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85. Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano

Certi amori non finiscono
Fanno dei giri immensi e poi ritornano
Amori indivisibili
Indissolubili, inseparabili

(A. Venditti, Amici mai, 1991)

31 maggio 2017 

Appena entrato nello spogliatoio, Michele lasciò cadere a terra il suo borsone e lo prese a calci con violenza, emettendo un grido scomposto.

Lo spettacolo si protrasse per una decina di secondi e Nic lo lascio fare, perché era evidente che fosse arrabbiato e volesse sfogarsi.

Ma appena ebbe finito lo ammonì: «E adesso stai meglio?»

Lui scosse la testa. Aveva appena perso al primo turno del Roland Garros, contro il giocatore dal ranking più basso che aveva avuto accesso al tabellone principale. 

Aveva perso da favorito. Dopo aver vinto il suo primo master 1000 a Madrid, poche settimane prima, tutti i giornalisti e gli esperti lo davano come uno dei favoriti alla finale, se non proprio alla vittoria.

Aveva perso in maniera vergognosa, facendosi via via innervosire dal gioco scriteriato ed esteticamente orribile del suo avversario. Nic non aveva mai badato all'estetica nel proprio gioco, e non vi badava quando giudicava il valore di un tennista. Ma quel ragazzino, un diciassettenne russo sconosciuto, un pagliaccio con i capelli tinti di verde che aveva giocato sfoggiando una maglietta smanicata degli AC/DC – qualcosa che Nic non aveva mai visto in vita sua e che non sapeva nemmeno essere consentita dal dress-code – aveva davvero un gioco talmente brutto da essere oltraggioso. 

Nic non riusciva a capire come potesse essere arrivato a quel livello con un gioco simile. Colpiva tutto a due mani, stile già parecchio insolito nel circuito femminile, in quello maschile era una bizzarria che si era forse vista due volte in tutta la storia del tennis. Ma non era solo quello. Aveva un gioco di gambe bislacco, delle impugnature che Nic aveva visto l'ultima volta negli anni Settanta, dei movimenti sgraziati che sembravano voler sfidare le stesse leggi della fisica.

Michele era nettamente superiore a lui sotto tutti punti di vista, ma aveva perso. La sua leggendaria freddezza era venuta meno e aveva perso.

Michele se ne stava lì, in piedi in mezzo allo spogliatoio, ancora tutto sudato, muto, forse a rimuginare sulla sua umiliante sconfitta. Nic voleva fargli riprendere il controllo di se stesso e delle proprie emozioni. Le aveva perse durante l'incontro e le aveva perse calciando quel borsone.«Quindi, è servito a qualcosa, questo sfogo?»

«R-r-reshetnikov m-m-mi ha ins-s-s-sult-t-ta-ta-tato a rrrrrete e mmmi ha... mm... mmmi ha p-p-p-p-preso in g... g... giro p-p-per la b-ba-ba-b... b-balbuzie.»

Era davvero raro che balbettasse così tanto. L'ennesima testimonianza del suo profondo nervosismo.

«Ho notato che gli hai risposto. Gli hai parlato. Gli hai detto qualcosa all'orecchio» disse Nic. A fine match, mentre si stringevano la mano a rete, l'interazione tra i due avversari era stata un po' più lunga del normale. «E poi lui ti ha preso in giro perché hai balbettato.»

Michele annuì.

«Perché gli hai parlato? Lo sai che è meglio se non parli. A meno che non sia strettamente necessario. Lo sai che quando parli scopri il fianco agli insulti della gente meschina.»

Michele annuì e iniziò a blaterare, balbettare, delle spiegazioni molto confuse sul fatto che il suo avversario lo avesse insultato parlando in italiano. Era talmente nervoso da non riuscire a terminare le parole, ricominciava continuamente le frasi in termini diversi, tanto che Nic stava facendo fatica a capire cosa volesse dire.«Basta così. Vai a farti la doccia» lo interruppe Nic, che stava iniziando a provare pena per le sue difficoltà. Era evidente che quella spiegazione lo stava mandando ancora più in confusione. Lo invitò a smettere e a fare qualche tecnica di rilassamento mentre faceva la doccia.

Ma non sarebbe stato facile e aiutarlo a calmarsi: lo aveva visto di rado così agitato.

***

2 aprile 2017

L'incontro con il ragazzino russo ebbe delle sgradevolissime conseguenze. All'insaputa di Nic, durante la colazione del giorno dopo, in hotel, il cretino con i capelli verdi aveva di nuovo importunato suo figlio, e lo aveva innervosito al punto da spingerlo a gridare davanti a tutta la sala da pranzo un insulto balbettato: bastardo.

Michele odiava il linguaggio volgare. Non diceva mai nemmeno la più leggera delle parolacce. Quindi per lui anche un semplice "bastardo" era un insulto pesante: il cretino doveva essere stato davvero irrispettoso con lui.

L'insulto incazzato di Michele, purtroppo, era stato ripreso da qualcuno con il cellulare e il video era finito in internet. Così adesso tutti stavano parlando, in termini negativi, dell'intemperanza di Michele.

Incredibilmente, Ivan Reshetnikov (questo era il nome del ragazzino) aveva vinto anche il suo incontro di secondo turno, e ora era atteso alla conferenza stampa. Elena e Michele la stavano guardando insieme dal laptop di Elena, in camera di Michele, che nell'attesa giocherellava con Sara. Nic rimase a guardare dietro di loro, in piedi sulla porta che collegava la camera da letto al salottino di quella suite parigina che fungeva da camera di Michele e sala riunioni.

Elena era sicura che avrebbero chiesto a Reshetnikov dello screzio, ma non era riuscita a contattarlo per cercare di imbeccarlo con una versione della storia che non mettesse Michele in cattiva luce. 

I capelli verdi del cretino russo entrarono in sala stampa. Il ragazzino si confermò un insopportabile buffone esibizionista, uno di quei personaggi che amavano  fare i simpaticoni durante le interviste: aveva una battuta in risposta a tutte le domande.

Dopo le discussioni sull'incontro arrivò, come previsto da Elena, una domanda sul litigio con Michele. Il video era uscito solo quella mattina e Reshetnikov non sembrava averlo visto, chiese spiegazioni al giornalista e guardò la clip da un palmare. Disse di essere dispiaciuto, e in un primo momento a Nic sembrò sincero. 

Ma era tutta una recita.

Quando i giornalisti gli chiesero che cosa aveva fatto per fare arrabbiare Michele, quel cretino, invadente, buffone esibizionista diede una risposta che lasciò Nic a bocca aperta: «Ci ho provato con lui, e credo di averci provato in maniera un po' troppo pesante.» 

«Ci ha provato con te? Hit on you? Ho capito bene?» sbottò Elena in direzione di Michele, mentre i giornalisti, anche loro increduli, stavano chiedendo spiegazioni a Reshetnikov.

Michele sembrò in difficoltà. Quando aveva raccontato loro cosa fosse successo, non aveva minimamente fatto cenno al fatto che quel ragazzino avesse tentato degli approcci. Ma, conoscendolo, era possibile che non se ne fosse reso conto.

Michele aprì la bocca, annaspò. Fece molta fatica a parlare, ma infine ammise che il coglione russo ci aveva davvero provato, solo che Michele aveva pensato si trattasse di uno scherzo.

Nic pensò che per una volta i dubbi di suo figlio fossero comprensibili, considerando che il giorno precedente era il primo aprile.

Nel frattempo, in sala stampa stava avvenendo una specie di gay pride: ai giornalisti che chiedevano al russo se quello fosse il suo modo per fare coming out lui, con grande nonchalance, rispose che non si trattava di un coming out, perché tutti i suoi amici sapevano che era bisessuale.

Nic non credeva all'esistenza dei bisessuali. Due erano le possibili spiegazioni: il cretino era etero e diceva di essere bisessuale per puro esibizionismo, per far parlare di sé. Nei tempi recenti quegli argomenti andavano di moda e c'erano parecchi ragazzini che per apparire anticonformisti si dichiaravano queer, nonbinary, fluidi, o altri termini non meglio identificati di cui Nic aveva perso traccia, ma che gli sembravano tutte scemenze inventate di cui ci si sarebbe dimenticati di lì a pochi anni. La seconda ipotesi, era che quel ragazzino fosse gay, ma dicesse di essere bisessuale per salvare le apparenze. In fondo, la Russia era un paese notoriamente omofobo.

L'idea che un tennista russo eterosessuale, iscritto alla federazione russa, inventasse una bisessualità solo per fare scena, di improvviso gli sembrò un'ipotesi improbabile. Valeva davvero la pena andare incontro a tante possibili rogne solo per esibizionismo? Nic provò per pochi istanti un moto di simpatia nei confronti di quel ragazzino, che sembrava un cretino esibizionista, ma forse era più coraggioso di quanto sembrasse.

Ma scacciò in fretta quei sentimenti che derivavano dalla sua storia personale: non doveva fare l'errore di farsi intenerire da una persona così palesemente negativa per un motivo così futile. Quel ragazzino era senza ombra di dubbio un esibizionista volgare, e aveva cercato di prendersi gioco di suo figlio.

«Merda! Lo sapevo! Pensano che tu sia gay» stava intanto imprecando Elena.

«M-m-ma non lo sssssono!» protestò Michele in tono sovracuto.

Elena mise una mano sulla spalla di Michele. La piccola Sara sgattaiolò via dalle sue gambe e saltellò sul materasso. Si accorse di Nic e lo guardò inclinando la testolina a sinistra.

«Ascolta, Michi. Sai che a me puoi dire tutto. Non lo racconterei mai a nessuno, nemmeno al papà. Se sei gay...»

«N-non lo sono» la interruppe Michele.

«E allora perché non hai mai mostrato interesse per le ragazze? Perché abbiamo dovuto trovarti Anna? So che non ti piace parlare di questi argomenti, ma... devi capire che...» Elena lasciò la frase in sospeso.

Michele arrossì e abbassò la testa. «Q-q-queste c-cose... s-sesso, a... aaamore... non mi int-te-teressano. A me interessa s... solo il t-tennis.»

«Certe pulsioni hanno bisogno di essere sfogate, ogni tanto...» disse Elena.

Michele era sempre più in difficoltà, Nic decise quindi di intervenire, fece un passo verso di loro e Michele si voltò di scatto verso di lui, facendo girare anche Elena. «Michele si masturba regolarmente due o tre volte al mese a seconda delle esigenze. Gliel'ho consigliato io stesso» tagliò corto.

«Masturbarsi e avere una relazione non sono la stessa cosa» ribatté Elena.

Nic era sempre più spazientito e anche Michele sembrava infastidito. «Per voi donne è diverso, siete più sentimentali. A noi uomini il sesso può bastare.» Michele stava per mettere le mani sulle orecchie, come un bambino, ma Nic lo ammonì: «Michele! Non ti vergognare! Sono cose sane e naturali.»

Michele si fermò con le mani a mezz'aria: Nic odiava l'idea che suo figlio si sentisse represso in quell'aspetto della sua vita.

Ma quella stupida di Elena incoraggiò l'imbarazzo. «Ha ragione a vergognarsi. Non dovresti parlare così alla leggera di questioni intime.»

Infatti Michele, a queste parole, sembrò imbarazzarsi ancora di più, perciò Nic decise di cambiare discorso. «Ci sono ben altre cose di cui ti dovresti vergognare...»

«D-del mio sf-fogo di rrrabbia, è v-v...»

«Non solo. Di quello che hai fatto per sedurlo.»

Michele spalancò gli occhi e si indicò. 

Lo sapevo... lo sapevo che non se n'era reso conto!

«Sì, tu, cretino! Cosa gli hai detto? Ti sei mostrato amichevole? Gli hai fatto credere che ci stavi?»

«N-nnn... nn... nnno! Ha fa-fa-fa-faaaatto t-tutto lui. Non so p-perché se l'è messo in t-testa!»

«Sei un ingenuo. Probabilmente l'hai fatto senza rendertene conto.»

Michele si impuntò: «Resh... shetnikov è st-t-tupido, invvvadente, insensibile e mmmolesto. Ha fatto t-t-tutto lui, ci ha p-p-provato, sì, mmma...»

«Smettila di giustificarti» disse Nic amareggiato dalla tragica incapacità relazionale del figlio. «Ti conosco. E so quanto sei incapace a farti capire. È stata sicuramente colpa tua. Non voglio neanche immaginare le cazzate che devi aver detto per fargli credere che può approfittarsi di te...»

Nic strinse il pugno. Dovevano fare qualcosa per far abbassare la cresta a quell'invadente di merda che aveva preso di mira suo figlio.

***

3 aprile 2017

Elena, Rodolfo (il suo toy boy travestito da assistente), Nic e Fernando avevano indetto una riunione di emergenza nella suite di Michele, per discutere l'affaire Reshetnikov (definizione di Elena). Era presente anche Michele, ma era come non ci fosse: mangiucchiava svogliatamente la sua bresaola facendo di tanto in tanto dei sorrisini a Sara che gli faceva la posta sotto al tavolo.

Anche a Nic sarebbe piaciuto estraniarsi. Avrebbe preferito essere con Daniele, che si stava allenando da solo in palestra (Michele aveva già finito la sua sessione). I due fratelli partecipavano insieme al torneo di doppio e avevano vinto il primo turno. Era il motivo per cui Michele si trovava ancora lì a Parigi a farsi tormentare dai giornalisti: a discapito di Daniele, Nic quasi si augurava che i suoi figli venissero eliminati l'indomani, in modo da potersene finalmente andare. Nic non si sarebbe stupito se fosse accaduto: Michele odiava giocare il doppio e odiava soprattutto giocarlo col fratello; e Daniele aveva la testa altrove: Maria era al settimo mese di gravidanza e aveva occhi solo per lei.

La riunione stava degenerando. In quel momento Elena stava spiegando a tutti, con la serietà con cui avrebbe potuto parlare di una riforma politica o di questioni dirigenziali dell'ATP, che su Internet esisteva già un gruppo di fan che fantasticavano pubblicamente di una possibile storia d'amore tra suo figlio e il cretino russo. Stavano discutendo da almeno dieci minuti di quella sciocca questione, quando Nic decise di tagliar corto su quelle scemenze e concentrarsi sul problema più importante: Reshetnikov a piede libero.

«Mettiamo a tacere quell'oca di Reshetnikov» disse. «Fernando, di' subito ai tuoi scagnozzi dell'agenzia che trovino un suo contatto, visto che Rodolfo, qua, non sta combinando niente...»

Nic sopportava molto male il fatto che Rodolfo fosse stipendiato da loro. Era un ragazzo incapace, un trentenne senza arte né parte, ma di bell'aspetto e con un evidente kink nei confronti delle cosiddette MILF. Elena se lo scopava, e aveva ben pensato di metterlo a libro paga come suo assistente. L'unico motivo per cui Nic glielo concedeva era la bravura innegabile di Elena: l'assunzione di Rodolfo era una specie di aumento alla paga di una manager eccezionale.

«Se me lo chiedevi subito... tante volte non capisco perché mi pagate, avete la tendenza a voler fare tutto da soli» ribatté Fernando ridacchiando.

Rodolfo parlò per la prima volta, con la sua vocetta da topolino.«Ci sto mettendo più del previsto perché Reshetnikov non ha un manager. Con lui ci sono solo il coach e il fratello.»

A quelle parole gli occhi di Fernando si illuminarono. «Ah, a proposito del coach...» Tossì e guardò Nic con un'aria incerta che non gli si addiceva. «Hai saputo chi è, vero?»

«No. Rodolfo non l'ha ancora scoperto» chiunque fosse non doveva essere presente al torneo, non si era mai visto sugli spalti. Nic inizio ad avere una sgradevole sensazione, una tensione alla base dello stomaco, che in un primo momento, preso ancora com'era dalle preoccupazioni per Michele, non riuscì a razionalizzare.

«Ma sì che l'ho scoperto!» disse Rodolfo in tono petulante. «Non me l'avete più chiesto! È...»

«Aspetta, aspetta!» lo interruppe Fernando alzando la voce. «Voglio essere io a dirlo.» Deglutì e guardò Nic. «Sei seduto comodo?»

La tensione alla base dello stomaco si fece tanto forte da rendergli difficile parlare. Ed era una tensione con un nome e un passato. Nic vide negli occhi di Fernando quel giorno in cui, a Roma, gli aveva chiesto se sapesse dov'era finito. Fernando sapeva della loro amicizia sapeva che lo aveva cercato. Quelle premesse potevano voler dire solo una cosa.

«Risparmiami queste buffonate e dimmi chi è» disse Nic, che non sopportava più quella tensione.

Ma possibile? Si stava facendo l'ennesima fantasia?

No.

Erano passati venticinque anni. Per venticinque anni Nic aveva pensato a lui come avrebbe potuto pensare a un morto. Per venticinque anni aveva creduto che sarebbe rimasto per sempre una parte inconsolabile dei suoi ricordi.

Ma dopo venticinque anni quel nome uscì dal mai-luogo per ritornare nella realtà: «Raffaele Novelli.»

Note 🎶 

Sorpresaaaaa! 😱

Lettori di play: avete mica riconosciuto qualche scena in questo capitolo? 😌

Oggi note brevi, vi do subito appuntamento a lunedì prossimo. E lasciatemi una stellina per tutti i colpi di scena che non stupiscono nessuno che fico nelle mie storie.

Note 2 - Leggere Play in parallelo ▶️

Come avete capito, da questo capitolo in avanti la storia di Rewind segue quella di Play. Questo capitolo di Rewind corrisponde ai primi quattro di Play.

Se volete leggere le due storie in parallelo, e vedere come Michele vive le interazioni con Nic e cosa gli succede quando Nic non c'è, potete procedere e in questo modo:

Opzione 1: leggete i primi quattro capitoli di Play. Il quarto capitolo di Play finisce più o meno dove finisce questo, due battute in avanti. In questo modo sarete in pari con questa storia.

Opzione 2: se non vi danno fastidio due spoiler decisamente minori, ossia la prosecuzione di questa scena dal punto di vista di Michele (cioè il dialogo che segue) in cui però parla quasi solo Nic (non aggiungo altro), e una scena in cui farete la conoscenza con il fratello di Ivan, Andrej, potete spingervi più in là e leggere fino al capitolo 10, senza superarlo. In questi capitoli succedono diverse cose a Michele di cui Nic non sa nulla. Secondo me li potete leggere senza problemi. La scena in cui appare Andrej, in cui c'è anche Nic, secondo me è molto più divertente e significativa dal punto di vista di Michele. Però, mi raccomando, non leggete il capitolo 11 dove c'è uno spoiler gigantesco!

Un grazie ad Agnes_Elle con cui sto elucubrando questa scaletta in privato su Instagram 😁


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