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13. Non ho bisogno delle tue mani, mi basto solo

Da sola sul letto, mi abbraccio, mi cucco,
malinconico digiuno senza nessuno.[...]
Io non ho bisogno di te
perché io non ho bisogno
delle tue mani, 

mi basto sola.

(M. Cavallo, Caffè nero bollente, 1981)

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Avviso importante: la versione che state per leggere di questo capitolo è stata leggermente editata per non violare le regole di Wattpad. Ho tagliato alcune parti e riscritto altre, cercando di non cambiare il senso di ciò che accade. Se volete leggere la versione completa del capitolo trovate un link a un PDF pubblico qui a destra. Vi prego di leggere quella versione perché più completa, autentica e aderente alle mie intenzioni narrative e psicologiche. Le modifiche a questo capitolo, comunque, sono di piccola entità.

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9 giugno 1981

I problemi da risolvere erano due.

La sua forza fisica penosa e il dolore e il prurito che continuavano a tormentarlo, a rendere un incubo ogni defecazione e un tormento stare seduto.

Era ormai una settimana che stava evitando ogni contatto con Leo. Nico aveva sperato che il dolore passasse ma era sempre lì, costante.

Stava talmente male che anche sua madre se ne accorse. «Se astu, ninìn?» gli chiese una sera a cena, probabilmente notando che Nico si stava tormentando per cercare una posizione comoda sulla sedia.

«Ho mal di pancia» inventò lì per lì.

«Se mangiassi un po' di pollo ti passerebbe tutto» si intromise il padre, mentre il nonno scuoteva la testa con un'espressione sprezzante.

«E lascialo in pace, cazzo!» sbottò la Fulvia.

«Queste parole!» esclamò la madre scandalizzata.

«Viziâs» borbottò il nonno.

La Grazia, seduta accanto alla sorella, ridacchiò.

La Fulvia roteò gli occhi. «No, scusa, ma perché non gli dici niente?» disse rivolta a Nico.

«E cosa devo dire?»

«Ogni pranzo e ogni cena ti mettono nel piatto e il prosciutto, e il pollo, e la bistecchina, e i pezzetti di salame nascosti nei fagioli pensando che tu non ti accorgi...»

«'E fàsin ben!» commentò il nonno a mezza voce.

«E ogni pranzo e ogni cena gli dici che non li vuoi» proseguì la Fulvia ignorando il rimbrotto del nonno. «E continuano! Ma porco... porco cane, mi sono rotta le scatole io! Possibile che non ti è ancora venuto un aneurisma dal nervoso?»

Nico sbuffò. In realtà ormai era diventata una routine, per lui. I primi tempi ci si arrabbiava, ma dopo aver capito che i suoi non avrebbero mollato e avrebbero continuato a mettergli carne nel piatto, si era arreso e aveva deciso che l'unica strategia intelligente era ignorarli e non mangiare quello che non voleva mangiare.

«Ma lo facciamo per il suo bene! Non si può non mangiare più carne, non è sano! Vedi che sta male, infatti?» disse la madre.

«La carne si mangia tre volte a settimana, a scuola la prof di scienze ci ha fatto vedere la piramide alimentare, la carne è circa a metà» disse la Grazia con un'aria saccente.

«E smettila di ripetere a pappagallo cose che senti in giro. Se non la vuole mangiare non la mangia, c'è tanta gente che non mangia carne, e al posto della carne mangia uova e latte, mica muoiono» insisté la Fulvia.

Nico, esasperato dalla discussione, approfittò del finto mal di pancia per andarsene. «Non ho più fame, scusate, vado a dormire.»

«È secco, non vedi come è secco? È una settimana che non va a tennis! Si deperisce!» continuava a insistere sua madre.

Nico saliva le scale e pensava che, forse, un fondo di verità c'era, in quelle parole. Forse il motivo per cui non riusciva a prendere peso e mettere su muscoli era proprio quello: che non mangiava mai carne. 

Ma ricominciare era fuori discussione. Ci aveva provato, a ricominciare, ma non ci riusciva. Gli si chiudeva lo stomaco, gli tornava in mente quell'uccello che lo implorava di morire e... Nico chiuse gli occhi per non pensarci.

Andò in bagno a lavarsi i denti. Passò dieci minuti sul bidet a sciacquarsi il culo con l'acqua fredda. Dieci minuti di sollievo.

Si chiuse in camera. Si stese sul letto a pancia in giù e le sue fantasie corsero a Leo. Si odiava per quello. 

Ma prima o poi gli sarebbe passata. Tutto passava, doveva solo disintossicarsi da lui. Lo avrebbe dimenticato, avrebbe cominciato a fantasticare su altro. Su qualche altro maschio. Che schifo. Che vita di merda.

***

10 giugno 1980

Il giorno dopo, Nico andò dal suo medico di famiglia, il dottor Giacomo Falanesca, omonimo di suo padre: si era finalmente deciso a parlare con qualcuno dei suoi problemi.

Cincischiò dieci minuti prima di avere il coraggio di dirlo. «Ho un prurito... cioè... mi prude e mi fa male dietro... cioè... l'ano.»

Il dottore non sembrò turbato. «Potrebbe essere un problema di igiene.»

«No, mi lavo sempre» ribatté Nico.

«Ogni volta che vai in bagno? Che fai la cacca?»

Nico annuì.

«Tirati giù i pantaloni e fammi vedere.»

«No!» esclamò Nico.

Il dottore sospirò. «Nico, ti conosco da quando sei alto così» disse abbassando la mano quasi al pavimento, «e il sedere nudo te l'ho visto già diverse volte. Non ti devi vergognare.»

Nico scosse la testa. Se ne vergognava eccome. Aveva paura, terrore che il medico potesse capire che Nico aveva avuto dei rapporti. Era un medico, era un esperto di quelle cose. E se l'avesse scoperto lo avrebbe sicuramente detto ai suoi genitori, perché era il loro medico di famiglia, e anche sua madre e suo padre erano in cura con lui.

Improvvisamente inorridì, al pensiero che avrebbe potuto dir loro anche di quella semplice visita. «Per favore, non dica ai miei che sono venuto.»

Il dottore sgranò gli occhi. «Guarda che sono vincolato al segreto professionale, sai cos'è?»

«Ma io sono minorenne, mi vuole far credere che lei non può parlare coi miei genitori dei miei problemi?»

Il dottore prese un gran respiro, incrociò le mani davanti al viso, posando i gomiti al tavolo. «Posso farlo solo se penso che tu stia mettendo in pericolo la tua vita o la tua incolumità fisica.»

E quella era decisamente una cosa che metteva in pericolo la sua incolumità fisica.

No, non poteva rischiare. Aveva già detto troppo.

Si alzò. «Senta, non importa. Non è un fastidio molto forte.»

«Nicolò, aspetta.»

Nico si fermò.

«Ho capito che ti vergogni, lo capisco. Gli adolescenti si vergognano del proprio corpo, soprattutto con persone che conoscono e tu mi conosci bene. Ti do il nome e il numero di un gastroenterologo bravo. Con lui forse avrai il coraggio di parlare.»

Scrisse una nota e allungò il foglietto a Nico. «E non preoccuparti, che ai tuoi non dico niente.»

***

15 giugno 1980

Nico aveva chiamato di nascosto il dottor Oreste Visintin il giorno dopo, da una cabina della SIP per non farsi sentire dai suoi, e la segretaria gli aveva appuntamento lunedì 15 nel tardo pomeriggio. Un ottimo orario, perché coincideva con quello del tennis. Lunedì, per altro, sarebbe stato l'ultimo giorno di scuola.

Nico avrebbe fatto finta di andare ad allenamento e sarebbe invece andato dal dottore, il cui studio si trovava a Gorizia. Aveva prenotato a nome falso, come Giuseppe De Corte, il suo compagno di banco.

La vista sarebbe stata abbastanza costosa, sessantamila lire, ma Nico aveva messo da parte i soldi delle lezioni di tennis saltate, e avrebbe pagato con quelli. I suoi non si sarebbero accorti di nulla.

La mattina di sabato la scuola era tutta una festa. I ragazzi di matura tiravano i gavettoni e le ragazze più troie, rigorosamente in maglietta bianca, si facevano colpire fingendo di non volerlo, per mostrarsi mezze nude attraverso il bagnato: che spettacolo penoso.

All'uscita di scuola, Leo gli si parò davanti, tendendogli un agguato. «Per quanto tempo devi fare il permaloso?»

Il respiro si strozzò nella gola di Nico, il battito del suo cuore accelerò. Per un attimo la sua mente si azzerò e i suoi pensieri furono sostituiti dall'immagine di una scopata in cui era lui a metterlo in culo all'altro. 

Ma riprese controllo. «No, mi sa che non hai capito: io non sto facendo il permaloso. Io ho capito che sei uno stronzo e che preferisco...» Si interruppe, perché stava per dire cose inopportune. «Preferisco farmi i cazzi miei.»

Nico se ne andò, incamminandosi verso il Corso, ma Leo lo trattenne per un braccio. Nico ebbe l'impulso di strattonarlo, ma si frenò perché era un gesto da femminuccia isterica. Ciò che fece, invece, fu continuare a camminare, trascinandosi l'altro dietro.

«Nico, diobòn non farti pregare.»

«Prega quanto vuoi, vai a pregare la Madonna in chiesa che magari ti fa diventare meno stupido.»

«Nico, nus cjalin» ci guardano, disse lui, sottovoce e in friulano forse sperando che meno persone capissero. 

«E alore molimi, cussì no cjalin.» 

Leo lo mollò davvero. «Mi bocciano» disse, accelerando il passo per affiancarlo.

Nico non rispose e non voltò la testa per guardarlo. Imboccò il Corso insieme a una fiumana di altri studenti. Schivò un gavettone in arrivo, che colpì Leo sul braccio. Nico non poté evitare di guardarlo per un attimo e notò un livido sotto al bagnato, un livido viola vecchio di un giorno almeno.

«Vado a lavorare alla Delicia, se mi bocciano un'altra volta, mia mamma mi ha già detto.»

Nico non disse nulla.

«Ma no ti impuarta propit nua?» disse Leo in un sussurro. Non ti importa proprio niente?

«No, son contento che non ti vedo più. Mandi.»

Leo finalmente si arrese, si fermò, mentre Nico continuava a camminare. 

Rimase indietro, chissà dove.

***

Il dottor Oreste Visintin accolse Nico con grande puntualità. Non dovette aspettare neanche un minuto, perché il paziente in uscita, una signora sovrappeso sui sessanta, aveva appena finito quando Nico arrivò.

Menomale, la sua ansia sarebbe solo aumentata.

«Giochi a tennis?» chiese lui indicando la borsa.

«Oh... sì» rispose Nico, che quasi non ricordava di averla portata: era la scusa per i genitori. «Vado a tennis col Ciao» aveva detto loro. E poi aveva fatto il viaggio in motorino fino a Gorizia in piedi sui pedali, perché non appena provava a sedersi i contraccolpi al culo lo facevano urlare di dolore.

«Bellissimo sport! Anch'io ci gioco, sono iscritto al circolo di Gorizia.»

«Ah... anch'io gioco lì.» Merda, adesso scoprirà che ho dato un nome falso.

«Dunque, Giuseppe. Per prima cosa ti devo schedare. Tipo in polizia, ahah. Nome, cognome, età, disturbi congeniti...»

Il dottore sembrava giovane, a occhio e croce dell'età del padre di Nico, forse qualche anno in più. Aveva un'aria seria, ma non troppo seriosa, come testimoniato dalla battuta che aveva appena fatto, alto e molto magro, capelli castani appena brizzolati con una forte stempiatura, e una bella barba folta. Guardava Nico con un accenno di sorriso, forse nel tentativo di metterlo a proprio agio.

Nicolò disse di avere diciotto anni, il dottore fece un'espressione dubbiosa a quell'informazione, ma non commentò. Dopo aver riportato tutto ciò che Nico gli disse (cioè nulla, a parte l'estrazione delle adenoidi a cinque anni), il medico fece roteare la penna tra le dita e fece a Nico la domanda fatidica: «Dimmi qual è il problema.»

Nico non rispose. Stava cercando il coraggio di parlare. Il coraggio di mostrare, più che di parlare, perché a quel dottore avrebbe dovuto mostrare tutto. E forse lui avrebbe capito cosa faceva. E avrebbe giudicato, e pensato di lui che era uno schifoso depravato.

«Se posso metterti tranquillo, qualsiasi cosa stai per dirmi probabilmente l'ho già vista: diarrea, stirichezza, flautulenza, emorroidi. Sono tutti disturbi imbarazzanti, ma ne ho visti milioni, uno in più non mi cambia niente.»

«Ho un problema, uh... all'ano.»

«Che tipo di problema?»

«Non lo so.» L'angoscia gli tolse il fiato, gli venne inspiegabilmente da piangere.

«Non avere paura, questo è il mio lavoro e sono qui per aiutarti.»

Ma Nico non riuscì a trattenersi e il pianto proruppe.

La crisi non durò molto, meno di un minuto. Il dottore si alzò, estrasse una salvietta usa e getta da un contenitore e la porse a Nico, che la prese e si soffiò il naso.

«Vuoi mostrarmi il tuo problema o preferisci prima parlarmene?»

«Mi fa male e mi prude. L'ho guardato allo specchio ed è molto arrossato e mi pare anche gonfio» disse Nico cercando di darsi un contegno.

«Vieni qui. Abbassa i pantaloni e le mutande e piega la schiena in avanti. È una posizione un po' imbarazzante, ma è la migliore per un primo esame.» 

Nico annuì. Chiuse gli occhi, slacciò la cordicella dei pantaloncini da tennis, abbassò tutto.

Si piegò, provando una vergogna e una paura paralizzanti.

Il dottore aveva indossato dei guanti di lattice. Sentì le sue mani esaminarlo, allargargli le natiche. «Mh» disse. 

Mh? Cosa significa mh? Significa: hai scopato eh, schifoso depravato! Lo so che lo sta pensando, lo sta pensando e non lo dice. Lo so. 

Non lo sopportava più. Non sopportava il non detto.

«Dottore, io ho avuto dei rapporti anali.»

Per un attimo credette di svenire, dopo averlo detto, era stato come gettarsi in un burrone profondissimo e buio come la morte, come la maledetta galleria crollata. Aveva creduto che quella fosse stata la cosa più spaventosa che avesse mai fatto in vita sua. No. Questa confessione la batteva.

«Sì, l'avevo sospettato» disse il medico in tono tranquillo.

Perché era così tranquillo?

No. Nico non si fidava del tono. Nico avrebbe voluto guardarlo in faccia, guardare i suoi occhi accusatori e disgustati. Morire di vergogna.

«Sto per inserirti un dito nell'ano, potrebbe farti un po' male, considerata l'infiammazione. Se fa male fermami.»

Lo fece e fece meno male del previsto.

Il dito uscì, Nico udì rumore di lattice che schioccava. «Puoi rivestirti» disse lui.

Nico tirò su i pantaloni e si voltò a guardarlo.

Il dottore gli stava sorridendo. «Devo farti una domanda molto importante: i rapporti che hai avuto... sei stato costretto ad averli?»

Ecco. Adesso lo avrebbe giudicato. Nico avrebbe detto no e lui avrebbe pensato che era un depravato! Forse era più saggio dire sì, che lo avevano costretto.

«Perché se sei stato costretto, tu puoi denunciare per violenza sessuale. Ma voglio anche dirti di non raccontarmi una bugia solo per paura del mio giudizio. Io non ti giudico se hai voluto avere delle esperienze omosessuali. Sono una cosa naturale, e non te ne devi vergognare.»

Nico lo guardò a bocca aperta.

«Ora capisco perché avevi tanta paura. Non deve essere stato facile per te venire qui. La provincia è un postaccio. A Milano o a Roma avresti avuto supporto dalle associazioni gay locali.»

Associazioni gay? Esistono cose del genere? E cosa fanno?

Nico le immaginò come dei posti dediti a orge e depravazione.

«Ora parliamo del tuo problema. Saresti dovuto venire qui prima, ai primi sintomi. Immagino che hai avuto prurito, prima che si gonfiasse in questo modo.»

Nico annuì.

«Hai un'infezione fungina, dovuta probabilmente a procedure igieniche errate, all'uso di un lubrificante sbagliato, o entrambe le cose. I miceti naturalmente presenti nel tuo intestino hanno proliferato in modo innaturale. Usate preservativo? E lubrificante?»

«Eh? Oh... ehm... usiamo... vaselina» disse Nico sentendo le guance scaldarsi. «E niente preservativo, perché dovremmo usarlo?»

Mica posso restare incinto!

Il medico roteò gli occhi. «Sai cosa sono sifilide e gonorrea?»

Nico scosse la testa.

«Posso chiederti quanti anni ha il tuo partner?»

«Diciassette, uno più di me... ah, cioè...» Nico si rese immediatamente conto della gaffe, mentre il dottore ridacchiava.

«Guarda che l'avevo capito che non avevi diciotto anni. Te ne davo precisamente sedici, a occhio. È giusto che gli adolescenti abbiano esperienze sessuali. E sono contento che il tuo partner abbia la tua età, sia perché trovo abbastanza disgustose le relazioni tra ragazzini e adulti, sia perché suppongo sia la prima esperienza di entrambi.»

Nico annuì.

«Bene, questo diminuisce moltissimo il rischio. Comunque, sifilide e gonorrea sono malattie sessualmente trasmissibili, e ti invito in futuro, se avrai incontri con persone che non conosci bene, di usare sempre il profilattico a scopo igienico. È una pratica purtroppo non diffusa, ma sono malattie in aumento. La liberazione sessuale del Sessantotto purtroppo ha avuto anche qualche effetto negativo. E lo dico da sessantottino.»

Nico non seppe cosa dire. Il dottore proseguì, spiegandogli un po' meglio cosa fossero e che effetti avessero sifilide e gonorrea, e aggiungendo che anche la candidosi che aveva lui era trasmissibile nello stesso modo e che probabilmente anche Leo ce l'aveva e doveva assolutamente curarsi in via preventiva, anche senza sintomi.

Furono informazioni che lo inquietarono parecchio, il dottore se ne accorse. «Non volevo spaventarti, ma penso che sia importante conoscere i rischi. Sono argomenti di cui si parla davvero troppo poco. I democristiani non ne parlano perché per loro l'unica soluzione è l'astinenza, noi di sinistra non ne parliamo perché parlare dei rischi del sesso è considerato da bigotti democristiani. È un atteggiamento che non fa bene a nessuno.»

Nico continuava a non sapere cosa dire.

Il dottore sospirò. «Lasciami perdere, quando parlo di politica divento antipatico. Veniamo al lubrificante. La vaselina. È quello più comune ma è anche quello più sbagliato. È un prodotto che dà spesso reazioni allergiche e può causare...»

Il dottore spiegò a Nico tante cose. Con un linguaggio tecnico, medico asciutto.

Ogni minuto che passava Nico si sentiva più sicuro. Più tranquillo. Gli faceva domande, otteneva risposte. Il medico espose con grande chiarezza anche le sue idee: «In molti pensano al sesso adolescenziale come un tabù, ma io penso invece che sia un bel momento di scoperta e sperimentazione. Forse lo dico perché son sessantottino, ma lo penso davvero.»

Parlarono davvero di tutto. Di sesso, masturbazione, preferenze. Il medico era convinto che omosessualità ed eterosessualità fossero solo questo, preferenze, perfettamente uguali una all'altra. Gli disse che esisteva anche la bisessualità, persone che trovavano attraenti entrambi i sessi, e questa informazione accese un barlume di speranza in Nico: e se lui fosse stato bisessuale? Se un giorno avesse scoperto che anche le ragazze potevano piacergli? 

Il dottore espose anche diverse modalità di penetrazione, sempre con lo stesso linguaggio medico, senza alcuna connotazione morbosa, senza alcun ammiccamento, come se fossero azioni quotidiane comuni, banali. Gli spiegò persino delle tecniche di preparazione dell'ano per rendere la penetrazione meno dolorosa.

Nico trovò liberatoria e confortante quella totale assenza di giudizio e sentimentalismo.

Alla fine della seduta, Nico ne approfittò per fare al medico una domanda sul secondo problema che lo opprimeva: la sua incapacità di metter su muscoli e il possibile problema della dieta. In fondo era un gastroenterologo, e di dieta ne sapeva sicuramente qualcosa.

«Perché io non mangio carne. Non ci riesco» spiegò Nico. «E non voglio, è una cosa su non tornerò indietro. Ma mi rendo conto che forse è per quello che sono così magro e non metto su muscoli. Mi sbaglio? Cioè, non voglio diventare un culturista, eh, ma mi servono un po' di muscoli se voglio giocare bene a tennis.» 

«Sei vegetariano, quindi.»

Nico fece una smorfia. «Odio quella parola.»

«Perché?»

«Mi sembra una di quelle cazzate che fanno gli americani per moda. O le femminucce che vogliono dimagrire.»

Il dottore rise. «Guarda che gli americani mangiano più carne di noi. La parola è quella. Uno che non mangia carne è vegetariano, è quello che sei.»

Nico sbuffò. «Sì, mi sa che ha ragione.» 

«Comunque penso che tu ci abbia preso. Per sicurezza ti prescrivo delle analisi del sangue e delle feci, così controlliamo anche la candida, e se non hai disturbi digestivi, cosa che non credo, il problema è la tua dieta, quello che mangi.»

Che depressione... «E quindi devo lasciar perdere lo sport?»

«Ma chi l'ha detto? Guarda ce ne sono, di sportivi vegetariani! Il tuo problema è che hai tolto una grossa fonte proteica dalla tua dieta e non l'hai sostituita con niente, e per fare i muscoli servono le proteine.»

«E dove le trovo? Devo prendere dei medicinali?»

«Ma no! Mangia più uova e latticini, che sono i due alimenti proteici più completi, e alternali con proteine vegetali meno grasse come fagioli, ceci, lenticchie e piselli. Anche noci, arachidi e mandorle hanno un buon contenuto proteico.»

«Davvero? Basta questo?»

«Non farlo a casaccio. Non puoi mangiare solo proteina. Se ripassi qui domani ti butto giù  qualche  esempio di pasto completo e lascio il foglio alla mia segretaria.»

Il medico prescrisse quindi a Nico un unguento e un farmaco orale per curare il suo problema principale, un detergente delicato per non irritare ulteriormente la zona, nonché una marca di lubrificante adatto al sesso anale «su un foglio separato così il farmacista non lo vede e decidi tu eventualmente se e quando comprarlo.»

Il lubrificante era un prodotto vaginale, perché secondo il medico in provincia non c'era grande possibilità che si trovassero prodotti più specifici, ma gli assicurò che sarebbe andato bene.  

Infine lo salutò rinnovandogli un invito: «Come ti ho già detto, l'unguento fungicida dovresti darlo anche al tuo partner, che dovrebbe cospargerlo sul pene per sette giorni mattina e sera, perché è probabile che abbia l'infezione anche lui. Anzi, aspetta che ti lascio una ricetta anche per lui.» Scrisse degli scarabocchi su un foglio e lo porse a Nico. «Mi raccomando, non ti vergognare a dirglielo, perché potrebbe avere conseguenze sgradevoli. Ah, e va da sé che finché non guarisci è meglio se vi astenete.»

Nico prese l'ultimo foglio e sentì lo stomaco ribaltarsi. Non voleva rivedere Leo. Ma non voleva neanche che gli cascasse l'uccello.

Ci andrò e lui farà il prepotente.
Già lo so.

***

Note 🎶 

E quindi abbiamo scoperto il problema: le sue eccessive paranoie igieniche e la maledetta vaselina. E non biasimatelo perché cade dal pero: voi vivete nell'era di internet e informarvi su questi argomenti oggi è facile, inoltre prima che venisse fuori l'AIDS il profilattico nel sesso omosessuale era davvero una rarità (ed è precisamente il motivo per cui all'inizio questa malattia ha colpito molto la comunità gay).

Cosa ne pensate del finale? Cosa succederà secondo voi durante questo incontro (se mai accadrà)?

Nota sulla canzone di Fiorella Mannoia: se non la conoscete ascoltatela perché è bellissima. Giovanissima a Sanremo dell'81 scandalizzò tutti parlando di masturbazione femminile (altro che Måneskin).

Scusate se non sono riuscita a postare ieri notte, ci rileggiamo giovedì e lasciatemi una stellina per tutte le volte che Nico si è lavato male il culo.

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