12 - Caccia
«Merda!» esclamò Ryan.
«Che succede?» ero davvero interessata a sapere cosa fosse successo al computer, ma continuai a guardare fuori dalla finestra. Conoscevo bene quella zona, e non c'era mai tutta questa calma. Non si sentiva assolutamente niente.
«Quel cazzo di virus ha ripulito il pc. Sono solo riuscito a salvare qualcosina, ma per quanto riguarda le schede..», farfugliò.
«Conosco il suo nome, mi basta!» dissi a denti stretti.
Ryan continuò a parlare, ma smisi di ascoltarlo. Il mio istinto urlava di andare via, e io non avevo intenzione di ignorarlo.
«Ryan», dissi.
Sembrava non riuscire a sentirmi e fui costretta a ripetere più volte il suo nome. Quando finalmente ebbi la sua attenzione gli chiesi dove avesse parcheggiato l'auto.
«Sul retro», rispose.
Annuii. «Bene, prepara tutto quello che ti serve. Ce ne andiamo.»
«E dove?» si alzò dalla sedia per obbedire, ma era comunque allarmato.
«Non lo so. Dobbiamo andare via prima che..» un auto in corsa non mi fece terminare la frase. Ne passò un'altra che si fermò nel centro della strada, davanti i miei occhi. Uscirono quattro uomini dall'auto, armati.
Mi voltai verso Ryan che era all'entrata per sistemare le due valigette.
«Giù!» urlai e mi gettai a terra.
Un istante dopo iniziarono a bombardarci con colpi di pistola. Ruppero le finestre e il rumore mi assordò. Mi coprii la testa quando i mille pezzi di vetro della finestra sopra di me, mi caddero addosso.
Guardai Ryan, anche lui sdraiato a terra e con la mani sulla testa.
Strinsi la pistola che avevo tra le mani e mi alzai, rispondendo al fuoco.
«Vai, vai», gridai a Ryan. «Ti copro io.»
Non dovevo dare loro il tempo di entrare in casa. Continuando a sparare colpii uno degli uomini che intanto avanzavano.
Mi voltai, e trovai Ryan che raccoglieva gli appunti di mio padre. Entrai nello studio e gli urlai che diavolo stesse facendo. Lui mi ignorò, continuando a prendere quanti più fogli poteva.
Mi accigliai. Come poteva essere così stupido?
Presi una delle due valigette, sperando non fosse quella contenente il pc. La aprii, e rimasi a bocca aperta.
Guardai Ryan, che si era imbambolato anche lui.
A occhio, c'erano all'incirca venti gruppi da cinquecento dollari.
Un rumore ci fece sussultare, e riportò entrambi la lucidità.
«Metti tutto qui dentro!»
Alla velocità della luce, posammo il libro, gli appunti e tutto quello che ci capitava a tiro nella valigetta piena di soldi.
Gli urlai di correre e mettere in moto l'auto.
«Guido io», dissi mentre ricaricavo la Glock.
Lui annuì, poi iniziò a correre verso l'uscita sul retro e lo sentii lamentarsi per via del fianco.
Uscii dallo studio e mi nascosi. Non potevo lasciarli liberi, perché sapevo che non erano soli. Avevo visto un'altra macchina sfrecciare davanti casa, che sicuramente serviva per inseguirci in caso di fuga.
Un forte botto abbatté la porta e sentii i passi pesanti avanzare.
Sfilai il coltellino dall'anfibio e baciai la punta per scaramanzia. Rivolsi una breve occhiata all'uomo più lontano, mi ritirai e poi lanciai il coltellino nel centro del suo petto.
Cambiai nascondiglio, e lo sentii grugnire e sbattere a terra.
Respirai e uscii allo scoperto, iniziando a sparare colpi all'uomo più vicino.
Lo colpii alla spalla, ma non bastò a fermarlo mentre si avvicinava a me grosso e minaccioso.
Mi prese per la gola, sbattendomi contro la parete. Mollai la pistola, lasciandola cadere a terra e cercai di liberare il mio collo da quella presa mortale.
Iniziai a respirare a fatica, facendo singhiozzi e colpi di tosse.
Mi alzò da terra con un'estrema velocità e continuò a stringere, mentre io, poco a poco, non vedevo più niente.
«Ehi», strillò Ryan con un fucile tra le mani.
Un fucile? Dove diavolo aveva preso un fucile?
L'uomo avvinghiato al mio collo si distrasse e allentò la presa, facendomi tossire ancora di più, mentre respiravo quel poco d'aria.
L'altro uomo si abbatté su Ryan, facendo volare il fucile.
Io ne approfittai; raccolsi tutte le energie che mi erano rimaste e sferrai un calcio alle palle dell'uomo che ancora mi teneva per la gola.
Iniziò a urlare, e mi mollò facendomi sbattere a terra. Tossivo come un'ossessa.
Cercai invano la pistola, mentre la bestia grande e grossa si rialzava più incazzata di prima.
«Puttana», sibilò puntandomi la pistola contro.
Mi misi seduta, continuando ad ansimare. Feci scivolare piano la mano nell'altra scarpa, tirando fuori il coltellino con molta lentezza e senza farmi vedere.
«Hai finito di romperci le palle», disse in sorriso.
Poggiai il peso sulle braccia e alzai il piede colpendo la sua mano e facendo cadere la pistola.
Mi alzai in piedi, e ringhiai mentre lo riempivo di pugni sulla faccia.
Non si mosse di un millimetro, così gli diedi un calcio ma lui lo parò e mi afferrò per i capelli.
«Ora mi hai fatto davvero incazzare», la sua voce roca mi rimbombò nelle tempie. Il dolore che sentivo mi mozzò il fiato, ma cercai di rimanere lucida.
Serrai i denti e feci uscire il coltellino dalla manica.
«Ops», ruggii mentre glielo infilavo più volte nel collo.
Il sangue schizzò ovunque, imbrattandomi il viso.
Caddi di sedere e nello stesso momento qualcuno urlò dal corridoio.
Estrassi con brutalità il coltellino dal collo del cadavere dell'uomo e lo misi nella tasca posteriore dei pantaloni. Poi presi la mia pistola che si trovava poco lontana da me. Come avevo fatto a non vederla?
La presi e arrivata in corridoio vidi il terzo uomo, che stringeva Ryan con un braccio e con l'altro gli puntava la pistola alla testa.
Sgranai gli occhi e iniziai ad avere il fiatone nonostante fossi ferma.
«Gettala», disse riferendosi all'arma.
Vidi Ryan scuotere piano il capo, mentre il mio andava in fiamme.
Perché avevo questa voglia di posare la pistola a terra? Perché stavo esitando? Dovevo sparargli anche se avrei potuto colpire Ryan ma qualcosa dentro di me mi urlava di non farlo. Sentivo una cosa qui, alla bocca dello stomaco, ma non sapevo spiegarmi cosa fosse.
Il mio corpo si abbassò piano e la mia mano lasciò la pistola. Cosa? Che cavolo fai Billy?
«Carter!» ringhiò Ryan, dimenandosi.
Schiusi le labbra e restai immobile.
L'uomo rise e disse: «Non fare così, vi rivedrete tra poco, dove andrete dopo morti!»
No! No!
Afferrai il coltellino e lo lanciai - senza pensarci nemmeno. Si conficcò nella mano con cui teneva fermo Ryan, che si liberò e gli rifilò una testata.
Strappò il coltello dalla mano dell'uomo, per poi piantarglielo nel petto.
Sospirai di gioia mentre Ryan si voltava verso di me. Ci guardammo per un'infinità di tempo, non so dire quanto, ma a un tratto fece qualcosa di completamente inaspettato: a grandi passi si avvicinò a me e mi abbracciò.
Restai impietrita per qualche secondo, ma poi le mie braccia cinsero il suo busto mentre le sue cingevano il mio collo. Sembrava un gesto così naturale.
Ero un misto di emozioni indescrivibili, mai provate in vita mia.
Che cavolo facevo? Io non avevo mai abbracciato neanche Babi!
Ma non riuscii a pensarci per davvero, perché in quel momento ero sollevata. Sollevata che Ryan non fosse morto.
«Andiamocene», sussurrai.
Lui mi lasciò e annuii.
Recuperai la pistola e i due coltelli e uscii - seguita da Ryan, che intanto aveva preso il fucile - dopodiché entrai in auto.
Sapevo bene che non era finita, ci avrebbero seguiti in capo al mondo per farci fuori.
Misi in moto e partii a tutta velocità.
«Quando ti dico di reggerti e di non muoverti, obbediscimi. Chiaro?»
Ero ritornata la Billy di sempre, con il mio solito tono deciso e determinato. Proprio non riuscivo a comprendere cosa mi fosse successo prima.
L'auto, d'un tratto, sobbalzò e per poco non persi il controllo.
Guardai nello specchietto retrovisore e vidi la stessa auto scura che era sfrecciata davanti casa mia.
Dal finestrino uscì un uomo armato che iniziò a spararci addosso, distruggendo il vetro dell'auto.
Mi preparai a fare qualcosa che avrebbe potuto uccidere tutti, presi la pistola contai fino a tre.
«Reggiti.»
Girai l'auto fino a trovarmi faccia a faccia con quei cani bastardi. Misi la retromarcia e accelerai.
«Sei impazzita?» gridò Ryan.
Sembrava un pazzo isterico mentre guardava avanti e poi indietro per paura che sbattessimo contro qualcosa.
Mi spostai sull'altra corsia.
«Ora, resta immobile», gli ricordai.
Alzai un braccio puntando la pistola oltre Ryan. Non diedi a nessuno il tempo di capire cosa stesse succedendo, e sparai quanti più colpi potevo.
L'auto scura accanto a noi iniziò a sbandare e andò a sbattere per poi esplodere in una grande palla di fuoco.
Ritornai dritta con molta velocità, e spinsi forte il piedi sull'acceleratore.
«Ahhhh!» strillò ancora Ryan.
Poi svenne.
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