Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

69. Lei non è una via d'uscita

Voglio ancora le tue dita che graffiano la schiena

Lei non è una via d'uscita e forse non ce n'è

G. Bigazzi, M. Masini, Disperato, 1990)

25 dicembre 1990

Il pranzo di Natale a casa Morandi, quell'anno, fu molto triste.

Il funerale di Augusto Morandi, il padre di Elisa, si era tenuto solo tre giorni prima. Nic si era poi fermato a Genova, ospite della famiglia, per stare insieme a lei.

Non aveva avuto cuore di lasciarla. Sarebbe stato completamente fuori luogo farlo in quel momento, e persino Raf si era detto d'accordo: meglio rimandare a quando Nic ed Elisa fossero tornati a Bologna e lei si fosse ripresa dal lutto. Sicuramente in quei giorni Elisa non avrebbe avuto bisogno di effusioni da parte di Nic, solo abbracci e supporto morale.

Elena, la sorella di Elisa,  sembrava la persona più addolorata dalla perdita. Non si dava pace e si metteva a piangere ogni volta che qualcuno nominava il padre. Elisa era triste, ma aveva preso la cosa molto meglio. 

Da quando viveva a Bologna si era allontanata dai genitori. Nic non aveva mai indagato i motivi, perché le rare volte in cui erano entrati in argomento Elisa tagliava sempre corto, ma Nic sapeva che c'erano stati degli screzi in famiglia legati precisamente ad alcuni comportamenti del padre. Elena, che aveva continuato a vivere a Genova nella casa di famiglia, forse ne soffriva di più proprio per quello, perché aveva vissuto quei comportamenti, quali essi fossero, da vicino. Erano interpretazioni che Nic cercava di dare dall'esterno, a una situazione che non conosceva.

I programmi erano quelli di restare A Genova fino al 27 dicembre, giorno in cui avrebbero dovuto incontrare il notaio per le questioni legate all'eredità, ed Elisa, la sera di Natale dopo cena, anticipò a Nic che quasi certamente avrebbero rinunciato all'eredità, perché il padre aveva contratto molti debiti.

«È questo il motivo per cui avevi litigato con i tuoi?»

«Uno dei motivi, sì. Ma adesso non mi va di parlarne. Mi abbracci?»

Si stesero a letto e Nic la cinse da dietro, chiedendosi perché non potesse essere sempre così, tra loro.

***

27 dicembre 1990

La rinuncia all'eredità si rivelò molto più complicata del previsto, perché insieme al notaio si presentarono a casa di Elisa due ceffi dall'aria losca, che Nic inizialmente non capì chi fossero.

La madre di Elisa non avrebbe voluto che Nic partecipasse alla riunione. «È un estraneo, e queste sono questioni familiari private.» Nic era d'accordo, ma Elisa no. Insisté nel volerlo farlo restare. «Punto primo: io non ho segreti con lui. Punto secondo: ho bisogno di un sostegno morale. Voglio che Nicolò mi stia vicino, quindi Nicolò resta.»

Nicolò non se la sentì di sottrarsi a quella richiesta, ma assistette a tutte le discussioni in uno stato di grande disagio e imbarazzo.

La rinuncia all'eredità avrebbe comportato anche la rinuncia alla casa di famiglia, la cui proprietà era al 50% del padre di Elisa. Inoltre, scoprirono che la situazione debitoria era molto più complicata del previsto, perché alcune cambiali erano state firmate a nome della moglie, a sua insaputa. La moglie avrebbe dovuto dimostrare che non era stata lei ad apporre le firme, e la situazione perciò si ingarbugliava: c'era bisogno di avvocati.

Alla fine delle discussioni col notaio, Nic scopri anche chi fossero i brutti ceffi: due usurai.

Il padre di Elisa si era fatto prestare dei soldi a strozzo, e ora quei due li rivolevano indietro con gli interessi, e con gli usurai non si potevano fare rinunce: sarebbero stati costretti a pagare.

Nic assisté sgomento a un litigio violento tra Elisa e sua madre, da cui capì finalmente quale fosse la ragione di tutti quei debiti: «Carte e puttane! Tutta la vita a giocare a carte e sperperare con le puttane! Tu che sei sua moglie avresti dovuto tenerlo a bada! Pensare a me e a Elena! Oppure mandarlo subito a fanculo, almeno forse non riusciva a prosciugare tutti i conti!»

Il litigio finì con reciproci vaffanculo e frasi molto meschine della madre. «Voglio vedere tu se sei capace di trovare  un buon marito! Vecchia come sei, ormai ti rimangono solo gli scarti! Bella come eri a vent'anni potevi trovarti un principe!  E invece adesso ti toccherà stare con questo spiantato, tennista di quarta categoria.»

Nic non fu minimamente toccato dall'insulto, e non poter credere ai suoi occhi quando si rese conto che invece Elisa era stata toccata eccome da delle frasi che Nic aveva percepito solo come delle meschinità invidiose. Vecchia? Brutta? Solo un idiota o una persona in malafede avrebbe detto qualcosa del genere. Eppure Elisa ne rimase sconvolta, e Nic, vedendola sconvolta, si sentì montare dentro una rabbia incontenibile, perché capì che la madre aveva detto quelle parole false ben sapendo di ferire la figlia.

«Ma ma lei non si vergogna? Ma quanti anni ha?» le disse.

La madre di Elisa prese sul serio la domanda e rispose con una punta di orgoglio: «Cinquantaquattro, ma me ne danno tutti almeno dieci di meno!»

Nic pensò che era vero che se li portasse bene, ma era talmente incazzato che mentì, allo stesso modo in cui lei aveva mentito per ferire la figlia: «Gliene avrei dati come minimo sessanta. È di cervello ne dimostra dieci.»

Elisa, che stava piangendo, ebbe una risatina tra le lacrime. La madre sembrò offesa dalle parole di Nic, che non riuscì a trattenersi e proseguì a parlare, mosso dalla rabbia: «Lei mi fa schifo! Trattare così sua figlia! Umiliarla per il solo gusto di umiliarla dicendo delle palle, consapevole del fatto che sono palle, solo per ferirla. Mi fa schifo!»

La madre assottigliò gli occhi. «E quali sarebbero queste palle? Il fatto che sei un tennista spiantato? Non lo sei?»

«Quella è l'unica cosa vera che ha detto. È vero: sono un tennista di bassa categoria, con un brutto gioco e poco talento, e non sono molto ricco. Non so perché sua figlia abbia deciso di stare con me, mi sento un uomo molto fortunato, che una donna bella, intelligente e dolce come Elisa abbia scelto proprio me. Ha mille ammiratori, qualsiasi ragazzo la incontra le si stende davanti ai piedi, e lei ha scelto me. Anch'io faccio fatica a spiegarmelo. Ma quello che lei ha detto su sua figlia... Lei sa benissimo che è una cosa falsa, e l'ha detta soltanto per ferirla. E questa è una cosa che può fare soltanto una vecchia irrancidita col cervello di una bambina di dieci anni!»

La madre di Elisa stava tremando dalla rabbia, ed esplose infine in un grido: «Fuori! Fuori dalla mia casa!»

«Non è neanche più la tua casa, cretina! Te la pignorano! E ti sta bene!» gridò Elisa in lacrime. Poi si voltò verso Nic, gli tese una mano. «Andiamocene.»

Nic afferrò la mano, si fece trascinare fuori da quella stanza. Andarono in camera di Elisa, dove le loro valigie erano già quasi fatte. Nic si diresse a quelle, pensando che Elisa volesse scappare da quel posto più velocemente possibile.

Ma sentì la porta della camera chiudersi alle sue spalle, poi Elisa lo prese per le spalle e lo girò verso di sé. «Davvero tu pensi che io sono ancora giovane e bella?»

«Non è che lo penso: lo sei!» Rispose lui scandalizzato dalla domanda, dall'idea che lei desse credito alle parole di sua madre.

«A giugno compio trent'anni. Tu ne avrai ventisei. Sei sicuro che non sia un problema?»

«Ma perché dovrebbe essere un problema?» Avrebbe voluto aggiungere altre cose. Che a lui di quanto fosse bella non gliene fregava niente, che le cose che più apprezzava di lei erano la sua intelligenza e la sua dolcezza, ma si trattenne. Ebbe sospetto che lei potesse offendersi, sentirsi messa in qualche modo in discussione. Perciò aggiunse: «Sei bellissima, Eli.»

Lei lo baciò sulla bocca, lui la lasciò fare. Ricambiò il bacio, che durò solo pochi secondi.

«Nessuno mi aveva mai difesa così, Nichi. Mi sono sentita come una principessa, e tu il mio principe che mi salva dalla strega cattiva. Mia madre ha detto che mi sarei potuta trovare un principe, ma l'ho trovato davvero!»

Nic fece una risatina imbarazzata. «Ma dai, non dire cavolate! È che mi ha fatto troppo incazzare e...»

Nic fu interrotto da un altro bacio di lei. Solo che non era un bacio tenero come quello di prima. Lei iniziò ad accarezzarlo, in modo frenetico, inequivocabile.

Nic non se l'aspettava. Ma non poteva sottrarsi, lei era in un momento di estrema fragilità, se si fosse sottratto l'avrebbe spezzata.

Capì istintivamente che non era una situazione da preliminare, che lei voleva farlo subito. Ma alla disperata ricerca di un'erezione che era ben lontana dall'arrivare, temporeggiò baciandole il collo, infilando la mano sotto la sua gonna, dentro le mutandine.

Cazzo quant'è bagnata!

Sentirla così eccitata lo agitò ancora di più, il suo respiro si fece più rapido. Cosa doveva fare? Doveva farselo venire duro nell'arco di un minuto. Come?! Di solito usava il tempo dei preliminari per concentrarsi pian piano su immagini eccitanti, ma serviva qualcosa di più immediato.

E la sua mente tornò d'istinto, senza ragionarci, alle scopate nel cesso con Leonardo. A quei corpi che si cercavano con frenesia, perché il tempo era sempre poco, a quei cazzi che diventavano duri in pochi secondi. Senza vergogna, chiuse gli occhi e ripensò alle mani di lui, e ai suoi baci, era sempre stato bravo a compartimentare, a escludere i dati del presente che lo distraevano. Era così che vinceva la paura durante le partite e fu così, in quel momento, che riuscì a dimenticarsi di Elisa e a farselo venire duro. Nella sua testa c'era Leonardo, c'erano le sue scopate adolescenziali, la mano di lei che stava scorrendo sul suo cazzo era quella di Leonardo, la sua voce che diceva: «Oh, Nichi...» Stava in realtà dicendo «Nico, mettimelo in culo Nico.»

In un angolo remoto del suo cervello ci fu spazio per una domanda: perché, tra tutte le esperienze, gli tornava in mente proprio quella che era finita così male? Una una domanda che non trovò risposta, perché Nic era bravo a compartimentare, e rispondere a quella domanda avrebbe significato perdere concentrazione.

Si lasciò invece guidare da quelle parole del suo passato. Le alzò la gonna, tirò giù le mutandine, la buttò sul letto di schiena. No, non l'avrebbe inculata, ma l'avrebbe presa così, da dietro, a occhi chiusi, illudendosi che quel buco caldo, elastico e bagnato fosse un buco diverso, appartenente a una persona diversa.

I gemiti e i sussurri di lei gli fecero capire che le stava piacendo. Non passò neanche un minuto che la sentì scuotersi tutta e capì che stava venendo. Il suo lavoro era finito. Smise di penetrarla, si masturbò per venirsi in mano.

«Potevi venirmi anche dentro...» sussurrò lei.

Lui si pulì la mano sulla maglietta, la abbracciò e inaspettatamente pianse.

«Nichi, È stato bellissimo. Perché piangi? Oh, vieni qua...» Elisa si buttò sul letto e lo tirò a sé, gli fece posare il viso sul suo piccolo seno. «Tesoro, non ci sei abituato... È per quello che piangi vero?»

Nic non capiva cosa intendesse dire, si impose di calmarsi, e tra gli ultimi singhiozzi le disse: «Scusa, non so cosa mi è preso.»

«Lo so io.» Elisa gli diede un bacio sui capelli. «Tu sei sempre così controllato, vuoi sempre tenere tutto sotto controllo. Anche quando facciamo l'amore, ho sempre l'impressione che non ti lasci mai andare completamente... Oggi per la prima volta ti sei lasciato andare. Hai visto? Non è stato bellissimo?»

Nic, per un attimo, provò il desiderio di piangere di nuovo, sentendosi meschino e falso come non si era mai sentito in tutta la sua vita.

Ma lei gli alzò il viso con un dito, e la sua espressione era al culmine della felicità. Stava sorridendo, non uno dei suoi sorrisi trattenuti, con quello strano broncio che non le faceva venire rughe. Era un sorriso spontaneo, aperto, felice, con due fossette sulle guance. Anche lei non si stava trattenendo. Non c'erano in quel momento paranoie nella sua testa. Non si sentiva brutta e vecchia, si era sentita desiderata ed era felice.

E fu quell'espressione che fece capire a Nic che aveva fatto la cosa giusta. Aveva mentito, ma lei era felice. 

Lui le voleva bene, ed era felice che lei fosse felice.

Note 🎶 

Non promettono benissimo queste reazioni emotive di Nic. Eppure lui si autoconvince che tutto vada a meraviglia. 

Con delle premesse simili non può che finire benissimo, no?

Ci rileggiamo giovedì per l'ultimo capitolo prima della pausa di una settimana (dai vi faccio saltare solo due appuntamenti e vi tengo compagnia a fine anno!)

Lasciatemi una stellina per tutti i morali tirati su dalle canzoni di Marco Masini... ops, no, il contrario, usate questa cifra come denominatore!

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro