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57. La costruzione di un amore spezza le vene delle mani

La costruzione di un amore
Spezza le vene delle mani
Mescola il sangue col sudore
Se te ne rimane

La costruzione di un amore

Non ripaga del dolore

È come un altare di sabbia

In riva al mare

(I. Fossati, La costruzione di un amore, 1978)

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Febbraio 1987 - Giugno 1988

Raf entrò e uscì da tre diverse comunità di recupero, prima di capire che la vita di comunità non faceva per lui e che quella non era una soluzione praticabile.

Quella sera d'inizio febbraio trascorsa nella camera di Raf a Brescia, Nic era convinto l'avrebbe ricordata come una delle più orribili della sua vita. Alle sue spalle – senza che Nic avesse avuto il coraggio di guardare – Raf si era praticato un'iniezione alla caviglia. Quando Nic aveva capito, dal ritmo del suo respiro, che l'aveva fatto, si era voltato, trovandolo seduto accasciato con una spalla appoggiata al muro. Raf era stato persino in grado di nascondere i suoi strumenti agli occhi di Nic (spingendoli sotto il letto, come aveva scoperto in seguito), prima che quest'ultimo si voltasse.

Nic aveva pianto come un idiota per almeno mezz'ora, fissandolo immobile in piedi, solo per rendersi conto che piangere non sarebbe servito né a se stesso né a Raf. Allora l'aveva preso in braccio e messo sul letto, dapprima a pancia in su, poi accorgendosi che in quella posizione il suo respiro sembrava difficoltoso, lo aveva girato su un fianco. Raf era rimasto così fino alla mattina dopo.

Tornati a Bologna in treno, poco dopo l'ora di pranzo Nic aveva portato Raf al SerT e da lì era partita una penosa trafila. 

Dalla prima comunità Raf era scappato dopo due settimane perché si era trovato a disagio con la loro impostazione religiosa. Era rimasto pulito per meno di due giorni. Dopo un altro mese da tossico funzionale aveva provato una seconda comunità a impostazione laica in cui non aveva nemmeno terminato la disintossicazione, e infine una terza in cui somministravano metadone per aiutare ad alleviare i sintomi dell'astinenza e consentivano a familiari e amici di restare in contatto, incoraggiando percorsi di terapia comune. Era stato il posto in cui aveva resistito di più, sia Nic che Vika gli erano stati vicini, ma Raf era uscito anche da qui alla fine di settembre: «Due anni con 'sti tossici non li reggo, non fa per me Nic, mi deprime anziché aiutarmi, se resto qua altri due minuti scappo e ricomicio a farmi, altro che guarire.»

Aveva convinto tutti che ciò di cui aveva bisogno era ricominciare ad allenarsi seriamente, con costanza, ricominciare a giocare tornei e puntare all'obiettivo della top cento. Nic gli aveva scioccamente creduto.

La carriera di Nic si trovava in stagnazione, e anche a causa della preoccupazione per l'amico aveva perso punti e posizioni in classifica. Nic aveva pensato che allenarsi insieme a Raf avrebbe aiutato entrambi. Avevano trascorso due bei mesi frequentandosi in quattro, in amicizia: Nic, Vika, Elisa e Raf. Anche Elisa sapeva dei suoi problemi, ed era stata di grande supporto a Nic, più che a Raf, nei momenti di maggior sofferenza. Nic ringraziava ogni giorno il destino di avergli fatto conoscere un'amica così preziosa. Aveva tanti difetti, Elisa, era spesso vanesia, era permalosa e piena di piccole fissazioni, come quando si tagliava i capelli bianchi alla base con le forbicine «perché se li strappi poi ricrescono il doppio», ma era anche una ragazza dolcissima che avrebbe saputo tirar su di morale chiunque con un sorriso.

L'idillio era durato circa due mesi. Poi Raf, un pomeriggio d'inizio novembre, non si era presentato a una sessione di palleggio. Nic l'aveva cercato per mezza Bologna e l'aveva trovato in montagnola in compagnia di un gruppo di tossici, strafatto e mezzo nudo, al freddo. Cosa che poi gli aveva procurato una polmonite da cui aveva impiegato un mese a guarire, con tanto di ricovero in ospedale.

Nic aveva deciso di passare a metodi drastici. Aveva sequestrato la patente di Raf e preso in consegna la sua macchina, una Lancia Delta che aveva comprato  coi soldi di mammina, prima che la mammina smettesse di mantenerlo, poco prima di sposarsi con Vika.

Poi si era informato tramite il SerT su metodi alternativi di disintossicazione e aveva scoperto l'esistenza di cliniche private. Aveva contattato il padre di Raf, il misterioso notaio fascista Augusto Novelli, mai incontrato di persona, mai più sentito dopo quella telefonata al torneo di Milano del 1983. Se ci ripensava gli sembravano trascorsi secoli, ma erano solo quattro anni. E ricordava ancora le parole dell'uomo, che all'epoca gli erano sembrate misteriose: tienilo lontano dai balordi...

Era stato molto diretto. Dopo essersi presentato e avergli chiesto se si ricordasse di lui («No, con tutti i favori che mi chiede mio figlio, figurati se mi ricordo una cazzata di quattro anni fa») Nic gli aveva detto: «Suo figlio ha dei problemi di dipendenza e ha bisogno di essere ricoverato in una clinica di disintossicazione. Le migliori costano parecchio.»

Nic si era aspettato diversi tipi di reazione da parte dell'uomo: rabbia, rifiuto, dolore. Rimase piuttosto scosso dalla profonda indifferenza mista a fastidio mostrata dall'uomo. Aveva dato a Nic carta bianca sulla scelta della clinica, e l'unica cosa che aveva poi fatto in prima persona era stata parlare coi medici della clinica per esser certo che i suoi soldi stessero curando proprio il figlio e non qualche sconosciuto truffatore.

E così Raf era entrato in clinica, ci aveva trascorso il Natale (con gli strascichi della polmonite) e tutto gennaio, ed era stato infine preso in cura da uno psichiatra affiliato alla clinica, che gli aveva diagnosticato un disturbo maniaco depressivo e prescritto degli psicofarmaci. Tutto finanziato dal padre.

A Nic l'idea che Raf prendesse altre droghe, seppur legali e sotto controllo medico, non piaceva. Gli sembrava che Raf stesse semplicemente passando da una forma di dipendenza a un'altra, aveva sentito parecchie storie di persone che diventavano dipendenti dagli psicofarmaci. 

Anche perché Raf stesso aveva già abusato di diverse sostanze farmacologiche legali, dal metadone alle benzodiazepine. Queste ultime, insieme agli alcolici, erano state le prime sostanze psicotrope che aveva provato da ragazzino, fregate al cassetto di medicinali della madre.

Chi gli aveva prescritto quegli psicofarmaci, però, era un medico, e Nic non avrebbe saputo di chi altro fidarsi per aiutare il suo amico.

E quindi Raf aveva cominciato la sua nuova vita di cure, seguito da un dottore, controllato da Nic e un po' anche da Vika, con cui continuava ad avere una relazione altalenante. E per i primi mesi del 1988 le cose sembrarono andare bene.

Nic non sapeva quanto fidarsi di quell'apparente benessere, perché Raf era incredibilmente abile a dissimulare sobrietà. 

Nic aveva parlato con diversi responsabili di SerT e comunità e aveva scoperto che era in realtà piuttosto comune che i tossicodipendenti o gli alcolisti riuscissero a vivere e persino lavorare in maniera quasi normale, e che solo i tossici all'ultimo stadio perdevano il totale controllo della propria vita. Spesso "funzionavano" bilanciando tra loro varie sostanze che attenuavano i malesseri o gli effetti di altre, combinando mix che finivano molte volte per essere letali. E così Raf, in quei momenti del torneo a Brescia in cui a Nic era sembrato sveglio e su di giri, si era in realtà aiutato con delle droghe stimolanti per contrastare gli effetti narcotici. E quella sera dopo il test antidoping in cui l'aveva trovato puzzolente d'alcol ma tutto sommato sobrio, Raf aveva bevuto per cercare di mitigare l'astinenza, proprio perché sapeva di dover incontrare Nic.

Perciò, quando Raf arrivava al circolo per allenarsi pimpante e allegro, Nic non poteva sapere con totale certezza a cosa fosse dovuta quell'allegria, e non saperlo gli causava costante preoccupazione.

Tazio prese da parte Nic un giorno di fine maggio per dirgli qualcosa che Nic aveva temuto di sentire già da tempo: «Se non smetti di frequentare Novelli, sei fuori dall'accademia.»

«Lui ha dei problemi, non posso lasciarlo solo.»

«So benissimo che ha dei problemi. Ne parlano tutti i giornali dei suoi problemi. Ed è proprio per questo che voglio che smetti immediatamente di vederlo.»

«Io non fumo e non bevo, ho smesso persino di bere birra o vino a pasto, non mi è mai passato nemmeno per l'anticamera del cervello di provare neanche un milligrammo di quella robaccia. Ti puoi fidare: non mi porterà sulla cattiva strada.»

«Stavi viaggiando verso la posizione 150 e adesso sei sceso di nuovo intorno alla posizione 300. Io ti credo che non ti droghi. Non ci crederei neanche se me lo giurassero, e se vedessi una foto mentre ti fai sarei convinto che fosse un fotomontaggio. Io non sono preoccupato che inizi a drogarti. Il problema è che quel ragazzo sta avendo degli effetti negativi sulle tue prestazioni, e in quanto tennista della mia accademia voglio proteggere l'investimento che ho fatto su di te.»

«Lui è il mio migliore amico, non posso e non voglio lasciarlo solo.»

«Mi hai preso per un totale rincoglionito? Migliore amico? Lo so che sei finocchio, perché mi devi raccontare una palla?»

«Lui è eterosessuale.»

Tazio fece una smorfia dispiaciuta e scosse la testa. «Amore non corrisposto?»

«Non sono cazzi tuoi.»

«Porta rispetto, ragazzo. Certo che sono cazzi miei. Sai quanto mi sei costato e mi stai costando? La tua permanenza qui è ancora in perdita. È tuo dovere nei miei confronti fare tutto il possibile per migliorare le tue prestazioni, e stare vicino a quel drogato di merda peggiora le tue prestazioni.»

Nic aveva abbassato la testa, perché sapeva che Tazio aveva ragione. Ma conosceva se stesso e sapeva ciò di cui era capace, perciò fece una promessa. «Tazio, tu mi conosci. Sai benissimo che sono arrivato fino a qui praticamente solo grazie alla mia forza di volontà.»

«No. Se non c'ero io, col cazzo che arrivavi fino a qui. Con la tua forza di volontà forse vincevi per buco di culo uno, massimo due punti all'anno. Se non c'ero io che ti insegnavo la tecnica e ti facevo allenare con intelligenza e ti mostravo i video per spiegarti gli schemi tattici, non ci saresti mai arrivato a questo punto. Quindi non credere di esserci riuscito solo grazie alla tua forza di volontà.»

«Ok, riformulo: con la mia forza di volontà sono riuscito a guadagnare due punti che nessuno avrebbe mai creduto potessi guadagnare col mio livello tecnico e tattico. È il motivo per cui mi hai preso e deciso di allenarmi. Giusto?»

«Dove vuoi andare a parare?»

«Hai ragione, mi sono lasciato trascinare dai problemi di Raffaele. Ho trascurato la mia carriera, e le mie prestazioni sono peggiorate. Tu ti fidi della mia serietà. Ti chiedo di fidarti ancora un po'. Non smetterò di stare vicino a Raf, ma ti prometto che ricomincerò a vincere e salire in classifica.»

Tazio serrò le mandibole, socchiuse gli occhi e fissò Nic in silenzio per parecchi secondi. «Ok. Mi fido molto di te e delle tue capacità di autovalutazione. Ti do sei mesi, se tra sei mesi la situazione non è cambiata, o molli quel ragazzo, o io mollo te, e mi dovrai pagare una penale salatissima, ossia tutto quello che ho speso per mantenerti e farti diventare quello che sei diventato. C'è nel contratto,  Non mi sto inventando niente.»

«Non ti deluderò.»

***

Luglio 1988

Luglio portò una nuova vittoria a un torneo, per Nic, un M25. Insieme a quella vittoria, arrivarono anche una semifinale a un Challenger 100, è un primo turno a un ATP 250. Agosto iniziava con le migliori aspettative per lui, ma anche per Elisa, Vika e Raf. 

Elisa ormai era una star. Avviata verso la top 50, la sua bellezza le faceva guadagnare prime pagine sui giornali, non solo quelli sportivi. Aveva avuto un flirt con un calciatore di serie A, e quando lui l'aveva tradita lo sfogo di rabbia di lei era stato riportato niente meno che da Novella 2000. 

Nic era contento per lei. Era una ragazza a cui la fama piaceva, le piaceva essere riconosciuta quando andava in giro, e se la cosa la rendeva felice, Nic non vedeva perché avrebbe dovuto biasimarla, anche se erano frivolezze.

Alcune di quelle pagine di giornale Elisa le aveva condivise con Vika. Quest'ultima aveva raggiunto una dignitosa posizione in top duecento, e i giornali parlavano di lei sia in quanto moglie del problematico Novelli, sia in quanto vincitrice del doppio femminile al Roland Garros Insieme a Elisa e sotto l'egida della Federtennis italiana. 

Uno Slam, anche se in doppio, era un traguardo notevole ed entrambe erano al settimo cielo per il risultato. Vika ormai giocava per l'Italia e a settembre le ragazze sarebbero entrambe volate a Seul per partecipare alle olimpiadi.

Quanto a Raf, vivacchiava. Vinceva qualche turno, perdeva incontri facili che avrebbe dovuto vincere, girava col suo certificato medico che gli consentiva di assumere farmaci altrimenti considerati dopanti, e se ne vantava con tutti. A Nic non sembrava un atteggiamento sano, ma ormai non capiva più cosa facesse bene e cosa facesse male all'amico. Con quei farmaci sembrava stare bene. L'allenamento disciplinato, in ultima analisi, gli aveva fatto male. Tutto ciò che Nic poteva fare era stargli vicino.

***

Agosto 1988

«Elisa è persino troppo bella per essere la mia ragazza ideale» disse Raf mentre lui e Nic la osservavano allenarsi dai gradoni del campo centrale dell'accademia. Lo chiamavano scherzosamente così, il Centrale, come fosse il campo di un vero torneo, perché era l'unico della struttura ad avere una piccola fila di spalti: ogni tanto ci veniva giocato qualche incontro di esibizione.

«Ci vuoi provare con lei?»

«No, te l'ho detto: è troppo bella. Guardala, guarda che artista che è, si vede che per lei la bellezza e la cosa più importante.»

Osservarono in silenzio qualche elegante palleggio.

«Una volta anche tu mi avevi detto che avere un bel gioco è importante tanto quanto vincere» obiettò Nic.

«Non ricordo di avertelo detto ma concordo con me stesso.»

Nic sorrise. «E quindi? Qual è il punto? Perché mi stai dicendo questa cosa?»

«Perché sto disperatamente cercando qualcuno di cui innamorarmi, e visto che tu ed Elisa non state più insieme, e tu per ovvie ragioni non sembri minimamente interessato a lei, stavo prendendo in considerazione l'idea di chiederle di uscire. Ma non potrei mai, non fa per me.»

«Perché è troppo bella? Io credevo che la bellezza fosse un incentivo.»

«No. Cioè: sì, in alcuni casi. Se una ragazza è intelligente, sveglia, simpatica, gentile, e anche bella, ovviamente il suo essere bella è una qualità in più... Ma la bellezza di Elisa è qualcosa di diverso. La sua bellezza è una specie di performance artistica, che io ammiro come ammirerei un'opera d'arte. Ma appunto, un'opera d'arte la ammiri, non te ne puoi innamorare, non ci puoi andare a letto.»

Nic scosse la testa. «Stai facendo i tuoi soliti discorsi poetici senza senso.»

«Può essere.»

Nic e Raf rimasero in silenzio per un po'. Nic si stava riposando dopo la sua sessione di sparring con un collega ospite dell'accademia. Durante quel silenzio arrivò Tazio, sul lato opposto del campo, a osservare la sessione di Elisa. Tazio vide Nic e Raf e lanciò loro un'occhiata torva. Ancora disapprovava la sua amicizia con Raffaele, ma per ora non diceva niente, perché Nic aveva mantenuto la sua promessa e aveva ricominciato a vincere. Era in top 200 stabile, ormai, e stava lavorando sodo per avvicinarsi alla top 100.

Nic ruppe il silenzio con una domanda che gli stava ronzando in testa da quando si erano zittiti. «E Vika?»

«Vika cosa?»

«State insieme? Non state insieme? Non la capisco molto bene la vostra relazione. Tu parli sempre bene di lei. Lei, quando parla di te, sembra sempre che ti voglia un gran bene. Andate d'accordo, quando vi vedo parlare mi sembrate sempre contenti, perché non può essere lei la persona di cui sei innamorato?» Visto che io non posso esserlo, fu il pensiero che non espresse.

«Perché lei non mi ama e non mi amerà mai.»

«Questa cosa me l'avevi già detta, ma non riesco a capirla. Tu le piaci, ogni tanto scopate. Andate d'accordo e passate volentieri tempo insieme. Cos'altro serve? Che cazzo significa che non ti ama? Non è questo l'amore? Voler stare con un'altra persona e volerci anche scopare?»

«A te Elisa piace, ti piace passare del tempo con lei, e mi risulta che tu ci abbia anche scopato. Diresti che l'ami?»

«Sì, è vero che ci ho scopato. Ma in realtà non sono attratto da lei in quel senso. E lo sai bene.»

«Quindi se ci volessi scopare secondo te la ameresti? Se fossi attratto sessualmente da lei?»

Nic rispose a colpo sicuro. «Sì, penso di sì. Non vedo perché non dovrei amarla. È perfetta.»

 «Quindi secondo te amore uguale attrazione fisica?»

«Non ho detto questo. L'attrazione fisica è una condizione necessaria, non sufficiente.»

Raf annuì. «Non ti facevo così... arido.»

«Non sono io a essere arido, sei tu che sei troppo romantico, che hai la testa piena di cazzate lette chissà dove, o viste in qualche film. Ma sono sicuro che sotto sotto anche tu funzioni così.»

«E quindi secondo te le persone brutte si possono anche ammazzare, perché sono destinate a non trovare mai l'amore?»

Nic ebbe l'impressione che le sue parole e le sue idee fossero state distorte, perché lui non voleva dire quello. Avrebbe voluto pensarci su e trovare un'obiezione intelligente a quell'affermazione, un modo per spiegare meglio quello che aveva in mente, ma non trovo nulla di meglio da obiettare che: «Ci sono tante persone con gusti strani...»

«E quindi secondo te e se io sto insieme a una ragazza, e la amo, e domani quella ragazza fa un orribile incidente che le sfigura il viso, io dovrei smettere di amarla per questo motivo?» rincarò la dose Raf.

«Se la metti giù così mi fai sembrare una persona orribile.»

«È la logica conseguenza di quello che hai appena detto.»

Nic rimuginò sulle parole di Raf. «Ok. Allora te la metto giù in modo diverso. A te piace passare del tempo con me, vero? Ti sto simpatico, vero? Scusa se sono presuntuoso, ma do per scontato di starti simpatico, altrimenti non avresti voglia di passare tutto questo tempo con me.»

Raf rimase in silenzio.

«Ecco, non farmi continuare il discorso. Hai già capito dove sta andando, e hai capito cosa intendevo dire.»

«Ma io infatti ti amo.»

Quella frase spezzò un respiro della gola di Nic. 

Non riuscì a capire se Raf lo stesse dicendo sul serio, e se lo stava dicendo sul serio come faceva a non rendersi conto della crudeltà di quel discorso, della crudeltà del mettersi a fare disquisizioni teoriche, idealiste, su un argomento che per Nic, invece, aveva delle implicazioni sin troppo concrete. «Farò finta di non aver sentito» disse, dopo lunghi secondi di silenzio.

«Non stavo scherzando. Io ti amo.»

Nic socchiuse le labbra. Il ritmo del suo respiro aumentò, sospinto dalla rabbia. Allargò le mani. «Benissimo! Hai trovato la soluzione ai tuoi problemi, allora. Perché non ci mettiamo insieme?» gli chiese, caricando la frase del sarcasmo più amaro che riuscisse a esprimere.

Raf non sembrò cogliere il sarcasmo, o forse lo ignorò volutamente. La sua espressione si fece quasi speranzosa, i suoi occhi si inumidirono un po'. «Mi stai dicendo che ricambi ancora?»

Quella domanda gli strinse ancor di più il fiato in gola, ma stavolta di paura, non di rabbia. Paura di essere letto, denudato. Spalancò la bocca, forse per rispondere, forse per respirare meglio. «Tu... Tu sei veramente... il più grande stronzo egoista che abbia mai conosciuto.»

Raf voltò la testa. «Forse hai ragione, Nic. Forse non dovrei parlare con tanta leggerezza.»

Quel pomeriggio non si dissero altro.

Il giorno dopo Nic e Raf avrebbero dovuto palleggiare insieme di mattina all'Accademia, ma Raf non si presentò all'appuntamento. Nic stava per preoccuparsi, ma ricevette una chiamata in ufficio.

«Ciao Nic, scusa se non ti ho avvisato.» Il suo tono di voce sembrava normale, non alterato. Tranquillo, posato.

«Cosa è successo? Dove sei?» chiese Nic aspettandosi una penosa bugia in risposta.

Ciò che disse Raf non sembrava una bugia, e lasciò Nic boccheggiante. «Sono tornato a Roma, a stare da mia madre.»

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Note 🎶

Wow, che dichiarazioni. Secondo voi Raf è sincero? E cosa intende dire? E perché è scappato a Roma?

Nota terminologica: disturbo maniaco-depressivo (o psicosi maniaco depressiva) è il vecchio termine con cui veniva definito quello che oggi viene detto disturbo bipolare. Ho usato la terminologia dell'epoca per coerenza.

La canzone del capitolo è forse il capolavoro assoluto di Ivano Fossati. È una canzone che ha scritto per Mia Martini e che ha poi cantato anche lui, e io non so davvero scegliere quale sia la mia interpretazione preferita delle due, perciò vi lascio anche la versione di lui

https://youtu.be/jwvJjFdH4Ms

Ci rileggiamo giovedì e lasciatemi una stellina per ogni cazzata sparata nella vita da Nic sulle relazioni e sull'amore.

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