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45. Quanta fatica arrivare lassù, ma stasera chi vince sei tu

Quanta fatica arrivare lassù
ma stasera chi vince,
tra mille rinunce,
stasera chi è grande sei tu.

(F.M. Cantini, C. Visitarini, L. Lopez, La fantastica Mimì, 1983)

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8 marzo 1984

L'allenamento con Elisa fu seguito con grande attenzione dalla sorella minore Elena, la ragazza che l'aveva accompagnata alla partita il giorno prima.

Raffaele non si fece vedere, motivo per cui Nico suppose fosse tornato a Roma: probabilmente la madre non gli aveva dato il permesso di starsene in giro da solo.

Elisa diede a Nico un sacco di buoni consigli. Anche lei, come la Caterina Badessa, gli disse che doveva puntare soprattutto sul gioco di rimessa e sui suoi «ottimi riflessi», alternandolo a qualche sorpresa all'attacco, visto che il suo servizio era buono. Fu un piacere palleggiare con lei: colpi leggeri ma precisi al millimetro, e l'aveva fatto correre come un matto sommergendolo di palle corte, per allenare le sue tragiche carenze a rete.

A fine allenamento, totalmente inattesi, arrivarono dei consigli anche da Elena. Aveva diciassette anni, due meno di Nicolò, e gli aveva portato una scheda sull'avversario che avrebbe affrontato quello stesso pomeriggio.

«Wow, chi te l'ha data?» le chiese.

«L'ho fatta io, mi ha detto Elisa di farla.»

«E... dove hai trovato tutte queste informazioni?»

Elena alzò il mento, sembrava molto fiera del proprio lavoro. «Tabellini, annuario ATP, domande in giro agli altri torneisti... Lo faccio sempre anche per mia sorella. Mi diverto a farle da manager. In futuro mi piacerebbe farne un lavoro!»

«È la mia arma segreta, è un genio.»

«Un genio del male!» ribadì Elena con un ghignetto.

«Ma grazie! Vi dovrei pagare!»

«Accetto volentieri un caffè!» disse Elena. «Tu puoi tornare a casa, Eli.»

Elisa fece un sorrisetto malizioso. «Ok, ci vediamo a fine match.»

Nico rimase immobile, interdetto per diversi secondi. Quella ragazza voleva provarci con lui? Era carina, ma non quanto la sorella. Ma a prescindere dal suo aspetto, viste le sue tendenze non le sarebbe interessata nemmeno fosse stata Miss Italia. Nonostante Elisa gli avesse fatto venire qualche dubbio...

Suo malgrado accettò lo pseudo appuntamento, non voleva essere scortese con una persona che l'aveva aiutato. La portò al bar del circolo, piangendo i soldi del fondo materno che avrebbe speso.

Temeva che lei ne avrebbe approfittato per prendere chissà cosa, invece per fortuna si limitò a un tè freddo (ottocento lire) mentre Nico, che non voleva fare la figura del tirchio non prendendo nulla, si limitò a un caffè (cinquecento lire). Meno milletrecento al fondo salvezza.

Lei gli raccontò un po' di sé e Nico la lasciò parlare, felice di non dover parlare lui. Giocava a tennis e aveva persino vinto qualche torneo giovanile ma non voleva farla diventare una professione. Frequentava il liceo scientifico e per l'università era indecisa tra psicologia ed economia, entrambe materie da cui si diceva molto affascinata. 

Sembrava una ragazza matura e determinata. Aveva aspirazioni di carriera e non si vergognava a parlarne.

«Mi ricordi mia sorella» le disse Nico a un certo punto. «Lei vorrebbe guidare l'azienda di famiglia e studia economia aziendale all'università.»

«Che azienda hai?»

«Non è mia, anche se a mio padre piacerebbe. È un'azienda vinicola, comunque. Produciamo vino.»

Elena si accese una sigaretta. «Vino buono o vinaccio?»

Nico sorrise. «Non sono un grande esperto ma mi sembra buono. Le bottiglie costano abbastanza, abbiamo un agronomo che cura i vigneti e la produzione. Non è vino da tavola, insomma.»

«Interessante...»

«In che senso? Da come lo dici sembra che hai appena deciso di fregarmi l'azienda.»

Elena rise, sbuffando fumo. «Ma no, lo dicevo dal punto di vista di tua sorella. Tu non vuoi l'azienda, hai detto, ma tuo padre vorrebbe darla a te. Deduco che a tuo padre delle aspirazioni di tua sorella non freghi un cazzo.»

«Esatto. Hai capito tutto.»

«Faccio il tifo per tua sorella. Non è facile per noi donne, ma le cose stanno cambiando.»

«Sì, anch'io faccio il tifo per lei. Se lo meriterebbe. Si sta rompendo il culo a studiare e mio padre è uno stronzo.»

«Oh, guarda chi si vede. C'è il tuo amico.»

Nico, spiazzato dall'improvviso cambio di argomento, rivolse lo sguardo all'ingresso ma non vide nessuno.

«Raffaele dici? Dov'è?»

«Là fuori che vagabonda.»

E quindi lo notò, attraverso la vetrina del bar, di spalle. Camminava piano, trascinando un po' i piedi, con le mani in tasca.

Ci fu qualcosa nel suo modo di incedere a schiena curva che non gli piacque. Fece per alzarsi e andare da lui, ma si rese conto di aver azzerato Elena dai suoi pensieri.

«Ah. Ehm...»

«Cosa c'è? Vuoi andare da lui? Dovevi dirgli qualcosa?»

«No, no, è che... cioè, pensavo che sarebbe venuto stamattina all'allenamento e siccome non l'ho visto pensavo fosse tornato a Roma, mi sono stupito di vederlo, tutto qui.»

Elena fece spallucce dando un tiro alla sigaretta. «Ma figurati se quello si alza prima delle undici. A giudicare dall'andatura da morto vivente direi che sta in recupero doposbornia.»

«Lo conosci bene?»

«Quello lì? No, di vista. Conosco la sua fama.»

«Ha una fama tanto cattiva?»

«Abbastanza.»

«Cioè?»

«Ma non eravate amici, scusa? Cos'era quella scenata che gli hai fatto ieri?»

«Non siamo amici. Lui mi si appiccica, non ho capito bene perché. Però sono curioso di sapere le storie che hai sentito su di lui.»

Elena ridacchiò, spegnendo la sigaretta nel posacenere. «Ne ho sentite talmente tante che secondo me metà non sono vere. Tipo che ha vinto un intero torneo giocando ubriaco, non ci credo neanche se lo vedo, però che abbia vinto qualche partita mezzo alticcio è vero. Che spacciava droga, non credo proprio, l'avrebbero già arrestato. Che lo hanno ricoverato per coma etilico, anche questo mi sembra difficile che sia successo. Che l'hanno cacciato dal centro federale per via di un festino a base di alcol e troie, in questo credo che un fondo di verità ci sia perché che l'hanno cacciato dal centro federale è vero. Insomma, è rinomato per essere il festaiolo più festaiolo d'Italia, se c'è una festa da qualche parte puoi star sicuro che c'è Novelli in mezzo.»

«Una fama niente male...»

«Niente male davvero.»

Nico ed Elena chiacchierarono ancora qualche minuto, poi lui si congedò: era quasi mezzogiorno e voleva fare prima possibile un pasto leggero in modo che la sua digestione non interferisse con l'incontro  che era previsto per le quindici.

Dirigendosi alla mensa, si guardò intorno alla ricerca di Raffaele, senza successo. Dov'era sparito?

Non perse tempo a gironzolare per stanarlo, ma non riuscì a togliersi dalla testa quell'immagine di lui ciondolante e le cose dette da Elena. Molte erano di certo esagerazioni, ma ci doveva essere un fondo di verità. E quel fondo di verità era ciò che lo stesso Raffaele aveva confessato a Nico: le sue tendenze autodistruttive. 

Per evitare di pensarci, più che per prepararsi, studiò la scheda sul suo avversario che gli aveva preparato Elena. Alessandro Rostagni, ventiquattro anni, un metro e ottantatre per ottantadue chili. Mancino, rovescio bimane. Come Borg e Connors! Nico aveva visto Maurizio insegnarlo ai bambini del circolo, perché era più semplice controllare la palla in quel modo. Nico, col rovescio ballerino che si ritrovava, rimpiangeva di non aver imparato lui stesso quella tecnica; ma ormai era troppo tardi per reimpostare il rovescio da zero.

Rostagni arrivava in tabellone con un bye. Posizione in classifica: 624, posizione migliore 408. Quindi era un giocatore forte, un giocatore da Challenger che era sceso.

Le righe successive lo confermavano: Rostagni ha inanellato una serie di ottimi risultati nella stagione 1981-82 ma è poi stato fermato da un infortunio al ginocchio che gli ha fatto perdere un po' di punti, sta giocando ITF per ritrovare la forma, in attesa di ritornare alla dimensione Challenger.

Punti forti: servizio mancino, dritto. 

Punti deboli: spostamenti laterali.

Segni particolari: diversi avversari si sono lamentati della sua disonestà nelle chiamate out dubbie.

Nico ripose il foglio nella sacca da tennis. Quel giocatore sembrava diverse categorie sopra di lui. Cercò di non essere pessimista, ripensando al monito di Elisa: non avere un atteggiamento da perdente.

***

Arrivò all'incontro piuttosto tranquillo: non aveva nulla da perdere e si mise in campo con il proposito di tentare il tutto e per tutto su ogni punto.

Prima di cominciare esaminò il poco pubblico sulle gradinate. Vide Elisa ed Elena. Raffaele non c'era.

Ma dove cazzo stava andando, prima?

Quasi gli venne il dubbio di aver visto male, dalla vetrina del bar. Ma possibile che si fosse sbagliata anche Elena?

No, non devo pensare a lui. È una distrazione.

Fu semplice mantenere il proposito, perché le difficoltà di gioco lo assorbirono completamente sin dai primi scambi.

Era complicato giocare contro un mancino. Al circolo di Gorizia non ce n'erano - almeno non del suo livello. Gli era capitato di giocare contro qualche mancino in torneo, e ricordava bene il disorientamento di trovarsi davanti colpi contrari al normale, ma in questo caso, con un avversario così forte, la differenza si faceva sentire ancor di più.

Tenne il primo gioco a fatica e quando si trovò a rispondere subì gli effetti tagliati del suo rovescio nella confusione tattica più completa.

Il set fu un disastro, subì tre break e lo perse uno sei.

Nico andò a sedersi, a passi lenti, con la testa bassa. Mentre camminava visualizzò se stesso da fuori e vide la postura di un perdente.

No. Schiena dritta, petto in fuori.

Era una sciocchezza, la caricatura della boria, una maschera autoimposta, ma da quella sciocchezza voleva ripartire con un atteggiamento diverso.

Sedutosi, guardò di nuovo gli spalti e ripensò, per la prima volta in mezz'ora, a Raffaele: ancora nessuna traccia di lui, chissà dov'era. Per cancellare quell'ombra di preoccupazione rivolse lo sguardo a Elisa ed Elena, che lo stavano incoraggiando entrambe con lo stesso gesto, un pugno alzato. Sorrise. Bevve. Chiuse gli occhi e prese degli ampi respiri per riossigenare i muscoli e calmarsi.

«Tempo!» chiamò l'arbitro.

Scese in campo deciso a non fare un'altra figuraccia.

L'atteggiamento un po' meno aggressivo dell'avversario, forse certo di avere già la vittoria in mano, gli consentì di tenere il proprio servizio, ma in un lampo erano già di nuovo a sedersi sull'1-2. Senza break.

Durante quei tre giochi Nico aveva notato che i movimenti di Rostagni erano stati, di tanto in tanto, più lenti: stanchezza o calo adrenalinico? Quale che fosse la ragione si ripromise di approfittarne  nei giochi successivi.

«Tempo!»

Quella era forse la sua ultima possibilità di vincere un punto ATP in modo onesto.

Respira. Concentrati. Tutto è contro di te, ma ce la puoi fare.

Serviva Nico. Si era abituato al gioco mancino, ma era necessario inventare qualche nuova strategia. Il punto forte di Rostagni era il dritto, aveva scritto Elena, e lo aveva sperimentato anche Nico sul campo. Cercò quindi di forzare lo scambio sul rovescio. Peccato che anche il rovescio, seppur non all'altezza del dritto, fosse molto buono. Forse un giocatore più bravo di Nico avrebbe saputo sfruttare questa "debolezza" relativa, ma per lui erano entrambi colpi poco gestibili.

Tenne comunque il servizio, a trenta, mentre il gioco di servizio dell'avversario passò liscio a zero in men che non si dica.

E anche i giochi successivi andarono via così, tutti uguali. Nico, di grinta, resistenza e variazione, riuscì a tenere le sue battute, Rostagni andò tranquillo sulle sue. Tutte le strategie sembravano inutili: giocargli sul rovescio, farlo spostare lateralmente; andava davvero un po' in difficoltà, quando si spostava, ma era talmente bravo da riuscire a sfuggire alle trappole di Nico e quasi tutti gli scambi vedevano Nico correre e l'avversario restare fermo in centro al campo.

Ma Nico non si scoraggiò.

Il primo set era stata un'umiliazione dal primo all'ultimo punto, nel secondo Nico gli aveva tenuto testa. Non era riuscito a rompere il suo servizio, ma aveva tenuto i suoi. Era un progresso, ed essere riuscito a salire un gradino gli fece credere che ne avrebbe potuto salire anche un secondo.

Alzare il livello nel tie-break finale.

Era arrivato il momento di rischiare, a costo di sbagliare, perché se Nico avesse continuato su quel gradino, avrebbe vinto Rostagni.

Nico rispose a tutti i servizi mirando le righe e cercando di fargli cambiare direzione. Al primo la mandò fuori, al secondo la buttò in rete cercando un lungolinea difficile, al terzo ci riuscì. Rostagni fu lento a spostarsi e la palla schizzò via.

«Quattro due Bressan!»

«No, out! Avevo chiamato out!» disse Rostagni.

«Non l'ho sentito» disse l'arbitro, ma scese comunque dalla sedia per andare a controllare il segno. Si chinò, lo osservò per qualche secondo. «Ha preso la riga.»

«Arbitro, ma cosa dici? Stai guardando il segno sbagliato!» disse Rostagni indicando un segno vecchio.

«No! Il segno giusto è quello che ha visto l'arbitro!» protestò Nico.

«Non ti intromettere, lo so benissimo da solo qual è il segno giusto» disse l'arbitro.

Ci fu una discussione, breve ma animata, tra arbitro e avversario con persino qualche fischio da parte del poco pubblico. L'arbitro non cambiò idea, ma la discussione finì con Rostagni che diceva in tono aggressivo: «È sempre così, con te! Decidi sempre contro di me!»

Girarono sul quattro due. Quello scambio di battute aveva messo in tensione tutti i muscoli di Nico. Era un evidente tentativo di ingannare l'arbitro, di barare. Possibile che un giocatore forte come lui avesse bisogno di trucchetti simili per vincere?

Il tremore muscolare lo fece sbagliare: la risposta successiva finì dritta in rete, e quando toccò a lui servire, sul 4-3, capì che doveva calmarsi.

Con il cuore che sembrava volergli uscire dal petto e le mani deboli, cercò tranquillità nella sua vecchia tecnica di pensare ad altro.

Dov'è Raffaele? 

No! Non Raffaele!

Alle inezie e ai dettagli ambientali. Il legno della racchetta, il cielo nuvoloso, coperto in modo uniforme, i colori spenti dal grigio, le ombre sfumate.

Riuscì a servire bene. Molto bene. Vincente.

«Cinque tre.»

Se faccio il prossimo è set point.

No, anche quello era un pensiero da evitare.

Elisa! Guardare quella ragazza bellissima lo aveva calmato, durante le qualifiche. Quel giorno indossava un cappello bianco e sembrava una diva: il cappello, il vestito, la stoffa morbida. Nico guardò la stoffa della sua stessa maglietta, le trame fitte del cotone.

Lanciò la pallina. Impattò.

Prima dentro. Breve scambio, Nico cercò di spostare l'avversario con dei colpi alternati in top, per quanto quella racchetta non fosse l'ideale per giocare in top. Ma funzionò.

«Sei quattro.»

Tre set point!

Toccava a Rostagni. Sbagliò la prima. Seconda  al corpo, Nico si mosse in tempo, risposta profondissima, ma dentro, per un pelo! 

«Out!» chiamò l'avversario, soffocando l'esultanza di Nico.

«Era riga!» protestò Nico. «Arbitro, può...»

L'arbitro non attese la fine della frase, era già sceso.

Osservò il segno.

Si spostò e guardò da diverse angolazioni.

Infine, indicò col dito alla sua destra.

«No! Ma è sicuro? Io l'ho vista dentro!» disse Nico.

«È fuori» disse Rostagni. «Da lì non puoi capire.»

Nico non poteva crederci. Quel ragazzo era disonesto sulle chiamate out, aveva scritto Elena sulla sua scheda. Ma del resto era davvero una palla al limite, e l'arbitro aveva controllato: probabilmente era corretta. Decise di non rimuginare troppo. Avrebbe concentrato tutta la sua attenzione sulla risposta successiva, che era un altro set point.

Pensa a Elisa. Al suo cappellino, al cotone bianco, ai capelli scuri.

Si calmò.

E ora a Rostagni. 

Nico osservò il lancio di pallina, i suoi buoni riflessi lo portarono nella direzione giusta. La sua risposta fu eccellente, profonda ma stavolta non in modo esagerato. Mise in difficoltà l'avversario, che sparò fuori.

«Gioco, seconda partita, Bressan, sette sei. Una partita pari.»

Un sussultò salì alle labbra di Nico, un'esplosione di gioia nel petto bloccò per un attimo il suo respiro.

Un set pari! Prese un paio di respiri per calmarsi e si impose di godersi l'attimo: non riusciva a crederci. Era un set pari con una testa di serie, con uno forte, molto più forte di lui, e c'era riuscito in modo onesto! 

Tre anni di fatica, uno di sacrificio totale, ed era arrivato a confrontarsi alla pari con un professionista di buon livello. Nonostante i pareri contrari, nonostante l'ombra del doping, nonostante tutti i suoi limiti. Nonostante tutto questo Nico sentiva di avere una possibilità. 

Cambiarono campo, Nico era al culmine della gioia, avrebbe voluto piangere per quanto era felice, e fu con quell'atteggiamento positivo che andò a controllare il segno della risposta che l'arbitro aveva giudicato fuori sul primo set point e che Rostagni non si era preoccupato di cancellare col piede.

Lo guardò per parecchi secondi. Sembrava toccasse la riga.

Nico si chinò, guardò meglio, da vicino. Sì! La sfiorava, era decisamente dentro!

E anziché farlo arrabbiare, quel gesto disonesto lo riempì ancor più di orgoglio e ottimismo.

Andò a sedersi, e con il tono più tranquillo possibile, ma parlando ad alta voce per farsi sentire dall'avversario, lo fece presente all'arbitro. «La risposta sul primo set point. Mi sembrava nettamente dentro.»

«Ormai il punto è deciso. Io l'ho vista fuori» rispose l'arbitro.

«Non sono d'accordo. Ma non importa. Non mi serve rubare punti agli avversari, per vincere. E non perderò per un misero punto rubato.»

L'arbitro non rispose. Nico guardò Rostagni con la coda dell'occhio e anche lui stava guardando Nico. Si voltò di scatto non appena incrociò il suo sguardo. Aveva sentito tutto. Bene. Era esattamente lo scopo di Nico: umiliarlo facendogli notare la tattica disonesta.

Nico, poi, spostò distrattamente lo sguardo sugli spalti. 

E fu allora che lo vide.

Raffaele.

Stravaccato, braccia larghe appoggiate al gradone che gli faceva da schienale, la testa non perfettamente ortogonale, la bocca aperta e un'espressione vagamente soddisfatta sul viso. 

Nel campo visivo di Nico scomparve tutto, la sua testa si svuotò e si riempì di un solo nome, di una sola orribile immagine: quella di Raffaele in un evidente stato alterato.

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Note 🎶

Speravate che Nico vincsse alla fine del capitolo, eh? Vi avevo ingannati col titolo, eh? Sono perfida sì. 

Il finale non è davvero dei migliori, cosa sta succedendo a Raffaele? E in perfetta tradizione spokon, la vittoria o la sconfitta sono rimandate al prossimo capitolo, eheh.

Chiedo ancora scusa per aver saltato la pubblicazione giovedì scorso. Giovedì prossimo il capitolo arriverà regolare. Ciò in cui non sarò molto regolare, invece, saranno le risposte ai commenti: per una o due settimane sarò ancora parecchio incasinata con incombenze e scadenze della vita reale, ma dai primi di ottobre tutto dovrebbe tornare nella norma (spero). Mi fa sempre piacere rispondere alle cose che mi scrivete, vi chiedo scusa in anticipo se stavolta salterò qualcosa o scriverò in ritardo.

A giovedì, quindi, e lasciate delle stelline rotanti con punte acuminate contro tutti quelli che mi caricano di scadenze contemporanee facendomi fumare le orecchie 😵‍💫

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