la sua futura moglie. Quella di cui mi ha tanto parlato" rivelò sprizzante, disegnando un'incurvatura delle labbra, con fierezza quasi. Sapeva ciò che era successo, tanto quanto me. Sapere che li conosceva Simon, ora mi faceva accapponare la pelle. Aghi che pungevano ovunque, paura.
"Si è lei. Non potevo scegliere una donna più bella e dolce. Non crede?" Domandò Simon dolcemente, mentre Alan annuii solamente.
Mascalzone!
"Si...quindi io proporrei un Brindisi ai futuri sposi. Se la signorina è d'accordo" guizzò gli occhi sfacciato, verso di me, per passarsi la lingua sull'angolo delle labbra. Dio! Queste fitte mi stavano uccidendo.
Rimasi immobile senza dire nulla, mentre Simon afferrò due calici, porgendomene uno, poiché Alan ne aveva già uno. Ricalcai il mio finto sorriso, che stava perdendo lucentezza, brindando a noi. I bicchieri si scontrarono con un singulto cristallizzato, guardando l'uomo difronte che mi faceva impazzire in molti sensi contrastanti. Un nemico da tenere alla larga, ora che sapevo che conosceva Simon. Ora che sapevo perché avessero il suo numero in casa.
"Vi auguro tanta fortuna e felicità" aggiunse veritiero e bugiardo al contempo. Eppure le sue parole mi arrivarono come una lama tagliente.
Scordatelo Hope, per la miseria!
"E Simon...figli maschi mi raccomando" ricalcò con una sua battuta per sdrammatizzare, che sembrò una frecciatina verso di me, ora che mi guardava sardonico.
"Grazie" replicò limpido Simon, sgolando il flûte di champagne.
Mi guardai intorno spaesata, come se l'aria che conteneva quel posto non fosse stata sufficiente a contenere me e le mie emozioni dalle mille variazioni. Miranda chiacchierava animatamente con un gruppetto di signore.
"Vado a prendere una boccata d'aria" avvisai Simon, senza far trapelare quanto fossi spazientita, e non dando adito ad Alan, anche sei suoi occhi gelidi mi spogliavano internamente.
Passai tra la folla, senza essere quasi notata. Invisibile. Lo ero da sempre. Ero un foglio bianco dove la storia veniva scritta da mani non mie.
Il refolo sottile di vento mi rianimò su quel balcone lungo. Poggiai le braccia sull'inferriata fredda, riverniciata di bianco, chinandomi appena. Mi soffermai ad ammirare San Francisco illuminata. Uno spettacolo che si proiettava anche sul mio viso spento. ed una spiaggia vicino alla villa. Sentivo la brezza marina, e quel vento sempre più potente.
Quell'uomo sapeva risvegliarmi in ogni fibra del mio essere. Per questo dovevo cancellarlo assolutamente. Mi faceva paura quanta eccitazione. Mi parai braccia con le mani colta da un brivido di freddo, che trapassò fin sotto le ossa. Mi sfilai delicatamente la maschera, allentando il fiocco dietro che scivolò, solleticandomi l'incavo del collo.
Finché non sentii una presenza dietro di me. Non mi voltai. Sapevo chi era.
Lo avvertii più vicino, e come sempre il mio corpo iniziava ad ingranare.
Sentii la sua giacca posarsi delicatamente sulle mie spalle, prima di affiancarmi, guardandolo portarsi quella dannata sigaretta sulle labbra, accendendo la miccia che s'illuminò di un rosso vivo.
"Cerca di non prendere freddo, non vorrai che ti venga la febbre alta" affermò goliardico e rauco, senza guardarmi ma solo aspirando quel fumo nocivo, con le braccia poggiate sull'inferriata. Mi ricomposi, drizzandomi per poggiare i palmi sopra quel ferro battuto.
Sussultai sentendo il vento, elevare il buon odore che emanava la giacca, invadendomi le narici per farmi tornare a respirare regolarmente.
"vedo che hai indossato il vestito." Aggiunse, portando a girarmi meglio, sentendo un formicolio espandersi, e spazzare la mia domanda che mi tormentava.
"non ero certa. Sei stato tu a ritirarlo. Come facevi a saperlo? Mi spiavi?" Domandai stralunata, scuotendo la testa amareggiata. Che dannazione voleva da me.
"sei fissata con gli spionaggi noto. Per quanto tu frema dalla voglia di vedermi seguirti, la causa è il tuo futuro marito. Mi ha invitato a questa festa, parlando di te, e che doveva ricordarti di ritirare l'abito, poiché ultimamente ti vede sbadata.
Così sono andato io. Ho alleggerito il lavoro. e ti ho lasciato il vestito difronte casa." Spiegò pacato la verità su i fatti, guardandomi appena, per tornare ad aspirare un'altra boccata, in maniera suadente, scivolava dannatamente bene quel filtro tra le sue labbra carnose e piene, dove la maggior parte della sigaretta se la fumava il vento, e le onde in lontananza suonavano una melodia stagliandosi e confondendosi con quella dolce che proveniva dall'interno della villa.
"ah...grazie...credo. come conosci Simon?" Domandai di nuovo, volendo spazzare via ogni forma di punto interrogativo.
"Gli ho salvato il culo, facendogli vincere una causa con un suo cliente. Sono un avvocato." Esalò un respiro, mentre mi diede l'ultima rivelazione. Lontano. Dicevo dentro di me, ma il mio corpo non ne era così convinto.
"Bene! Comunque non voglio la tua giacca" replicai burbera, togliendomi la sua fonte di calore di dosso, anche se non me la sarei mai tolta. Sapeva di buono. Sapeva di uno di cui non dovevo pensare minimamente.
"Ed io che cercavo di essere gentile" mormorò ad alta voce un suo pensiero forse, sorridendo a qualcuno immaginario, mentre notai di lato la sua fossetta che avrei voluto staccare a morsi.
"Fai buon viso a cattivo gioco direi" lo ripresi risoluta, voltandomi per appoggiare il fondoschiena all'inferriata, sentendo il corpetto sempre più stretto.
"Forse...comunque tienila per un po'. Fa freddo qui fuori" ripeté con una gentilezza momentanea che mi spiazzò, porgendomi nuovamente la giacca, per voltarsi verso di me, con un espressione seria.
Quante sfaccettature aveva quest'uomo? Troppe per capirlo pienamente. Forse era questo che mi mandava in completa confusione.
Mi riavvolsi la giacca, tenendola con una mano per proteggermi il collo.
"Perché sei così gentile ora?" Mi avvicinai a lui, parlando più pacata e soffice, scacciando con la mano la nube di fumo, che si dissolse nella frescura notturna.
"Forse perché mi va di conoscerti meglio. O forse perché posso sfruttare la cosa a mio vantaggio" rivelò serio, prendendo possesso del mio sguardo incerto.
"Spiegati meglio" replicai spaventata da una sua risposta, sentendo un magone strozzarmi la gola.
"Non c'è nulla da spiegare" affermò guardandomi intensamente. Celava cose che non riuscivo a prendere. E questo mi destabilizzava.
Feci un risolino isterico, sommesso, portandomi con una mano a sciogliermi i capelli, in maniera irruente. Come se l'acconciatura mi stesse iniziando a stare stretta ed a prudere. Li sentii ricadere sulle spalle in dolci boccoli che mi solleticarono il collo, venendo scompigliati dolcemente dal vento.
"Ah no? Bene!" Affermai ispida, lanciandogli in malo modo la giacca, ed entrando in due falcate dentro, senza dargli il tempo di un'altra risposta idiota. Di un'altra per continuare la conversazione con uno come lui. Volevo cercare un luogo più tranquillo. Lontano da quella gente, da quel casino. Anche se forse lo avevo più nella mente, e da lì non potevo evadere.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro