87. Ogni adolescenza coincide con la guerra
Ogni adolescenza coincide con la guerra
Che sia falsa, che sia vera
Ogni adolescenza coincide con la guerra
Che sia vinta, che sia persa
E non ti vantare se la tua è stata mondiale
La mia sembra solo un fatto personale
(D. Toffolo, Ogni adolescenza, 2001)
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26 giugno 2017
Michele era impegnato da mezz'ora in una sessione di allenamento con uno sparring sui campi secondari dell'All England Lawn Tennis Club, la sede del prestigioso torneo di Wimbledon. Erano arrivati a Londra due giorni prima, e mancava una settimana all'inizio del torneo più affascinante dell'intero calendario tennistico.
Michele aveva un gioco rapido che ben si adattava all'erba, ma ancora non era riuscito a fare buoni risultati su quella superficie. Il suo punto debole, uno dei pochi, era lo slice: non riusciva mai a essere molto penetrante e pericoloso con quel colpo, e sull'erba il rovescio slice era un colpo di importanza tattica fondamentale.
Stavano allenando proprio quel colpo. Per qualche motivo che Nic non riusciva a capire, quando Michele colpiva in slice tendeva a irrigidirsi, cosa strana per lui che in tutti gli altri colpi e movimenti era invece fluido e armonioso.
E glielo fece notare: «Sei troppo rigido.»
«Il bue che dice cornuto all'asino.»
Nic sentì il fiato bloccarsi nei polmoni.
Raffaele.
Non voleva voltarsi, non voleva essere costretto ad assistere di nuovo a quello spettacolo.
Ma Michele si era già girato a guardarlo. Nic si fece forza e si voltò anche lui.
Era già a due passi da loro, col suo fisico sfatto, la sua faccia da vecchio e i suoi capelli grigi e spettinati. «Ne ho vista poca di gente rigida come te, su un campo da tennis» disse guardandolo negli occhi.
«Cosa ci fai qui?»
«Studio un potenziale avversario di Vanja» rispose lui.
No, stronzo. Lo so benissimo che sei venuto a dare fastidio a me.
«Ivan non si sta allenando? Non dovresti essere con lui?» gli disse, per smascherare la cazzata che aveva appena raccontato.
Reshetnikov avrebbe giocato il suo primo incontro di qualificazione proprio quel giorno. Se vinceva le qualifiche, c'era una possibilità su dodici che venisse sorteggiato proprio con Michele, perché Michele aveva di nuovo pescato un qualificato al primo turno, nel suo tabellone.
«Fa un'oretta di riscaldamento fra tre ore, gioca oggi pomeriggio sul tardi.» Raffaele sembrava in affanno. Si asciugò il sudore della fronte. Respirava dalla bocca, che teneva socchiusa mostrando i suoi denti guasti. Quando respirava la sua pancia sporgente si muoveva su e giù, tendendo la stoffa di una maglietta pezzata di sudore che gli stava decisamente troppo stretta. Si muoveva e parlava più lentamente, rispetto all'incontro in aeroporto. Il suo sguardo sembrava più vacuo.
«Quanto hai bevuto?» gli chiese Nic.
Raffaele fece una risatina gorgogliante. «Non hai perso il vizio di fare il rompipalle.»
Nic si pentì di averglielo chiesto. «Ci stai facendo perdere tempo. Vai via. O rimani e stai zitto.»
Raf seguì il secondo consiglio, andò a piazzarsi su una sedia a bordo campo, sedendo senza vergogna a gambe larghe con le mani intrecciate sopra la pancia.
Michele ricominciò a fare il suo esercizio, e Nic finse di seguirlo. La sua testa stava pensando all'uomo che li guardava, lì a sinistra. Lo stato pietoso in cui versava gli fece tornare in mente a quando lo aveva trovato in stazione, fatto, scalzo, sporco e puzzolente. Quella volta era riuscito a portarlo via, ripulirlo e rimetterlo in sesto.
Ma Raffaele, ormai, era al di là di qualsiasi possibilità di riparazione.
E a Nic faceva male.
Perché sei tornato? Perché cazzo sei tornato? Meglio morto che in queste condizioni!
«Non lo sente» lo provocò la sua voce. Sembrava volesse a tutti costi farsi guardare, far soffrire Nic esibendo il proprio marciume.
«Ti ho detto di stare zitto o andartene!» sbottò Nic. Persino Michele sembrò spaventato dall'improvvisa intemperanza.
Raffaele lo guardò con la sua espressione un po' stolida. Aveva bevuto certamente. Non tanto da essere ubriaco, ma aveva bevuto. «Mi presti la tua racchetta?» chiese a Nic.
Nic conosceva la dipendenza da alcolici e sapeva che una dose di mantenimento era sempre necessaria e una condizione di costante ebbrezza la base di sopravvivenza. Cosa voleva fare con la racchetta? Rendersi ridicolo?
Quasi a voler infierire, Nic gli mostrò la racchetta che già aveva in mano: alzati e vieni a prenderla, fammi vedere cosa vuoi fare.
Raffaele si alzò spingendosi su con le mani, sembrò fare una fatica incredibile a spostare la propria massa, arrivò accanto a Nic e impugnò la racchetta.
«Fammi vedere un rovescio piatto» disse a Michele. Poi gridò allo sparring di lanciar loro una pallina.
Ma Michele la lasciò rimbalzare senza fare niente. Guardò suo padre con l'aria di un cagnolino impaurito.
Nic allargò le braccia, spazientito. «E fagli 'sto rovescio. Facciamolo contento. Tanto, fra dieci minuti se ne va, deve ricaricarsi.» Si indicò la bocca col pollice.
«Mi sono ricaricato abbastanza almeno per un'oretta» ribatté Raf con un'odiosa espressione di sfida. Poi ordinò a Michele: «E adesso, fammi il rovescio che ti ho chiesto.»
«Inc-crociato o lungolinea?»
«Come vuoi. Come ti viene più naturale.»
Lo sparring alzò a Michele una seconda pallina e Michele colpì, col suo meraviglioso rovescio a una mano, un perfetto colpo piatto all'incrocio delle righe, lungolinea.
«Stupendo» commentò Raffaele. «Lo senti, vero? È tuo. Sei tu.»
Michele annuì, serio. Nic osservava, non capendo il senso di quella lezione improvvisata.
«Devi sentire allo stesso modo anche lo slice. Adesso ti faccio lanciare un'altra palla. Tagliala. E chiudi gli occhi prima di colpire» disse Raf, riproducendo uno slice nell'aria.
«C-c-co-cosa?»
«Chiudi gli occhi» ripeté Raf.
Michele sembrava, a ragione, oltraggiato dalla richiesta di Raf. Era una cazzata senza senso, ma Raf probabilmente era mezzo ubriaco, chissà cosa stava pensando di fare. Nic stava provando solo pena per lui, quindi esortò suo figlio a fare ciò che gli diceva, per finirla quanto prima con quel penoso spettacolo.
«Devi chiudere gli occhi e concentrarti solo sul tuo braccio, sentire che la racchetta sei tu» disse Raf. Il poeta! Non aveva perso il vizio.
Michele steccò il primo colpo a occhi chiusi.
«No. L'hai fatto male» commentò Raf.
«Dai, era una stupidaggine e l'abbiamo appurato. Ora te ne puoi andare» tagliò corto Nic, che si era reso conto troppo tardi di aver fatto una sciocchezza accettando quella lezione di tennis ubriaca.
«Sai perché tuo padre non ha mai combinato un cazzo come tennista?» disse Raffaele.
Da che pulpito! Più di te di sicuro!
«P-p-perché era rigido» rispose Michele. Corretto. Nic era consapevole dei propri limiti tecnici.
Ma Raffaele non era d'accordo. «No, la rigidità era un effetto, non la causa. Il problema di tuo padre è che era troppo controllato.»
Ma di cosa cazzo sta parlando, adesso?
«È sempre stato il suo difetto principale. È un maniaco del controllo» rincarò la dose Raf.
«Meglio così, piuttosto che totalmente indisciplinato come te» ribatté Nic.
Raffaele aveva già la risposta pronta: «Sì, io esagero al contrario. Ma il tennis dovrebbe essere un equilibrio tra controllo e libertà. Dovresti essere più spontaneo, lasciarti andare.»
«Bene, abbiamo ascoltato abbastanza stupidaggini. Adesso puoi andartene.»
Raffaele, fingendo di non aver sentito Nic, camminò verso il telone. «Come quando colpisci piatto. Il tuo rovescio è spontaneità totale. Naturalezza. Anche il dritto ti viene molto bene, soprattutto le soluzioni in cui puoi chiudere in potenza, lo sventaglio, il dritto anomalo. A rete sei discreto ma devi migliorare. I tuoi dropshot sono orrendi.» Raccolse una pallina facendola rimbalzare con la racchetta. «Miglioreranno appena imparerai che affettare la palla non è un lavoro da salumieri...» Raf fece rimbalzare la pallina a terra. «...è roba da artisti.»
E la colpì.
La tagliò da sotto, eseguendo un dropshot perfetto che ebbe un effetto a rientrare e ricadde sul lato vicino della rete.
Venticinque anni di devastazione non erano bastati a erodere nemmeno l'ombra dalla bellezza dei suoi gesti.
Nascosto tra la pelle cascante e l'alcol c'era ancora Raffaele, il ragazzo che aveva fatto gridare al miracolo la stampa sportiva, il prodigio, la leggenda, Raffaele Novelli.
Raf.
E vedere i barlumi del suo passato sfavillante faceva ancora più male.
***
10 luglio 2017
Durante una bella passeggiata salutare nei boschi di Bovec, Nic si era da poco separato da Michele e stava andando al mai-luogo, quando gli arrivò una foto che non stava aspettando.
Daniele, Maria e un batuffolino roseo.
La didascalia diceva: ciao nonnnooooooo!!!!!
Nic chiamò Daniele all'istante, e lui rispose al primo squillo. «Madonnaaaa! È bellissima, papà, è stupenda! Devi vederla! Mammamia che giornata! Best day ever!»
Nic rise. «Calma, dai. Raccontami! Non sapevo che fosse iniziato il travaglio! Perché non mi hai scritto niente?»
«È arrivata due giorni in anticipo, travaglio iniziato, travaglio finito, è stato velocissimo! Anche le ostetriche l'hanno detto che è stato velocissimo! La sto guardando, sta nel lettino, nel nido, è bellissima!»
Daniele inondò Nic di informazioni.
Mentre parlavano, Nic fece retromarcia per tornare da Michele e dare la bella notizia anche a lui. Nel frattempo, Daniele gli mandò diverse altre foto, e Nic si soffermò a guardarne una, in particolare, in cui Daniele teneva in braccio la neonata guardandola con il sorriso più felice e innamorato che mai avesse visto sul suo volto.
Gli sembrava di aver preso per la prima volta in braccio Daniele appena il giorno prima, ma erano passati ventiquattro anni e adesso quel figlio aveva avuto a sua volta un figlio.
Daniele continuava a parlare di lei e di Maria, sovraeccitato, e le riflessioni di Nic viaggiavano: sulla vita che continuava, sulle generazioni che si rinnovavano. Cosa c'era di più normale? Nic, che aveva voluto fuggire a tutti i costi dal conformismo della provincia, si ritrovava all'interno della più conformista delle storie: sposarsi con una bella donna, diventare padre, e poi nonno. Qualsiasi campagnolo di merda avrebbe potuto approvare.
Ma non doveva fare l'errore di pensare che la normalità fosse sbagliata a prescindere.
Anzi.
Dopo averne vissute anche troppe, di situazioni straordinarie, dopo essere passato attraverso la violenza di suo padre, il tentato suicidio di Leonardo, il fuori e dentro dalla droga di Raffaele, la sua devastazione finale, la depressione e il suicidio di Elisa, Nic sentiva un bisogno disperato di normalità.
Dopo aver rivisto Raffaele, soprattutto. Normalità e felicità.
E si sentì davvero felice, guardando quella nuova vita, non provava il terrore che aveva avuto quando erano nati i suoi, di figli. Quella era la figlia di Daniele, e Daniele era un ragazzo affettuoso, intelligente ed equilibrato. Nic era sicuro che sarebbe stato un ottimo padre.
«Non me ne vuoi dire neanche una, delle seimila cose che stai pensando?» gli chiese Daniele.
«Eh?»
«Son due minuti che parlo e ti faccio domande e stai zitto!» Daniele rise. «In quali treni di pensiero ti sei perso?»
«Be'... pensavo a quello che dovrai fare e... al fatto che sarai un padre eccellente.»
«Eccellente!» Daniele rise di nuovo. «Che bell'aggettivo, sembra un voto scolastico! E tu? Sarai un nonno almeno ottimo o molto buono? O arriverai appena al discreto?»
Nic rise a sua volta. «Mi fa strano che mi dici nonno.»
«Abituatici! Ti fa sentire tanto vecchio? Immaginati la mamma... Immagina che tragedia sarebbe stata per lei...» L'entusiasmo di Daniele, per la prima volta dall'inizio della telefonata, si smorzò.
«L'avrebbe vissuta male, sì.»
«Anche se...»
«Anche se?» lo incalzò Nic, quando si rese conto che Daniele non aveva intenzione di finire la frase.
«No. Non voglio dirlo. Stavo per recriminare. Oggi non è una giornata da recriminazioni. E anche la psicologa che tu non vuoi che vedo mi dice sempre che recriminare su cose che non possono essere cambiate è un atteggiamento negativo che comporta solo problemi.»
Nic sbuffò. «E ti serviva uno psicologo per saperlo? Te lo potevo dire anch'io.»
Daniele rimase in silenzio.
«La vedi ancora, quindi, questa psicologa? Hai ancora problemi?» gli chiese Nic, un po' a disagio.
«Per diversi anni non ci sono andato. Ma quando Maria è rimasta incinta, mi sono reso conto di avere ancora parecchia roba irrisolta, parecchio rancore, e ho pensato che era giusto nei confronti del mio futuro figlio non affrontare la paternità con questo rancore irrisolto. Considerando, poi, che il novanta per cento dei miei problemi hanno a che fare proprio con il mio rapporto con uno dei miei due genitori...» Daniele si schiarì la voce e in un tono vagamente canzonatorio aggiunse: «E un pochino anche con quell'altro.»
Nic sorrise. «Solo un pochino?»
Daniele Rise. Non proseguì la catena di battute.
«Anch'io ho parecchio rancore nei confronti di mio nonno Giovanni. Dici che dovrei andare anch'io dallo psicologo, altrimenti rischio di non essere un bravo nonno?» cercò di scherzare Nic.
«Te l'ho già detto che secondo me ti farebbe bene. A prescindere dall'essere nonno.»
Nic scosse la testa. «Finché vuoi andarci tu... Se non ti metti a prendere pasticche del cazzo, va bene. Penso ancora che stai buttando via soldi, ma sono soldi tuoi, facci quello che vuoi.»
«Ho saputo che è rispuntato Raffaele. È quel Raffaele, vero?» disse Daniele cambiando del tutto discorso.
Nic si fermò sui suoi passi. «E come fai a saperlo?»
«La zia ci parla anche con me, eh? Mi ha detto: l'allenatore di Reshetnikov è un vecchio amico di tuo padre, problemi di droga, eccetera eccetera... non era molto difficile fare due più due.»
Nic fece un sospiro. Ricominciò a camminare.
«L'hai incontrato?» lo incalzò Daniele.
«Ma chi se ne frega, scusa?» scattò Nic.
«Perché all'improvviso stai sulla difensiva?»
Nic cercò di rispondere in tono tranquillo. «Sì, L'ho visto. In aeroporto a Parigi, poco prima di partire per l'Italia.» Decise di omettere il secondo incontro. «E non ha fatto una bella fine, ma non mi importa, non ho intenzione di averci a che fare. Sono passati venticinque anni, per venticinque anni non mi ha voluto cagare, ormai non me ne frega più niente.»
«Tutte le volte che me l'hai nominato, ho avuto tutta un'altra impressione. Che di lui te ne fregasse ancora parecchio.»
«Daniele. Mettiamo in chiaro una cosa: a te piace parlare, vai persino da uno psicologo per parlare. Ok. Io odio parlare. Non mi piace parlare dei cazzi miei, e non mi piace quando mi fanno domande sui cazzi miei. Quindi adesso questo discorso lo chiudiamo, tu non mi chiedi più niente e siamo contenti tutti e due. Va bene?»
Daniele sospirò. «Va bene...»
«Piuttosto, dimmi di nuovo della bambina, ché prima metà delle cose che mi hai detto non le ho sentite.»
Daniele fu molto entusiasta di ricominciare a parlarne.
***
18 luglio 2017
Michele aveva avuto dei problemi pseudo-sentimentali con Anna, la sua ragazza di copertura, o meglio, ormai ex ragazza di copertura.
A causa di questi problemi stava passando un periodo carico d'ansia e i suoi ritmi di allenamento si erano fatti scostanti. Nic era convinto che dormire, mangiare e allenarsi male fossero stati il motivo per cui si era buscato un brutto raffreddore, da cui era ancora in fase di guarigione.
Il suo umore già abbastanza nero fu rovinato, in maniera molto evidente, dall'annuncio di Nic. «Oggi finalmente vedremo la tua nipotina, non sei contento?»
Non lo era. Le sue sopracciglia si abbassarono, la sua schiena si incurvò impercettibilmente. «Ho ancora un p-po' di raffreddore, non rischio di c-c-contagiarla? Andiamo a d-dormire in hotel.»
Era così evidente che fosse una scusa per non vederla... Nic non volle sentire ragioni: «È solo un raffreddore, non ha senso andare in hotel. Non hai proprio voglia di incontrarla?»
Michele non rispose. Nic non insisté.
***
Fu Maria ad accoglierli sulla porta della casa di Miami, con un sorriso radioso e quella bellissima bambina in braccio. Mosse una mano della bimba e disse: «Elisa vi dà il benvenuto!»
Nic, per una volta, non trattenne le proprie emozioni. Gli sembrò di essere tornato indietro nel tempo, a quando aveva visto prima Daniele e poi Michele. Sorrise e diede una carezza alla guanciotta della piccola.
«Che bella, posso prenderla in braccio?» Si pentì di essersi lasciato sfuggire quel desiderio, forse era fuori luogo, chiederlo, forse Maria non si fidava.
Ma Maria era una ragazza positiva, e rispose con un entusiasta: «Ma certo!», porgendola a Nic.
Mentre la prendeva tra le braccia, spuntò Daniele, alle spalle di Maria. «Ciao nonno! Ciao zio!» La felicità sul viso del suo figlio maggiore gli fece capire quanto quella bambina sarebbe stata amata nella sua famiglia.
Sarai un papà fantastico, Daniele. Non li farai gli errori che ho fatto io...
Entrarono tutti in casa, Daniele e Maria li aiutarono a portare dentro i bagagli e Nic, tenendo sempre in braccio la bambina, osservò il suo visino e notò già le prime somiglianze. «Guardala! Ti somiglia tantissimo, quando eri appena nato eri uguale» disse a Daniele.
«Scusate, io st-t-to p-p-poco bene.» La voce di Michele sorprese Nic alle sue spalle. «Vado in c-camera così non la c-contagio.»
«Non preoccuparti. Prima o poi deve farseli, gli anticorpi» commentò Maria.
Michele non rispose, stava già salendo le scale che portavano al secondo piano, dove si trovavano le camere.
Nic porse di nuovo Elisa a Maria. Scosse la testa. «Scusatelo, sta passando un periodaccio.»
«Abbiamo fatto un peccato mortale a chiamarla Elisa, vero?» disse Daniele.
Nic si strinse nelle spalle. «Sai com'è fatto... vedrai che gli passa.»
«Aveva una faccia da funerale...»
«Gli passerà, non ti preoccupare.»
***
24 luglio 2017
L'ostilità di Michele verso Elisa si attenuò in una cordiale indifferenza. A Nic sarebbe piaciuto incoraggiarlo a interagire con la sua nipotina, ma il piccolo problema passò in secondo piano, oscurato da un altro ben più grave.
Quella mattina, a colazione, mentre Nic e Michele discutevano dell'imminente torneo di Washington e Maria allattava la bimba, arrivò tutta trafelata Elena con il suo palmare e una pessima notizia: Anna aveva dato un'intervista in cui aveva parlato dei "problemi sentimentali" con Michele.
Elena rivolse loro il palmare, su cui era aperta a pieno schermo la copertina di una rivistaccia di gossip italiana. La protagonista era Anna, che recitava un'espressione imbronciata, a braccia conserte sul suo seno prosperoso, che ovviamente era messo in risalto da una scollatura profonda. La troia maledetta!
Il titolo recitava, testuale con tanto di asterischi:
Mi ha dato della p***a.
Anna Rossetti ci svela l'orribile verità dietro la fine della sua storia con il tennista Michele Bressan.
Elena non ebbe mezzi termini per descrivere la gravità della situazione: «Michele, Nicolò, sarò sincera: questo è un danno d'immagine da cui Michele potrebbe non riprendersi più.»
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Note 🎶
Un capitolo transitorio in cui succede un bel po' di roba: un secondo, triste incontro con Raf, casini relazionali per Michele (il rapporto etero che non ti aspetti), la nascita della piccola Elisa: ma ciao!
E, ciliegina sulla torta, delle accuse pesantucce e un bel po' stronze a mezzo stampa! 😬
Una piccola curiosità sulla scena col primo incontro tra Nic e la nipotina: in Play non l'avevo scritta, ma era un pezzo importante di storia di cui sentivo la mancanza. Nel manoscritto che sto inviando alle case editrici ho deciso di inserire la scena, ovviamente dal punto di vista di Michele. Quindi se mai il romanzo andrà in stampa e deciderete di acquistarlo, troverete questo piccolo pezzo inedito. E non è l'unica cosa che ho cambiato!
Ci rileggiamo lunedì, e lasciatemi una stellina per ogni adolescenza coincisa con la guerra (dieci punti pizza a tutti i lettori che conoscono i Tre allegri ragazzi morti).
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Note 2 - Leggere Play in parallelo ▶️
La fine di questo capitolo coincide esattamente con la fine del capitolo 22. Perciò come al solito vi do due opzioni di lettura.
Opzione 1 - zero spoiler: leggete Play fino al capitolo 22.
Opzione 2 - spoiler minimi: nel capitolo 23 si vede la fine di questa scena dal punto di vista di Michele. Poi fino al capitolo 26 succedono diverse cose private a Michele che potete leggere senza problemi, mentre nel capitolo 27 si vede una scena con spoiler di poco conto che si vedrà nel prossimo capitolo dal punto di vista di Nic. È una scena che secondo me è più interessante se vista prima dal punto di vista di Michele. Quindi potete leggere fino al capitolo 26 o 27 (a scelta). Mi raccomando, non aprite il 28 altrimenti avrete uno spoiler abbastanza importante!
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