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-Capitolo 13-

Ragazze dovete guardare il video 😂😂 non per la ragazza. Ma per lui. Tanta roba 😍 peccato che è vestito 😒

Uscii da quella casa spossata, elettrizzata. Che diavolo stavo facendo?! Mi stavo per sposare con Simon, ed appena uno sconosciuto mi aveva toccato le parti intime. Il suo tocco così familiare ed al tempo stesso sconosciuto. Rude ma gentile. Stavo impazzendo era ufficiale. Come avevo potuto?! Che diavolo mi era saltato in testa?! Cielo Hope!
Mi maledissi mentalmente da sola. Ne avevo tutte le ragioni di incolparmi con me stessa.

Ed ora su questa macchina, mi sembrava che ogni respiro che facevo, fosse troppo pesante da contenere. Anche con il finestrino aperto, sentivo la pesantezza delle mie colpe, esalate in sospiri faticosi. Per quanto tentassi di non tremare, tremavo come il mio cuore. Come i primi fiori che sbocciavano gentili. Un po' impauriti ed un po' eccitati di venire alla luce del sole, e dare colore e conforto al terreno.

Tornai a casa, aprendo la porta con un cigolio debole, richiudendola. Sentivo un groppo in gola, ed un morso allo stomaco. Macigni a comprimere il mio petto. I suoi occhi di ghiaccio erano iniettati di desiderio. Li sentivo scivolare addosso, come cubetti che divenivano acqua una volta sciolti.
Serrai una lacrima che voleva scendere, poiché vidi Miranda.

"Cara. Già di ritorno?" Mi domandò pacata, guardando l'orologio arancione, affisso sulla parete.

Mi sfilai la borsa dalla spalla, annuendo debolmente. Non riuscivo a tenere lo sguardo su di lei.
"Oggi era il mio giorno libero" le confidai, tentando di sviare il suo sguardo e prendendo una bottiglia d'acqua in frigo. Aprii il pensile intarsiato, per agguantare un bicchiere. Le mani tremavano, mentre mi versavo un goccio,  per dissetare l'aridità che sentivo cesellare la bocca.

"Dove sei stata di bello?" Riformulò un'altra domanda. Mi sembrava un interrogatorio. Non perché lo fosse. Ma perché sapevo ciò che avevo fatto. Nonostante lei non sapesse niente mi sentivo una sporca.

Posai l'acqua, richiudendo il frigo con un tonfo refrigerato, voltandosi verso di lei per cercare di sostenere lo sguardo.
"A fare un giro. Con la macchina. Un po' d'aria." Tentennai appena, ma sembrò non accorgersene. Poiché scrutò i miei occhi per un secondo che mi sembrò un'eternità. Finché non vidi apparire un sorriso gentile, che formò delle zampe di gallina ai lati degli occhi, facendomi rilasciare un sospiro di liberazione.

Mi avviai su, chiudendo la porta di camera, con un strascico appena udibile.
Rannicchiandomi nella mia nicchia fedele. Il mio libro, l'odore della carta, e di come frusciavano le pagine sotto al mio indice.
Cercavo di immergermi tra quelle righe, ma niente sembrava volermi trascinare all'interno della storia. Rivedevo solo le immagini di lui. La sua sfrontatezza davanti alla mia debolezza. Avevo addirittura bevuto. Potevano beccarmi in pieno giorno e togliermi i punti dalla patente. Cosa gli avrei raccontato poi a Simon?! Mi hanno tolto i punti perché ho bevuto, e mi sono fatta toccare la vagina, da uno sconosciuto?!
Incosciente. Ecco cosa ero stata. Una vera deficiente!

Mi alzai, richiudendo il libro con un tonfo sordo e con troppa foga, lasciando che il segnalibro scivolasse all'interno.
Andai in bagno per chiudermi nel box doccia. Esigevo di lavarmi. Lavare la sensazione di sporcizia. Ma non potevo lavare le immagini che si prospettavano, come un rallentatore, nella mia mente confusa.

Chiusi gli occhi, appoggiando la fronte alle piastrelle fredde, mentre l'acqua cadeva a scroscio sulla mia pelle diafana.

-Flashback-

-Krys, vienimi ad aiutare- una voce delicata e bianca di una donna. Il suo volto non c'era. Solo le sue parole soffiate al vento.

-Arrivo- rivelò la voce candida di una bambina. Pura.

-Aiutami a piegare i lenzuoli dai. Cosa eri a fare? Dragonfly- domandò la donna, con un dolce nomignolo.

-Ero a leggere il libro che mi hai regalato. È bellissimo- le confidò la bambina, con voce amorevole. Potevo sentire l'odore di lavanda prodigarsi nel box doccia, lo stesso di quei lenzuoli freschi e morbidi.

-Quando sarai grande avrai un'amore proprio come quello- sussurrò la donna, sentendo il vento spiegazzare il lenzuolo, come se si aprisse in un mantello.

-Come fai a saperlo?- chiese curiosa la bambina, come se quella donna le avesse fatto una confessione magica.

-Perché tu sei una libellula. Puoi volare ovunque tu voglia, ma appena ti poserai, saprai il motivo che ti ha spinto, a fermarti lì- ammise sicura e con tale grazia da farmi scendere una lacrima lenta che mi bagnò il volto, insieme alle gocce d'acqua.

******************************

Riaprii gli occhi, impaurita. Ero sicura che stavo davvero delirando. Frasi senza volti. Solo rumori e contorni. Uscii infreddolita, senza prendere l'asciugamano, ma guardandomi allo specchio appena appannato.
Chi era questa Krys?! Tormentava da un paio di giorni la mia testa.

Sentii il cigolio stridulo della porta aprirsi, ed acciuffai prontamente l'asciugamano, avvolgendo il mio corpo percorso da brividi non solo di freddo.
Mi affacciai verso lo stipite notando che era Simon, che appena voltò il viso dalla mia parte mi sorrise.

"Ehi. Tutto bene la tua giornata libera?" Venne verso di me, con voce delicata, stringendo con dolcezza i miei fianchi. Mi morsi il labbro, puntando lo sguardo oltre le sue spalle. Menzognera! Diceva la mia vocina.
Traditrice! Ripeteva più prepotente.

"Si" affermai solamente, tentando di non essere incetta quanto lo ero in realtà.

"Mi ha detta la mamma che sei andata a fare...un giro." Rivelò la menzogna che avevo detto a Miranda, spostandomi una ciocca dalla fronte. Decisi di puntare i miei occhi nei suoi. Avrebbe letto qualcosa?! Non credevo. Non riuscivo io stessa a leggervi nulla.

"Volevo svagarmi un po'" alzai le spalle, accennando un debole sorriso, notando con sollievo che non captò nulla nel mio sguardo perso e dispiaciuto.

Ripensavo ancora alle sue dita abili, al suo modo di procurarmi piacere e scrutare il mio viso per prendere i miei ansimi.

"Preparati. Il ristorante è fissato tra un'ora" ammise cristallino, sfilandosi la giacca e lasciandola adagiata sul letto.

M'infilai un tubino nero con lo scollo quadrato, e delle decoltè del medesimo colore. Mi applicai un po' di fondotinta e blush, ed un lipgloss sulle labbra.
Quando sentii un braccio avvolgermi la vita.
"Sei bellissima" soffiò dolcemente quelle parole vicino al mio orecchio, mentre annuii come a ringraziarlo.

"Con questa collana ancor di più" affermò gioviale, sentendo il rumore di una scatolina aprirsi.
Mi girai, guardandolo sfilare dalla scatolina di velluto rosso, una collana a punto luce, bellissima ed elegante.

"Simon" sbattei più volte le ciglia incredula. Guardai lui e poi la collana, diverse volte.

"Meritavi un regalo" si grattò la nuca in imbarazzo, mentre mi alzai sulle punte dandogli un bacio amorevole.
Falsa! Proruppe la mia vocina, riuscendo a farmi staccare ed a sentirmi una vera stronza.
Non si meritava una come me Simon. Ma non avrei più ceduto a simili errori.

Mi voltai, alzando i capelli e il filo della collana solleticò il mio collo, sentendo il freddo argento al contatto con la mia pelle, poggiarsi delicatamente.
Gli rivolsi un sorriso sincero, avviandomi verso lo specchio, e notando quanta luce mi desse al volto, toccandoli con l'indice estasiata.

Ci avviammo verso il ristorante, salutando Miranda.
Appena scendemmo dalla macchina, ammirai il ristorante lussuoso.
Tirò la porta di vetro, incitandomi ad entrare, guardando il mio volto perso ad ammirare. Le pareti rivestite da carta da parati dorata. I tavoli in legno ciliegio con gambe decorate in oro, intrecciate tra loro dove vi erano applicate delle foglie sempre in ferro battuto.
Un pianoforte all'angolo, circondato da delle vetrate. Abat-jour su delle alzatine, che davano una luce fioca e confortevole. Era molto intimo, tutto perfetto. Dal soffitto candido, scendevano lampadari a goccia, anch'essi grazie alla luce soffusa, sembravano dorati.

"Ti piace?" Domandò Simon, accarezzandomi una spalla, per seguire il cameriere che ci condusse in un angolo intimo. Il secchiello con la bottiglia di champagne era già stata messa al fresco, così come alcuni petali di rosa rossa, sparsi sulla tovaglia Beige con ricami dorati. Ed un candelabro in vetro a sostenere la fiamma della candela, che volteggiava dolce, mossa dal vento.

"È bellissimo Simon" ammisi sincera, sedendomi con grazia. Era un posto elegante e come tale mi sentivo un po' fuori luogo. Mi sentivo sempre così. Nessuno ha un vero posto nel mondo. Eccetto nella mia nicchia con il mio libro.

Mi guardai un po' intorno, cercando di tenere le mani sulle gambe che tremavano. Ero felice era vero, ma mi sentivo davvero una traditrice. Il fatto che dovessi sostenere i suoi sguardi pieni di amore, mi facevano stare ancora peggio. Non trovavo quiete ma cercavo di mantenere una finta pace interiore che non vi era.
Ordinò un filetto al Foie gras, con contorno di patate alla duchessa.
Sorseggiai un po' di champagne, alleviando parte di tensione che ormai era integrante.

Simon si alzò un attimo, scusandosi con la mano e mostrandomi il telefono per una chiamata di lavoro. Mi pulì la bocca, rivolgendogli un sorriso, vedendolo uscire fuori.
Iniziai a mangiare la carne, anche se avevo poco appetito. Sembrava tenera ma sotto i denti era un macigno per me.

Quando sentii un brivido di freddo pervadermi, volta alla sprovvista. Mi voltai di scatto, notando che c'era solo la vetrata dietro. Scossi la testa, ma mi voltai di nuovo per cercare di captare oltre la vetrata cosa ci fosse. Provai ad annullare il mio riflesso e quello della piantana, dove la luce abbagliante si riverberava sul vetro, per vedere oltre.

Ridussi gli occhi a due fessure, mettendo a fuoco. Finché non vidi una sagoma nera, ed uno scintillio sul volto, che sembrava una bozza appuntata su un foglio. Gli occhi. I suoi.
Il freddo mi trapassò attraverso le ossa, alzandomi con uno scatto fulmineo.

Mi accertai che Simon non arrivasse, andando fuori. Mossa da un istinto primordiale. Dalla voglia di sapere perché era lì. Ma appena andai fuori, solo un refolo di vento potente mi avvolse in pieno, come un mantello. Mi portai le braccia intorno, come a pararmi. Solo la luce dei faretti sull'erba a fare da scena. Solo la luce dall'interno del locale a scaldare il prato. E della sua figura nulla. Stava diventato frutto della mia immaginazione anche lui. O forse era reale quanto quella ragazza che tormentava il mio sonno agitato.

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