95. C'era un tempo sognato che bisognava sognare
C'è un giorno che ci siamo perduti
Come smarrire un anello in un prato
E c'era tutto un programma futuro
Che non abbiamo avverato
(I. Fossati, C'è tempo, 2003)
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26 giugno 2018
Michele aveva chiesto di allenarsi con Ivan e Nic era stato felice di accettare.
Le intenzioni di Michele erano, probabilmente, solo quelle di stare col suo migliore amico – Nic ancora non era del tutto certo sulla natura del loro rapporto, ma migliore amico, per il momento, gli sembrava la definizione migliore.
Quelle di Nic erano studiare i miglioramenti di Ivan. Metterlo alla prova con esercizi mirati. Nic e Michele avevano anche guardato qualche video di suoi incontri e di punti giocati, e chiesto a Damiano di preparare un analisi stocastica del suo gioco. Insomma: avevano deciso di seguire il consiglio di Raffaele, quello di prendere sul serio il suo bislacco allievo.
Era presente anche Raf alla sessione, ovviamente, ed era stato prodigo di indicazioni a Ivan, che Nic aveva ascoltato e annotato mentalmente, con l'intenzione di commentarle insieme a Michele in un secondo momento.
Mancavano ancora venti minuti alla fine dell'ora programmata e Michele sorprese tutti con una richiesta: «P-p-posso chiedere un favore a Raffaele?»
«Dimmi» disse Raf.
«Posso palleggiare c-c-cinque minuti con te?»
Nic sgranò gli occhi, mentre Raf rideva e diceva: «Neanche per sogno!»
«Ti pago, se vuoi. È d-d-d-dall'anno scorso che ci penso: da q-q-quando mi hai mostrato quel mmmeraviglioso dropshot, proprio qui a Wimbledon.»
Nic si avvicinò alla rete, spazientito dalla perdita di tempo: «Cos'è questa storia?»
«Non è una questione di soldi, perché dovresti palleggiare con un vecchio ciccione come me? Non ti servirebbe a niente, e io farei una figuraccia» disse Raf, mentre Nic annuiva.
«Voglio vederti g-g-giocare di nuovo» insisté Michele.
«Di nuovo? Quand'è che mi hai visto?» Raf si rivolse a Nic. «Gli hai mostrato dei video?»
Nic non fece neanche in tempo a rispondere di no che Ivan si intromise: «Quali video?»
«Hai dei video?» chiese Michele con gli occhi spalancati e speranzosi.
Merda...
Nic aveva chiuso in una scatola in soffitta, a Capriva, tutte le cassette che aveva registrato con la JVC. Michele non le aveva mai viste. Quando Elisa era in vita lei stessa non aveva mai voluto riesumarle perché la deprimeva vedersi giovane; quando poi era morta, Nic aveva deciso di non tirarle fuori per non far soffrire Michele. E per non soffrire lui stesso con ricordi inopportuni.
Nic avrebbe voluto fermare Raf dallo straparlare, ma era già partito in quarta, purtroppo: «Ne avrà ore e ore!» disse. Poi, rivolto a Nic: «Con quella tua telecamera costosissima... all'epoca costavano un sacco, le telecamere portatili... Andava a VHS, no?»
«Me li mostri?» lo implorò Michele con gli occhioni sempre più spalancati e un accenno di sorriso. Stava forse sperando di vedere anche sua madre?
«Quelle videocassette non so neanche più dove sono... Cos'è tutto questo improvviso interesse?» disse Nic.
«S-s-sono sempre stato interessato a lui» rispose inaspettatamente Michele, «da q-quando mi ha fatto vedere quel dropshot l'anno scorso.»
Michele, quindi, si rivolse a Raffaele come se fosse un bambino davanti al suo idolo: «È il d-d-dropshot più bello che abbia mai visto in vita mia.»
«Esagerato!» Raffaele lo mandò a quel paese con un gesto della mano.
«Dico davvero. Ho c-c-cercato tuoi video online, ma ce n'è solo uno in cui si vede bene qualche colpo.»
«Nineteen years old Raffaele Novelli? Quello? Sì, era uno dei video di tuo padre, qualche giornalista mi pare ne aveva fatto una copia e la copia è girata. Ma ne esistono molti altri.»
Ma perché non sta zitto!?
Quel video proveniva davvero dalla sua videoteca, ma non era stato Nic a darlo ai giornalisti, era stata Elisa, quando ancora erano in attività, durante un combined a cui avevano partecipato insieme; un giornalista aveva notato Nic a bordocampo con la telecamera, aveva chiesto a Elisa se poteva visionare il materiale per un servizio, ed Elisa, senza chiedere nulla a Nic, gli aveva dato la cassettina, su cui c'era anche quella registrazione di Raf. Il giornalista non restituì mai la cassetta e finì per usare solo il materiale di Raf. Elisa ci rimase male ma Nic riuscì a consolarla dicendole che l'unica ragione era, probabilmente, che le inquadrature fatte a Raf erano più ravvicinate e di miglior qualità.
«È come se non li avessi, non so più dove sono» disse infine Nic per cercare di chiudere l'argomento.
Michele sembrò voler chiedere ancora qualcosa, ma esitò e si rivolse infine di nuovo a Raf. «Eri... cioè, da quel p-p-poco che si vede sembravi...»
La frase di Michele rimase in sospeso e fu Nic a completarla. «Bravissimo. L'Italia avrebbe potuto avere il suo Robert Straussler. Potenza, eleganza, intelligenza. Ma mancava la cosa più importante. La stabilità mentale.»
Raf guardò Nic, i suoi occhi stanchi, quelle palpebre cascanti, espressero una tristezza quasi insostenibile.
Spostò infine lo sguardo sull'orologio. «Senti, visto che siete in vena di cazzeggio... ti propongo cinque minuti di pausa. Bevete un po' di integratore e farò qualche palleggio. Ma non con te. Con un avversario più alla mia portata.» Poi spostò il suo sguardo: «Nic, ti va di fare due tiri?»
Due tiri?
Palleggiare?
Insieme? Dopo tutti questi anni?
Il suo respiro accelerò, una parte della sua testa avrebbe voluto gridare di sì, e quasi a volerla assecondare Ivan stava esultando ed esortandoli a battersi.
Ma la parte razionale sapeva che sarebbe stato uno spettacolo penoso, l'ennesimo modo di ribadire il declino fisico, l'imminente morte di Raffaele. «No, no...» disse. «Io...»
Michele porse la sua racchetta a Nic, che non riuscì a parlare, si limitò a scuotere la testa.
«Eddai, Nic!» Raffaele lo provocò lanciandogli una pallina con la racchetta sulla spalla. «Hai paura di perdere contro un vecchio ciccione?»
«Questi trucchetti psicologici patetici non attaccano con me. Michele deve allenarsi.»
«Cinque minuti. In onore dei vecchi tempi.» Raf sorrise.
Il sorriso di Raffaele era migliorato, di recente, su impulso di Michele, che lo aveva implorato in maniera decisamente poco delicata di fare una pulizia dei denti. Raffaele l'aveva fatto, una pulizia e uno sbiancamento: non avevano reso i suoi denti quelli di un divo hollywoodiano, ma li avevano riportati ad una condizione più che accettabile. «Prendersi cura del proprio aspetto è una sciocchezza, ma è anche un segno di ottimismo. Chi non ha speranza si lascia andare, se ne frega di come appare» aveva detto Raf per motivare il proprio gesto.
«Però intanto te l'ha dovuto dire Michele, non è un impulso che è venuto da te... quindi di che ottimismo stiamo parlando?» aveva obiettato Nic.
«Funziona lo stesso anche se ti ci forzi. Il cervello è molto facile da fregare. Sono sicuro che mi farà stare meglio.»
E sembrava aver funzionato. Non erano solo i denti, Raf si curava di più in generale: aveva tagliato i suoi capelli ormai grigi, li pettinava, faceva un po' di esercizio fisico e sembrava più in forma, nonostante continuasse a portare malissimo i suoi anni.
Quel sorriso, quelle labbra un tempo piene e sensuali, ora sottili e avvizzite, le rughe sulle guance cascanti, e gli occhi nascosti dalle palpebre, rivelavano, pur nella loro vecchia stanchezza, una gioia che conquistò Nic, lo spinse a prendere in mano la racchetta che Michele gli stava porgendo.
La afferrò dal manico con un gesto brusco, con la paura di cambiare idea se non avesse cominciato subito. «E va bene! Cinque minuti!»
«Whohoo!» esultò Ivan. «Forza Raf! Distruggilo!»
«Forza p-p-p-papà!» disse Michele con non troppa convinzione.
Mentre Michele e Ivan andavano a sedersi a bordocampo accanto ad Anna e Sara, che avevano assistito all'allenamento, Nic già iniziava a pentirsi di aver accettato la sfida. «Da quant'è che non fai un po' di palleggio serio?» chiese, facendo rimbalzare a terra una pallina appena raccolta. «Io mi alleno regolarmente, sai?»
Raf non rispose, ma allargò un po' le gambe e portò la racchetta davanti alla pancia, in un'imitazione anchilosata di una posizione di risposta.
Quindi Nic servì.
La piazzò bene. Il servizio era sempre stato il suo colpo migliore, il suo unico colpo decente, e non aveva perso la mano, anche perché continuava, di tanto in tanto, a competere a livello senior con altri ex professionisti. Perdeva quasi sempre, ma la competizione lo faceva sentire ancora vivo, oltre a essergli utile come allenamento per non ingrassare e per essere più efficace le rare volte che si trovava a fare da sparring a Michele e Daniele.
Raf rispose bloccando la palla. Nic aveva fatto un servizio comodo da recuperare, perché sapeva che il suo amico era ormai lento, e non voleva umiliarlo. Ma fu invece lui a umiliare Nic con una battutaccia: «Quarant'anni che ti alleni e ancora non sei riuscito a levarti quella scopa dal culo?»
«Stronzo...» borbottò Nic, rimandandola di là con uno slice.
I colpi di Raf erano ancora buoni. Faticava a spostarsi, dio come faticava, e fu così che Nic fece con facilità i suoi punti di servizio, piazzando palle angolate, ma la mano non era sparita. La precisione, la fluidità di braccio, erano tutte ancora lì.
Poi toccò a Raf servire. Al contrario di Nic, il servizio di Raf non era mai stato il suo colpo migliore, era un colpo in cui aveva sempre puntato tutto su due aspetti: piazzamento e difficoltà di lettura. Lo aveva visto servire un migliaio di volte ma ancora adesso Nic non riusciva a leggere il colpo, fino all'ultimo millesimo di secondo.
E i quattro punti del servizio di Raf andarono infatti a lui. Nic, come quella volta, la primissima volta in cui avevano giocato insieme, si ritrovò a essere la persona fisicamente più forte in campo, ma anche la più sprovveduta: fu spiazzato dalle sue tattiche, giocate tutte da immobile in centro al campo; Raf aveva piazzato i colpi talmente bene da aver costretto Nic a rigiocarle tutte centrali, e quindi facili da riprendere.
L'ultimo colpo, che consegnò a Raf l'uno pari, fu un dropshot.
«Questo era per te» Raf gridò verso il bordocampo.
«B-b-bellissimo!» ribatté Michele.
«Le tue famose palle corte...» disse Nic, ricordando tutte le volte che le aveva ammirate da giovane.
Ripresero a giocare, e dopo un po' i ragazzi, da bordo campo, si misero a commentare la partita.
«Mi sembra che giochino un po' lenti» disse Anna. Parlò piano, forse nel timore di offenderli, ma il campo era vuoto e il commento si udì.
E si udì ancora meglio la risposta di Michele: «È normale, sono over cinquanta.»
«E Raf è over cento chili!» disse Ivan, nel suo tipico tono sguaiato.
«Non sparare cazzate, peso novantadue chili, sono dimagrito di tre negli ultimi due mesi» ci tenne a precisare Raffaele.
Quel commento causò a Nic una fitta al cuore: lui stesso aveva pensato più volte che Raf fosse migliorato nel suo aspetto, che fosse più in forma; ma cosa era dovuto, in realtà, quel dimagrimento? A una dieta migliore? O alla sua malattia? E chissà se anche Raf ne era consapevole, chissà se gli stessi pensieri stavano passando anche nella sua testa nonostante sembrasse, in quel momento allegro e spensierato.
Nic si impose di non pensarci. Quella era, con tutta probabilità, l'ultima occasione che aveva di palleggiare con il suo più caro amico, di rivivere dei bei momenti di gioco e competizione con lui, finché era ancora in forma per riuscirci, e Nic sapeva che quella forma sarebbe durata ancora poco, troppo poco...
No! Basta! Basta pensieri cupi!
Quello era un gioco, un momento spensierato che era stato lo stesso Raf a desiderare, e Nic l'avrebbe onorato con impegno. Quegli ultimi venti minuti sarebbero dovuti essere di Michele, che aveva un torneo importante - il più importante dell'anno - davanti a sé. Se Nic fosse stato un genitore e allenatore responsabile, si sarebbe dovuto fermare, dire a Raf: ok, ci siamo divertiti, abbiamo cazzeggiato cinque minuti, adesso comportiamoci da professionisti e lasciamo allenare i nostri allievi.
Ma per una volta Nic decise di mettere se stesso, e soprattutto Raffaele, davanti alle necessità di suo figlio. E che saranno mai, si disse, venti minuti di allenamento persi, quando lo aspettano ore e ore nei prossimi giorni, senza contare che può sempre organizzare al volo un'altra sessione di sparring più tardi, se proprio lo vuole. Non saranno questi venti minuti a rovinargli il torneo.
Questi venti minuti sono per te, Raf.
Il gioco proseguì, sempre più combattuto e sempre più divertente, Nic riuscì a levarsi i pensieri negativi dalla testa e si godette il bel momento.
Dopo qualche minuto arrivarono a bordocampo anche Andrej e Daria, l'ex ragazza di Ivan che, a quanto diceva Raffaele, era rimasta in buoni rapporti con lui.
Ci fu qualche scambio di battute tra i ragazzi e i giocatori, qualche commento allegro. Nic li osservava, nelle pause: un bel gruppetto, sembravano andare d'accordo, tranne Michele e Daria che mostravano una decisa antipatia reciproca, mentre l'apparente ostilità di Andrej nei confronti di chiunque era ormai evidente a tutti che fosse la sua personale marca di umorismo.
Andrej a Nic stava sempre molto simpatico, e da quando, di recente, si era fatto crescere la barba, assumendo un aspetto più maturo, Nic si era stupito per qualche istante a pensare che se l'avesse conosciuto da ragazzo avrebbe di certo fantasticato su di lui.
Non più.
I pensieri di quel tipo erano sempre meno frequenti. Si masturbava ancora, ogni tanto, ma era un'azione meccanica che usava come valvola di sfogo quando era stressato, non era una vera pulsione sessuale, a spingerlo. Quasi faticava a trovare fantasie che lo stimolassero. Ogni tanto osservava qualche uomo di bell'aspetto, o faceva qualche pigra fantasia su uomini che trovava simpatici, ma erano pensieri che non riusciva a prendere sul serio, che si esaurivano nello spazio di un minuto per non ripresentarsi più. Non c'era posto per una relazione, nella sua vita, e non c'era spazio nemmeno per il sesso. Si sentiva vecchio, a pensare quelle cose, ma era così.
E andava bene così.
Sarebbe andata ancora meglio se non ci fosse stato lui, quell'altro vecchio stanco là davanti. Se non ci fossero state quelle insopportabili emozioni che stritolavano il cuore di Nic ogni volta che gli stava vicino. Se non ci fosse stato il desiderio di abbracciarlo, tenerlo stretto e non lasciarlo andare mai. Mai, mai, mai.
Quanto sarebbe stato più facile, davvero, se non ti avessi mai conosciuto, si ritrovò a pensare guardandolo fare l'ennesimo, bellissimo dropshot.
Ma quasi a volersi togliere quei pensieri stupidi dalla testa, non si lasciò sopraffare dalla meraviglia e scattò per riprenderla. Fu soddisfatto dei propri riflessi e della propria velocità ancora eccellenti, riuscì a toccarla ma non fu in grado di giocare il passante che avrebbe voluto, si limitò a rimetterla di là, e Raf, che già lo aspettava a rete, allungò il braccio e la piazzò incrociata alle spalle di Nic, facendo punto.
Si sorrisero. Avevano entrambi un po' di fiatone: «Riesci sempre a fregarmi, eh?» mormorò Nic.
«Ti sei dimenticato chi sono? Raffaele Novelli, la leggenda del tennis italiano!»
«Tu ci scherzi, ma lo sei davvero. Un talento. Sei nato per fare questo, non avresti potuto fare nient'altro.»
Raf abbassò gli occhi. «Forse hai ragione, rende tutto ancora più doloroso: quello che so fare meglio non era quello che volevo fare.» Esitò un istante poi aggiunse, a voce molto bassa. «Un rimpianto ce l'ho anch'io, sai?»
«Uno solo?» disse Nic accennando un sorriso. «E quale sarebbe?»
«Non aver capito prima, non aver capito subito, che questo mio talento per il tennis l'avrei dovuto mettere a frutto così, come lo sto mettendo a frutto adesso, facendo l'allenatore. Ero giovane e allenatori di vent'anni non si erano mai visti, e mi sono ostinato a continuare su una strada che odiavo, e quando poi sono finito in Russia mi sono messo a fare l'istruttore di circolo a ricchi perditempo senza scopo, come se fosse un impiego statale, e ho finito per essere ancora più senza scopo io stesso.»
Nic si strinse nelle spalle: «Non so se ha senso avere questo rimpianto. Hai ragione, allenatori ventenni non si sono mai visti, chi avrebbe potuto prenderti sul serio?»
Nic fece quella domanda sapendo già che cosa avrebbe detto Raf: «Tu. Già lo stavo facendo. Quante volte ti ho fatto da sparring? Quante volte ti ho aiutato con le tattiche? Solo che non lo facevo con la dedizione giusta, con l'impegno giusto, lo consideravo un diversivo divertente, non un vero impegno, non vero scopo. Pensa... pensa se avessi smesso di giocare e mi fossi concentrato sullo scopo della mia vita: allenare te e portarti in vetta. Altro che best ranking 78, ti avrei portato in top ten, te lo immagini?»
Un grumo di lacrime si bloccò nella gola di Nic.
Ma quindi una speranza c'era, un modo ci sarebbe stato, e io, stupido, non l'ho mai capito. Avrei potuto salvarti, Raf, la soluzione era lì sotto i nostri occhi stupidi da ragazzi, e da ragazzi stupidi e inesperti i quali eravamo, non l'abbiamo mai vista. E se l'avessimo vista, tu adesso saresti un uomo felice forse ti saresti sposato, avresti messo su famiglia, chissà dove ti avrebbe portato la vita, chissà...
«Nah!» esclamò Raf distogliendo Nic dal suo treno di pensieri. «Ma cosa cazzo mi metto a pensare? Top ten? Tu? Scarso e legnoso come sei? Macché! Avrei avuto una delusione pazzesca, mi sarei rimesso a bere nel giro di dieci minuti e sarei morto pure prima, te lo dico io!»
Raf rise. Ma Nic lo vide: lo vide chiaramente. Era una risata forzata, erano battute forzate. E vedendo la forzatura, capì il senso di quelle battute: Raf gli aveva letto il pensiero. Aveva interpretato i turbamenti di Nic, le sue preoccupazioni, i suoi eterni rimorsi, aveva capito che stava soffrendo ed era tornato sui suoi passi minimizzando i propri rimpianti con una battuta.
«No, ci voleva Vanja. Non sarebbe potuta andare in nessun altro modo.» Raf fece un'altra risatina e guardò l'orologio al suo polso. «Dai, che abbiamo ancora tre minuti, e io sono avanti di un break e voglio a tutti costi vincere facendoti un secondo break. Tocca te servire, vai a recuperare quella pallina!»
Nic si impose di sorridergli e corse a prendere la palla, per giocare il suo ultimo turno di servizio.
Gli sarebbe tornato in mente, non c'era dubbio che gli sarebbe tornato in mente, come gli tornavano in mente, costantemente, tutti gli errori e gli appuntamenti mancati della sua vita. Ma Raf aveva ragione: non aveva senso rimuginare sui rimpianti.
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Note 🎶
Avete appena letto un capitolo che nella stesura originale della storia non c'era. Rileggendo il materiale mi sono resa conto di aver fatto un peccato mortale a liquidare in due righe questo momento così bello, intimo e importante tra Nic e Raf, presa com'ero a ricapitolare le disavventure di Michele. Ne ho approfittato per riprendere qualche considerazione che avevo eliminato da altri capitoli e aggiungere qualche dettaglio che era sempre stato nella mia testa ma non aveva mai trovato forma. Spero vi sia piaciuto!
Volevo ringraziare Kaori2018, tesoro72, unaragazzacomeme e BandBfan93 che mi hanno suggerito diverse belle canzoni per il titolo. Alla fine ne ho trovata una io, ma ho apprezzato molto i suggerimenti ❤️
Ci rileggiamo giovedì e lasciatemi una stellina per ogni ooh di meraviglia fatti esclamare dai dropshot di Raf.
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