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101. The winner takes it all

The winner takes it all 

The loser has to fall

It's simple and it's plain 

Why should I complain?

Chi vince prende tutto

Chi perde deve cadere

È chiaro e semplice

Perché dovrei lamentarmi?


(B.G. Andersson, B.K. Ulvaeus, The winner takes it all, 1980)

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Giugno/Luglio 2019

Nic provò una delle soddisfazioni più grandi della sua vita quando Daniele vinse il suo primo Slam. 

A differenza di ciò che era successo alla vittoria del primo 1000, la soddisfazione non fu meno intensa, rispetto a quella provata l'anno prima in Australia con Michele, anzi, lo fu persino di più. Si ritrovò con gli occhi lucidi e senza voce per aver gridato troppo e fatto il tifo, quasi fosse uno spettatore e non un professionale allenatore.

Lo stadio centrale, il leggendario Philippe Chartrier, era quasi pieno, e a ogni applauso che Daniele aveva ricevuto, il cuore di Nic aveva esultato di orgoglio e soddisfazione.

Daniele andò da lui, dopo il match point, i festeggiamenti in campo, gli abbracci e le strette di mano agli avversari. Era tradizione che i giocatori andassero a salutare i membri dello staff, e mentre due metri più in là Stephen abbracciava la sua ragazza, Nic e Maria si contendevano le attenzioni di Daniele. La piccola Elisa era troppo piccola per esserci, era rimasta in hotel insieme a una babysitter, che aveva promesso a Maria di mostrare il papà in televisione, se mai ci avesse capito qualcosa.

Dopo essersi fatto stritolare dalle braccia forti di Nic, Daniele lo guardò negli occhi e fece un'unica, semplice osservazione: «Sei contento.»

«Certo che sono contento!»

«E allora io sono contento il doppio.» Il volto di Daniele fu occupato da un unico immenso sorriso, e con quel sorriso tornò in campo a prendersi gli onori della folla.

Nic aveva un solo dispiacere. Non era un dispiacere piccolo, ma la gioia che stava provando era talmente grande da farlo sembrare tale: Raf non era lì con lui. 

Era già partito per l'Inghilterra all'inizio della settimana, non appena Ivan era stato eliminato dal torneo. 

Ci credeva davvero, anzi, ci credevano tutti e due: che Ivan avrebbe vinto a diciannove anni e cinque mesi il suo primo Slam. E non uno Slam qualunque, re degli Slam: Wimbledon, il torneo che tutti i tennisti sognavano, quello più prestigioso.

Per non sottoporre Raffaele allo stress dei viaggi, Ivan giocò tutti i tornei di preparazione in Inghilterra, anche se così facendo perse il contratto che lo legava al torneo di 's-Hertogenbosch in Olanda. Ed ebbe risultati eccellenti: vinse Eastbourne e arrivò in finale al Queens, dove venne sconfitto da un Grković in forma smagliante. Raf considerò quella sconfitta un'ottima lezione e la sfruttò per studiare insieme a Ivan nuove strategie. 

Nic aveva raggiunto Raf subito dopo il Roland Garros e condiviso per buona parte del tempo la sua stanza con lui, seguendo tutto da dietro le quinte, senza azzardarsi a dare consigli, per non entrare in conflitto di interessi: in fondo lui faceva il tifo per Michele.

Nondimeno, Nic aveva tenuto compagnia al suo più caro amico mentre studiava video e analizzava statistiche, e qualche volta lo aveva seguito anche in campo. Quando non era impegnato con Daniele ed era sicuro che Michele non fosse nei paraggi, Nic correva da Raf e si godeva i suoi insegnamenti quasi li stesse facendo a lui e non a Ivan. Ammirava i colpi di esempio che di tanto in tanto si azzardava ancora a fare, sorrideva quando Ivan lo prendeva in giro: «Raf, questa me l'hai già spiegata! Segui foglio e non inventare!» I soliti piccoli problemi di memoria di cui lo stesso Raf ormai rideva.

Era felice. Era stanco. Era malato. 

Ma era felice, soprattutto. Felice. La felicità faceva passare in secondo piano le altre due cose, e Nic se ne imbeveva fino a ubriacarsi.

E soddisfazioni su soddisfazioni continuavano ad arrivare anche da Daniele, che vinse il 500 del Queens ottenendo il numero tre del mondo insieme a Stephen.

A Wimbledon, Nic insisté per prendere casa da solo insieme a Raf. Un piccolo appartamento, bilocale, due camere separate per consentire a entrambi di dormire più tranquilli. Ivan si era detto d'accordo, e aveva preso una casetta non distante insieme a Daria, Andrej e i rispettivi staff. Anche Daniele alloggiava in un appartamento separato, insieme a Maria, Elisa, Stephen e fidanzata, più l'allenatore di Stephen.

Purtroppo Daniele e Stephen vennero eliminati al quarto turno, ma Daniele non tornò a Miami, perché Nic aveva deciso di restare a Londra per tenere compagnia Raf. «Ma torna a Miami con Maria ed Elisa, dai» lo aveva incoraggiato Nic. Ma Daniele aveva chiuso la discussione con una frase commovente a cui Nic non si era sentito di ribattere alcunché: «Non ti lascio solo.»

Ogni tanto Nic usava proprio Daniele come confidente, quando la preoccupazione per Raf prendeva il sopravvento. «Sarebbe bello se ne parlassi anche con Michele» gli disse lui una volta. «Potrebbe essere l'occasione per riavvicinarvi...»

Ma Nic andò su tutte le furie. «Non sono tanto meschino da usare una disgrazia per ricattare moralmente mio figlio. E ti scongiuro, se stai pensando di andare a parlarci tu, non lo fare.»

Daniele contrasse le mascelle e abbassò gli occhi. «Ti prometto che non lo farò.» Nic sperò fosse vero.

Nic seguì dal suo appartamento tutti gli incontri di Michele e quelli di Ivan.

Entrambi i ragazzi giocarono con una determinazione assoluta. Per Michele era una cosa abbastanza normale, ma Nic non credeva di averlo mai visto tanto serio e concentrato. 

Quello che però l'aveva stupito di più era stato Ivan, che aveva smesso la sua veste da buffone: non c'era stato più spazio per scenette fatte al solo fine dello spettacolo, era diventata una macchina assassina programmata per vincere. I suoi colpi bislacchi confondevano le idee agli avversari, le sue traiettorie che quasi violavano le leggi fisiche avrebbero messo in difficoltà anche il più grande campione, e le sue capacità di recupero delle palle più difficili rendevano quasi impossibile riuscire a fargli dei vincenti.

Il giorno della semifinale, Nic si era svegliato con qualche linea di febbre, dopo che i due giorni precedenti non si era sentito affatto bene. Non aveva altri sintomi al di fuori di una profonda stanchezza, dolorini articolari in tutto il corpo e la bocca piena di ulcerazioni.

Terrorizzato all'idea di poter passare qualche malattia a Raf, lo aveva spedito fuori di casa di mattina presto: poco male, Raf avrebbe comunque  dedicato l'intera giornata a Ivan e al suo importante incontro. 

Un dottore aveva visitato Nic in tarda mattinata diagnosticandogli una malattia che malattia non era: stress. Semplice stress, un eccesso di stanchezza e preoccupazioni; Nic trovò la cosa ai limiti dell'assurdo.

«Non ti ricordi che mi era successa la stessa cosa l'anno scorso dopo i due 1000 americani? Io e Stephen abbiamo giocato talmente tante partite di fila che sono stato steso a letto per tre giorni con la bocca piena di afte, uguale uguale a te» gli disse Daniele. Era andato a trovarlo a pranzo e gli stava cucinando delle uova al tegamino, accompagnate da pane integrale, piselli e un'insalata fresca molto abbondante.

«Sì, ma ho avuto periodi molto più stressanti e faticosi, nella mia vita, e non mi era mai successo niente di simile.»

Daniele aprì la bocca, come per obiettare qualcosa, ma alla fine la richiuse senza fiatare, e finì di cucinare in un silenzio denso di pensieri non detti.

Mangiare fu doloroso a causa delle ulcere, ma lo rimise un po' in forze. Il medico gli aveva prescritto integratori vitaminici e anti-infiammatori, nonché uno spray orale per le ulcere, che iniziò subito ad assumere - aveva comprato tutto Daniele.

Raf gli scrisse almeno una decina di messaggi per sincerarsi della sua salute; paradossale, considerando quello che stava passando. Nic gli riferì ciò che aveva detto il medico, ma gli ordinò di dormire da Ivan, per quella notte, per essere sicuri che non fosse nulla di contagioso.

Daniele trascorse con lui praticamente tutta la giornata, guardarono insieme l'incontro di Michele subito dopo pranzo, che Michele vinse splendidamente in quattro set contro uno Straussler nient'affatto arrugginito. Daniele poi invitò Nic a riposarsi, ma lui non ne volle sapere niente: entro mezz'ora sarebbe iniziata la seconda semifinale, Reshetnikov - Grkovic, una riproposizione della finale del Queens.

«Ma non ti rendi conto che la febbre ti è venuta proprio perché ti stai strapazzando a guardare mille partite diverse, tutte con un carico emotivo molto alto?»

«E tu non ti rendi conto che mi stai chiedendo di non guardare quella che potrebbe essere l'ultima partita di Raf in uno Slam?» lo zittì Nic.

Daniele non gli contestò altro.

Ma rimase con lui, seguirono insieme i primi due combattutissimi set, e poi lui si alzò per preparargli anche la cena («Ma guarda che sono in grado di farmi da mangiare da solo!»«Stai zitto, oggi hai bisogno di relax.»).

L'incontro era combattutissimo e si susseguivano punti eccezionali di entrambi i giocatori, i set erano equamente divisi, uno a testa, e il terzo stava andando a Ivan. 

«Secondo te Michele la sta guardando?» chiese Nic.

Daniele gli rivolse una lunga occhiata mesta prima di rispondere: «Chissà... conoscendolo forse preferisce riposarsi.»

«Ma lui era anche uno che  voleva sempre studiare tutti i dettagli e non lasciare niente al caso. Secondo me la sta guardando, prendendo appunti sui due possibili avversari.»

«E sperando che sia Ivan per potersi vendicare dell'anno scorso.»

Nic sorrise. «Esatto.»

«Vorresti che ci fosse lui, qui, al posto mio, vero?»

La domanda lasciò Nic basito. «Ma cosa dici? Io sono contento di guardarlo con te!»

«Ok, allora vorresti che ci fosse anche lui?»

Nic sì mordicchò per qualche secondo un labbro prima di ammettere con riluttanza: «Ovvio che mi piacerebbe se ci fosse anche lui.»

«Perché non provi ad affrontarlo?»

«Perché ho fatto una merdata ed è giusto che paghi. Gli errori si pagano, è una lezione della vita che tutti dovrebbero imparare.»

«Sì, sei un disco rotto, l'avrei detto un migliaio di volte da quando è successo. Tu stai pagando troppo, porca puttana. E lui si sta comportando come al solito da bambino. Possibile che dopo mesi non possa provare ad ascoltarti e capire le tue ragioni?»

«Ma quali ragioni? Abbiamo già parlato di questa cosa: non esistono ragioni per le merdate.»

«E quindi? Ti arrendi a non essere mai perdonato? Ti arrendi a perdere per sempre un figlio?»

«Non vedo nessuna soluzione. Ho chiesto diverse volte ad Anna o a Ivan se è cambiato qualcosa, ma non è cambiato niente.»

«Certo che non è cambiato niente! Perché nessuno sta facendo niente! E ovvio che se lo lasci lì a fare la scimmietta che si tappa le orecchie e gli occhi lui continua a evitarti. L'avete tirato su in quel modo, proteggendolo sempre da qualsiasi minuscola esperienza negativa, e qual è il risultato? Che per non dover affrontare un confronto sgradevole, preferisce perdere un padre! Ma non lo vedi anche tu quanto è sbagliata questa situazione?»

«Sei tu che la stai vedendo in modo sbagliato.»

«Spiegami cosa sto sbagliando, allora.» Daniele si batté una mano sulla coscia. «Spiegamelo!»

Nic cercò delle parole per obiettare a Daniele. Cercò dei concetti nella sua testa. Ma non li trovò, al di fuori di quelli già espressi: aveva fatto un errore e gli errori vanno espiati. Perciò si arrese. «Lasciamo perdere, dai.»

«Scappi anche tu come Michele? Scappi dalla discussione?»

«Ma cosa cazzo vuoi da me?» È una cosa mia, perché ti intrometti?»

«Perché vedo che ci stai male e ti voglio bene!»

Nic scoprì che le dichiarazioni di affetto gli davano talmente fastidio che riusciva a provare disagio anche quando era il suo stesso figlio a fargliele. Si odiò per non essere più capace di accettare niente di bello. «Stai esagerando» minimizzò.

«Mi stai dicendo che in realtà sei tranquillissimo e non ci stai male? Mi stai dicendo che questa febbre da stress non ti è venuta perché stai vivendo contemporaneamente la perdita e del tuo migliore amico e di tuo figlio?»

«Non metterti a fare lo psicologo, adesso...» borbottò Nic incrociando le braccia.

Nic sentiva gli occhi di Daniele puntati addosso, non ebbe il coraggio di ricambiare lo sguardo, rimase lì fingendo di seguire l'incontro di Ivan e sperando che la smettesse con quelle discussioni. «Sì, confermo la mia diagnosi» disse infine Daniele. «Stai facendo il Michele. Ti stai tappando occhi e orecchie e stai evitando il problema.»

Nic non aggiunse altri commenti. Fissava ostinatamente lo schermo televisivo, senza vedere davvero cosa stesse succedendo.

Daniele sbuffò. «Lasciamo perdere» disse. «Torno da Maria.»

«Meglio» concordò Nic.

Proprio mentre Daniele usciva, inquadrarono Raf nell'angolo di Ivan.

Nic prese il cellulare e gli scrisse un messaggio

Ti vedo in TV
Ti hanno appena inquadrato

Che messaggino sciocco, da adolescente.

Quando Raf rispose la telecamera ormai non lo stava inquadrando più.

Sono bello come il sole, scommetto 

Nic sorrise e ricominciò a seguire l'incontro.

***

13/14 luglio 2019

La febbre di Nic era passata.

Ma Raf avrebbe trascorso con Ivan le ultime due giornate del torneo, notti comprese.

Ivan aveva vinto il suo incontro combattutissimo contro Grkovic al quinto set e, a prescindere dalla pseudo-malattia di Nic, Raf preferì trascorrere più tempo possibile con il suo allievo, per studiare tutti i dettagli dell'incontro con Michele.

Nic non protestò. E non li avrebbe disturbati. 

Fu però, lui sì, disturbato, in tutti i sensi, da Anna. La mattina dopo la semi, ricevette una sua chiamata in cui, inviperita, gli chiedeva se sapesse qualcosa della visita che Daniele aveva fatto al loro appartamento la sera precedente. «Ma ce l'ha una vaga idea di quanto ci tiene Michele a questa partita?!» gridò Anna nel ricevitore. «La sente tantissimo, più di ogni altra volta. Sente quanto Ivan e Raffaele ci tengono e vuole dare tutto se stesso. Quasi non pensa al fatto che c'è il numero uno in palio, è tutto concentrato su Ivan e Raffaele. E prima di un incontro così importante... che cazzo ti è saltato in mente? Sei stato tu a dirgli di venire?»

Nic le disse di non saperne nulla e le chiese chiarimenti, perché la prima spiegazione era stata molto confusa.

Anna spiegò meglio. «È arrivato e si è messo ad accusare Michele di essere un bambino perché non vuole perdonarti. Ma se fosse stato solo quello... Il problema è che gli ha detto una cosa molto brutta su sua madre.»

«Cioè?» chiese Nic allarmato.

«Ha buttato lì una frase sul suo suicidio.»

«Cooosa!?» sbottò Nic, scioccato.

«L'ha buttata lì, in mezzo a uno sproloquio in cui diceva a Michele che deve smetterla di stare sotto una campana di vetro... Io poi l'ho cacciato via, ma quando sono tornata dentro ho trovato Michele che stava rannicchiato con le mani sulla testa che mormorava piano piano delle frasi su sua madre, non ho neanche capito bene cosa stava dicendo. Mi sembrava abbastanza scioccato, mi sono preoccupata un sacco...»

«E ci credo, cazzo! Adesso sento Daniele e gliene dico quattro...» Nic sospirò. «E tu cosa hai detto a Michele? Tu... cosa sai di Elisa?»

«So che si è tolta la vita, che Michele non ne sa nulla e che l'avete tenuto nascosto anche alla stampa. Delle circostanze in cui è successo non so nulla. Mi ha raccontato tutto Elena in quel periodo in cui le ho fatto da assistente.»

Nic ringraziò mentalmente l'incapacità di Elena di tenere la bocca chiusa, per quella volta gli era tornata utile risparmiandogli la fatica di una lunga spiegazione.

«Io non sono molto d'accordo con questa decisione che avete preso, ma siccome ne so poco non mi permetto di commentare o di dire qualcosa a Michele. Ma che Daniele se ne sia uscito con una tale leggerezza...»

«Non prendertela troppo con lui» lo difese Nic. «Non è neanche tutta colpa sua. Ho avuto una specie di esaurimento da stress, in questi ultimi giorni, e Daniele per qualche motivo ha dato la colpa alla situazione con Michele. Ma penso immaginerai benissimo anche tu che il motivo del mio stress è un altro...»

«Mi dispiace molto per Raffaele» mormorò Anna.

«Ma Michele come sta, adesso?» cambiò argomento Nic.

«Meglio. Mi sembra che si sia ripreso, è concentratissimo sulla finale di domani. Però... con Michele non si sa mai, perché è uno che nasconde molto bene le sue emozioni. È un ragazzo che trattiene molto e a cui non piace parlare.»

Mi ricorda qualcuno, pensò Nic.

«Spero che tu e Michele riusciate a riappacificarvi. Secondo me farebbe bene anche a lui, recuperare il rapporto con te, dico. Però di' anche tu a Daniele che non si intrometta. Non in quel modo, per lo meno.»

«A me interessa che Michele stia bene, soprattutto. Se succede qualcosa, se lo vedi strano... mi prometti che mi chiami?»

«Sì, non ti preoccupare. Cerco di prendermi cura di lui meglio possibile. Perché anche lui a modo suo si è preso tantissima cura di me.»

Nic si lasciò sfuggire un'osservazione. «Non ce lo vedo molto, a Michele, prendersi cura di altre persone...»

«Gli dai poco credito. Lui mi ha salvata, lo considero una specie di cavaliere in armatura scintillante. Mi ha salvata tante di quelle volte...» Anna fece una risatina. «Lo sai che una volta ha attraversato da solo tutta San Pietroburgo per venirmi a cercare?»

«Eh? E cosa era successo?»

Anna ridacchiò di nuovo. «È una storia troppo lunga... Ma te lo saresti mai aspettato da lui?»

«No. Mai»  rispose Nic, cercando di indovinare quale potesse essere la circostanza.

«Michele è maturato molto. Secondo me presto riuscirà a trovare anche la stabilità mentale per riavvicinarsi a te. Ma ti avviso: se ti azzardi a fargli di nuovo male ti asfalto.»

«Posso chiederti una cosa, Anna?» le disse a bruciapelo. «Che rapporto avete tu e Michele? Mi hai sempre detto di essere sua amica, ma cavaliere in armatura scintillante non è un'espressione da amico.»

Anna stavolta rise di gusto. «Guarda che il mio ragazzo è Andrej.»

Nic arricciò il naso. «Andrej? Quell'antipatico di Andrej Reshetnikov?»

«Proprio lui. Raffaele non ti ha detto niente?»

«Raffaele non ama i pettegolezzi. E sa che non li amo nemmeno io, sinceramente non è che mi interessi molto la tua vita sentimentale... Mi sarebbe interessata se fossi stata con mio figlio.»

«Michele è il mio migliore amico, e io sono la sua migliore amica. Lo so che e difficile credere a un'amicizia tra un uomo è una donna quando lei è etero e lui... non lo so bene, ma un po' di eterosessualità ce l'ha, sì. Anche Andrej è geloso. Ma tra me e Michele non c'è niente, solo amicizia.»

«E quel discorso sul cavaliere in armatura scintillante, quindi?»

«Lo è. Lo siamo entrambi a vicenda, a dire il vero. Mi piace pensare che anch'io sono un po' la sua... come si dice al femminile? Guerriera? Combattente che veste alla marinara?» Anna ridacchiò. «Insomma, il punto è che ci siamo uno per l'altra, una per l'altro... E tu penso che puoi capirmi, perché anche tu hai Raffaele, e mi sembra che anche tu per lui ti stai facendo in quattro. Quindi lo capisci cosa significa amicizia.»

Il cuore di Nic si fece piccolo nel suo petto, perché quella parola era inadeguata, lo era sempre stata, e lo stesso Raffaele gli aveva detto che ne serviva una diversa anche per lui. Ma rispose ugualmente: «Sì, lo so benissimo.»

«Mi spiace per l'esaurimento che hai avuto. Come stai?»

«Meglio. È stata solo una botta di stanchezza. Sono pronto e carico per seguire l'incontro, domani. Penso che faranno faville.»

«Lo penso anch'io, sono tutti e due carichissimi.»

«Fai un po' di tifo anche per me.»

«Lo farò.»

Nic non riuscì a togliersi dalla testa  il tarlo di Michele. Anna aveva ragione sul fatto che non era un ragazzo incline ad aprirsi: cosa stava pensando in quel momento? Che idee si stava facendo su sua madre?

Un confronto con Daniele fu d'obbligo. Nic lo rimproverò, lui minimizzò: non era la prima volta che accennava a Michele del suicidio, ma Michele aveva sempre deciso che si trattava di una menzogna, secondo Daniele avrebbe fatto lo stesso anche quella volta.

Ma il giorno successivo, le condizioni in cui Michele si presentò in campo per la finale raccontavano una storia diversa.

Michele perse il primo set 2-6 giocando malissimo. La sua sofferenza era evidente, e a Nic sembrava quasi di leggere i suoi pensieri e vedere la figura di Elisa ingombrarli completamente.

Ma nel secondo set le cose si misero meglio. Piano piano, punto dopo punto, Michele sembrò ritrovare il suo gioco; aveva ancora l'aria di uno che era stato appena preso a schiaffi, ma stava riuscendo a dominare Ivan. E facendogli un break proprio in chiusura riuscì ad aggiudicarsi lui il set, 6-4.

Anna gli aveva detto quanto Michele tenesse a quell'incontro, sia per se stesso che per rispetto nei confronti di Ivan e Raffaele. A Nic piacque pensare che fosse stato quel rispetto a motivarlo.

Lo avevano inquadrato diverse volte, Raffaele. Teso, concentrato. Gli si leggeva in faccia che non stava bene, e probabilmente tutti sospettavano cosa avesse, anche se lui non aveva reso pubblico niente. I suoi straordinari occhi verdi brillavano di un fuoco, di una passione che Nic non aveva mai visto. Non c'era più la minima traccia di quell'apatia che gli aveva distrutto la vita.

Ci sei riuscito, Raf. Alla fine l'hai trovato, il tuo scopo. La tua passione. La tua ragione di vita.

È durata poco, ma l'hai trovata.

Dal terzo set, l'incontro si fece via via più bello a ogni punto. E lo sguardo di Michele tornò finalmente a essere il solito, determinato, presente. In lui ormai Nic leggeva solo la dedizione più totale nell'onorare quella battaglia. 

Bravo Michele. Non pensare alla mamma.

Lascia che il tennis ti salvi la vita, come l'ha salvata a me.

Dominandosi a sprazzi, un po' l'uno, un po' l'altro, vinsero un set a testa, il terzo Ivan, il quarto Michele.

Durante la pausa prima del quinto, decisivo set, inquadrarono lungamente l'angolo di Michele, dove si vedevano Ethan e Armando impegnati in una fitta discussione, un ragazzo di colore di cui Nic non ricordava il nome, che sapeva essere l'assistente di Anna: sedeva un po' isolato con l'aria annoiata, e non stava facendo una gran bella figura. Anna invece stava discutendo con il nuovo coach di Michele, una medaglia d'oro olimpica ed ex numero tre del mondo, che aveva già allenato con successo diversi campioni maschili e femminili, una collaborazione che oggettivamente aveva giovato molto al gioco di Michele. Nic lo ammetteva a se stesso con riluttanza, ma forse avrebbe dovuto smettere molto prima di allenarlo, per affidarlo a qualcuno che potesse suggerirgli modi diversi per crescere e migliorare.

Per curiosità, Nic attivò l'audio della telecronaca. Non amava molto ascoltarla, preferiva i rumori del campo. I cronisti della BBC stavano parlando di Anna e ricordarono l'intervista scandalo di due anni prima. «In molti si sono stupiti di vederla assunta come manager di Bressan, dopo quello che è successo...» commentò uno dei due, e Nic rammentò le accuse che le aveva fatto, di stare accanto a Michele solo per visibilità, e i commenti sgradevoli che lei aveva detto di ricevere sui social. Il cronista non la stava accusando di nulla, ma era evidente che la frase contenesse una punta di malizia, il sottinteso era: quale strano inghippo ci sarà sotto questa storia? Cosa avrà fatto lei per rientrare nelle grazie di Michele? Nic comprese in quel momento, come non l'aveva mai compreso prima, quanto fosse stato ingiusto nei suoi giudizi.

La cronaca rimase attiva per la successiva mezz'ora, Nic ascoltò e biasimò la banalità dei commenti, l'inesattezza di qualche osservazione tecnica, lo sciorinare di statistiche e informazioni noiose.

Inquadrarono Raf durante il cambio campo del settimo game, e il cronista ne approfittò per ricapitolare agli spettatori la succosissima vita di Raffaele Novelli: il talento bruciato, la promessa mai mantenuta, una vita di stravizi, problemi di droga e dipendenza e il recente recupero dall'alcolismo. Quanto adoravano gli spettatori quelle storie di sordida devastazione! Quanto dovevano sentirsi migliori! Quanto dovevano sentirsi buoni nel compatirlo! Disgustato da quelle parole, Nic decise di silenziare i cronisti e ascoltare di nuovo solo i rumori ambientali.

I set precedenti erano terminati tutti con un break.

Ma nell'ultimo il livello si alzò. Nè Michele né Ivan concessero alcunché all'altro, pochissimi punti andati a segno nei rispettivi servizi. Finché, sul sei pari, qualcosa cambiò.

Sul servizio di Michele prima del cambio campo, Ivan d'improvviso iniziò a giocare più aggressivo, spiazzò Michele, che si ritrovò ad affrontare una palla break. Una di quelle palle break che profumavano di match point.

La concentrazione con cui Michele affrontò il punto successivo e la precisione con cui mandò sia il servizio che il successivo dritto sulle righe, fecero capire a Nic che il livello di tensione doveva essere ai limiti del sopportabile per entrambi giocatori.

Ma anziché diminuire, aumentò.

Da quell'anno, le regole del quinto set erano cambiate, proprio a causa della semifinale tra Michele e Ivan finita 24 a 26 nel 2018. L'associazione dei giocatori si era lamentata, l'oltranza rischiava di rovinare l'esperienza di tutti, perché se si protraeva troppo rendeva impossibile giocare in salute gli incontri successivi. Perciò l'oltranza era stata per sempre abolita.

A Londra avevano ideato una soluzione ibrida: l'ultimo set avrebbe avuto una sorta di oltranza fino a dodici game, in pratica se i giocatori non si fossero fatti break avrebbero giocato un set aggiuntivo. Arrivati al dodici pari, ci sarebbe stato un tie-break semplice a sette punti.

E Michele e Ivan ci arrivarono, al dodici pari. E con che lotta furiosa! Ogni game, ogni singolo game di battuta ebbe almeno una palla break, il che significava che Michele salvò un numero spropositato di Match Point, visto che Ivan serviva per primo.

La tensione mentale doveva essere altissima, perché salvare delle palle break metteva chi vinceva il game in una situazione di vantaggio psicologico rispetto all'avversario; ma qui i vantaggi si annullavano a vicenda, perché a ogni game c'erano ribaltamenti.

Nic non ricordava di aver mai assistito a un incontro tanto teso in tutta la sua vita.

E si stupì di non sapere per chi tifare. 

A ogni break point di Michele aveva esultato perché suo figlio sarebbe stato a un passo dall'ottenere la sua prima vittoria contro Ivan, il suo rivale più ostico, e perché avrebbe ottenuto il numero uno del mondo; ma quando poi Ivan li aveva salvati, quei break point, aveva sempre tirato un sospiro di sollievo, perché voleva anche vedere il sogno di Raffaele realizzato.

Il tie-break arrivò. Non sarebbe potuta finire in nessun altro modo.

Inquadrarono Raf, che sembrava invecchiato di un anno o due rispetto all'inizio dell'incontro. 

Erano trascorse cinque ore ed erano state cinque ore di profondissimo stress. Nic sapeva che per restare vigile e non avere un collasso aveva preso diversi tipi di farmaci al limite della legalità, e aveva il sospetto che si fosse arrischiato ad aggiungere persino qualcosa di illegale, senza dirlo a Nic per non farlo preoccupare. Poteva solo immaginare come dovesse sentirsi fisicamente e mentalmente in quel momento.

No, non poteva immaginarlo, in realtà.

Malato, sul punto di morire e sul punto di realizzare quello che probabilmente era stato il più grande sogno della sua vita. Aveva vissuto cinque ore di tensione, paura e speranze guardando Ivan in campo. Quante emozioni dovevano mescolarsi in quel momento nella sua testa? 

E mente rifletteva su quelle cose, con l'arbitro che annunciava l'inizio del tie-break, Nic si rese conto che tra i due desideri contrastanti che albergavano in lui, uno stava prendendo il sopravvento: quello di vedere Raffaele felice. Quello di realizzare il suo sogno prima che morisse.

Con le lacrime che minacciavano di appannare gli occhi, Nic si ritrovò a tifare per Ivan, a mormorare incitazioni, a stare quasi male dal sollievo quando salvò il primo Match Point di Michele, e poi un secondo, e un altro ancora. Stava per esplodere, la tensione ribolliva sotto la sua pelle, nel suo stomaco e nel suo cuore, gli faceva desiderare di liquefarsi.

Michele di Wimbledon ne avrebbe potuti vincere a decine, aveva solo ventun anni, ma quello era l'ultimo Slam di Raffaele la sua ultima occasione, e perderlo sarebbe stata la più grande ingiustizia del destino, la più grande beffa.

Quell'incontro fuori da ogni canone ordinario non poteva che concludersi con un tie-break fuori da ogni canone ordinario. Nessuno dei due voleva mollare, non Ivan che giocava per se stesso e per Raffaele, non Michele la cui etica era troppo grande per consentirgli di concedere una vittoria fasulla al suo avversario. Non sarebbe stata una vera vittoria se Michele avesse mollato per pietà, e Nic si ritrovò a odiarlo e amarlo allo stesso tempo.

17-16 per Michele, servizio di Ivan, ennesimo Match Point.

Michele rispose di rovescio, Ivan incrociò subito con uno slice bassissimo, teso e potente.

E Michele fece forse la cosa più bella che Nic avesse mai visto su un campo da tennis: impattò piatto e riuscì a cambiare direzione alla pallina.

Nic ne era certo: dieci, venti, trent'anni dopo, se ancora ci fosse stato qualcuno che seguiva quello sport d'altri tempi, avrebbero fatto una classifica dei colpi più belli mai giocati e quel rovescio lungolinea di Michele sarebbe stato là, in cima a tutto.

Una singola oscillazione del braccio che si era esaurita nello spazio di un secondo, e nello spazio di un secondo aveva distrutto il sogno di Raffaele e regalato la vittoria a Michele.

Michele era appena diventato il numero uno del mondo, con un gesto di incommensurabile e irripetibile bellezza.

--

Note 🎶

E quindi Raf non ha avuto la sua vittoria. E Nic si sorprende per la prima volta a tifare contro suo figlio.

Allacciate le cinture e preparate i fazzoletti, perché nel prossimo capitolo che arriva lunedì ci aspetta una gita molto speciale che i lettori di Play già conoscono...

E lasciatemi una stellina per ogni meraviglioso rovescio a una mano di Michele.

Note 2 - Leggere Play in parallelo ▶️

Grazie a errronx che lunedì ha fatto le mie veci scrivendo quali erano i capitoli di Play da leggere per stare in pari (scusate, coi casini di aggiornamento me n'ero dimenticata). Stavolta leggete fino al 104 (arriverete in pari) o 105 (prosecuzione con cose di cui per ora sa solo Michele e che quindi potete leggere).

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