Capitolo 44 (fine)
In the corner beside my window
There hangs a lonely photograph
There is no reason
I'd never notice
A memory that could hold me back
There is a wound that's always bleeding
There is a road I'm always walking
And I know you'll never return to this place
Hope Leaves
[Opeth]
~~~
«Sei sicura che non tornerai prima?»
«Ne abbiamo già parlato» risposi quietamente a quella domanda così velata di affettuosa nostalgia. «Sarò a casa tra qualche giorno»
Un breve sospiro si propagò attraverso la linea telefonica.
«Vorrei solo che per te non fosse ancora così difficile»
«Non lo è più come un tempo, Kenneth, ma sai bene che giorno sarà domani» replicai con delicatezza, spostando il cellulare da un orecchio all'altro. «Ho bisogno di essere lontana da Londra quando succederà»
«Lo so, lo so» ammise lui in tono condiscendente. «Però non mi piace quando sei lontana da me. Mi manchi, älskling»
Sorrisi nel sentire l'appellativo con cui mi chiamava sempre; non ero mai stata un'amante dei vezzeggiativi da coppiette, ma quel termine svedese faceva eccezione.
«Anche tu mi manchi» mormorai, intrecciando le gambe sul morbido tappeto. «Presto tornerò da te»
«Non vedo l'ora. Ora devo tornare al lavoro, la pausa è finita»
«D'accordo, ti richiamo domani» promisi, lanciando uno sguardo fuori dalla finestra. «Buon lavoro, K»
«Buona serata, älskling. Ti amo»
«Anch'io» risposi in un sussurro, subito prima di sentire di nuovo il suono della linea vuota. Posai il cellulare sul letto con un sospiro, mentre intorno a me decine di fotografie ricoprivano il pavimento.
La sera tardava a scendere su Holmes Chapel, come se anch'essa temesse l'arrivo del giorno successivo.
Il giorno del rilascio di Harry.
Non potevo negare che negli ultimi anni la mia vita fosse andata avanti, com'era forse inevitabile che succedesse; avevo continuato a presentarmi al carcere di Brixton ogni mercoledì per innumerevoli settimane, e tra una delusione e l'altra io e Kenneth ci eravamo avvicinati sempre di più.
Un giorno, circa un paio d'anni dopo l'incarcerazione di Harry, Kenneth mi aveva invitata a pranzo; avevo accettato per pura cortesia, ma al termine dell'appuntamento mi ero sorpresa di constatare quanto fossi stata bene. Lui era un tipo posato ma simpatico, per nulla noioso, in grado di mettermi perfettamente a mio agio; per la prima volta dopo molto tempo mi ero sentita in qualche modo libera e leggera, come se finalmente la mia vita stesse andando nella direzione giusta.
Per diversi mesi avevamo continuato a vederci qua e là, tra un brunch improvvisato ed un film al cinema, finché una sera mi aveva baciata dopo avermi riaccompagnata a casa. Era stato un bacio di cui avevamo coltivato le premesse per tutto l'appuntamento con sguardi e contatti sfuggenti, e quando era successo mi ero sentita esplodere le farfalle nello stomaco.
Ero felice, nonostante i primi tempi lottassi giorno dopo giorno contro i sensi di colpa che spesso e volentieri tornavano a pugnalarmi nel petto. L'ombra di Harry mi teneva ostinatamente legata a sé – anche se sapevo che in realtà ero io a non riuscire a staccarmi del tutto dal suo ricordo. Lui mi aveva lasciata andare molto tempo prima, quando mi aveva cancellata dalla sua vita, ed io avevo fatto del mio meglio per fare altrettanto.
Avevo smesso di indagare sulla mia ipotetica ricomparsa nel suo elenco di contatti autorizzati, concentrandomi invece sulla mia relazione con Kenneth che andava a gonfie vele; era tutto ciò che avrei potuto desiderare, e gli ero grata per avermi aiutata ad uscire da quel vortice di apatico sconforto che mi aveva risucchiata per mesi.
Kenneth era gentile, comprensivo e paziente; sapeva compensare bene il mio lato impulsivo ed arginare i miei scatti nervosi, che mi aveva aiutato a ridimensionare più di quanto avrei mai potuto immaginare. Inoltre era indubbiamente molto bello, con i suoi occhi chiari ed i capelli biondissimi, al punto che ero presto caduta vittima del suo fascino nordico.
Eppure, a dispetto della felicità che ero riuscita a ritrovare insieme a lui, talvolta Harry tornava a bussare alla porta dei miei pensieri. Non potevo evitare di chiedermi come sarebbe stata la mia vita se le cose fossero andate in modo diverso, se lui non avesse preso quella decisione drastica di allontanarmi da sé senza preavviso; era difficile darmi delle risposte, ma quelle domande erano purtroppo inevitabili.
All'avvicinarsi della data del suo rilascio avevo sentito montare in me una sorta di scomoda inquietudine, come una spada di Damocle che mi pendeva sulla testa, al pensiero che un capitolo dalla mia vita che avevo tanto faticato per chiudere fosse sul punto di riaprirsi – con tutte le problematiche annesse.
Kenneth l'aveva notato, e proprio per questo aveva accettato di buon grado quando gli avevo comunicato di voler passare qualche giorno dai miei genitori a metà giugno; si era dimostrato per l'ennesima volta un ragazzo meraviglioso, non facendomi problemi per il fatto che avevo deciso di "sacrificare" le mie ferie lontano da lui, ed invece incoraggiandomi a fare ciò che mi sentivo per riguadagnare un po' di serenità.
Qualche leggero colpo alla porta mi distrasse dai miei pensieri, al che sollevai la testa puntandola in direzione della superficie di legno.
«Avanti!»
La maniglia si abbassò e mia madre entrò nella mia stanza con un sorriso gentile che ricambiai subito volentieri.
«Ti ho portato un po' di fragole, Riley» annunciò, posando sulla mia scrivania una coppetta di vetro piena degli invitanti frutti rossi. «Quest'anno sono davvero dolcissime»
«Grazie, mamma» risposi con calore, alzandomi in piedi per lasciarle un bacio sulla guancia. «Mi mancavano le nostre fragole»
«Data la tua golosità probabilmente tu non mancavi a loro» rise lei, rivolgendo poi gli occhi al pavimento. «Stavi riguardando le fotografie di quando eri piccola?»
Deglutii a vuoto, rivolgendole un cenno affermativo lievemente imbarazzato.
«Posso guardarle insieme a te?» chiese, al che mi affrettai ad annuire ancora liberandole un po' di spazio sul tappeto. Mia madre si sedette accanto a me, recuperando alcune foto che iniziò a sfogliare con sguardo tenero.
«Ah, le nostre vacanze al mare a Bournemouth!» esclamò pochi secondi dopo, indicando l'immagine di una bimba in costume intenta a riempire un secchiello d'acqua sul bagnasciuga. «Eri una meraviglia, lo sai? In spiaggia tutti quanti mi facevano i complimenti perché avevo una figlia splendida»
«Erano bei tempi, eh?» scherzai, colpendola lievemente sulla spalla. «Ormai nessuno ti fa più i complimenti per me»
«Sei ancora bellissima, Riles» mi rimbeccò lei, senza perdere l'espressione allegra. «Però adesso i complimenti li fanno direttamente a te»
«Come no, se ne ricordano solo Kenneth e la zia Mary... ogni tanto» protestai con finta aria offesa, alzandomi in piedi. «E la zia Mary non posso proprio sopportarla»
Mamma roteò gli occhi, scuotendo la testa, quindi continuò a guardare le fotografie una per una mentre io andavo verso la scrivania per mangiare le fragole che mi aveva portato. D'un tratto la sua voce ruppe il silenzio che si era creato.
«Tu e Harry eravate davvero uniti, da piccoli» affermò con tenerezza, facendomi trasalire. «Passavate intere giornate insieme, e quando uno dei due doveva tornare a casa spesso eravate in grado di piangere a pieni polmoni perché non volevate che vi separassimo»
Un nodo iniziò inspiegabilmente a stringermi la gola a quelle parole, al che mi girai verso di lei. Teneva in mano una fotografia di me e Harry di spalle che camminavamo su un prato tenendoci per mano; il sole splendeva alla nostra destra, già basso sull'orizzonte, e tingeva il cielo senza nuvole di magnifiche sfumature aranciate.
«Mamma...»
«È davvero un peccato che sia finita così» sospirò, accarezzando piano la lucida carta fotografica con impresse le nostre figure. «Dopotutto nessuno avrebbe potuto immaginare cosa sarebbe successo a quel ragazzo. Dio solo sa quanto deve aver sofferto»
Serrai le labbra, prendendo un respiro che mi attraversò dolorosamente il petto. Avevo accennato vagamente a mia madre i trascorsi di Harry, pregandola di non farne parola con nessuno, e lei ne era rimasta profondamente dispiaciuta; per lei Harry era pur sempre stato tale e quale ad un figlio, data l'amicizia che ci legava.
«Ho sofferto anch'io» rimarcai, forse più duramente di quanto avrei dovuto. «E tanto, anche... ma questo nessuno sembra mai ricordarlo»
Mia madre tornò a guardarmi negli occhi, l'aria apprensiva ed inquieta.
«Non l'ho mai messo in dubbio, Riles» rispose con cauta dolcezza, piegando appena la testa di lato. «So bene quanto fossi innamorata di quel ragazzo; forse l'hai amato anche più di quanto ami Kenneth ora»
«Questo non è vero» protestai, punta nel vivo. «Sto con Kenneth da più di un anno e mezzo, ormai. Con Harry ho passato solo un paio di mesi, senza un minimo di stabilità né di certezze... non puoi nemmeno paragonare le due cose»
Lei strinse delicatamente la presa sulla fotografia, quindi sospirò ancora.
«Ogni volta che ci si innamora accade in maniera diversa» mormorò con pazienza, ammorbidendo lo sguardo. «Quello che hai provato per Harry era molto particolare ed intenso, tesoro. Di Kenneth ti sei innamorata un po' per volta, in tutta sicurezza; hai ragione nel dire che le due cose non si possono paragonare, ma solo perché si sono sviluppate in modi diametralmente opposti»
Rimasi interdetta per un paio di secondi, quindi corrugai la fronte e tornai alla carica.
«Harry non meritava quello che provavo per lui» sibilai con cattiveria, stringendo un pugno contro la superficie della scrivania. «Ha scelto di scappare ancora, nonostante tutto quello che ci eravamo detti, e mi ha lasciata da sola... non meritava niente di niente. Kenneth mi è sempre rimasto accanto, non potrei essere più felice di stare con lui»
Mamma annuì, l'espressione accondiscendente come se avesse a che fare con una bambina che faceva i capricci.
In fondo, dopotutto, era più o meno quello che stavo facendo.
«Se tu sei felice lo sono anch'io, Riles» affermò con il suo miglior sorriso. «Kenneth è un bravissimo ragazzo, mi è piaciuto fin dalla prima volta che l'ho visto; sono certa che sia la persona giusta per te»
Il mio risentimento si disgregò, lasciando spazio al calore affettuoso che mia madre era sempre in grado di regalarmi. Ricambiai il suo sorriso, sentendomi un po' in colpa per come mi ero rivolta a lei, quindi tornai a sederle accanto; teneva ancora tra le mani la stessa fotografia di me ed Harry, e ad un mio cenno me la passò.
Il cielo al tramonto rendeva le nostre figure due semplici sagome scure, pur distinguibili perfettamente; Harry aveva il viso rivolto nella mia direzione e sembrava quasi volermi spronare con la sua tipica impazienza ad andare avanti, a seguirlo, mentre io apparivo in qualche modo esitante ed insicura.
«Hai intenzione di rivederlo, quando uscirà di prigione?» domandò delicatamente mia madre, la voce appena udibile. Io sussultai, voltandomi di scatto nella sua direzione per incontrare il suo sguardo.
«Non potrei...» mormorai smarrita, mentre un macigno sul petto mi impediva quasi di parlare. «Non potrei mai, mamma. È passato così tanto tempo, e poi... cosa dovrei dirgli? Lui avrebbe qualcosa da dirmi?»
«Entrambi avreste parecchio di cui parlare, Riles» rispose lei, posandomi una mano sulla spalla e stringendola piano. «Non è mai bello finire i rapporti nell'incomprensione»
«È stato lui a scappare» farfugliai, ogni parola improvvisamente difficile da far uscire. «Non ha più nulla a che fare con me, ormai. Ho fatto tutto quello che potevo per lui, ma a quanto pare non è bastato»
«Lo capisco, tesoro... ma forse dovresti farlo per te stessa. Non vorresti sapere perché si è comportato come ha fatto? Non te lo chiedi mai?»
Serrai le palpebre, mentre nel mio cervello infuriava il caos più totale.
«Certo che me lo chiedo, però...» esitai, incerta su come spiegarmi, «...però credo che non sarebbe giusto nei confronti di Kenneth. Voglio concentrarmi su di lui, ora, e non posso permettere ai miei scheletri nell'armadio di rovinare quello che abbiamo costruito»
Lei sollevò le sopracciglia, perplessa.
«Dovresti pensare a quello che sarebbe giusto nei tuoi confronti, Riles» mi corresse, al che sentii come una fitta allo stomaco. «Forse risolvere la situazione con Harry una volta per tutte potrebbe finalmente farti vivere in modo più sereno la tua relazione con Kenneth, senza più "scheletri nell'armadio" che a quanto pare tornano ancora a tormentarti... non credi?»
Senza aspettare una risposta si alzò in piedi, muovendo alcuni passi verso la porta della mia stanza; quando fu arrivata alla soglia girò di nuovo la testa nella mia direzione, incontrando il mio sguardo turbato.
«Pensaci, Riles» mi esortò con affetto, guardandomi al di sopra della propria spalla. «Magari è esattamente quello di cui hai bisogno»
Uscì dalla camera prima che avessi il tempo di controbattere, lasciandomi in preda a tutta la mia confusione. Non potevo negare che durante quegli anni mi fossi immaginata centinaia di volte come sarebbe potuto essere incontrare Harry dopo la sua scarcerazione e chiedergli spiegazioni; nella mia testa avevo costruito innumerevoli epiloghi differenti a queste conversazioni, ma dopotutto sapevo bene che se non avessi vissuto quella situazione in prima persona non avrei mai potuto avere una risposta definitiva ai miei dubbi.
Lo sguardo tornò a ricadermi sulla foto che tenevo in grembo, e mai come allora mi sentii incerta quanto la bambina raffigurata in quell'immagine; tuttavia qualcosa dentro di me sembrò investirmi di un improvviso slancio di determinazione che mi fece scattare in piedi in un istante.
Io non scappavo.
Fin da quando avevo ritrovato Harry ero sempre stata io quella che l'aveva rincorso e raggiunto, quella che l'aveva messo di fronte alla verità in tutto il suo nudo orrore, quella che gli aveva fatto infinite domande scomode e che gli era rimasta accanto dopo aver ricevuto risposte ancora più scomode.
Io avevo ancora delle domande da fargli e delle risposte da ricevere.
Harry poteva scappare, ma io ormai avevo imparato a correre più veloce di lui.
Guidata da un impulso irresistibile abbandonai la foto sulla scrivania, spalancando le ante del mio armadio beige ed iniziando furiosamente ad infilare vestiti dentro la valigia; forse, in quel momento, anche la bambina nella fotografia aveva cominciato a camminare verso un orizzonte che ancora non conosceva – un orizzonte che, per quanto sembrasse sereno, l'avrebbe ancora messa alla prova più di quanto avrebbe mai potuto immaginare.
The End
Spazio autrice
Ed ecco che anche Reunited è arrivata alla fine.
Scrivere questa storia è stato una delle cose più belle che io abbia fatto nella mia vita, perciò vi ringrazio di cuore per averne preso parte ♡ [eeee un grazie speciale va alla mia meravigliosa MonicaX1974, lei sa perché. Per tutto, insomma.]
Vi dirò... in realtà avrei voluto concluderla qui, ma chi scrive sa bene che i personaggi delle storie hanno vita propria ed è impossibile tenerli a bada – ragion per cui sono stata tartassata non-stop da Harry nella mia testa perché scrivessi un sequel.
A questo proposito vi chiedo di avere pazienza, perché tra esami universitari e varie sono piena di impegni e ho poco tempo per scrivere :') però abbiate fede, prima o poi arriverà. Voglio prima avere pronti un po' di capitoli in modo da avere il mio solito margine di vantaggio, per sicurezza, e speriamo ne valga la pena ^^
Chiudo qua questa solfa infinita e ne approfitto per dirvi ancora e sempre GRAZIE per aver fatto questo viaggio insieme a me ♡ vi voglio bene.
Un abbraccio forte,
mononokehime_
P.S.: qual è stata la vostra parte preferita della storia? A questo punto sono curiosa hahah
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