55. I wanna be a bad boy
I've been living like James Bond,
The situation now will never change
Infatuation has gone out of range.
This is my life
And I don't want to see it die.
Bad boy
I wanna be a bad boy
Ho fatto una vita da James Bond,
La situazione non cambierà
L'infatuazione è fuori controllo.
Questa è la mia vita
E non voglio vederla morire.
Un ragazzo cattivo.
Voglio essere un ragazzo cattivo.
(Autore italionzo di cui non vale la pena sapere il nome, Bad Boy, 1986)
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6 gennaio 1987
«Buon Nataaaleee a teeee, in ritaaaardoooo ma vabeeeee! Buon Nataaaleee Nicoloooò, questo regaaaaloooo è peeer teeee!» cantò Raf, sulle note di Tanti auguri a te, mentre porgeva a Nic un pacchetto infiocchettato.
Nic Rise, prese il pacchetto e lo scartò: era un romanzo, Un nome senza volto di Ludlum, un thriller di cui Nic aveva sentito parlare molto bene. «Fighissimo, lo avevo puntato da almeno un anno. Grazie!»
«Conosco i tuoi gusti» disse Raf soddisfatto.
Raf si era insediato da due giorni nel suo nuovo appartamento bolognese, insieme a Vika. Nic ed Elisa li avevano aiutati girando con loro per negozi di arredamento, pentolame, vestiti, biancheria e supermercati, compatibilimente coi loro impegni all'accademia. Raf sembrava emozionato di iniziare una nuova avventura, di vivere da solo per la prima volta in vita sua. Vika, al contrario, era abituata a essere indipendente da quando era una ragazzina: aveva smesso di vivere nella casa dei suoi genitori quando aveva appena tredici anni, perché la federazione russa l'aveva messa ad allenarsi in un centro federale a Leningrado.
«La mia famiglia sempre visse a Piter» aveva spiegato loro «ma in altro posto dentro grande città, io vidi loro poco di quando ebbi tredici anni.» L'italiano di Vika era migliorato, ma lo studiava da manuali e aveva una ridicola tendenza a usare a sproposito il passato remoto, dettaglio per cui Raf la prendeva affettuosamente in giro. Lei forse un po' ci giocava. Era una ragazza simpatica, dall'attitudine positiva.
All'inizio di febbraio avrebbero tutti e quattro partecipato allo stesso torneo della Challenger series a Brescia, un ottanta per i ragazzi – il secondo livello – cento per le ragazze. Non era formalmente un combined, ma era come se lo fosse: le sedi del femminile e del maschile si trovavano nella stessa città, in due circoli diversi. L'ottanta era un livello un po' basso per la qualità di Raf, ma aveva vinto molto poco negli ultimi sei mesi e aveva di conseguenza perso punti, scendendo intorno alla posizione centonovanta della classifica. Ancora non era riuscito a entrare nella tanto agognata top cento, a cui sembrava destinato da più di un anno. «La relazione con Vika mi ha assorbito un po' troppo, lo devo ammettere» aveva spiegato a Nic. «Mi sono fatto distrarre dall'amore, ma sono pronto a ricominciare!» L'ottimismo era incoraggiante, ma in un angolo non troppo nascosto dei suoi pensieri Nic temeva che il motivo di quella regressione fosse sempre lo stesso: i suoi problemi di dipendenza.
Ad aggiungere noie alla carriera di Raf, c'era il fatto che aveva rotto i rapporti con Fantini, il suo allenatore storico, e Nic non era riuscito a capire bene quale fosse il motivo: Raf giurava fosse tutta colpa della madre, che dopo il matrimonio aveva deciso di punto in bianco di smettere di pagarlo e lo aveva licenziato, ma Nic aveva orecchiato un dialogo tra Raf e Vika da cui sembrava che lo stesso Raf avesse litigato per qualche ragione con lui. Anche quella informazione gli lasciò un po' di inquietudine addosso e lo strisciante sospetto che c'entrassero sempre i suoi problemi.
In questo mare di preoccupazioni, un'unica prospettiva felice: Nic e Raf avevano deciso di iscriversi insieme al torneo di doppio a Brescia, mentre Elisa e Vika avrebbero giocato il doppio nel femminile. Raf sembrava entusiasta della cosa: ne parlava continuamente, sempre con parole sopra le righe, aveva già pianificato almeno una decina di allenamenti insieme a Nic, e spesso fantasticava a parole su una futura, stellare carriera da doppisti in coppia.
Nic si faceva trascinare da quei sogni: gli piaceva l'idea di vincere qualcosa insieme a lui, di condividere una gioia, ma soprattutto lo rasserenava vederlo così felice e positivo. Poteva quello essere il suo scopo? Ciò che lo teneva lontano dalla tristezza e dalla dipendenza? Nic aveva quasi paura di sperarlo.
***
8 Febbraio 1987
«Non ho capito bene perché non hai preso una doppia con lei.»
«E tu perché non hai preso una doppia con Elisa?» gli chiese Raf.
«Te l'ho già detto, io ed Elisa non stiamo più insieme. Rispondimi. Non ho capito bene che razza di rapporto avete, tu e lei.»
Raf si stiracchiò sul letto. Si trovavano nella sua camera, in un tre stelle bresciano, e stavano facendo una chiacchierata prima di scendere a cena. Alloggiavano nello stesso albergo; Nic gli aveva proposto di prendere una doppia insieme per risparmiare, ma Raf aveva detto che preferiva la singola «così se rimorchio una bella ragazza me la posso portare a letto.» Le due ragazze, invece, dormivano insieme in doppia. Andavano d'accordo, e Nic ne era felice: Elisa faticava a fare amicizia con altre ragazze, perché prima o poi (più prima che poi) finiva per farsi fantasie paranoiche su di loro, temeva che invidiassero la sua bellezza o il suo stile di gioco e la volessero sabotare in qualche modo. Per qualche ragione, però, non lo pensava di Vika e la trovava, anzi, simpatica.
«Ammazza quant'è impolverato quel ventilatore.»
«Puoi rispondere alla mia domanda?»
Raf si mise su un fianco, gomito sul letto e testa appoggiata al pugno. «Ok, te lo spiego: io sono perdutamente innamorato di lei. Lei è perdutamente innamorata di Fëdor, che è rimasto a Leningrado e ci rimarrà. Mi vuole bene, ogni tanto ci facciamo una scopata, ma a lei non interessa avere una relazione, per ora pensa al tennis.»
«Mi sembra un rapporto destinato a farti stare male» disse Nic.
Raf si alzò a sedere, prese un fazzoletto di tasca e si soffiò il naso. «Che palle 'sto raffreddore...»
«È da gennaio che te lo trascini avanti, quando ti decidi ad andare dal medico?» disse Nic.
Raf fece un gesto noncurante con la mano. «E che sarà mai? Mo' viene il caldo e mi passa.»
«Comunque noto che non hai risposto: questa storia con Viktoria ti farà stare male.»
Raf finì di smoccolarsi. «Non preoccuparti, Nic. Ci metto poco a trovarne una nuova. Sai come sono fatto. Conoscendomi, se stessi insieme a lei mi stuferei nel giro di un mese.»
Nic non credette a quella dichiarazione. Non era cieco e vedeva come lui la guardava, come pendeva dalle sue labbra quando lei parlava. «Cos'è che ti piace di lei?» gli chiese, senza riuscire a nascondere una punta di astio nella voce.
«Tutto. Principalmente il suo carattere. È una che non si fa mettere i piedi in testa da nessuno e che quando vuole una cosa la ottiene. È coraggiosa e la libertà per lei è il valore più grande che esista. E poi è un genio, cazzo, ma lo sai quanto ci ha messo a imparare l'italiano? Due mesi, tipo. Ogni tanto, agli inizi, parlavamo inglese. Net! A un certo punto mi ha obbligato a parlarle solo italiano, per imparare. Ogni giorno diventa più brava, non so come fa. Ogni tanto le chiedo di insegnarmi un po' di russo, ma è una lingua astrusa, impossibile! So dire solo do svidaniya, ahah! E poi ha un senso dell'umorismo bellissimo! Rido sempre quando parlo con lei» disse Raf, lo sguardo perso nel vuoto, un lieve sorriso sulle labbra.
Nic non poté fare a meno di paragonarsi a lei. Lui, al contrario, il senso dell'umorismo non ce l'aveva proprio. Non aveva quasi mai la battuta pronta e al massimo riusciva a strappare qualche risata con una presa in giro.
A Leo lo prendevo spesso in giro. Lui si arrabbiava sempre, all'inizio, ma poi a forza di scherzare stava al gioco e rideva.
Chissà se Raf trovava Nic noioso. Chissà se in realtà il motivo per cui non aveva più voluto stare con lui era che quelle settimane a Bovec si era annoiato a morte. Se Nic fosse stata una persona più divertente, più interessante, forse Raf avrebbe voluto trascorrere ancora intere giornate insieme a lui, Nic avrebbe potuto controllarlo, salvarlo dalle sue pericolose tendenze. Invece Raf preferiva stare da solo, libero di fare ciò che voleva.
No, basta pensieri cupi. Lui è qui adesso. E sta bene.
O almeno sembra.
«Ehi... scusami... sono uno stronzo» disse Raf.
Nic si risvegliò dai suoi pensieri cupi. «Perché? Scusa, mi ero distratto e non ho sentito l'ultima frase che hai detto.»
«Ho l'impressione che non hai ascoltato gli ultimi cinque minuti di discorso, e credo di capire perché.»
Nic aggrottò le sopracciglia.
Raf abbassò lo sguardo. «Sarò diretto: pensi ancora quello che mi avevi scritto sul quaderno a Bovec?»
«Cosa ti avevo scritto? Neanche me lo ricordo.»
Bugia. Lo ricordava benissimo. E ogni volta che ci ripensava si sentiva a disagio.
«Oh, ti prego, non fare finta. Non ci credo che ti sei dimenticato La donna cannone.»
Nic chiuse gli occhi e sospirò. «No che non me ne sono dimenticato. Ma sono passati quasi tre anni, e in mezzo c'è stata Elisa. Non ti preoccupare, è tutto a posto. Non sono uno che si fissa sulle cose.»
«E allora perché ti dava fastidio mentre parlavo di Vika?»
«Non mi stava dando affatto fastidio, sono contento che ti piaccia. Ho delle preoccupazioni personali e mi sono distratto un attimo, tutto qui.»
«Vuoi parlarmene?»
Nic scosse la testa, anche perché l'unica preoccupazione che aveva era Raf. «Sai che non mi piace rimuginare sulle cazzate» minimizzò.
Raf annuì. «Va bene.»
«Scendiamo a cena?»
Raf si grattò il collo. «Vai giù, vi raggiungo tra poco, mi scappa qualcosa di grosso, eheh.»
***
11-12 febbraio 1987
Nic aveva portato a Brescia la telecamera e ne approfittò per fare un po' di riprese a Raf.
Trovò un'ottima posizione, a bordo campo sul secondo gradone degli spalti. Com'era bello quando giocava, anche se aveva sempre quell'aria un po' annoiata. Il primo turno lo giocò contro un ragazzo francese e lo dominò dall'inizio alla fine. Nic riuscì a riprendere un paio di punti davvero belli. Questa meriterebbe di andare in TV, pensò, soddisfatto del proprio lavoro. Era un cameramen abbastanza mediocre, a dire il vero, era il soggetto a rendere belle le riprese.
Quando toccò a Nic giocare, Raf ricambiò il favore.
Nic aveva dovuto giocare le qualifiche, ed era entrato brillantemente in tabellone. Con un po' di difficoltà vinse anche il suo primo turno. Se avesse vinto anche il secondo, avrebbe incontrato Raf.
Intanto, il giorno dopo avrebbero giocato il loro primo incontro di doppio insieme.
***
13 febbraio 1987
Nic dormì poco, quella notte. Cercò di rimediare al cattivo sonno con una colazione sostanziosa è una doppia dose di caffè. Poi fece un buon riscaldamento: voleva dare il meglio di sé per non sfigurare accanto a Raf, il cui livello tennistico era parecchio più alto del suo. Si sarebbero dovuti scaldare un po' insieme, ma Raf non si presentò all'appuntamento. Chi si fece vedere, invece, fu Vika, che quel giorno non giocava. Era lì sugli spalti a fare il tifo, e Nic si pentì di non aver portato la telecamera: gli sarebbe piaciuto avere una ripresa mentre giocava insieme a Raf. Se solo Vika gliel'avesse detto prima...
Intanto, Raf continuava a non farsi vedere, e Nic iniziò a trovare la cosa preoccupante. Già immagina di vederlo arrivare ubriaco o non vederlo affatto, come era successo al torneo di Francoforte. Le sue preoccupazioni furono in parte quietate quando lo vide spuntare cinque minuti prima della chiamata in campo. Sembrava tranquillo, allegro, sveglio. Aveva un'andatura saltellante, persino.
«Dove sei stato?» gli chiese Nic. «Dovevamo vederci un'ora fa per allenarci insieme, non ti ricordi?»
«Ah, sì, scusa. Ti giuro che stavo venendo, ma Vika mi ha trattenuto, non so se capisci cosa intendo...» gli fece l'occhiolino.
Nic si sentì raggelare, il suo cuore si fece pesante, e avvertì quella familiare morsa di paura che prima o poi – se lo sentiva – gli avrebbe fatto venire un'ulcera allo stomaco.
Confrontarlo subito era necessario. «La stessa Vika che è qui da un quarto d'ora?»
Raf fu pronto a rispondere: «Sì, è venuta qui subito dopo che abbiamo finito. Io poi mi sono dato una rinfrescata. Scusa, eh, ne avevo bisogno...» Ridacchiò.
Nic non seppe cosa pensare. La sua reazione all'obiezione era stata talmente rapida e noncurante da sembrare sincera. Possibile che la ragione del ritardo fosse solo una scopata? Nic sperò che fosse così. Del resto Raf sembrava davvero sobrio, in quel momento.
L'incontro, e il modo in cui Raf giocò, gli mise definitivamente il cuore in pace.
Nic e Raf erano entrati in tabellone di diritto grazie alla classifica di Raf e fecero onore a quella classifica vincendo. Nic non si era mai divertito tanto giocando un doppio, Raf era stato spumeggiante, inventivo, aveva sopperito alle mancanze di Nic, ma senza fargli troppo da stampella, perché anche Nic aveva saputo farsi valere con la sua tenacia e i suoi colpi brutti ma efficaci. «Questo vince il premio come rovescio più storto dell'anno!» lo aveva preso in giro Raf su un punto. «Nic, quella scopa dal nel culo sto cominciando a sospettare che ti piace, perché non te la togli mai!» aveva di nuovo scherzato in un altro frangente. «Uno non è finocchio per niente» aveva detto Nic, rispondendo con volgarità alla volgarità. E pure Nic non si era risparmiato con le prese in giro all'amico. «Sei sicuro di non voler andare a fare i balletti gay con i cavalli insieme a tua madre?» aveva scherzato a un certo punto, commentando una volée inutilmente elaborata di Raf. «Tu vuoi vincere trofei anche quando sbagli. Questo era il liscio dell'anno» gli aveva detto dopo uno dei suoi rari errori.
Era parecchio che Nic non si sentiva così felice. Raf stava bene, giocava bene. Forse lo strano rapporto che aveva con Vika lo stava davvero aiutando a tirarsi fuori dai suoi problemi. E anche se Nic avrebbe voluto essere al posto di lei, l'importante era che lui stesse bene, perché se lui stava bene anche Nic stava bene.
All'ingresso degli spogliatoi, Nic e Raf vennero fermati da due funzionari dell'antidoping. «Ragazzi, controllo di routine» disse uno di loro.
Nic non poté evitare di lanciare un'occhiata preoccupata Raf, conoscendo le sue tendenze, anche se dal modo in cui si era comportato durante il match Nic era ragionevolmente certo che non avesse preso niente. Ricordava ancora l'agghiacciante discorso di Raf sulla tolleranza al doping a livello federale, ma si sentiva abbastanza tranquillo anche da quel punto di vista, perché Raf era uscito dalle grazie della federazione e per sua stessa ammissione non poteva più permettersi di «scherzare con quella roba.»
Nic aveva parlato di quell'argomento anche con Tazio, perché aveva voluto mettere in chiaro subito che lui piuttosto che doparsi avrebbe preferito non diventare professionista. Tazio gli aveva fatto capire che esistevano margini di manovra "legale" all'interno dei quali muoversi, ed era stato sincero nel dirgli che quasi tutti i suoi atleti agivano entro quei confini. «È un argomento molto più complicato di quel che pensi, sia dal punto di vista legale che dal punto di vista morale. Ti faccio un esempio: lo prenderesti un antidolorifico per giocare senza sentire troppo dolore con un piccolo infortunio?»
Nic aveva risposto di sì.
«E se quell'antidolorifico fosse la morfina?»
«Non credo si possa giocare sotto l'effetto di morfina...» aveva ribattuto Nic.
«Se insieme alla morfina prendi qualcos'altro che contrasti gli effetti smoscianti della morfina, sì che puoi giocare. Comunque, la morfina te la sto facendo come esempio, per farti capire che esiste un confine. Diciamo che i FANS vanno sicuramente bene? Ok, e gli oppiacei? Esistono farmaci antidolorifici oppiacei consentiti a basse dosi. Li prenderesti? E anche tra i FANS ci sono molecole dagli effetti più o meno forti e più o meno tossiche per l'organismo. E lo stesso discorso si può fare per farmaci che migliorano le prestazioni. Anche la caffeina è un eccitante, e di caffè tu ne bevi.»
«Non puoi venirmi a dire che il caffè è doping, per favore...» aveva ribattuto Nic.
«No che non lo è. Ma se di caffè ne prendessi dieci in un colpo? Se facessi iniezioni di caffeina? Come vedi sta tutto nella quantità, nel modo. Ti ripeto: è meno bianco e nero di quel che pensi.»
Il discorso, comunque, era finito con Tazio che si diceva egli stesso contrario alle derive estreme del doping. Aveva rassicurato Nic sul fatto che sostanze illegali e di dubbia provenienza lui ai suoi atleti non le aveva mai date, e che come impostazione personale ammirava e sosteneva l'onestà. «Il tuo rigore morale è l'unico motivo per cui ti ho preso, Nico. Sei il professionista meno talentuoso in attività, te lo dico con certezza assoluta: uno scarso come te non l'ho mai visto. Ma sei anche quello che stimo di più tra tutti gli allievi che ho avuto nella mia intera storia di allenatore.» Nic aveva pensato che fosse uno dei complimenti più belli che avesse mai ricevuto.
E quindi fu con relativa tranquillità che Nic si avviò verso il bagno della stanzetta adibita ai controlli doping. Raf si affiancò a lui, ridanciano e allegro, gli tirò una gomitata con fare scherzoso e l'abbracciò cingendolo in vita e facendo una battuta simpatica.
Una battuta che Nic dimenticò all'istante, fu cancellata dalla sua memoria da ciò che Raf sussurrò furtivamente all'orecchio di Nic subito dopo: «Nic, ti prego, piscia per me in una borraccia mentre io rimando il mio controllo.»
—
Note 🎶
Il finale di questo capitolo è piuttosto drammatico, motivo per cui mi sento quasi in colpa di aver scelto una canzone così idiota.
Ma prima o poi volevo mettere in playlist un pezzo di Italodisco, un genere musicale che l'Italia ha esportato in tutta Europa negli anni '80 e '90, e che è stato un sound, un'atmosfera imprescindibile di quel periodo storico. E la scelta è caduta su questo capitolo.
Devo ammettere di aver scelto un pezzo particolarmente brutto - un paciugo che strizza l'occhio a Wild Boys dei Duran Duran - ce ne sono stati più decenti e anche più memorabili di questo. La qualità media, comunque, era abbastanza infima, la qualità degli interpreti pure, e lo squallore paninaro del marketing inarrivabile. Vi presento Den Harrow, nome d'arte inventato per richiamare la parola DENARO (giuro), al secolo Stefano Zandri, fotomodello italiano che non sapeva cantare e faceva lip sync sulla voce di un altro tizio fingendo di essere lui l'interprete. Godetevi il trascissimo videoclip, magari a volume spento così non dovete sorbirvi la musica, oppure ammiratelo in questa splendida foto d'epoca.
MA SI PUO' SOPRAVVIVERE A COTANTA ZARRAGGINE ANNI OTTANTA?
Dal prossimo capitolo meno idiozia e molto più dramma.
Ci rileggiamo giovedì e lasciatemi una stellina per ogni oscena nota partorita dalle menti paninare che hanno inventato l'italodisco.
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