98. Sai, papà, non siamo tutti uguali
Sai papà non siamo tutti uguali
Andremmo interpretati molti modi come i quadri
Andremmo interpellati in molti casi più degli avi
Io mi rifiuto sappi non siamo tutti schiavi
(A. Mariani, Dafne sa contare, 2016)
—
23 luglio 2018
La chiamata venne chiusa.
Nic rimase immobile col telefono muto accanto all'orecchio.
Immobile per diversi secondi, in uno stato di shock.
Ma si ricompose. L'autocontrollo che da sempre lo contraddistingueva rimise ordine tra i suoi pensieri e tra le sue priorità.
Michele era arrabbiato e Nic capiva le sue ragioni e le sue emozioni, e un bruciante senso di colpa stava già iniziando a divorargli lo stomaco all'idea di aver lasciato Sara morire sola, come aveva detto Michele.
Ma ne aveva anche lui, di ragioni.
Michele aveva detto di volerlo fare, perciò Nic non aveva prevaricato la sua volontà. Nic sapeva che Michele avrebbe sofferto e si sarebbe sentito in colpa per l'eternità, se non avesse fatto la cosa più giusta e umana. Possibile che non lo capisse?
Rimase per qualche minuto con Il cellulare in mano davanti agli occhi, a fissare lo schermo ormai nero, indeciso se richiamare o meno.
Ma alla fine risolse di non farlo. Per il momento. Michele era arrabbiato, sconvolto. Probabilmente devastato dal dolore. In quel momento non stava ragionando e Nic capì che la cosa migliore era lasciare che la rabbia sbollisse. Di lì a qualche ora l'avrebbe rivisto perché sarebbe tornato a casa, e faccia a faccia avrebbero ragionato. Gli gli avrebbe fatto capire tutto.
Scrisse un messaggio a Elena, dicendole di richiamarlo quanto prima, allontanandosi da Michele con qualche scusa.
Lei lo fece dopo qualche minuto. Ma ciò che disse non lo tranquillizzò per nulla. «Michele mi ha licenziata!» La sua voce era carica di rabbia.
Nic elaborò l'informazione per qualche secondo, prima di rispondere: «Cosa gli hai detto per farlo incazzare anche tu?»
«Niente! Gli ho solo fatto presente che il proprietario del cane eri tu e che eri tu ad avere il diritto di decidere cosa fare con la povera Sara! E lui si è incazzato, perché è un bambino di merda che non è capace di affrontare la verità, come tutti i bambini di merda! Come tutti questi zoomer di merda, buoni solo a frignare e a pestare i piedini e a chiamare la mamma quando qualcosa non va! Generazione frigna, la dovrebbero rinominare, altro che generazione zeta! Viziatelli frignoni volubili del cazzo! Sono momenti come questi che mi fanno ringraziare il cielo di non aver mai avuto figli!»
Nic aveva ascoltato e non ascoltato lo sproloquio di Elena. Stava cercando di capire quale fosse la situazione in termini pratici. «Scusa, ma... adesso Michele dov'è? È lì con te?»
«No. Si è allontanato. Non so dove cazzo è andato, credo sia uscito dall'aeroporto.»
«Cooosa?! Ma sei scema? Corrigli subito dietro! Vai a cercarlo!»
«Scema lo dici a qualcun altro!»
Nic si trattenne con tutte le sue forze dal mandarla a fanculo. «Scusa. Ma lo capisci o no in che situazione l'hai messo? Lo sai che lui da solo non è capace di fare un cazzo! Per favore, potresti andare a cercarlo?»
«E perché dovrei farlo? Sono appena stata licenziata! Da un bambino ingrato del cazzo!»
«Nessuno ti ha licenziata. Decido io.»
«No, decido io, invece. Ero già al limite della sopportazione dopo che aveva licenziato Anna, col tuo beneplacito perché da bravo maschilista l'hai sempre trattata come una troia che non sapeva fare niente e non vedevi l'ora di liberartene...»
Nic si trattenne dal ribattere all'insulto. «Senti... lasciamo perdere Anna. Michele! Pronto? Ma non te ne frega proprio un cazzo di tuo nipote? Vai a vedere dove si è ficcato, ti prego!»
Elena emise una specie di ruggito. «Lo faccio solo per fare un ultimo favore a te, e perché non sono una stronza senza cuore. Ma questa è l'ultima cosa che faccio per quel bambino viziato. Non voglio più avere niente a che fare con voi! Non lavoro dove non sono desiderata e stimata!» Elena chiuse la comunicazione, ma stavolta Nic non si fece alcuno scrupolo a richiamare.
Elena rispose con un: «Cos'altro cazzo vuoi?»
«Possiamo stare in linea per favore? Così mi dici in diretta cosa succede?»
Elena emise uno sbuffo rabbioso, ma non chiuse la chiamata. Nic udiva brusio in sottofondo, avvisi sonori, voci che chiamavano i passeggeri ai gate.
«Lo vedi?»
«Se non ti dico niente significa che non lo vedo, no?»
Nic sentiva il cuore farsi sempre più piccolo nel petto, lo stomaco contrarsi. Forse sarebbe stato meglio se avesse chiamato Michele... Ma non l'aveva mai sentito tanto arrabbiato. La parte razionale del suo cervello gli diceva che chiamarlo sarebbe stata la cosa più sbagliata da fare, perché non avrebbe ottenuto niente, solo che non rispondesse o gli bloccasse il numero, se già non l'aveva fatto.
«Sono andata verso dove l'ho visto sparire, ma Malpensa è gigantesco... Potrebbe aver preso mille direzioni diverse. Mi stai solo facendo perder tempo.»
«Ti scongiuro, ti pago uno straordinario, se vuoi, ma cercalo!»
«Ah, una penale la pretendo di sicuro!»
E dopo altri due minuti di silenzio, durante i quali Nic stava cominciando a perdere la sua risolutezza e arrivando alla conclusione che almeno un tentativo di chiamata con Michele l'avrebbe fatto, Elena gli diede l'insperata buona notizia: «Eccolo.»
«Dov'è?»
«Sono all'uscita più vicina che ho trovato, e sta qua fuori in fila per i taxi, con la testa bassa e due coglioni in fila con lui che gli stanno parlando.»
«Vai immediatamente da lui! Sta prendendo un taxi? Ma è impazzito? Dove cazzo vuole andare?»
«Da Anna. Ovvio. Hanno fatto pace, oggi, perché il tuo caro figlioletto da bambino capriccioso quale è cambia idea ogni due secondi. Anna vive qui a Milano, ovvio che sta andando da lei.»
«Vai da lui. Fallo ragionare e portalo sull'aereo, se siete ancora in tempo a imbarcarvi...»
«Sì, siamo un po' in ritardo ma ce la facciamo. Ma io non ho intenzione di fare il viaggio con lui.»
«Elena, cazzo! Ti scongiuro!»
«Sono una manager, non una babysitter.»
Nic rifletté che se Michele stava davvero prendendo un taxi per andare da Anna, doveva aver sentito Anna al telefono.
«Manca molto alla fila per i taxi? A che punto è?»
«Abbastanza indietro... Almeno dieci minuti ci vogliono, prima che lo prenda...»
«Ok. Fammi un favore. Ti scongiuro, fammi un ultimo favore e poi non ti rompo più le palle: rimani lì a guardarlo e se arriva il suo turno fermalo. Io chiamo al volo Anna.»
«Ultimo favore. Non te ne farò altri.»
«Grazie.»
Nic per fortuna aveva ancora il numero di Anna in rubrica, fece partire immediatamente la chiamata.
«Signor Bressan» rispose subito a lei. «Ho saputo di Sara e mi dispiace molto...»
«Hai parlato con Michele?»
«No, era talmente sconvolto che non riusciva a parlare. Mi ha scritto, mi ha detto solo che è morta Sara. Non mi ha detto altro.»
Quindi non sa dell'eutanasia...
Nic decise per il momento di non dirglielo. «Sta venendo da te?»
«Sì. Mi ha chiesto se poteva passare la notte da me e io gli ho detto di sì, gli ho detto di prendere un taxi per venire qui.»
«Non potevi andare a prenderlo in macchina?»
«Non ho la macchina. Mi sposto sempre in metro e taxi.»
«Michele non è in grado di prendere un taxi da solo! Non l'ha mai fatto in vita sua!»
«Dovrebbe dare a suo figlio un po' più di credito. Per chi l'ha preso? Anche un bambino è in grado di prendere un taxi, non ci vuole niente, basta dare l'indirizzo all'autista...»
«Per chi l'ho preso? Ci facevi tanto la sua amica, ma mi sembra che stai parlando di una persona diversa...»
«No. Sono molto consapevole dei limiti di Michele, ma sono sicura che non avrà problemi ad arrivare qui. Gli ho mandato l'indirizzo esatto via WhatsApp e gli ho detto di mostrarlo all'autista. Se io dovessi uscire di casa, prendere un taxi per arrivare in aeroporto e poi tornare a casa mia con lui, perderemmo il doppio del tempo, sarebbe una cosa senza senso. Ho detto a Michele di chiamarmi se aveva problemi. Non si preoccupi. Non parla neanche con lei? Perché sta chiedendo queste cose a me?»
Nic fece un sospiro. «Michele non vuole parlarmi, per il momento. Ti dirà sicuramente tutto lui.»
Non le disse la verità non perché se ne vergognasse, ma perché non amava giustificarsi.
«Mh... Va be', non insisto.»
«Tutto sommato...» aggiunse Nic. «Tutto sommato, penso che gli farà bene stare una notte con te. Anche se... cioè, non... non...» Nic non sapeva bene cosa voleva dire.
«Signor Bressan, non abbiamo più parlato in modo schietto di quello che è successo. Io la sua diffidenza nei miei confronti la capisco benissimo. Ma si fidi quando le dico che non farei niente per fare del male a Michele.»
Nic attese qualche secondo prima di dire: «L'hai fatto, però. E chi mi assicura che non gli stai vicino per tornaconto?»
Anche Anna attese qualche istante prima di continuare a parlare. «Le voglio far notare una cosa: secondo lei ho avuto un ritorno di immagine positivo da tutta questa storia? Dal mettermi a lavorare per Michele e farmi vedere sugli spalti ai suoi incontri?»
«Hai ottenuto visibilità.»
Anna fece una breve risata. «Ma lei ha idea dei commenti che mi arrivano su Instagram? Troia succhiasoldi... Ti volevi solo approfittare di lui... Quanto ti hanno pagata per farti stare zitta? Cosa ti hanno dato per farti ritirare le accuse? L'hai denunciato solo per avere visibilità... Ci volevi fare tanto la femminista, ma alla prima occasione gliel'hai data di nuovo... Ti interessano solo i soldi... Me ne arrivano a decine e decine su questo tenore, le sembra che la mia immagine ne sia uscita bene?»
Nic guardò l'ora. I minuti passavano e Michele a breve sarebbe salito su un taxi. Da solo. «Non sapevo di quei commenti... ma non mi stupiscono. Perché ti confesso che io stesso ho pensato cose simili.»
«Lo immaginavo. Apprezzo la sua schiettezza.»
Nic aveva bisogno di credere che stava affidando Michele a qualcuno di cui potersi fidare. E decise di crederle, perché era l'unica cosa sensata da fare, in quel momento.
«Ti vorrei chiedere due favori: uno, non dirgli che ti ho chiamato. È... è arrabbiato con me, ed è talmente fuori di sé che potrebbe finire per incazzarsi anche con te, scappare e... e poi chi cazzo lo sa in che guai va a ficcarsi.»
«Ok, non glielo dirò.»
«E poi... per favore mi puoi scrivere quando arriva da te? Per farmi sapere che è tutto a posto?»
«Ok anche questo. Non si preoccupi» disse lei in tono dolce.
Nic salutò Anna, teso come non mai all'idea di Michele da solo su un taxi. Ma del resto, si rendeva conto che era una paura irrazionale: se dava la destinazione al tassista, cosa gli poteva succedere? Mica i tassisti erano l'anonima sequestri...
Chiamò di nuovo Elena.
«Alla buon'ora! Meno male che ci dovevi stare un minuto... Michele è appena salito sul taxi. Io sto tornando dentro, sono in ritardo per l'imbarco.»
«È partito quindi? Ti avevo detto di fermarlo!»
«No, il taxi è ancora fermo lì, non so cosa cavolo... ah no, ecco. È partito. Probabilmente Michele stava balbettando da mezz'ora la destinazione...»
Nic notò una punta di scherno nel tono di Elena, ma non lo commentò. «Ci vediamo stasera, allora?»
«Sì, passo lì a prendere le mie cose ma poi me ne vado. Non ho intenzione di approfittarmi della tua ospitalità, visto che non sono più vostra dipendente.»
«Ma sei ancora parte della famiglia. Non dire cazzate, dai. Dove vuoi andare a dormire? Resta qui.»
«No. Mi sono veramente rotta il cazzo, scusami. Ho bisogno di staccare dalla vostra famiglia allucinante.»
Elena chiuse senza nemmeno salutare. Nic rimase solo con le sue preoccupazioni, coi suoi pensieri su ciò che aveva fatto e su come Michele doveva averlo vissuto, il senso di colpa che aumentava ogni minuto ripensando a quelle parole di Michele: l'hai fatta morire sola...
Decise di chiamare di nuovo Raffaele. Aveva bisogno di sentirlo, un consiglio, anche solo di sfogarsi un po'.
«Ah Nic...» rispose lui in un tono di voce molto sofferente. «Ti sei finalmente deciso a dirmi la cosa che ti angosciava poco fa?»
Ma Nic, sentendolo così sofferente, deviò subito il discorso: «Cos'hai? Stai male?»
«Ma no, niente. Il solito. Sono appena uscito da un ciclo e sto un po' peggio del solito, ma non ti preoccupare, mi passa sempre nel giro di qualche ora. Come va?»
Quella domanda, che forse Raffaele aveva buttato lì in modo casuale, gli strinse il cuore: anziché lamentarsi di quanto stava male, si preoccupava per Nic. Si rese conto di quanto fosse fuori luogo ed egoista ammorbare Raffaele con le proprie preoccupazioni. Quindi, su due piedi, decise di non dirgli niente. Cominciò a chiacchierare del più e del meno per tirarlo su di morale, gli raccontò del servizio fotografico di Michele e inventò persino un paio di aneddoti su ciò che era successo a Milano, rimaneggiando delle scene realmente vissute in servizi fotografici passati.
Le parole di Nic ebbero l'effetto sperato, fecero ridere Raf. Chiuse la chiamata con un Raffaele stanco, ma decisamente più di buonumore, almeno all'apparenza, e Nic fu felice di aver fatto almeno una cosa positiva, in quella giornata terribile.
Il messaggio di Anna arrivò, come promesso, circa un'ora dopo.
Michele è qui. Sta bene ma è sconvolto, ancora non riesce a parlare. L'ho mandato a farsi una doccia, magari lo aiuta a rilassarsi. Se non le scrivo più, significa che è tutto a posto.
Nic le rispose semplicemente con un grazie. Il timore più grande che aveva, in quel momento, era che, dopo aver saputo cosa fosse successo, anche Anna si mettesse contro di lui, si coalizzasse con Michele e lo incoraggiasse a stargli lontano.
Cercò per il momento di non pensarci. La cosa importante era che Michele fosse al sicuro. L'indomani avrebbe pensato al resto.
***
24 luglio 2018
Il messaggio di Anna arrivò alle sette del mattino. Non svegliò Nic, che aveva dormito poco e male ed era in piedi già dalle sei. La sera prima Elena era passata lì ed era stata di parola: aveva fatto aspettare il taxi in cortile, raccolto le sue cose e se n'era andata, con una fredda stretta di mano a Nic e un saluto distratto al padre di Nic, che aveva osservato tutta l'operazione in cortile. «Çe astu fât?» gli aveva chiesto, cos'hai fatto. «Michele ha saputo della Sara e ci è rimasto molto male» aveva risposto Nic. Poi non aveva più risposto alle domande insistenti del padre, e lui per fortuna si era arreso.
Nic lesse il messaggio di Anna.
Stiamo tornando a Capriva. Michele vuole passare lì un altro paio di giorni e poi partire per gli Stati Uniti.
Mentre Nic leggeva, arrivò un secondo messaggio. Poi un terzo e un quarto.
Michele mi ha detto che cosa ha fatto.
Di merdate nella vita ne ho viste tante, ma questa è davvero una delle peggiori. Non ci volevo credere quando me l'ha raccontato.
La prego: non si faccia trovare a casa. Michele in questo momento emotivamente non è in grado di affrontarla. Lo faccia per lui.
Nic rilesse un paio di volte quelle parole. Anna era stata molto dura, ma non lo aveva insultato: Nic lo interpretò come un buon segno.
Michele sta ancora molto male?
Fu ciò che scrisse alla fine.
Secondo lei????
Ecco che diventava aggressiva. Forse Nic aveva interpretato in tono troppo tranquillo i messaggi precedenti...
Ci sarai anche tu?
La risposta arrivò dopo una decina di minuti.
Sì. Per favore, la scongiuro, glielo ripeto: non si faccia trovare.
Ma era una richiesta a cui Nic semplicemente non poteva acconsentire.
Doveva confrontarsi con Michele. Gli aveva lasciato un po' di spazio per fargli sbollire la rabbia e processare il lutto. Ma doveva sapere come stava e soprattutto doveva spiegarsi.
Li aspettò senza fare niente, l'angoscia e il disagio che montavano nel petto. Non riusciva a vedere la situazione in modo chiaro, non riusciva a capire. Non gli succedeva molto spesso che le emozioni gli offuscassero il giudizio, e questo era uno di quei rari casi. Riguardava le sue azioni, continuava a credere di essere nel giusto, e allo stesso tempo credeva di aver fatto una cosa profondamente sbagliata. C'erano due Nicolò dentro di sé che lottavano per avere ragione, e la parte razionale della sua testa non riusciva a decidere quale delle due fosse nel giusto, anche se la parte emotiva aveva già deciso: aveva sbagliato.
Ma lui non si fidava delle proprie emozioni. Ed era proprio per proteggere Michele dalle emozioni negative, da un gesto troppo difficile da compiere, da un mancato gesto di cui si sarebbe potuto pentire in eterno, era proprio per proteggerlo da tutto questo che Nic l'aveva fatto.
Anna non gli aveva detto quale aereo avrebbero preso, ma Nic aveva guardato gli orari online, e uno dei voli sarebbe atterrato alle 16. Prendendo un taxi sarebbero arrivati a Capriva tra le 17 e le 17:30, tra sbarco e recupero dei bagagli.
Fu proprio così. Nic udì le ruote dell'automobile sulla ghiaia del cortile. Quando uscì il primo sguardo che incontrò fu quello di Michele, che lo fissò a occhi sbarrati per meno di un secondo, prima di voltarsi di scatto, quasi fosse spaventato dalla sua presenza.
Nic guardò quindi Anna, che gli rimandò un'occhiata furibonda.
Fece qualche passo verso suo figlio e lo chiamò per nome, ma lui reagì mettendosi le mani sulle orecchie come un bambino, e allontanandosi.
Quell'atteggiamento lo preoccupò al punto da fargli alzare la voce. «Michele!» Nic giunse accanto a lui e lo prese per un braccio, per costringerlo ad ascoltarlo e voltarsi, affrontarlo. «Michele, ti prego, ascoltami!»
Michele si liberò della presa di Nic con uno strattone violento, si voltò verso di lui e lo sovrastò, era più alto di qualche centimetro, drizzò la schiena, alzò il mento, Nic ebbe l'impressione che si fosse persino sollevato un po' sulle punte dei piedi, quasi a voler imporre il suo poderoso fisico.
Ma quando aprì la bocca, rivelò quanto in realtà fosse inerme, nel suo mutismo, nella sua incapacità di parlare.
Nic cercò di spiegarsi, e la sua voce di nuovo uscì a un volume molto più alto di quanto avesse voluto.«Tutto quello che faccio, lo faccio per il tuo bene!»
Michele continuava a fissarlo con un'espressione mutevole, che rivelava ora rabbia, ora disperazione. Apriva la bocca e la chiudeva, e Nic riusciva a udire il respiro che gli si strozzava in gola.
«Michele stai bene?» chiese Anna. Ma che domanda era? Era ovvio che non stesse bene!
«Parla, cazzo! Di' qualcosa! Dimmi cosa pensi!» lo incoraggiò Nic.
Michele spalancò la bocca, inspirò ed emise uno strano rantolo.
«Non puoi nasconderti sempre dietro al tuo mutismo!»
«Michele, vuoi il cellulare? Vuoi scrivere?» si intromise Anna, porgendo a Michele il suo telefono.
«E smettila di assecondare i suoi problemi, cretina! Non guarirà mai se lo assecondi!» Le gridò addosso Nic, esasperato da quel modo di fare, dal modo in cui tutti sembravano coccolare i problemi di Michele, anziché spingerlo a risolverli.
«Non t-t-ti permettere di insultarla!» disse Michele.
«Ah, per difendere la tua ragazza ce la fai, a parlare...»
«Non è la mia rrrrragazza, è la mia m-m-migliore amica!» disse ancora Michele, e guardò Nic con fierezza, mentre lo diceva. «E la mia ma-m-manager» aggiunse dopo qualche secondo.
«Michele, ti prego, ragiona. Io non farei mai niente per...»
«St-t-tai zitto!»
«Non capisci che stava soffrendo?!» gridò Nic, sempre più fuori di sé. «Non ce la facevo più a vederla così! E non ce la facevi neanche tu! E se non l'avessi fatto te ne saresti pentito per tutta la vita!»
E la reazione di Michele fu un gesto per Nic completamente inaspettato.
Una spinta.
Colpì Nic con tutta la sua forza sulle spalle, e a Nic fu impossibile restare in piedi. Cadde all'indietro, col sedere sulla ghiaia.
Cadde sconvolto dalla rabbia di suo figlio. E adesso quel figlio lo guardava, coi denti scoperti, gli occhi spalancati le sopracciglia talmente contratte da formare due rughe verticali profondissime in centro alla fronte.
E dopo averlo guardato così per qualche secondo sì voltò di spalle e ricominciò a parlare con la voce calma e profonda del giorno prima, controllata, non da Michele. Una voce più simile a quella di Nicolò.«Tu non sei più mio padre. Non sei più niente per me. Per una volta nella tua vita rispetta una mia decisione e vattene.»
Nic si rese conto solo in quel momento, vedendolo e non solo ascoltandolo, di quanto determinazione ci fosse in quelle parole.
Michele ci credeva: aveva appena deciso di non avere più un padre.
—
Note 🎶
Michele sembra molto determinato, e diciamolo: ha ragione al 100%. Cosa farà adesso, Nic?
Prima dei saluti, un ringraziamento doveroso a trachemys che mi ha consigliato la canzone (e l'artista) di oggi 🥰
Come avevo già anticipato in una nota sul mio profilo, purtroppo devo rimandare entrambi gli aggiornamenti dalla prossima settimana, perché sono oberata di impegni fino sulla punta dei capelli.
Per la stessa ragione anche le risposte ai commenti arriveranno in ritardo (ancora non sono riuscita a rispondere a quelli dello scorso capitolo). Ci tengo sempre a rispondere, perché mi fa piacere ricambiare al tempo che mi dedicate!
Quindi l'appuntamento per il prossimo capitolo è lunedì 15 aprile (pubblicherò come al solito domenica sera del giorno prima).
A presto, e lasciatemi una stellina per ogni scadenza che devo rispettare questa settimana (vi assicuro che sono tante 😵💫).
—
Note 2 - Leggere Play in parallelo ▶️
Per arrivare in pari con la storia leggete fino al capitolo 80 o 81.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro