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17 - Niente sulla mia strada

Non ero mai stata a bordo di un elicottero, quindi non sapevo che effetto mi avrebbe fatto volare, ma una volta in alto non avevo fatto caso a niente, mi ero solo messa a fissare Seattle illuminata. Quelle luci che diventavano minuscole sotto di noi.

Quando arrivammo in alto non c'era più nulla da vedere, solo un gran buio. Chissà come faceva Toby a sapere dove andare. Toby era il nostro pilota; un uomo sulla trentina, con dei folti capelli ricci e biondi. Moira si era unita a noi. «Non posso perdermi lo spettacolo», aveva detto. Io non mi ero opposta, non mi avrebbe dato fastidio. Di questo ero certa.

Mi sistemai le fastidiossime cuffie grigio topo che avevo sulle orecchie e mi voltai leggermente per vedere Ryan che mi stava già guardando. Sorrise. Io non ricambiai completamente, alzai lievemente l'angolo della bocca.

Avevo fatto fatica a camminare con le zeppe; fortuna che Ryan mi aveva sostenuta. Speravo solo di cavarmela con quei tacchi che mi aspettavano.

«Quanto dura il volo?» chiesi a nessuno in particolare.

Mi rispose Moira senza neanche guardarmi. «Meno di un'ora.»

Ero davvero impaziente. Poche ore mi separavano da Slow, quindi da mio fratello. Dalla vendetta per i miei genitori.

Presto tutto sarebbe finito.

«Carter», aprii gli occhi di scatto e vidi la nuca di Toby ma al contrario.

Mi mossi piano, e mi resi conto che non stavamo più volando ma eravamo ben posizionati al suolo.

Alzai lo sguardo e vidi Ryan. Ero appoggiata sulla sua spalla.

Mi rimisi subito dritta e mi guardai intorno.

«Siamo arrivati?» chiesi sbadigliando.

Ryan mi fissò con un sorriso beffardo sul viso.

«Benvenuta a Portland.»

Il cielo era tinto di arancione quando arrivammo all'albergo; alla fine avevamo optato per il Clifford Hotel.

Dopo essere atterrati, Toby era sparito per poi fare ritorno con una macchina a vetri scuri. La nostra prima tappa era stata la residenza di Sebastian Slow, e da lì avevamo girato in tondo, calcolando la distanza dalla villa a ogni hotel nelle vicinanze. Il Clifford Hotel era a soli dieci minuti di macchina.

Feci per scendere dall'auto ma Moira mi fermò. «Ehi, dove pensi di andare conciata così?»

Io la guardai. Ma conciata come? E va bene che non mi aveva mai vista vestita come una signora elegante ma non ero mica in mutande!

Si sfilò il foulard tricolore che aveva al collo e me lo porse. «Copri quei lividi con questo per ora, poi vedremo di coprirli con del trucco.»

Oh, ecco a cosa si riferiva. Avevo ancora i lividi sul collo che mi aveva lasciato quel coglione qualche sera fa. In verità non mi ero accorta subito di averli, ci avevo fatto caso solo mentre mi provavo il vestito. E Ryan non mi aveva avvertita.

Annuii e mi sistemai il foulard al collo.

Aprii lo sportello e vidi Ryan aspettarmi all'entrata. Avrei dovuto camminare da sola su quei dannati cosi!

Feci un respiro profondo e iniziai a camminare, il più disinvolta possibile. Salii le scale dell'hotel, e non feci una piega. Bene, per ora tutto bene, pensai.

«Cos'è quello?» chiese Ryan, con un lieve sorrisino, accennando al foulard.

«Lascia perdere», troncai il discorso e mi affrettai ad entrare.

La hall era una grande sala: al centro c'era un grosso tavolo sul quale c'era un vaso tinto di blu che conteneva dei fiori; oltre il tavolo, una grande scalinata dava accesso agli ascensori, e sulla sinistra c'era la reception.

Avanzi e bisbigliai un "parla tu" a Ryan.

Un uomo sulla quarantina ci accolse con un sorriso palesemente finto. «Benvenuti al Clifford Hotel. Cosa posso fare per voi?»

«Vorremmo due camere», anticipai Ryan, le parole mi uscirono prima che io potessi fermarle.

L'uomo mi sorrise e si mise a digitare sulla tastiera del pc che aveva accanto a sé.

«Camere doppie», precisai.

Lui fece una faccia seria, poi una smorfia. «Sono desolato, ma le abbiamo quasi tutte matrimoniali, di doppie ne abbiamo solo una libera.»

Mi girai verso Ryan che scrollò le spalle. In fondo, non era la prima volta che dormivamo nello stesso letto.

Mi rivolsi di nuovo al receptionist. «Prendiamo la doppia e una matrimoniale!»

«Perfetto. Ecco a voi le chiavi delle rispettive camere», disse mentre afferrava due chiavi. «Oh, e per quanto riguarda le valigie posso chiamare qualcuno per..»

«Facciamo da soli», dissi un po' troppo bruscamente, al che mi beccai una gomitata da parte di Ryan. «Grazie», aggiunsi.

Facemmo dietrofront e mentre tornavamo da Moira e Toby ricambiai la gomitata, solo un po' più forte.

«Ce l'ha un'entrata sul retro questo hotel?» chiese Ryan mentre entravamo in macchina.

«Che cavolo devi farci con un'entrata sul retro?» quel ragazzo mi confondeva continuamente, c'era poco da fare.

«Vuoi che rischiamo di farci beccare con dei borsoni pieni di armi?» alzò le sopracciglia.

«E non ci trova nulla di strano, Sua Intelligenza, che dei clienti entrino con fare sospetto dal retro?»

Non mi rispose, si limitò solo ad una alzata di occhi.

«Bene, prendiamo i borsoni e saliamo nelle nostre camere, ci organizzeremo meglio lì. Le sette di stasera si avvicinano in fretta.»

Otto ore dopo, io mi stavo infilando il vestito verde acqua.

Per tutta la giornata, tutti avevamo avuto qualcosa da fare. Moira si era procurata del trucco che mi aveva messo sul collo, e anche un po' in viso. Ryan aveva cercato di riparare il pc, ma si era accorto che non poteva così aveva salvato tutto e l'aveva resettato.

Per quanto riguardava le armi, avevamo deciso di portaci dietro qualche pistola, silenziatori e i miei soliti coltelli. L'unico problema era che la borsa con le armi avremmo dovuto nasconderla e poi prenderla a tempo debito, ma se nel frattempo ne avessi avuto bisogno? Stavo ancora cercando una soluzione.

«Tieni questo», Ryan aprì la mano e sul palmo notai un minuscolo oggetto color carne.

Mi accigliai. «Cos'è?»

«Una cimice. La infili nell'orecchio e io ti suggerisco cosa dire. Sappiamo tutti e due che quando vedrai Slow non riuscirai a controllarti», disse mentre mi sistemava i capelli dietro l'orecchio per poi metterci tla cimice. Io me la spinsi più a fondo, per non perderla.

«Mi senti?» sussurrò nella sua cimice.

Nel mio orecchio esplose un fischio. «Aaah! Sì, almeno credo.»

«Bene», si sfilò la maglia e fece per indossare la camicia bianca.

Io non l'avevo mai visto senza maglia; cioè avevamo dormito nello stesso letto, mezzi nudi; gli avevo tolto un proiettile dal fianco, ma non l'avevo mai guardato veramente.

Dopo tanto tempo, ero riuscita a vedere i muscoli che io stessa gli avevo fatto crescere. Le braccia sode, ma non troppo gonfie; la pancia magra ma se c'era un movimento potevo vedere gli addominali. Ancora un altro mese di allenamento e sarebbero spuntati fuori del tutto.

Qualcuno bussò alla porta per tre volte con pausa di due secondi per ognuno. Era Moira.

Aprì Ryan e lei gli porse qualcosa, poi se ne andò.

«Le avevi chiesto qualcosa?» domandai.

«Solo del gel per capelli, ma queste..» disse mentre si rigirava delle forbici tra le mani.

Appena le vidi, mi venne un'idea geniale per la pistola. «Mi è venuta una grande.. idea.»

Un momento, come faceva Moira a sapere che mi sarebbero servite le forbici?

Guardai Ryan che ricambiò il mio sguardo. «Quella a volte mi fa davvero paura», ammisi.

Afferrai le forbici e le posizionai all'altezza di metà coscia. Feci un piccolo buco, affondai le forbici e iniziai a tagliare fino a giù. Il risultato fu un vestito con spacco.

«Che stai facendo?» chiese Ryan sbalordito.

Io continuai la mia opera: presi la canotta a fiori che indossavo poco prima e ne strappai un lembo. Afferrai la pistola e me la agganciai alla coscia con il pezzo di canotta. Ammirai il mio operato e sorrisi.

«Ammetto che è una buona idea ma non è troppo?» fece un cenno alla mia gamba nuda ben visibile dallo spacco del vestito.

«No, se voglio fare un buco in fronte a Slow.»

Eravamo pronti. Potevamo andare.

«Andiamo!» esclamai con eccitazione.

«E vorresti andarci con quei capelli? Vieni che usiamo questo anche su di te», disse e aprì con uno scocco il tappo del contenitore che conteneva il gel.

Mi fece sedere sul grande letto e mi si posizionò dietro: potevo sentire il suo respiro sul collo. L'avevo già sentito, ma ora era diverso. Avevo quasi il fiatone e non avevo mosso nemmeno un muscolo.

Iniziò a tirarmi i capelli all'indietro e d'un tratto mi sentii la testa fredda e bagnata.

Quando bofonchiò un finito mi alzai e mi diressi allo specchio del grande bagno. Quella camera era tutto un lusso. Avevo i capelli imbrattati di gel, tutti tirati all'indietro. Notai - con grande stupore - che il mio respiro era tornato regolare allontanandomi da Ryan.

Probabilmente dovevo essere preoccupata che gli capitasse qualcosa, altrimenti come spiegarlo?

«Possiamo andare adesso?» chiesi stizzita.

Ryan sorrise e annuì con determinazione.

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