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58. Ai maschi innamorati come me

I maschi disegnati sui metrò
Confondono le linee di Mirò
Delle vetrine, dietro ai bistrot
Ogni carezza della notte è quasi amor

(F. Pianigiani, G. Nannini, I maschi, 1987)

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24 dicembre 1988

«Non riesco a capire la differenza. Mi sembra identica alla macchina che avevi prima» disse Nic.

Raf sbuffò, un po' seccato un po' divertito dall'osservazione.

«Tu non capisci proprio niente di macchine, eh?» scherzò Vika.

«No, per quello che va in giro con la Ritmo» rincarò la dose Elisa.

«Le considero un utile mezzo di trasporto» commentò lui.

Raf tese le braccia con fare teatrale verso la sua nuova macchina. «Ma possibile che non vedi la differenza?!»

«Quella di prima era bianca. Questa è rossa.»

«Ma non vedi le sospensioni? Il muso? Lo spoiler? L'assetto?»

«È sempre una Lancia Delta. È il nuovo modello di Lancia Delta.»

«Non è il nuovo modello, è la Delta Integrale! È la versione da rally della Delta. Te lo dico io: questa macchina è già una leggenda prima ancora di scendere in pista. L'ho dovuta avere subito, appena uscita.»

La mamma ha ricominciato a mantenerti, avrebbe voluto commentare Nic, non senza una punta di acidità, ma non lo fece. Raf sembrava felice, perché doveva guastare quella felicità?

«Che ne dici di inaugurare i sedili, stasera?» propose Vika, alzando un sopracciglio.

Raf le sorrise. «Mi sembrerebbe un'ottima idea, se non fosse che il letto di casa tua credo sia più comodo.»

Vika incrociò le braccia e mise su il broncio. «Ma cosa hai capito? Volevo solo sedermici sopra per vedere se le sospensioni reggono bene.»

«Anch'io volevo solo sedermi sul letto, cosa hai capito tu?»

Vika rise. Ogni volta che Nic la incontrava trovava che il suo italiano fosse migliorato. Il livello a cui era arrivata avrebbe fatto invidia a diversi madrelingua di sua conoscenza.

Leo per primo...

«No, scherzi a parte, a casa mia è fuori discussione. C'è ancora Gianfranco che rompe i coglioni» disse cupa lei. Si riferiva al proprietario della casa in cui viveva in affitto insieme ad altre due ragazze, due studentesse universitarie. Nonostante la vittoria in doppio al Roland Garros e qualche turno vinto in singolare e in doppio con Elisa alle Olimpiadi, Vika non era affatto ricca. I tornei femminili erano meno seguiti dei maschili e di conseguenza i montepremi erano molto più bassi. Il tennis costituiva la sua unica entrata, perciò era costretta ancora a vivere come una mezza spiantata.

Elisa roteò gli occhi. «Ma quando si schioda quella morchia?»

«Non lo so! È venuto per ripararci la caldaia ed è un mese che occupa la camera di Sabrina con la scusa che Sabrina è via per Natale. Rafa, mi dispiace, ma la presenza di quell'uomo mi... mmm... come si dice...» 

«Ti inquieta?»

«Viene da quiete? Calma? Contrario di quiete? Sì, ottima parola!» Vika puntò un dito sulla sua fronte, come se l'avesse appena registrata nel suo dizionario mentale. «Quindi ci dobbiamo far bastare i sedili della tua Lancia.»

«Nessun problema, sono comodissimi» disse lui. 

«Stasera cosa facciamo?» disse Nic. «Prima che voi due andiate a imbucarvi, dico. Sei arrivato senza preavviso e ormai non possiamo prenotare niente. A me farebbe piacere cenare tutti insieme.»

Nic rivolse un'occhiata a Elisa. Aveva un mezzo impegno con lei, a dire il vero. Quell'anno non sarebbe tornata a Genova  per via di problemi non meglio specificati con suo padre. Ma lì a Bologna era sola perché aveva lasciato da poco il suo terzo ragazzo dall'inizio dell'anno. Tutti e tre l'avevano tradita. Tutte e tre le volte lei aveva avuto una crisi di autostima in cui aveva coinvolto Nic, che l'aveva consolata abbracciandola per una sera intera sul divano della sala relax in accademia, guardando una cassetta pirata di qualche film. L'ultimo era stato Ritorno al Futuro - per fortuna avevano gusti simili in fatto di film, amavano entrambi le storie d'avventura, Nic non avrebbe sopportato delle romanticherie.

«Venite a cena da me!» propose Vika.

Elisa sorrise incerta, guardando Nic, che chiese: «Ma non c'è Gianfranco?»

«In teoria sì, ma si fa abbastanza i cazzi suoi, sta sempre chiuso in camera. E Sabrina e Rachele sono via per Natale. Stiamo un po' stretti ma ci divertiamo.»

Elisa sembrò convinta da quelle parole: «Ok, fatta. Tutti a casa tua, allora!»

***

La casa di Vika non era poi così piccola, un appartamentino su via Irnerio arredato con mobili anni cinquanta, due camere e una cucina scalcinata ma abbastanza spaziosa, dove sedettero tutti insieme al tavolo per mangiare la cena spartana che le due ragazze stavano preparando, una semplice pasta alla Norma e come secondo qualche fetta di formaggio da quattro soldi preso al supermercato.

«Siamo uomini moderni e possiamo anche dare una mano» disse Raf, mentre Vika buttava la pasta. «Anche perché io della pasta preparata da un russo non mi fido.»

Vika rise. «Stai zitto, sono diventata bravissima. Sabrina è napoletana, Rachele è di Cesenatico. Mi hanno insegnato a fare sia la pasta che i tortellini. Quando torno a Peter insegno a tutti i russi a fare la pasta e vedrete che l'efficienza sovietica batterà il disordine italiano e diventeremo gli zar mondiali della pasta!» Seguì una specie di risata satanica. Nic trovava curioso il fatto che Vika chiamasse Leningrado alla vecchia maniera, Peterburg. Aveva molta nostalgia della sua città natale e ogni volta che ne parlava le si illuminavano gli occhi.

«Sei malvagia come tutti i russi» scherzò Elisa. «E sicuro sei più brava di me a cucinare, io sono un impiastro.»

«Vieni, vieni, massaia russa insegna povera ragazza italiana» disse, omettendo gli articoli ed esagerando il suo accento straniero, che in verità ormai si sentiva davvero poco.

Nic stava ridendo di gusto assistendo alle scenette, ma una presenza inquietante fece morire la risata sulle sue labbra. 

Un uomo li stava fissando dall'ombra del corridoio. 

Nic ebbe un piccolo sussulto, che fece girare Raf, che sussultò a sua volta e fece una risatina. «Oh, ehm... buonasera? Buon Natale?» disse Raf.

L'uomo non rispose, entrò in cucina, e sotto la luce giallognola dell'unica lampadina penzolante emersero meglio le sue fattezze. Poteva avere quarant'anni portati malissimo, come sessanta portati discretamente: pochi capelli tinti di un color marrone rossiccio, abbronzatura da lettino solare che rendeva il colore della sua pelle spaventosamente simile a quello dei capelli e due guance grassocce che strabordavano di almeno un centimetro sotto alla linea della mandibola. Sorrise vedendo le due ragazze e i denti bianchissimi e troppo regolari fecero sospettare a Nic una dentiera.

«Buonasera principesse, cosa facciamo qua?» disse loro sbirciando i fornelli. 

Vika era già all'erta dopo aver sentito il saluto di Raffaele. «Ciao Gianfranco. Prepariamo una cena di Natale per i nostri ospiti.»

«Tu sei russa, in Russia non festeggiano il Natale. Lo so perché sono stato a Mosca durante...»

Iniziò un noiosissimo racconto di vita vissuta che spaziò attraverso tre anni, tre diversi stati dell'Europa dell'Est e dieci diverse millantate conquiste femminili. Durante il racconto pasta e melanzane finirono di cuocersi, la cena venne servita, mangiata, Nic e Raf sempre in silenzio, con le ragazze che roteavano gli occhi o mimavano gesti di impiccagione quando Gianfranco non le guardava, mentre sia Nic che Raf ridacchiavano davanti a tante assurdità.

«Perché voi ragazze dell'est... non c'è paragone! Avete tutta un'altra cultura di compiacere l'uomo. E l'uomo italiano vi piace. Con le ragazze italiane la conquista è difficile, ma voi ragazze dell'est...»

«Siamo tutte delle gran troie» concluse Vika.

Raf trattenne una risata col raschio.

«Vedi? Ne andate pure fiere!» commentò lui, non cogliendo il sarcasmo.

«Ma è tutta una tattica, in realtà» si intromise Raf. «Fanno le troie per acchiappare il gonzo italiano che se le sposa.»

Vika aprì la bocca per dire qualcosa, ma Gianfranco le parlò sopra. «E dicono che sono delle mogli fantastiche! Brave a letto ma sanno stare al loro posto. Perché lì non sono arrivate queste idee femministe che ci sono qua in Italia...» Guardò Elisa. «Senza offesa, eh, si vede che tu sei una cara ragazza.»

«Eh perché in realtà ho parenti dell'est Europa. Buon sangue non mente» inventò Elisa trattenendo un sorrisino.

«Ma dai! Vedi? Ecco perché vai d'accordo con lei!» Si batté una mano sulla coscia, poi si rivolse a Raf e Nic, che non aveva considerato per tutta la sera. «Siete due ragazzi fortunati, voi due. Tenetevele strette e se potete sposatevele.»

«Eh, ma se ce le sposiamo ci togliamo la possibilità di poter fare altre conquiste, come hai fatto tu» ribatté Raf.

«E a cosa servono le vacanze in Romania? Ahaha!» Si voltò verso le ragazze. «Si scherza, eh! Sono sicuro che loro due sono fedelissimi.»

«Gianfranco, caro Gianfranco, devo rivelarti un segreto» disse Vika.

Nic si aspettava che Vika rivelasse Gianfranco di essere già sposata con Raf. Ciò che disse invece lo spiazzò: «In realtà siamo tutti gay.»

Spiazzò anche gli altri: Raf trattenne a stento una risata, Elisa non la trattenne proprio, Nic non riuscì a essere troppo divertito dalla cosa, ma era incuriosito dalla reazione di Gianfranco. 

Che fu il più scioccato di tutti.

Spalancò la bocca, guardò tutti in cerca di rassicurazione e forse vedendo le risatine di Raf ed Elisa, per un attimo parve rassicurato. «Ah, stavi scherzando... E io stupido per un attimo ci avevo anche creduto, ahahah!»

«No, no. Elisa ride perché è una ragazza timida. Ma è vero, siamo lesbiche e ci amiamo alla follia.» Così dicendo, Vika abbracciò Elisa, che era seduta accanto a lei al tavolo, e le diede un bacio sulla guancia.

«Ma no, tesoro. Dammelo sulla bocca. Come facciamo sempre.» Elisa protesse le labbra verso di lei e le due ragazze sì schioccarono a vicenda un bacio.

«E quindi voi siete due finocchi?» chiese Gianfranco, visibilmente scandalizzato.

A Nic sarebbe piaciuto essere capace di scherzare su quell'argomento, ma era qualcosa che lo riguardava troppo da vicino, e in quel momento si sentì a disagio. Un profondissimo disagio all'idea che avrebbe dovuto partecipare a quella recita. Lui è Raf si guardarono. Raf sorridendo, dapprima, ma evidentemente si accorse che qualcosa non andava nell'amico, perché la sua espressione per un attimo si fece seria, prima che tornasse a sorridere di nuovo. E da buon amico quale era, trovò un modo brillante per trarre Nic dall'impaccio. «No, no. Magari lo fossimo! Sono due mesi che stiamo disperatamente cercando di convincerle a mollarsi per mettersi con noi.»

Gianfranco annuì con un'espressione comprensiva. «E fate bene. Probabilmente non hanno ancora trovato l'uomo giusto, per quello che si sono messe a fare queste stronzate!»

«Credo ci manchi il fascino. Lei ci sarebbe sicuramente riuscito» si intromise Nic. Vide Vika trattenere un sorriso con una smorfia.

«È vero, sai? Infatti una volta, c'era questa ragazza...» E Gianfranco cominciò l'ennesimo racconto di conquista.

Per toglierselo dalle scatole furono costretti a uscire di casa, un po' prima di mezzanotte. «Ma che problemi ha quel tipo?» chiese Raf proprio sotto casa.

«Shh, zitto che c'è una finestra sulla strada» disse Vika.

Raf fece spallucce. «Tanto siamo sotto i portici, non sente.»

«Certo, quell'uomo non ripristina la mia fiducia nel sesso maschile» disse Elisa. Era stata allegra per tutta la serata, ma adesso sembrava cupa. 

«Eddai, Eli. Mica siamo tutti così» disse Raf.

Nic non trattenne un'osservazione, salì spontaneamente alle sue labbra. «Mio padre dice sempre che noi uomini se abbiamo l'occasione tacconiamo.»

«Fate cosa?» chiese Vika.

«Ah sì, scusa, è un termine dialettale. Significa scopiamo. Facciamo sesso. Se abbiamo l'occasione facciamo sesso.»

«È una gran cazzata» disse Raf. «Tuo padre lo dice perché è un uomo di merda, tipo Gianfantastico.»

Il soprannome strappò a tutti una risatina, anche a Elisa, che però si fece subito seria. «Be', scusa l'onestà, ma tu ne cambi una a sera, quindi devi solo stare zitto.»

«Io ne cambio una a sera solo con ragazze che mi cambiano. Quando prendo un impegno con una ragazza resto fedele. Non ho mai tradito. Mai» disse Raffaele.

Elisa si strinse nelle spalle, nascose la bocca nella sciarpa. «Allora me li trovo solo io quelli stronzi.»

«E tu?» chiese Vika, facendo un cenno con la testa a Nic. «Sei d'accordo con tuo padre?»

Nic respirò l'aria fredda di quella notte natalizia. Avevano iniziato a camminare sotto il portico, giunsero davanti a un negozio che aveva lasciato accese le decorazioni luminose intermittenti nella vetrina, e le luci coloravano i volti dei suoi amici di giallo, rosa, blu, giallo, rosa...

«Perché non rispondi? Hai fatto qualcosa cattiva?» insisté Vika, facendo un raro errore linguistico che Nic trovò buffo, gli strappò un sorrisino, lo ammorbidì e lo spinse a cercare di spiegarsi.

«Qualche volta sono d'accordo. Qualche volta guardo dentro me stesso e vedo molta meschinità, vedo le mie azioni e mi sembra che siano spinte da intenti non puri, non disinteressati. Mi chiedo: sto facendo questa cosa perché voglio bene a questa persona, o perché sto pensando con il cazzo? E però, allo stesso tempo, mi rode anche tantissimo il culo l'idea di dar ragione a quella merda di mio padre.»

«Sei molto duro con te stesso. Ma a me non sembri un uomo che ragioni col cazzo» gli disse Vika.

«Tu cosa ne sai di cosa mi passa per la testa? Cosa ne sai di cosa ho fatto in passato? Ad esempio, io a differenza di Raf ho tradito. La mia prima ragazza, quando avevo quindici anni, Daiana. C'era un'altra... ragazza che mi ossessionava. Leonora. E con lei... diciamo che non potevo farmi vedere insieme a lei, è un po' complicato da spiegare. E allora per un periodo ho fatto la cosa più stronza che si potesse fare: ho continuato a stare insieme alla Daiana, anche se non mi piaceva più, e nel frattempo mi vedevo con Leonora.»

«Be'... Avevi quindici anni, a me sembri cambiato, adesso» disse Elisa.

«Ed è successo anche una seconda volta. E questa seconda volta, anche se in realtà non ho combinato niente, io la considero persino più grave della prima.»

«Perché? Cosa hai fatto?» Vika sembrava incuriosita.

Nic lanciò un'occhiata a Raf, che lo stava fissando con un'espressione addolorata: doveva aver capito che Nic, all'inizio del discorso, stava parlando di lui e della loro amicizia. 

Ora lo sai, Raf, che è il mio cazzo che mi dice di starti vicino... visto che bell'amico che sono?

«Con Leonora avevo un rapporto un po' difficile, c'erano tante cose del suo carattere che non sopportavo... Mentre stavo con lei ho conosciuto...» No, se la chiamo Raffaella è troppo ovvio. «Rebecca, una ragazza che mi ha affascinato molto. Una specie di colpo di fulmine. Leonora era ignorante, grezza, stronza, approfittatrice, e voleva sempre... cioè... pensava sempre a se stessa prima che a me. Invece Rebecca era colta, intelligente, sensibile... anche troppo sensibile, a volte.» 

Nic trovò il coraggio di guardare Raf. «Ed era anche bella, che non dovrebbe essere un metro di giudizio, ma non posso negare che la sua bellezza abbia influito parecchio sulla mia fascinazione. Era bella e fragile, la sua fragilità mi faceva venir voglia di proteggerla, in qualche modo, e allo stesso tempo mi spaventava. E le conseguenze di quella fragilità poi mi hanno fatto soffrire come un cane e... sto... sto divagando, scusate. Perché vi sto raccontando questa cosa?»

 «No... continua!» disse Elisa, lo sguardo commosso.

«Continua, Nic, non aver paura» aggiunse Vika.

«Bella e fragile, dicevi» lo incoraggiò Elisa. «Cos'è successo poi?»

Nic sbuffò. «Ho litigato con Leonora e ho pensato che questo litigio fosse una scusa sufficiente per tradirla. Alla fine non ci sono riuscito a tradirla, perché Rebecca mi ha rifiutato. Però non importa, perché se avesse accettato, io avrei tradito Leonora, sarei andato fino in fondo.»

«E poi avresti tenuto il piede in due scarpe?» chiese Elisa.

Nic scosse la testa. «Non lo so cosa avrei fatto. Non so di cosa sarei stato capace. Questo tradimento lo considero molto più grave del primo, perché Leonora, nonostante ci fossero tutte quelle cose di lei che non sopportavo, e in un certo senso persino la odiavo, in alcuni momenti, io in qualche modo... Io... ero convinto di... essere... Cioè, io mi ricordo ancora cosa le dicevo. Le dicevo che sarei diventato un grande tennista e che l'avrei portata in giro per il mondo. E lo pensavo veramente.» C'erano momenti in cui Nic si sorprendeva a pensarlo ancora, come se non fossero passati sei anni, come se quello stupido sogno infantile si potesse ancora realizzare.

«E ho continuato a volerlo anche dopo questo episodio, dopo il tradimento. È lì che ho pensato che forse mio padre aveva ragione, che noi uomini siamo capaci di ragionare solo con il cazzo. Cioè io facevo progetti a lungo termine con lei, e ci credevo davvero, ma allo stesso tempo l'avrei tradita con Rebecca. Non è assurdo? È un'idea che mi ha veramente scoglionato tantissimo sulla vita e sui rapporti umani in generale.» Nic sbuffò. «Va be', scusate se vi ho ammorbato con cazzi privati di cui a nessuno frega niente.» Perché ne aveva parlato? Già se ne stava pentendo.

«E invece no, hai fatto bene a parlare» disse Elisa.

«Se non parli con noi che siamo i tuoi amici, con chi dovresti parlare?» aggiunse Raf. Era la prima cosa che diceva. Il suo tono era sommesso.

«Stasera credo di aver capito un po' di cose di te» tornò a parlare Elisa. «Mi sembra che tu voglia dipingerti molto peggio di quello che in realtà sei. E che rifiuti l'amore perché non pensi di meritartelo.»

Nic roteò gli occhi. «Hai rubato un manuale di psicologia a tua sorella?»

«Elisa ha ragione» disse Raf. «Sei uno stronzo e hai la testa dura come un sasso, ma sei anche la persona migliore che abbia mai conosciuto.»

Nic sbuffò. «Smettetela di parlare di me. Fine delle analisi. Raf, ci accompagni in accademia? Così poi tu e Vika potete restare finalmente soli.»

Raf sorrise. «Sono stanco anch'io, Vika se non ti dispiace torno dritto in hotel.»

Vika rise. «Hai paura del confronto con Gianfavoloso?»

«Non favoloso, fantastico! Gianfantastico!» la corresse Raf.

«Va be', favoloso, fantastico, uguale» disse Nic.

Raf agitò il dito indice. «No, lui è fantastico perché ha il cazzo elastico.»

Scoppiarono tutti a ridere.

«Si adatta a ogni situazione, vede una bella ragazza ed è pronto a scattare come un elastico» continuò a spiegare Raf.

«E fu così che nella notte di Natale del 1988 nacque la leggenda di Gianfantastico, l'uomo dal cazzo elastico» chiosò Elisa, in tono drammatico.

Risero tutti, ripresero a camminare verso la strada dove Raf aveva parcheggiato la sua Delta Integrale, Vika disse che li avrebbe accompagnati fino lì. Le due ragazze si misero a parlottare qualche metro avanti, Raf si affiancò a Nic e senza dire niente prese per un attimo la sua mano. 

Entrambi indossavano guanti, il contatto era lontano, schermato da un doppio strato di lana. Nic ugualmente provò l'impulso di stringere a sua volta, come se la stretta potesse dissolvere il tessuto e la loro pelle potesse incontrarsi.

Raf si avvicinò e gli parlò nell'orecchio. «Era il tuo modo per rispondere alla dichiarazione che ti ho fatto qualche mese fa?»

Nic fu infastidito dal rimestare di Raf su quelle vecchie parole. «Raf... Ti prego, io lo so che tu non sei come me. Perché mi fai questo?»

«Questo cosa?»

«Mi prendi per mano, mi dici... assurdità. Ti prego, non illudermi. Perché io sono coglione e finisco per illudermi. Lo vuoi capire o no?»

Lo guardò. Guardò il suo profilo triste. Raf diede un'ultima stretta alla mano di Nic e la lasciò, la infilò in tasca e alzò le spalle immergendosi nella sciarpa, come se d'improvviso sentisse un gran freddo.

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Note 🎶

Chi ha letto Play forse ricorderà il nome di Gianfantastico, il misterioso uomo dal cazzo elastico, che in quella storia veniva solo nominato senza grandi spiegazioni. Ecco che finalmente conoscete la sua origine! Siete soddisfatti?

Mi ha fatto piacere scrivere qualche scena più allegra e leggera del solito, in questo capitolo, ma il finale è decisamente malinconico. Cosa ne pensate di questo continuo rimestare di Raf, di questa stretta di mano? 

Vi do appuntamento a lunedì con una promessa: avete presente il detto "la quiete prima della tempesta"? Ecco. Questo capitolo era la quiete prima della tempesta. Preparatevi!

E lasciatemi una stellina per ogni maschio innamorato che avete incontrato sul metrò (non lo sapete, ma ne avete incontrati sicuramente tantissimi)(e se non avete mai preso il metrò, sostituite il metrò con un autobus).

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