89. È un testardo, un idealista, troppi sogni ha nel cervello
Questo folle non sta bene, ha bisogno di un dottore,
Contraddirlo non conviene, non è mai di buon umore...
E' la più triste figura che sia apparsa sulla Terra,
Cavalier senza paura di una solitaria guerra
Cominciata per amore
(G. Dati, F. Guccini, Don Chisciotte, 2000)
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7 settembre 2017
Il cretino con i capelli verde limone, per fortuna, rimase a New York soltanto per altri due giorni, ma fece in tempo a dare spettacolo facendo una gran cagnara al primo turno di Michele, sugli spalti insieme alla sua fidanzata.
Dopo la fine dell'incontro, la fidanzata in questione, Daria Minayeva, aveva persino aspettato Michele per parlare in privato con lui. Nic gli aveva chiesto con insistenza che cosa lei gli avesse voluto dire, ma Michele era stato vago. Nic però si era fatto un'idea, e aveva avuto una pessima impressione: che Daria stesse facendo la fidanzata gelosa.
Possibile che ci fosse una storia tra suo figlio e il coglione russo? Possibile che suo figlio fosse bisessuale? Nic continuava a credere che la bisessualità fosse una cazzata, dopo che aveva creduto di esserlo lui stesso, e si era reso amaramente conto che era stata un'illusione. Com'era possibile provare attrazione per entrambi i sessi? Gli sembravano due tipi di preferenze che si escludevano mutualmente. Ma non precludeva del tutto l'eventualità che esistessero alcuni rari individui che riuscivano a scindere le due cose. E suo figlio era un ragazzo talmente strano che sì... avrebbe anche potuto essere una di quelle rare eccezioni.
Quanto a Reshetnikov, Nic era ancora indeciso se fosse etero e si stesse approfittando biecamente di suo figlio facendoglielo annusare (e provocando in questo modo la gelosia di Daria), o se fosse gay e Daria fosse una ragazza di copertura, una poveretta che lo stronzo stava illudendo, e che quindi aveva ottime ragioni di essere gelosa di Michele.
Quale che fosse l'ipotesi giusta, Nic non era contento. Aveva sempre pensato che avrebbe cresciuto i suoi figli con la massima apertura possibile nei confronti delle loro scelte amorose. Ma non aveva fatto i conti con la possibilità che uno dei due scegliesse una persona profondamente disprezzabile. Come poteva Michele andare d'accordo con Ivan dopo che quello stronzo lo aveva preso in giro per la sua balbuzie? Nic non riusciva a capacitarsene.
A metà della seconda settimana Michele diede l'ennesima prova della sua imperdonabile infatuazione nei confronti di Ivan andando a fare il tifo a un incontro di Andrej, che era rimasto lì a New York per giocare il suo Slam di wheelchair tennis.
Gli fu segnalato da Elena, che aveva ricevuto degli alert sul tablet per un aumento di frequenza del tag #MicheleBressan sui social, in gran parte post che condividevano screenshot di Tennis Channel ed Eurosport: appena i cameraman si erano accorti della sua presenza sugli spalti gli avevano dedicato diverse inquadrature.
Michele stava accusando dei problemi di mal di schiena e Nic non poteva credere che togliesse tempo ad allenamenti e trattamenti e stesse seduto su quegli spalti scomodi pur di compiacere quei due coglioni dei Reshetnikov.
Nic, comunque, non poteva lamentarsi della serietà e determinazione di Michele. Stringendo i denti, e fischiato ancora per la storia di Anna, suo figlio aveva vinto tutti i suoi incontri ed era arrivato alla semifinale, dove avrebbe incontrato Straussler, il giorno dopo.
Nic ci pensava, steso sul letto mentre faticava a prender sonno.
Il divino Straussler, il giocatore con più vittorie Slam all'attivo, osannato da tutti per la sua perfezione stilistica.
Sarebbe stato un incontro duro, al di sopra delle possibilità di Michele, per molte ragioni: la bravura di Straussler; la sua aura di imbattibilità che costituiva un fardello psicologico non da poco per qualsiasi avversario; il tifo contrario a Michele e quello a favore di Straussler; e in fine il mal di schiena di Michele.
A Michele era venuta una lombalgia da sforzo. Non era la prima volta che aveva qualche problemino di tensione ai muscoli della schiena, ma un incontro particolarmente stressante di quel torneo gli aveva fatto partire il suo primo vero problema fisico della carriera. Avevano cercato di mitigare la cosa riducendo i carichi negli allenamenti, studiando strategie che lo facessero sforzare il meno possibile (Michele era talmente bravo che era capace di adattarsi all'impronta a qualsiasi tattica), facendo parecchi trattamenti fisioterapici e somministrandogli degli antinfiammatori. Ma non sarebbe stato facile andare avanti, e di sicuro alla fine della competizione si sarebbe dovuto fermare per un po'.
Tramite Ethan, avevano già contattato un centro medico sportivo all'avanguardia nel sud della Francia: Michele sarebbe andato lì, per studiare quali fossero i problemi posturali e di movimento che causavano questa infiammazione, ma già avevano capito che il principale responsabile era il servizio. In quella clinica usavano delle tecnologie che all'epoca di Nic sarebbero state impensabili: sensori di movimento collegati a computer. Avrebbero speso parecchi soldi, ma Nic per i suoi figli avrebbe venduto anche i suoi organi, se fosse servito a renderli felici.
Avrebbero speso soldi in due cliniche, quindi. Quella di Michele e quella di Raffaele. Due spese. Nic non era sicuro che Michele avrebbe vinto gli US Open, anzi, le probabilità ormai erano bassissime, ma aveva già deciso che avrebbe aiutato comunque Raffaele.
Perché?
Perché sì. Perché nonostante quello che Raf era diventato, il Nic ventisettenne che lo aveva cercato in tutta Italia non si era ancora arreso all'idea che quell'uomo sfatto potesse essere ancora salvato.
***
8 settembre 2017
Michele stava piangendo sul lettino di massaggio.
Piangeva di dolore.
Aveva vinto l'incontro con Straussler imbottito di antidolorifici e adesso era distrutto. Come avrebbe fatto a giocare la finale?
«Michele, coraggio» gli disse Nic mentre Ethan lo massaggiava. «Sei stato bravissimo. Un eroe.»
Michele tirò su col naso. «N-non me le dici molto spesso, queste cose...»
«I complimenti fatti troppo spesso perdono qualsiasi valore. Lo sai anche tu. Ma oggi te lo meriti.»
«Non sssso come faccio a giocare c-c-contro Molina... Non riesco a m-m-muovermi...» Michele pianse ancora. «Sc-c-c-cusa se piango, ma sto ma-ma-malissimo...»
Michele sapeva che Nic reputava le lacrime una cosa infantile. Aveva sempre incoraggiato suo figlio a non affrontare i problemi frignando, ma quella era una situazione diversa. «Male come stai, va bene se sfoghi il dolore in qualche modo.»
Michele si lasciò andare e i suoi singhiozzi aumentarono di volume. «Non puoi dargli qualcosa?» chiese Nic a Ethan.
«Di antinfiammatori ne ha già presi parecchi, dopo gli faccio fare qualche infiltrazione.»
«Ma sarà in grado di giocare la finale, domenica?»
«Devo!» disse Michele, interrompendo i suoi singhiozzi. «Voglio s-s-salvare Raffaele, d-devo vincere!»
Nic sospirò. «Non devi voler vincere per compiacere quel cretino di Reshetnikov, ma per te stesso. La motivazione dovrebbe venire sempre da dentro di te.»
«Non lo faccio p-p-per Reshetnikov, ma per R... Rrra... Raffaele. E comunque, lo faccio a-aaaanche per me stesso... Soprattutto p-per me stesso.»
Nic non aggiunse altro, indeciso se il diniego di Michele fosse una menzogna che stava raccontando a Nic o anche a se stesso.
***
10 settembre 2017
Una chitarra.
Chiusa nella sua custodia.
Appoggiata a una poltrona della camera da letto di Michele c'era una chitarra, e Nic rimase per qualche secondo spiazzato da quell'oggetto misterioso, completamente fuori posto nell'universo di Michele, che era una delle persone più antimusicali del mondo.
«Da quand'è che suoni la chitarra?» chiese.
Tutti si voltarono a guardarlo. Era la mattina della finale, e Nic, Elena, Ethan e Lazlo erano andati insieme a svegliare Michele, per organizzare la giornata, sincerarsi sul suo stato di salute, fare un'eventuale prima sessione di trattamenti fisici.
Stranamente, la persona con l'espressione più perplessa era proprio Michele. Sembrava anche lui sorpreso di vedere quell'oggetto in camera sua.
Nic la sollevò, prendendola dalla sacca. «Be'? Cos'è 'sta roba?»
La risposta che gli diede Michele non avrebbe dovuto sorprenderlo, ma lo sorprese ugualmente. «L'ha d-ddi... d-d-dimenticata q-q-qui Rrrresh-sh-shetnikov.»
Quindi il cretino dai capelli colorati era anche un aspirante strimpellatore. Nic se lo immaginò che miagolava brutte canzoni suonando note a caso su quello strumento, da cialtrone cretino quale era doveva essere una di quelle persone che pensavano di poter fare tutto senza il minimo allenamento. «Da una settimana e mezza? Dove l'avevi nascosta?»
«No, d-due giorni fa Reshetnikov è t-t-tornato a New York per vedere la fffffinale del fratello, e ieri sera è vvvvenuto qui a tenermi compagnia.»
La delusione che provò Nic sentendo quella frase era difficile da esprimere a parole. Quindi c'era una relazione, tra quei due, e Michele aveva perso la testa al punto da anteporla ai propri impegni e alle proprie ambizioni. «Ti sembra il caso di metterti a fare sesso con gente poco raccomandabile la notte prima di una finale Slam, e per giunta col mal di schiena?»
Michele sostenne lo sguardo di Nic con un atteggiamento tranquillo. «Non ho fatto sesso con nessuno. È solo...»
«Stai peggiorando» lo interruppe Nic, irritato dalla bugia. «Prima Anna, adesso Reshetnikov... stai vivendo una specie di adolescenza tardiva. Devo chiuderti a chiave in camera? Devo dormire in stanza con te per controllarti?»
Michele sembrò a sua volta irritato dalle parole di Nic, ma non avrebbe dovuto esserlo, considerando come si stava comportando. «Sono perfettamente in grado...»
«Credevo ci tenessi, a vincere uno Slam. Credevo che...»
«Aaaaaaah!» Il grido di Michele fu talmente improvviso e violento che spaventò Nic, e forse anche tutte le altre persone presenti, che stavano assistendo in silenzio alla discussione, compresa Sara che andò a rintanarsi sotto al letto.«B-b-b-ba-bastaaaaaaa!» Michele guardò Nic negli occhi con un'espressione ribelle, sguardo accesso, mento sollevato, denti stretti e il labbro superiore un po' contratto in una specie di ringhio. «Chi d-d-decido di po-pooortarmi in c-camera sono fffffatti miei!»
Nic più che arrabbiato fu ferito dalla reazione di Michele. Addolorato. Reshetnikov gli stava facendo il lavaggio del cervello.
«Hai ragione, Michi» disse Elena, riempendo il silenzio sgomento di Nic.
Come sarebbe a dire: hai ragione?!
«Ma anche papà ha ragione quando dice che non dovresti strapazzarti, considerando che sei infortunato e hai un disperato bisogno di riposo.»
Le parole di Elena sembrarono dare una calmata a Michele, che cominciò a spiegare: «Ieri notte st-t-tavo male. Non riuscivo a dormire p-per colpa del mmmal di schiena, ma soprattutto per colpa dell'ansia p-per la finale. Ivan non mi ha strapazzato, t-t-tutt'altro. Mi ha aiutato a rilassarmi le... le... leggendomi una storia. Mi sono addorment-t-tato con Ivan che leggeva, e poi lui se n'è andato senza svegliarmi. Ho dormito b-benissimo.»
Nessuno aveva interrotto il lungo discorso di Michele. Ethan e Laszlo perché probabilmente non ne avevano capito una parola. Elena perché, a giudicare dall'espressione che stava facendo, era allibita. Nic per lo stesso motivo. La storia che Michele aveva appena raccontato era talmente assurda da essere, forse, vera.
Diversi aspetti di quel racconto preoccuparono Nic: il sorrisino beato con cui Michele lo aveva enunciato; il fatto che Michele avesse per ben due volte usato il nome Ivan, anziché il più distaccato Reshetnikov che gli aveva sempre sentito usare; e infine il fatto che il corteggiamento si basasse sulla lettura di favole della buonanotte, un dettaglio molto infantile che probabilmente riportava Michele alle letture con sua madre.
«In che senso ti ha letto una storia?» chiese Nic, sperando di aver capito male.
«T-ti ricordi che la mmmmmmmamma mi leggeva sempre le storie, prima d-di dormire?»
Non avevo capito male...
«Ti ha letto una storia della buonanotte?» chiese Elena in tono scandalizzato.
«A quale strano gioco di seduzione state giocando?» chiese Nic, preoccupato.
Michele mise su un'irritante faccetta da ragazzino capriccioso, e alzò gli occhi al cielo. «B-basta per favore, p-possiamo...»
«No. Basta tu. Stai usando un tono arrogante e seccato che non mi piace. E non permetterti mai più di urlare come hai fatto poco fa. Mai più. Sei un adulto, controllati.»
Quello stronzetto di Reshetnikov gli stava mettendo in testa idee strane. Lo stava spingendo a una sciocca ribellione fine a se stessa, il tipo di ribellione che avrebbe potuto fare un bambino che imbrattava un muro, o un adolescente che fumava una sigaretta. Era un atteggiamento che non si addiceva a Michele e che soprattutto non gli faceva bene. Michele era un ragazzo che aveva un disperato bisogno di disciplina.
E per fortuna sembrò rendersene conto: abbassò la testa e chiese scusa.
Nic fece cenno a tutti di seguirlo. «Andiamo tutti di sotto e non parliamone più.»
Non ne avrebbero parlato, ma lui ci avrebbe pensato. Reshetnikov era un'influenza negativa nella vita di Michele. Ma aveva senso che Nic gli impedisse di vederlo? Se Michele si era davvero infatuato di lui, niente lo avrebbe tenuto lontano.
E nel proprio desiderio di separarli, si rivide in suo padre, che aveva tentato di separare lo stesso Nic da Leonardo. Nic l'aveva vissuta come una violenza, un'ingiustizia. E lo era stata. Lui non stava facendo niente di male e suo padre con la sua rigidità mentale campagnola non lo capiva.
Nic si diceva che il caso presente era diverso. Perché lui non era contrario per principio che Michele avesse una relazione con un ragazzo, era contrario a quel ragazzo. Perché era una persona negativa.
Ma lo era davvero?
Sentiva di non riuscire essere essere obiettivo. Non riusciva a decidere se stesse solo ripetendo uno schema oppressivo, illudendosi che si trattasse di uno schema diverso.
Era un problema che gli avrebbe dato sin troppo da pensare.
Perciò, almeno per quel giorno, decise che non ci avrebbe pensato. Quello era il giorno della finale di Michele, l'incontro per ora più importante della sua carriera. E la sua attenzione sarebbe stata interamente dedicata a quello.
***
Michele perse.
Molina lo sconfisse in quattro set, e Nic ancora non riusciva a capire come Michele fosse riuscito a vincere quel singolo set nelle condizioni in cui versava.
Proprio come nel match contro Straussler, aveva combattuto con tutte le sue forze, come un vero eroe, dilaniato da evidentissimi problemi fisici. I suoi problemi erano stati talmente evidenti che, tra i soliti fischi, Michele aveva ricevuto anche parecchi applausi di incoraggiamento.
Lo stavano mostrando sul megaschermo proprio in quel momento: aveva nascosto la testa sotto un telo e le sue spalle stavano sussultando. Ma la regia lo inquadrava. Pornografia del dolore. Michele piangeva e Nic dovette farsi forza per non piangere a sua volta. Chissà cosa stava passando per la sua testa, quanto dolore, quanta delusione. Ogni tennista era solo nella sconfitta.
Al momento della premiazione consegnarono a Michele il suo piatto da finalista e il suo assegno da 1,9 milioni di dollari, e poi lui fece il suo consueto discorso in lingua dei segni.
Fu quindi il turno di Molina che, dopo i soliti complimenti e ringraziamenti, volle aggiungere un'ultima cosa che stupì e un po' commosse Nic. «So che con parte del montepremi volevi aiutare un tuo amico in difficoltà. Spero che il tuo amico guarisca in fretta.»
Molina aveva sentito ciò di cui avevano parlato a inizio torneo, in Player's Lounge. Era spagnolo, ma parlava italiano, perciò doveva aver capito tutto. Li aveva sentiti e aveva deciso di rendere pubblici quei discorsi. Nic si chiese perché, e l'unica risposta che si diede fu: Molina aveva voluto fare una cosa buona per Michele. Molina sapeva che Michele era un bravo ragazzo, non aveva creduto alle accuse di molestia e aveva cercato di dire qualcosa per metterlo in buona luce. Anche poco prima, durante il ringraziamento, aveva detto che Michele era una «grande persona.»
Sì, lo è. Mio figlio è una grande persona.
E anche Molina lo era.
***
Michele era in sala medica a fare trattamenti. Nic ci aveva parlato, gli aveva fatto i complimenti per l'incontro, lo aveva consolato.
Ora c'era una questione più importante da risolvere.
Raffaele.
Voleva avere le idee chiare su tutto: il suo rapporto con la famiglia Reshetnikov, lo stato della sua dipendenza, il motivo per cui Ivan lo volesse aiutare e quello per cui non fossero i suoi ricchi genitori a dare i soldi a Ivan per aiutarlo.
La famiglia Reshetnikov possedeva un grosso circolo di Tennis a San Pietroburgo. Si trovavano tutti lì a New York per la finale di Wheelchair Tennis del figlio Andrej, che il ragazzo aveva vinto: erano venuti a vederlo insieme al fratello, che aveva quindi fatto un avanti indietro demenziale dalla Russia.
E insieme a loro c'era anche lui.
Raffaele.
Ivan, per qualche motivo, se l'era portato dietro. O forse era stato Raffaele a volerlo seguire, per non restare di nuovo solo.
Appena fuori dalla sala medica, Nic fece partire la chiamata per Ivan.
Rispose al secondo squillo. «Ciao Nic!»
«Non voglio che mi chiami Nic. Non sono tuo amico. Chiamami Nicolò.»
«Posso chiamarti Kolja?»
Nic non credeva alle sue orecchie. «Ce la fai a chiamare qualcuno col suo nome di battesimo?»
«Se mi stai simpatico no» rispose lui ridacchiando.
Nic liquidò la presa in giro chiedendogli se poteva parlare coi suoi genitori.
«Tutto quello che dici, dici a me. I miei non preoccupa di mio casino.»
«Non voglio parlare con loro dei casini che combini tu. Voglio parlare di Raffaele.»
«Oh...» Reshetnikov rimase in silenzio per qualche secondo. Nic stava per parlare di nuovo, ma lui lo precedette. «Tu vuoi di aiutare lui?»
«No. Perché penso che non serva a niente. Ma lo aiuterò lo stesso, se Michele è d'accordo.»
«Io lo sapevo che tu sei una persona buona, anche se sei cattivo con Misha.»
«Non accetto lezioni di paternità da un ragazzino viziato di diciassette anni. E questa chiamata è durata anche troppo. Mi puoi passare i tuoi? O se non sono con te, dirmi dove sono?»
«Va bene, va bene... Se vuoi adesso loro è... loro sono a cena con Andriusha in ristorante di hotel.»
Quella frase fece venire a Nic un brutto presentimento. «E tu... dove sei?»
E con chi, soprattutto?
«In camera di Raf! Con Raf! Vuoi parlare con lui?»
Quindi avrà sentito tutto?
«No. Vado a cercare i tuoi, grazie dell'informazione.» Nic si affrettò a chiudere la chiamata.
***
Nic trovò i genitori di Reshetnikov in compagnia del loro figlio maggiore. La loro cena, per fortuna, sembrava quasi finita, stavano mangiando il dolce. A occhio, sembravano più o meno coetanei di Nic.
Andrej lo notò per primo e lo salutò mentre Nic si avvicinava al tavolo, facendo voltare anche i genitori.
Si presentarono, gli fecero i complimenti per la finale di Michele, Nic fece ad Andrej le congratulazioni per la sua vittoria e si scusò del disturbo.
«Nonsense!» esclamò la madre, Irina, una bella signora con un caschetto di capelli grigio scuro e uno stile di abbigliamento giovanile. «Ti prego siedi con noi» gli disse in inglese indicando il posto libero, forse destinato a Ivan.
«Dobbiamo offrirti qualcosa da bere» aggiunse il padre, Sergej. Aveva gli stessi occhi chiarissimi di Ivan, e lo ricordava anche nei lineamenti, ma il suo viso era più quadrato e regolare, come quello di Andrej. Sembrava un tipo burbero, molto serio, Nic ebbe l'impressione che non fosse affatto contento dell'intrusione di Nic e gli stesse offrendo da bere per pura cortesia. Quando poi Nic rifiutò l'offerta, sembrò infastidito persino dal rifiuto, ma fu rabbonito da una frase di Irina: «Il signor Bressan probabilmente vuole dirci di tenere Vanja al guinzaglio, non credo abbia molta voglia di bere con noi.»
Sergej rise alla battuta della moglie e Nic si affrettò a chiarire il motivo della sua visita. «No, perdonatemi. In realtà volevo farvi qualche domanda su Raffaele Novelli.»
«Ah, Rafa...» sospirò Irina. «Ti vuoi sedere o no?» incalzò poi Nic con un sorriso scherzoso. «Ci fai sembrare degli stupidi, qui seduti con il collo tirato.»
Nic prese finalmente posto al tavolo. Chiese di nuovo scusa del disturbo e spiegò loro del progetto di Ivan, chiedendo se lo sapessero e cosa ne pensassero. Andrej ascoltava tutto in silenzio a braccia conserte con un'aria molto interessata.
Lo sapevano. Ed erano dubbiosi. Dissero a Nic che Raffaele aveva già provato a disintossicarsi una o due volte in ospedali pubblici, ma senza successo. Aggiunsero però che conoscevano bene la clinica perché c'era stato un loro amico «che non beve più da dodici anni!» e a detta loro era davvero una delle migliori del mondo. Gli dissero come si chiamava e Nic si ripromise di cercare informazioni online.
«Quello che vuoi fare per il tuo amico è molto bello, ti auguro di cuore che possa riuscire a stare meglio. Raffaele è inaffidabile, ma non è cattivo. Mi è dispiaciuto licenziarlo, ma era arrivato davvero a livelli inaccettabili» disse Irina.
«Non è più allenatore di Ivan?» chiese Nic perplesso.
Irina sembrò a sua volta stupita. «Oh, no, no. Cioè, sì, certo che allena ancora Vanja. Vanja ha assunto Raf quando noi l'abbiamo licenziato.»
Nic faticò, in un primo momento, a capire il senso di quella frase e dovette farsi spiegare nel dettaglio ciò che era successo.
«Abbiamo assunto Raf come insegnante di tennis... che anno era? Vanja aveva cinque anni, mi pare, e Andriusha dieci» disse Irina.
«Nove» la corresse Andrej.
«Neanche sai l'età dei tuoi figli?» la rimproverò Sergej.
«Madre degenere!» Andrej alzò occhi e braccia al cielo.
Irina li mandò a quel paese con un gesto della mano, mentre entrambi ridacchiavano.
«Sì, insomma, era il 2005, mi pare, o 2006. Veniva da un altro circolo con delle pessime credenziali, perché aveva avuto problemi anche là a causa del bere, litigi con alcuni clienti e anche con i proprietari... però aveva la fama di essere un tennista e un insegnante molto bravo, quindi abbiamo deciso di fargli un colloquio, te lo ricordi?»
«Come fosse ieri» confermò Sergej. «Si è presentato sobrio, serio, pulito. Era molto più in forma, si è lasciato andare parecchio, negli ultimi dieci anni. Non ci fece affatto una brutta impressione, ci è sembrato un bravo uomo che aveva avuto dei problemi, ci ha anche detto che si stava disintossicando.»
«In realtà non aveva mai smesso di bere, ma in quel periodo teneva la cosa sotto controllo» intervenne di nuovo Irina. «E a noi non dava fastidio, finché non creava problemi al circolo. Ognuno è libero di divertirsi come preferisce, no? Solo che, purtroppo, ha cominciato a dare problemi. Il suo bere era sempre più fuori controllo. Ne ho conosciute davvero poche di persone che bevono tanto quanto beve lui...»
«E se lo diciamo noi che siamo russi, fidati, Raffaele beve davvero in maniera esagerata!» Sergej fece una risatina. «Abbiamo un livello di tolleranza molto alto su queste cose... Ma la tolleranza è finita quando ha cominciato a far perdere soldi al club.»
Nic scrollò la testa, sconsolato. «Cosa faceva? Che tipo di problemi vi ha causato?»
«Diversi nostri iscritti hanno deciso di abbandonarci perché non ne potevano più delle lezioni dimenticate, dei comportamenti poco decorosi sul campo, di lui che si addormentava nel bel mezzo della lezione perché aveva bevuto troppo...» disse Sergej.
«Di lui che si allontanava dalla lezione con la scusa di andare in bagno, e poi non tornava, e lo trovavano addormentato con una bottiglia di vodka in spogliatoio...» aggiunse Irina.
«Ti ricordi quella volta che si è messo a pisciare a bordo campo?» intervenne Andrej.
Irina alzò gli occhi al cielo. «Quello avrei preferito non raccontarlo. Penso sia stato il suo punto più basso. Era ubriaco, doveva pisciare, e anziché andare in bagno ha pensato bene di mettersi a farla in piedi in un angolo del campo, e con i suoi due clienti che lo guardavano ridendo. Per fortuna quei due l'hanno presa alla leggera e non hanno neanche chiesto il rimborso della lezione... Però tu capisci che i suoi comportamenti non erano più accettabili?»
«Certo che lo capisco...»
Il ritratto che gli stavano facendo era davvero tragico. Gli fece male ascoltare quelle parole e gli fece capire che la disintossicazione, probabilmente, sarebbe stata impossibile. C'erano poche cose più infide della dipendenza da alcolici, e smettere di bere poteva essere persino letale.
Eppure perché? Perché sentiva di volerci provare lo stesso?
Perché sono un illuso. Un caso disperato... Sono più disperato di lui...
«Quello che non capisco» aggiunse Nic, «è come abbiate potuto accettare che un uomo simile diventasse coach di vostro figlio.»
Sergej alzò le mani. «Quella è stata una decisione di Vanja. Io gli ho chiesto se era sicuro di volerlo e gli ho fatto presente che tipo fosse Raffaele, ma quando mio figlio si mette in testa una cosa è davvero difficile fargli cambiare idea.»
Nic non riusciva a credere alle sue orecchie. «Ma eravate voi a pagarlo, perché non vi siete semplicemente rifiutati di pagarlo?»
«No, non lo paghiamo noi. O meglio... Sì, indirettamente i soldi ovviamente erano nostri, almeno all'inizio. Ma sono sempre usciti tutti dalla paghetta di Vanja.»
«E perché non gli avete tolto la paghetta? Perdonatemi se insisto, ma davvero io non vorrei mai che un ubriacone del genere stesse vicino a mio figlio...»
Sergej fece una risatina. «Io penso che Vanja debba capire da solo se e quando sta facendo una stupidaggine... Anch'io credevo che stesse buttando i suoi soldi, ero convinto che nel giro di un anno lo avrebbe mollato.»
«Noi abbiamo cominciato a dare una mensilità a entrambi i nostri figli da quando erano abbastanza piccoli» spiegò Irina. «Lasciamo loro la massima libertà nella gestione di quei soldi, e se li finiscono non ne vedono altri... In questo modo capiscono da soli come devono regolarsi.»
A Nic sembrava una strategia educativa molto bella sulla carta, ma troppo rischiosa. Gli adolescenti erano stupidi, cambiavano idea continuamente su cosa volevano, e lasciati a se stessi rischiavano di finire su una cattiva strada. E se avessero deciso di usare quei soldi per drogarsi? Era esattamente quello che aveva fatto Raf, da ragazzo. Era ricco, aveva tanti soldi a disposizione e li aveva usati nel peggior modo possibile.
«Se finiamo su una strada ci lasciano morire di fame» disse Andrej con un'espressione molto dura.
«Non dire cazzate!» disse Irina. «Ovvio che da questo discorso è esclusa qualsiasi emergenza... Ma per fortuna ne Vanja né Andriusha hanno mai avuto problemi di questo tipo. Vanja ci ha stupito molto, con Raffaele. Avendoci a che fare di persona, è stato capace di dargli una regolata, nei limiti del possibile. È sempre ubriaco per buona parte della giornata, ma non ha più dato problemi al circolo.»
La chiacchierata era proseguita in termini amichevoli e confidenziali, Nic venne a sapere un po' di cose sulla vita privata di Raffaele: aveva divorziato da Vika e non aveva una relazione sentimentale da parecchi anni. Nic aveva chiesto loro qualche informazione in più sulla clinica, che si trovava a Mosca, e quando Nic spiegò loro che voleva occuparsi direttamente della cosa e recarsi lui stesso in Russia per seguire la disintossicazione da vicino, loro furono molto disponibili nell'offrirgli aiuto e supporto, e gli diedero persino il numero di un loro amico che aveva delle proprietà immobiliari nella capitale per ottenere un appartamento in affitto a prezzo di favore.
Sembravano due tipi in gamba, i Reshetnikov, gente pratica e cordiale, e non avevano nemmeno un po' dei modi arroganti ed esuberanti dei due figli.
Al momento di salutarlo, Irina gli chiese persino scusa dei comportamenti di Ivan. «Vanja ha preso in simpatia Michele. È un ragazzo molto espansivo, mentre tuo figlio sembra una persona riservata. Vanja ci ha detto della lettera di diffida: hai fatto benissimo a mettere le cose in chiaro, ogni tanto mio figlio si dimentica che le altre persone preferiscono essere riservate sulle proprie questioni private... Gli ho fatto una ramanzina anch'io!»
Nic si sentì un po' in imbarazzo a sentir nominare quella questione legale, e si stupì della leggerezza con cui sembravano prenderla i Reshetnikov.
«Vanja non è un cattivo ragazzo, secondo me lui è Michele diventeranno buoni amici. Ci parla spesso di lui» disse Sergej.
«Buoni amici...» non poté evitare di borbottare Nic.
Sergej rise. «Hai paura che possano diventare più che amici?» lo provocò.
«Be'... non è che abbia paura, mi sembra che vostro figlio sia stato abbastanza esplicito.»
«A mio figlio piace parlare...» disse Irina. «Immagino che tu sia preoccupato perché ha appena lasciato Dasha.»
«Non sapevo che l'avesse lasciata!» esclamò Nic, preoccupato da quell'informazione.
«Chissà, forse stai parlando con i futuri suoceri di tuo figlio! Ahah!» Con quella frase Sergej mise parecchio in imbarazzo Nic.
«Dai, Nicola, non fare quella faccia! Secondo me Michele è al sicuro. Vanja è un tipo che si innamora molto facilmente, forse ci sta già provando con qualcun altro. Ha avuto parecchie ragazze e parecchi ragazzi...»
«Gli piace divertirsi, sì» confermò Andrej.
«Scusate se sono diretto... ma voi non avete nessun problema nei confronti del fatto che... cioè...»
«Problemi con la sua bisessualità? No» rispose prontamente Irina.
«Perché dovremmo averne?» aggiunse Sergej in tono vagamente ostile.
Nic non voleva passare per omofobo e cercò di spiegarsi. «Be'... Non si sentono cose molto belle sul modo in cui... queste cose vengono prese, in Russia. Non avete paura di avere qualche conseguenza sgradevole?»
Sergej sembrò ammorbidirsi. «In Russia ci sono un sacco di bigotti. Hai ragione. In città un po' di meno, a Peter c'è una bella comunità LGBT, ci sono dei locali... tutto sommato i gay li tollerano, finché non si mettono a fare gay pride e cose simili... Ma non è affatto un bell'ambiente, no. Per fortuna Vanja fa un lavoro che lo porta in giro per il mondo, dove può essere più libero.»
«Io non posso dire di essere del tutto tranquilla» aggiunse Irina. «So che la federazione tennistica gli ha già rotto le scatole, e non credo che verrà mai convocato in coppa Davis. Ma Vanja è sempre stato un ragazzo molto espressivo e molto coraggioso. Da quando era bambino. E dice sempre quello che pensa. È stata una sua scelta quella di essere aperto sulla questione, e noi la supportiamo.»
«Vi ammiro» disse Nic. Ed era sincero. «Io non riuscirei a essere così tranquillo.»
Fu ancora Irina a rispondere. «In Italia è diverso. È una nazione molto più aperta, credo che tuo figlio avrebbe un'ottima accoglienza, se decidesse di fare coming out. Per non parlare del ritorno positivo di immagine sulla scena internazionale. Guarda come è stato ben accettato Vanja dopo averlo detto! Gli hanno fatto parecchie interviste, ha ricevuto molti complimenti... Se n'è stupito lui stesso, ci ha detto: ma cosa ho fatto di tanto speciale?» Irina rise.
«Mio figlio non è... cioè... non credo sia... Cioè, se lo fosse non avrei problemi, ma non credo lo sia.»
I problemi li avrei con quell'esagitato di vostro figlio, pensò, ma tenne il commento per sé.
***
Michele sembrò felice della decisione di Nic di aiutare Raffaele. Ma si mostrò molto stupito quando Nic gli spiegò che sarebbe andato in Russia nel periodo in cui Michele sarebbe stato in Francia a fare i trattamenti alla schiena.
Nic era un po' in ansia all'idea di lasciarlo solo, ma sarebbe stato seguito da Elena ed Ethan, e si fidava di entrambi. Sarebbe stato in buone mani.
Michele stava giocherellando distrattamente con un piatto di pasta alle verdure. Si trovavano in camera sua, dopo che gli impegni di rito erano stati adempiuti. A Nic sembrava, tutto sommato, che Michele avesse preso abbastanza bene la sconfitta. E anche il dolore fisico doveva essersi attenuato, forse persino scomparso, perché gli avevano iniettato degli antinfiammatori molto potenti.
Mentre giocherellava, espresse ad alta voce la sua perplessità sul motivo per cui Nic dovesse andare in Russia.
«Innanzitutto perché voglio vedere coi miei occhi dove andranno a finire i tuoi centomila euro. Poi la clinica ha bisogno di una persona di riferimento, all'esterno, e Raffaele è divorziato; non credo abbia più parenti in vita, e se c'è qualcuno vivo probabilmente non ci parla da trent'anni, e i Reshetnikov giustamente se ne sbattono di lui. E il tuo fidanzato, che probabilmente è l'unica persona al mondo che se lo caga, deve allenarsi, non può perder tempo a stare dietro a quel vecchio ubriacone.»
Nic aveva infuso di sarcasmo la parola "fidanzato". Ma lo era davvero? L'idea gli dava il voltastomaco, ma non voleva! Non voleva essere la fotocopia di suo padre!
Perciò, facendo quasi violenza se stesso, gli chiese: «Passerai di nuovo la notte con il cretinetto?»
Michele lo fissò con un'espressione stupita per parecchi secondi, prima di balbettare un no.
«Senti... non mi piace quel ragazzo, ma se a te piace davvero ok, non sarò io a impedire questa relazione. E considerando che domani non hai impegni, stasera, se vuoi, puoi vederlo.» Ma non gliel'avrebbe lasciata a vincere facile. Voleva che Michele capisse che aveva degli impegni e che il divertimento non poteva venire prima di quegli impegni e rovinargli la vita. «Ma al prossimo torneo, ti avviso subito, prendiamo stanza insieme. Non è possibile che ti metti a scopare...»
Michele sbatté con violenza una mano sul tavolo, facendo sussultare Nic. «N-non ho una relazione c-c-con lui! Siamo ssssolo amici!»
Nic sbuffò, credendogli a metà. «Almeno adesso ammetti che è tuo amico... fino a qualche mese fa facevi finta che ti stesse antipatico.»
«M-mi sta ancora antipatico...» disse Michele con gli occhi bassi sul proprio piatto non finito.
Nic decise che non voleva ascoltare altre bugie. «Lasciamo perdere. Non mi va di discutere di quel coglione. Vado a letto, sono stanco morto. Finisci di mangiare.»
Nic si alzò dal tavolo per andarsene, e proprio in quel momento si udì qualcuno che bussava alla porta. Anche la piccola Sara, che stava facendo la posta a Michele sotto il tavolo, si allarmò, emise un guaito.
Lo sapevo... Ci metto la mano sul fuoco che è lui.
«Aspetti qualcuno?» chiese a Michele.
Michele negò con la testa, e il suo sguardo sembrava sincero.
Allora Nic, alla seconda bussata, si avvicinò alla porta. «Chi è?»
«Nic, sei tu?»
Nic dovette appoggiarsi per un attimo allo stipite, il suo cuore aveva accelerato all'improvviso nel petto causandogli un accenno di capogiro. Era la voce di Raffaele.
Senza dire niente, con le mani sudate e le dita tremanti aprì.
Faceva sempre male vederlo, perché la sua nuova immagine ancora non coincideva con quella vecchia che albergava nei pensieri di Nic. Raffaele per lui era ancora il ragazzo che era sparito nel nulla venticinque anni prima. E quella figura sfatta, grassa, vecchia, devastata, non era lui, non poteva essere lui! Faceva troppo male l'idea che fosse davvero lui!
Ma lo era. E Nic doveva rassegnarsi in fretta ad accettarlo.
Insieme a lui, c'erano i capelli verde limone di Ivan Reshetnikov.
Raffaele socchiuse gli occhi. «Possiamo entrare?»
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Note 🎶
E buonasera, Raf. Ci rivediamo per la terza volta. Cosa ne pensate dei genitori di Ivan? Questo era un lungo dialogo che in Play non si vedeva (ma che veniva menzionato da Nic a Michele). Cosa succederà adesso con Raf? Cosa vorrà a quest'ora di notte?
Ci rileggiamo lunedì con un capitolo emotivamente molto intenso, preparatevi davvero. E lasciatemi una stellina per ogni nomignolo russo affibbiato da Vanja alle persone che gli stanno simpatiche.
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Note 2 - Leggere Play in parallelo ▶️
Stavolta è facile e vi do una sola opzione: leggete fino al capitolo 41 che finisce esattamente dove finisce questo. Quindi se siete in pari stavolta dovrete leggere solo 2 o 3 capitoli :)
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