63. Lei ti ha plagiato, ti ha preso anche la dignità
Vivere, vivere, vivere non è più vivere
Lei ti ha plagiato, ti ha preso anche la dignità
Fingere, fingere, fingere non sai più fingere
Senza di lei, senza di lei ti manca l'aria
(Alice, F. Battiato, Per Elisa, 1981)
—
12 maggio 1989
Nic aveva pensato che la notte precedente fosse stata la peggiore della sua vita. Si ricredette, la successiva fu ancora più angosciante.
Le promesse di Raf di voler stare lì con lui per disintossicarsi si infransero nuovamente e nel peggior modo possibile.
Spensero la luce intorno a mezzanotte, dopo che Nic aveva inutilmente tentato di dare un po' di pasta in bianco a Raf. Nic faticò a prendere sonno perché aveva il terrore che Raf cercasse di scappare. Aveva le chiavi con sé, infilate nelle mutande; quelle di casa e quella della camera da letto, quindi se Raf avesse cercato di prendergliele lo avrebbe svegliato. Solo che... lo avrebbe svegliato davvero? In hotel a Roma Raf era riuscito a fregargli i soldi di tasca: Nic era talmente stanco che non si era accorto di nulla. Era stanco morto anche in quel momento, possibile che una stanchezza estrema riuscisse a cancellare qualsiasi sensazione fisica?
E non era l'unica preoccupazione che aveva. Aveva chiuso le persiane e gli infissi di tutte le finestre, e sulla maniglia dell'infisso, in camera, ci aveva appeso degli oggetti che potessero fare rumore in modo da svegliarlo, se Raf avesse provato a muoverla. Ma sarebbe riuscito a sentirli?
Con queste preoccupazioni che lo tormentavano, Nic cedette al sonno intorno alle tre, non dopo aver accompagnato Raf almeno una volta al bagno.
Dopo circa un'ora, non fu il rumore delle cose appese alla maniglia a svegliarlo, ma il cigolare della persiana, i cui cardini per fortuna erano un po' arrugginiti. Si alzò di scatto, agguantò Raf alle spalle e lo spinse sul letto. «Cosa stavi cercando di fare, coglione!»
«Oddio, mi gira la testa...» si lamentò lui.
«Ci credo! Praticamente non hai mangiato un cazzo. Sei debolissimo. Pensavi di essere in grado di saltare di sotto?»
Raf si mise carponi sul letto. «Ho bisogno di farmi.»
Nic gli diede le spalle perché lo disturbava vederlo in quello stato. «No, tu hai bisogno di stare meglio.» Ne approfittò per richiudere la finestra.
«Tu non sai di cosa ho bisogno io! Non pretendere di saperlo!»
Nic lo fronteggiò di nuovo. «Chiaramente in questo momento non sei in grado di decidere cosa sia meglio per te. Considerando che ti stavi per buttare dalla finestra per scappare, con rischio di farti seriamente male.»
«Ne ho voglia Nic. E sto male. Ne ho voglia e sto male. Ne ho voglia e sto male.»
«Non ripeterlo, ho capito il concetto.»
«Non esiste niente di più bello. Non esiterà mai niente di più bello nella mia vita.»
Quelle parole riempirono Nic di sconforto, anche perché riecheggiarono un concetto simile che Raf gli aveva espresso tanti anni prima, quando era ancora solo un ragazzino.
Sedette sul materasso matrimoniale accanto a Raf, perché era debole e stanco. «Vorrei tanto aver capito meglio queste parole la prima volta che me le hai dette.»
Nel silenzio il respiro di Raf era pesante.
«Forse, se le avessi capite, ti avrei potuto aiutare e non saresti arrivato a questo punto» proseguì Nic.
La mano di Raf si posò sulla spalla di Nic. «Ti prego...» sussurrò. «Riportami a Roma.»
Nic decise che non aveva senso rispondere.
La mano di Raf si mise ad accarezzare il braccio di Nic. «Mi va bene anche a Trieste, che è più vicina. Tanto in qualche modo la trovo, la trovo sempre.»
Nic sbuffò, ostinandosi a non rispondergli. Stava dicendo cose senza senso.
Raf spostò la mano sul petto di Nic, che si voltò verso di lui turbato dall'improvvisa confidenza. «Vieni anche tu con me» disse Raf. «Stai con me.»
Nic rimase per diversi secondi senza parole e senza sapere come reagire. Era spiazzato, sorpreso è un po' spaventato. Non riusciva a capire bene quali fossero le intenzioni dell'amico. Forse, non voleva capirle bene.
«Faccio tutto quello che vuoi, Nic. Ti faccio un pompino, se vuoi.» Così dicendo piazzò la mano in mezzo alle sue gambe e fu solo in quel momento che Nic reagì, con violenza. Lo prese per le braccia lo spinse via e si alzò in piedi di scatto, facendo due passi indietro.
«Tu...»
«Lo so che lo vuoi. Mi ricordo il discorso che hai fatto a Natale. Che non sai se vuoi aiutarmi per quello che ti dice la tua testa o per quello che ti dice il tuo cazzo.»
Nic era talmente sotto shock che non sapeva cosa dire. Lo fissava a occhi spalancati, scuotendo la testa, come se potesse in qualche modo negare la realtà di quella situazione.
«Te lo faccio davvero, Nic. So che lo vuoi. Te ne faccio uno subito e poi quanti ne vuoi dopo. Portami a Trieste.»
«Ma... la... la dignità, cazzo!»
«Te l'ho detto che ti a...»
«Non ripeterlo mai più!» Nic gridò il grido più disperato e violento della sua intera vita, e gridando coprì l'ultima parola di Raf.
«Ma io...»
«Ma ti rendi conto di cosa cazzo sei diventato?!» Nic si afferrò i capelli, sentì il bisogno di tirarseli fino a farsi male. «Aspetta, no. Adesso te ne faccio rendere conto. Ti devi riascoltare e vergognare di te stesso.»
Nic in due passi fu in corridoio, dove aveva lasciato la valigia con la telecamera. Montò mirino e batteria, tornò in camera, dove Raf era ancora seduto sul letto: si stava abbracciando, digrignando i denti in un'espressione sofferente. Era tutto sudato.
Nic fece partire la registrazione. «Dai. Ripeti quello che hai detto prima.»
«Sto male, Nic.»
«Ripeti quello che hai detto. Voglio che lo ripeti, perché voglio che poi ti riguardi e ti rendi conto a quale livello infimo sei disposto ad abbassarti quando sei sotto l'effetto di quella merda.»
«Eddai, Nic. Scherzavo» rispose Raf guardando nell'obiettivo.
«Mi hai toccato il cazzo.»
«Ma scherzavo...»
Nic rimase zitto e continuò a filmare.
«Ok» disse Raf. «Vuoi che lo ripeto? Se lo ripeto mi porti a Trieste?»
«No.»
«E allora cosa lo ripeto a fare?»
Nic si sentì crudele a sottoporre il suo amico a quell'umiliazione. Anche se lui non sembrava rendersene pienamente conto, per il momento. Con la telecamera ancora accesa sedette sul suo materasso, a terra. Era stanco. Stanco di tutto. Non pensava più che fosse stata una buona idea portare Raf lì.
Non avrebbe mai voluto vederlo in quello stato. Non avrebbe mai voluto sentirlo dire quelle cose.
E si chiese se Raf l'avesse mai fatto, con qualcun altro. Ricordò il ragazzo che aveva incontrato in quel capannone a Tor Bella Monaca, quel povero ragazzo che gli aveva dato il fondamentale suggerimento di andare a cercare Raf in stazione. Faccio marchette ai froci, gli aveva detto. Lo aveva fatto anche Raf? La madre i soldi non glieli dava più, come faceva a procurarseli? Accattonaggio? Oppure anche lui...
Si accorse di essere in lacrime. Quella esperienza lo stava devastando. Lui non era un frignone, eppure era la seconda volta che piangeva nello spazio di poche ore. La stanchezza, lo stress e la disperazione stavano erodendo la sua solidità mentale.
«Scusa...» mormorò Raf. Era in lacrime anche lui. «Non volevo farti piangere. Non voglio che piangi.»
«Se non vuoi che pianga, non dirmi mai più una cosa simile.» Nic si accorse che la telecamera stava ancora registrando e la spense. Avrebbe cancellato quel pezzo di nastro, era troppo deprimente. «E soprattutto...» Nic si fermò. Quello che stava per dire era: e soprattutto non drogarti più. Ma decise di dire una cosa diversa: «E soprattutto cerca di essere felice. Ma una felicità vera, non artificiale.»
E quelle parole sembrarono colpire Raf nel profondo. Ebbe uno scoppio di pianto, del moccolo gli colò giù dal naso, fu scosso da un tremito violento. «T-ti giuro. Da questo momento faccio sul serio. Voglio smettere anch'io di stare così.» Pianse ancora un po', poi aggiunse: «Ieri, però, mi avevi promesso un Aulin. Dici che non mi può dare un po' di sollievo? Dici che è una droga anche quella? Perché sto tanto male... Tanto, tanto, tanto.»
Nic si asciugò le guance.«Non so che cazzo di sollievo può darti l'Aulin. È un antidolorifico e tu più che dolori hai nausea.»
Raf gemette, accasciandosi su un fianco. «Ho anche dolori. Mi sento tipo la pelle tirare, e mi fanno male tutte le ossa.»
«Ma in clinica... in comunità... non ti ricordi se ti davano qualcosa per farti stare meno male? A parte il metadone, dico.»
Raf respirava a velocità doppia rispetto al normale, a occhi chiusi sul letto. «Sì... nnn... sì, c'era u-una cosa...»
«Qualcosa che posso comprarti anch'io?»
Raf annuì. «Degli shottini di vodka.»
Nic sospirò, sconsolato. «Ma tu proprio non...»
«St-t-tavo scherzando.»
Nic lo fissò senza dire nulla.
Raf aprì un occhio, guardò Nic e accennò un sorrisino. «Era una battuta. Non mi davano la vodka.»
La tensione di Nic si sciolse in una piccola risata. «Il tuo senso dell'umorismo in astinenza fa cagare.»
Anche a Raf uscì una risatina, prima che ricominciasse a gemere con l'espressione sofferente di prima.
***
Almeno per la mattinata, Raf fu di parola. Era arrivato forse al culmine del suo malessere, ma non fece più proposte umilianti a Nic, non disse più di aver bisogno di farsi. Soffrì, si lamentò, lanciò generiche richieste di aiuto a Nic. Ma qualcosa in lui sembrava cambiata.
E non sembrava essere in grado di mangiare, ma beveva molta acqua, motivo per cui Nic pensò che forse sarebbe stato intelligente nutrirlo con roba liquida, che forse era più facile da digerire.
In tarda mattinata lo portò fuori con sé. «So che stai male e che staresti meglio a letto, ma non mi fido ancora a lasciarti da solo.»
«Non mi fido nemmeno io a stare da solo.»
Fu lo stesso Raf a suggerire a Nic la soluzione: chiuderlo in macchina. Chiudendo la sicurezza per bambini, Raf non sarebbe potuto scappare.
«Mi stendo sul sedile dietro, così sto un po' più comodo. Però, per favore, non metterci tanto.»
Nic spostò la macchina, e la parcheggiò in una strada poco frequentata, in modo che meno persone possibili potessero sbirciare dentro al finestrino. Ci mancava solo che qualcuno lo vedesse in quello stato e chiamasse la milizia.
Poi Nic fece il suo giro di spese. Al supermercato comprò un chilo di arance da spremere, banane fragole e latte per fare dei frullati, della carne da fare in brodo, formaggini e omogeneizzati. Quando portò queste cose in cassa, la negoziante gli sorrise e gli chiese, in italiano: «Come si chiama?»
Nic impiegò qualche secondo a capire che la negoziante aveva pensato che Nic avesse un figlio piccolo. E in un certo senso era vero, in quel momento Raffaele aveva l'autonomia di un neonato. «Raffaele» rispose. La donna sorrise.
Poi andò in lekarna, la farmacia slovena: aveva un'idea in mente. Non si fidava a dare a Raf delle medicine anti nausea o antidolorifiche, aveva paura che interferissero in qualche modo con la disintossicazione.
Però, pensò che l'amico forse avrebbe potuto avere qualche sollievo, anche solo psicologico, da un farmaco tutto sommato banale e innocuo come la tachipirina. E gliel'avrebbe data come una specie di placebo, sperando che funzionasse in qualche modo.
Nic per fortuna ricordava il nome del principio attivo, paracetamolo, e scoprì che in sloveno si diceva in modo molto simile (paracetamol). La farmacista gliene diede una confezione.
Accanto alla farmacia c'era un negozietto di elettronica, Nic entrò anche lì per acquistare un piccolo rasoio elettrico: a Raf le lamette non piacevano, e la sua barba stava ricrescendo. La cura personale forse poteva essere messa in pausa, per il momento, ma Nic pensava fosse importante che ricominciasse a radersi e pettinarsi, ad avere a cuore il modo in cui si presentava. Faceva parte anche quello del recupero mentale.
In tutto impiegò circa mezz'ora e quando tornò alla macchina trovò Raf che dormiva.
Tornarono a casa e Raf si mise a letto.
Nic gli preparò frullati e gli diede la tachipirina dicendogli che era un farmaco antinausea. Non gli fece l'effetto placebo che Nic aveva sperato, perché l'amico continuò a stare malissimo per tutto il giorno, ma ebbe forse un piccolo effetto psicologico perché Raf gliene chiese una seconda pillola in serata: «Mi sembra che un pochino la nausea me l'ha fatta andare via» fu la spiegazione.
Quella notte fu la prima in cui Nic, nonostante i ripetuti risvegli, riuscì a dormire un po' più tranquillo.
***
13-17 maggio 1989
Le condizioni di Raf andarono pian piano migliorando. Per parecchi giorni rimasero stazionarie, non ebbe più gli accessi violenti dei primi due giorni, ma continuò a stare male: gli colava il naso, sudava, esprimeva disagio e malessere. Ma le crisi di vomito passarono e anche i suoi disturbi intestinali si regolarono via via. Mangiava più volentieri, anche cibi solidi. Ricominciò a radersi e a lavarsi da solo.
Nic si azzardava a lasciarlo un po' più spesso da solo in camera, e scendeva di sotto a guardare un po' di televisione jugoslava. TV Koper faceva parecchie trasmissioni in italiano, ma si pentì di non essersi portato qualche libro.
Non stava con le mani in mano, comunque. Aveva la casa da pulire, lavatrici da fare, cibo da preparare e Raf da assistere. Non passava mezz'ora senza che lo chiamasse, per qualche malessere o semplicemente perché aveva avuto paura, qualche incubo lucido, qualche paranoia sul suo stato di salute o sulla sua capacità di riprendersi e restare sobrio. Tutte le notti Nic dormiva lì a terra, ascoltando il suo respiro sempre meno ansioso, il suo sonno sempre più tranquillo.
Finché una sera, nel mezzo della notte, Raf si svegliò d'improvviso urlando. Gli era già successo di avere incubi che poi sentiva il bisogno di raccontare a Nic, ma non aveva ancora mai urlato.
Nic corse da lui, accese la luce piccola. Il cuore di Raf batteva tanto forte che Nic vedeva le vene pulsare sul collo.
«Oh Nic Nic Nic. Non ce la posso fare.»
«Cosa hai sognato?»
«Che mi stavo per fare, e qualcosa mi teneva le mani legate e mi impediva di farmi e... e poi mi accorgevo che erano delle mani nere che mi tenevano incollato al letto e spuntavano da sotto il letto e c'era una specie di demonio sopra di me, no, forse le mani mi tenevano da sopra, non so, ma era una cosa terribile! Ho paura Nic, puoi aprire quell'armadio?»
Nic indicò il guardaroba che stava di fronte al letto matrimoniale. «Quello? Perché dovrei aprirlo? Hai paura che ci sia il mostro dentro?»
Raf si tirò su la coperta fin sotto al naso. «Ti prego ti prego! Controlla che non ci sia... tipo nessuno dentro!» disse in un tono di voce sovracuto.
«Era un sogno, i mostri non esistono.»
Raf si nascose gli occhi. «Ti prego...» piagnucolò.
Nic cedette. Cos'altro poteva fare? Si alzò, aprì l'armadio e lo indico a Raf, che però si era completamente nascosto sotto le coperte, come se davvero fosse terrorizzato da una presenza sovrannaturale in quella stanza. «Nell'armadio ci sono solo lenzuola e maglioni. Puoi uscire.»
Raf emerse solo con gli occhi. «Sicuro?»
Nic si riavvicinò a lui preoccupato. «Ma hai preso qualche allucinogeno? Avevi degli allucinogeni nascosti da qualche parte?»
«No, ti giuro!»
Nic gli toccò la fronte col dorso della mano. «Sei caldo. Stai delirando per la febbre. È meglio se ti do una... ehm... Dovrei avere una tachipirina nella mia borsa.»
Merda, adesso si accorge che le pastiglie sono uguali e capisce che gli avevo dato una specie di placebo.
Andò di sotto e decise di frantumare la pasticca e scioglierla nell'acqua non non fargli notare la somiglianza. Gliela fece bere. «Passano gli effetti delle droghe e ricominciano gli incubi?» gli chiese.
«È dal primo giorno di astinenza che sto avendo incubi. Quello di stanotte è semplicemente stato più orrendo del solito.»
«Se vuoi restare pulito devi trovare un modo per farteli passare, questi incubi. Non hai mai provato... per esempio a leggere qualche bella storia rilassante, o guardare qualche bel film prima di andare a letto?»
Raf sbuffò. «Tipo una favola? Mi hai preso per un bambino?»
«Ma no, anche qualche film per adulti, però senza una storia inquietante... Tipo qualche cosa di romantico, ad esempio. Tu sei un tipo romantico, non ti piacciono le storie romantiche? A me fanno cagare, però mi sembri il tipo a cui possono piacere.»
«Dipende... Alcune mi piacciono. Tipo La storia fantastica mi è piaciuto un casino. L'hai visto?»
Nic scosse la testa.
«Secondo me quello piacerebbe anche a te, perché è una storia di avventura. Cioè, è anche una storia romantica, ma romantica avventurosa. Tipo il cavaliere che deve salvare la principessa, e per salvarla incontra un sacco di gente simpatica e vive un sacco di avventure, è divertentissimo, perché è anche comico, gioca un po' su tutti quei luoghi comuni tipici di quel tipo di storie lì. All'inizio del film c'è il tizio... l'attore che fa il tenente Colombo, che racconta la storia a un bambino, il bambino si stranisce e dice: nonno, ma cosa mi racconti? Una storiella romantica? Che schifo, a me fanno schifo le storie romantiche! E poi però la storia è talmente avvincente che rimane ad ascoltarla, anzi poi alla fine vuole sapere come va a finire anche la parte romantica della storia. Dovresti proprio vederlo!»
Nic sorrise. E con il sorriso gli uscì una specie di sospiro, una specie di risatina.
Anche Raf sorrise. «Perché ridi?»
«Perché è la prima volta da quando siamo venuti qui che mi parli di qualcosa che non sia la droga o gli incubi o il malessere.»
«Hai gli occhi lucidi.»
Nic sbuffò. «Mi prendi in giro perché mi commuovo? Stavi morendo, cazzo, e non ho il diritto di commuovermi neanche un po' quando vedo che stai meglio?»
«Perché devi sempre stare sulla difensiva? Te lo stavo dicendo perché è una cosa che mi fa contento. Non sono come tuo padre. Non penso che commuoversi sia una roba da femmine, non penso che sia poco dignitoso, anzi, dimostra che hai sentimenti. E i sentimenti sono una cosa che io apprezzo sempre.»
Nic annuì abbassando la testa. Gli sarebbe piaciuto pensarla come lui, ma al contrario era convinto che lasciarsi andare a sentimentalismi fosse una debolezza. Ma non solo per gli uomini, anche per le donne. Erano debolezze come quelle che avevano portato Raf nel posto in cui stava. Erano debolezze come quelle che portavano tante ragazze, come Elisa, a essere sottomesse o manipolate. La debolezza sentimentale non era qualcosa di cui andare fieri. Nic avrebbe dovuto essere felice per il suo amico senza piagnucolii ad accompagnare quella felicità.
«Ad esempio, sai cosa mi piacerebbe fare adesso?» disse Raf.
Nic gli rispose alzando un sopracciglio.
Raf emise uno sbuffo tra i denti. Strizzò gli occhi, si vedeva che aveva ancora tanto malessere in corpo. «Mi sento a disagio persino a dirtelo. Ma prima o poi penso che ne dobbiamo riparlare, quindi tanto vale farlo adesso. Mi piacerebbe abbracciarti. Ma dopo che ti ho detto quelle cose schifose l'altra sera, non ho il coraggio di sfiorarti neanche con un dito, perché penso che tu potresti pensare di nuovo a... a quelle cazzate che ho detto. Dio, quanto mi vergogno!»
Nic sospirò. «No, sono io che mi vergogno di averti voluto registrare per umiliarti. Non aveva senso. Mi sono raccontato la palla che lo facevo per far vedere a te come ti eri ridotto, ma in realtà lo facevo perché ero incazzato e volevo... non so neanch'io cosa, tipo vendicarmi, boh.»
«Non mi avresti umiliato. Sono io che mi sono umiliato da solo. Non penso di essere mai caduto tanto in basso in vita mia. Approfittarmi di te, di una persona che mi... mi vuole così bene.»
Raf sembrava sul punto di mettersi a piangere, Nic lo prese per le spalle e gli diede una scossa. «Eddai, non piangere adesso! Eri felice fino a due minuti fa.»
«Sono abituato ad avere sbalzi di umore, non preoccuparti.» E la scossa di Nic non servì a nulla, perché Raf iniziò a piangere.
Nic sbuffò. «Io... veramente, cazzo. Io forse piango troppo poco, come dici tu, ma tu esageri!»
Raf rise per mezzo secondo, prima di ricominciare a piangere. Nic per parecchi secondi fu molto combattuto se abbracciarlo o meno, un po' perché si vergognava, un po' perché pensava che anche Raf sarebbe stato a disagio, gliel'aveva detto lui stesso. Però gli aveva anche detto che voleva farlo, e cosa c'era di meglio di un abbraccio per consolare una persona che stava piangendo?
Quindi lo abbracciò. Raf si aggrappò, letteralmente si aggrappò alla felpa di Nic e buttò la testa di peso sulla sua spalla, continuando a piangere.
Nic chiuse gli occhi e lo strinse con più forza.
—
Note 🎶
E ci siamo, avete assistito al momento umanamente più basso di Raf.
Ma anche all'inizio della risalita, alla speranza di guarigione.
Ce la farà Raf a uscire da questa situazione?
Ci rileggiamo giovedì, e lasciatemi una stellina per ogni sbalzo umorale di Raf.
PS: L'Italia ha vinto la coppa Davis!!! Yeeee! 🥕🎾
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