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Capitolo 41

I may cry ruinin' my makeup
Wash away all the things you've taken
And I don't care if I don't look pretty
Big girls cry when their hearts are breaking

Big Girls Cry
[Sia]

~~~

Cowley sembrava piuttosto sicuro di sé prima di iniziare a parlare. Dal canto mio mi stavo mordendo il labbro inferiore così forte che quasi temevo si spaccasse, ma non avevo la lucidità per fermarmi.

«Il mio collega ha menzionato le vittime delle aggressioni del mio cliente, e si è fatto portavoce delle loro sofferenze e del loro malanimo nei confronti dell'imputato qui presente» ricordò, una lieve punta di sarcasmo nella voce. «Con il vostro permesso, Vostro Onore, signore e signori della giuria, vorrei iniziare questa arringa leggendo un passaggio della deposizione rilasciata da una di queste vittime – la signorina Riley Fisher, unica testimone della pubblica accusa»

Non appena sentii pronunciare il mio nome ebbi un fremito, ignara di quello che avrebbe potuto leggere; tuttavia mi fidavo della sua bravura, e nonostante avessi testimoniato contro Harry ero certa che Cowley avrebbe saputo rigirare la situazione a proprio vantaggio.

Il permesso gli venne accordato, al che l'avvocato recuperò un foglio dalla cartella che aveva appoggiato al proprio tavolo e si schiarì la voce.

«"Tutto ciò che ricorderò di quella serata non è l'aggressione in sé, ma l'aver ritrovato una delle persone più importanti della mia vita"» recitò, e subito sentii i miei occhi pizzicare. «"Harry ha sbagliato, certo, ma da quando ci siamo incontrati di nuovo mi ha dimostrato giorno dopo giorno il suo desiderio di cambiare vita. Ha avuto il coraggio di fare il primo passo, ed io so che riuscirà ad arrivare fino in fondo

Quando Cowley abbassò il foglio, tornando a perlustrare la sala con lo sguardo, dovetti combattere per ricacciare indietro il nodo che aveva preso a stringermi la gola.

«Queste sono le parole dell'ultima persona che il mio cliente ha aggredito» rimarcò l'avvocato, lanciando un'occhiata quasi affettuosa ad Harry. «La signorina Fisher ed il mio cliente si conoscevano fin dalla tenera infanzia, e sedici anni fa sono stati separati per ragioni irrilevanti ai fini di questa causa. Si sono ritrovati proprio la sera dell'aggressione, in cui la signorina Fisher ha riconosciuto in lui l'amico con cui giocava da bambina»

Era strano sentire quella storia un'aula della Corte d'Assise, durante il processo di Harry; me la faceva vivere quasi come se non l'avessi vissuta di persona.

«L'unica testimone della pubblica accusa non solo non prova alcun tipo di rancore nei confronti del mio cliente, ma lo ritiene una delle persone più importanti della sua vita» sottolineò Cowley, con un luccichio particolare negli occhi. «Tenendo conto della rispettabilità della signorina Fisher – una cittadina onesta e ligia al dovere – mi sento di affermare che se lei stessa non mette in dubbio la credibilità del mio cliente allora nessuno dei presenti in questa corte dovrebbe avere il diritto di farlo»

Deglutii a vuoto, affrettandomi ad esaminare le espressioni dei giurati; i loro volti si mantenevano impassibili, ma temevo che l'uscita di Cowley fosse stata troppo azzardata e drastica.

«Poco fa è stato detto dal mio collega che la nostra capacità di giudizio è stata ottenebrata dal cumulo di notizie di cronaca nera da cui siamo costantemente sommersi, che ci porta a riconoscere l'encomiabile in ciò che dovrebbe solo essere disprezzato; io credo invece che la negatività del mondo in cui viviamo ci abbia resi cinici ed abbia ucciso la nostra empatia, facendoci dimenticare che al di là delle toghe e delle divise a righe da carcerati siamo tutti delle persone, con un passato e delle scelte sbagliate alle spalle»

Le parole dell'avvocato arrivavano dritte al mio cuore, una dopo l'altra, e potevo quasi sentirle scorrere all'impazzata nelle mie vene. Parlava con un'enfasi che non gli avevo mai visto addosso, e avrebbe potuto conquistare anche il più ostinato degli ascoltatori.

«Vostro Onore, signore e signori della giuria... vi chiedo di riconoscere la bontà d'animo del mio cliente e di essere equi nella scelta della pena, ma non ve lo chiedo né per me né per lui» disse con voce ferma, gli occhi che ardevano e fiammeggiavano. «Ve lo chiedo per la signorina Fisher, che nonostante sia stata aggredita crede ancora in quella redenzione su cui il mio collega poco fa ha sputato sopra. Ve lo chiedo per i cittadini inglesi, perché possano continuare a credere nel nostro sistema giudiziario come il più alto degli esempi positivi da seguire, e non come puro accanimento punitivo. Ve lo chiedo per voi stessi, perché oggi possiate tornare a casa sapendo di aver scelto la giustizia e non il pugno di ferro»

Cowley interruppe il suo discorso appassionato, attraversando con lo sguardo ognuno dei giurati come se volesse assicurarsi che il significato delle sue parole fosse arrivato a destinazione.

«Il nostro Paese ha bisogno anche della redenzione dei suoi criminali» riprese poi, più accorato. «Seduto in quest'aula vi è un ragazzo che ha ripudiato tutto ciò che è stato negli ultimi sette anni per tornare ad essere un onesto membro della nostra società; confido che oggi anche voi vorrete fare un primo passo verso un futuro migliore di benessere collettivo. Questo è tutto per la difesa»

Anche l'avvocato venne congedato, quindi i membri della giuria si ritirarono per deliberare il loro verdetto – una formalità, a dire il vero, poiché la sentenza sarebbe stata poi formulata dal giudice in totale autonomia.

Presi un respiro profondo e tremante, tornando ad agganciare lo sguardo alla schiena di Harry, e lui quasi come se mi avesse sentita girò appena la testa verso di me. Scrutò il mio viso per un istante che mi sembrò interminabile, quasi a volerne trarre un briciolo di conforto, poi si riscosse ed interruppe quel contatto tornando a voltarsi verso il giudice e lasciandomi con un senso di inquietudine pungente che non seppi spiegarmi.

***

Il giudice si era ritirato nella Camera di Consiglio da ormai più di mezz'ora, e sentivo che i miei nervi si stavano logorando sempre di più minuto dopo minuto.

«Ehi»

La voce di Anne sembrava distante anni luce, ma mi sforzai per tornare presente a me stessa e rivolgerle lo sguardo meno smarrito che potei.

«Scusami, Anne» sospirai, abbassando gli occhi sulle mie dita intrecciate in grembo. «Sto facendo davvero fatica per impedirmi di impazzire, in questo momento»

«So che non è facile, tesoro, ma devi cercare di farti forza» mormorò con calore, posandomi una mano sulla spalla. «Andrà tutto bene»

Somiglia così tanto ad Harry, quando lo dice...

«Non ho idea di come fare» risposi con un filo di voce. «È... è un incubo, non riesco a credere di trovarmi in questa situazione»

«Devi... dobbiamo essere serene per lui» affermò di rimando, il tono appena incerto. «Ha preso una decisione che gli pesa addosso più che abbastanza. Non possiamo fare altro che provare ad alleviargli questo carico»

Annuii debolmente, le spalle curve dallo sconforto. Era quello che continuavo a ripetermi da settimane, ma inevitabilmente la mia parte istintiva ed emotiva prendeva il sopravvento – facendomi ripiombare senza pietà nel tunnel dell'angoscia rancorosa.

«Ho paura che in carcere gli succeda qualcosa» sussurrai, stringendo con forza le dita intorno alla cinghia della borsa. «Ho paura che gli facciano del male, o che lui perda il controllo e si metta nei guai... è vissuto per anni in mezzo a criminali, Anne, ed è così irritabile... se qualcuno lo provoca e lui reagisce? Rischierebbe di peggiorare la sua situazione, e di non uscire più da quella maledetta prigione...»

«Riles... Riley, tesoro, Harry starà bene» tentò di rassicurarmi lei, visibilmente turbata dal mio blaterare incontrollato. «Non gli succederà nulla, e noi andremo a trovarlo spesso. Starà bene, d'accordo?»

Mi costrinsi a muovere la testa in un vago cenno affermativo, anche se dentro di me vorticavano i pensieri intrusivi più tragici. Tornai a guardare Harry, che si stava passando una mano sulla nuca; di tanto in tanto l'avevo notato cercare istintivamente con le dita le lunghe ciocche ondulate che fino al giorno prima gli toccavano le spalle, per tormentarle come era abituato a fare, ma all'ultimo momento si ricordava che non c'erano più ed abbassava il braccio con uno sbuffo leggero.

Non riuscivo ad impedirmi di osservare ogni suo più piccolo movimento, ogni gesto, ogni particolare che riuscivo a cogliere; anche se ormai li conoscevo tutti perfettamente a memoria in quel momento ciascuno di essi per me era prezioso come il più grande dei tesori.

Ero così assorta nel mio rimuginare che quando l'usciere d'udienza annunciò l'ingresso del giudice trasalii; mi alzai in piedi in fretta seguendo l'esempio dei presenti, il cuore in gola, e quando il magistrato invitò tutti ad accomodarsi obbedii meccanicamente.

Tutti i miei sensi erano allertati e vigili, pronti loro malgrado ad ascoltare la sentenza.

«Nella mia pluridecennale esperienza in ambito legale, prima come avvocato difensore e poi come giudice, ho visto condannare – e condannato – migliaia di imputati» esordì lui con aria grave, gli occhi che saggiavano con attenzione ogni centimetro dell'aula. «Tuttavia questo è il primo caso che mi si presenta in cui l'imputato stesso si sia consegnato di sua spontanea volontà alle autorità, senza alcun sospetto né accusa a suo carico»

Il giudice si soffermò per qualche istante con lo sguardo su Harry, indugiando sul suo viso come a volerne carpire anche solo un dettaglio che gli permettesse una migliore comprensione delle ragioni del suo gesto, quindi proseguì.

«Harold Edward Styles ha passato gli ultimi sette anni a collezionare un crimine dietro l'altro, tra detenzione e spaccio di droghe di classe A e B, aggressioni, borseggi, rapine e porto illegale d'armi, riuscendo miracolosamente per tutto questo tempo a sfuggire alla mano della giustizia senza mai venire arrestato. Non ha alcun precedente penale, agli occhi del mondo è un perfetto cittadino inglese al pari di me»

Non riuscii nemmeno ad abbozzare un sorriso a quel blando tentativo di spezzare la tensione che aleggiava nell'aula; desideravo solo potermi allontanare al più presto da quel clima soffocante.

«Chiunque al posto suo avrebbe cavalcato l'onda di questo talento, approfittandone per vivere una vita serena e spensierata, ma Harold Edward Styles ha deciso di pagare il prezzo dei propri crimini uscendo allo scoperto e consegnandosi alla giustizia» sottolineò energicamente il giudice, gli occhialetti che tremavano sulla punta del suo naso adunco. «Mi riservo la facoltà di considerarlo un atteggiamento da perfetto cittadino inglese»

Un brusio sconcertato si diffuse tra i presenti, al che il magistrato dovette richiamare l'aula all'ordine battendo alcuni colpi con il martelletto. Realizzai solo allora che stavo trattenendo il respiro.

«È mio dovere, in qualità di rappresentante della giustizia, attribuire una pena adeguata ai numerosi reati commessi dall'imputato sulla base delle linee guida relative ai suddetti crimini e dello stare decisis» sentenziò il giudice, un po' seccato dall'interruzione. «È altresì mio dovere tenere conto di una serie di fattori complementari al fine di adeguare il peso della sentenza al caso specifico»

Mi agitai sulla mia sedia, divorata dall'angoscia.

«Per detenzione e spaccio di stupefacenti di classe A e B, sulla base della sezione 5.3 dell'Atto sull'Abuso di Droghe del 1971, la pena decisa è di quattro anni di prigione più il pagamento di una multa di 3000 sterline»

Harry non mosse un muscolo, mentre io mi sentii sprofondare il cuore nel petto.

«Tuttavia, tenendo in considerazione come fattore mitigante la scarsa purezza della droga accertata dalle indagini del CPS, ritengo opportuno ridurre la pena carceraria di un anno, per un totale di tre anni e 3000 sterline di multa»

Anne chiuse gli occhi, abbassando la testa mentre liberava un sospiro insieme sollevato e carico di tensione. Allungai una mano verso le sue, strette in grembo, e ve la posai sopra per rassicurarla.

«Per borseggio ed aggressione ai danni di civili con intento di rapina, sulla base della sezione 224 dell'Atto di Giustizia Criminale del 2003, la pena decisa è di tre anni di prigione» affermò, sistemandosi gli occhiali sul naso. «Per detenzione illegale di arma da fuoco in aree pubbliche, sulla base della sezione 1.1 dell'Atto sulla Prevenzione del Crimine del 1953, la pena decisa è di sei mesi di prigione»

Mentre ascoltavo il giudice elencare quella lista infinita di crimini e sentenze stavo sudando freddo, e potevo sentire tutto il mio corpo tremare; Harry era perfettamente immobile, non potevo vedere la sua espressione ma le parole del magistrato sembravano non sfiorarlo nemmeno.

«La sentenza complessiva corrisponde a sei anni e mezzo di carcere ed una multa di 3000 sterline» riepilogò il giudice, un leggero cipiglio a corrugargli la fronte. «Tuttavia ci sono alcune considerazioni da prendere in esame»

Deglutii a vuoto, aggrappandomi con tutte le mie forze al barlume di speranza che mi era rimasto. Forse non tutto era perduto.

«Innanzitutto non posso esimermi dall'applicare il principio di totalità previsto dalle linee guida penali, secondo cui nel caso di più accuse la pena carceraria totale non va intesa come somma aritmetica delle singole sentenze, ma ricalcolata in maniera giusta ed appropriata tenendo conto di vari aspetti quali il contesto in cui i crimini sono stati perpetrati e la condotta generale dell'imputato»

Il mio cuore raddoppiò la velocità dei battiti, e mi raddrizzai sulla sedia con il labbro inferiore stretto tra i denti.

«Inoltre, come già detto, l'imputato non si è limitato a dichiararsi colpevole in tribunale – o addirittura solo in questa Corte d'Assise» rimarcò, intrecciando le dita delle mani davanti a sé. «Ha scelto invece di andare alla polizia e denunciare i suoi stessi crimini ancor prima che qualsiasi accusa fosse mossa nei suoi confronti. Come capo di questa Corte sono chiamato dalla legge ad individuare un eventuale pentimento nell'imputato ed a tenerne conto nella formulazione della sentenza – e mi sento in grado di affermare, in accordo con la giuria, che non esista prova più evidente di questa della genuinità del rimorso del qui presente Harold Edward Styles»

A quelle parole sentii gli occhi gonfiarsi di lacrime, e lanciando un'occhiata ad Anne accanto a me notai che era lo stesso anche per lei.

«È per questi motivi che appongo una riduzione della pena carceraria di due anni e sei mesi, per un totale di quattro anni da scontare a partire da oggi 17 giugno 2015 e di una multa di 3000 sterline da pagare entro dodici mesi. Così è deciso, la seduta è tolta»

Un secco colpo di martelletto sancì la fine del discorso, ed istintivamente mi alzai in piedi mentre la piccola folla di spettatori iniziò a parlottare. Tenevo gli occhi fissi sulla schiena di Harry, e quando vidi due guardie andare nella sua direzione per portarlo via mi riscossi come se mi avesse attraversata una scarica elettrica e mi precipitai verso di lui.

«Aspettate, vi prego, solo un momento» balbettai confusamente, al che i due si lanciarono un'occhiata dubbiosa ma lasciarono la presa sulle braccia di Harry, che mi guardò come se non riuscisse a capacitarsi del fatto che fossi davvero lì davanti a lui in un momento del genere.

«Ri...»

«Harry, io...» annaspai, odiando le lacrime che mi offuscavano gli occhi perché mi impedivano di vedere con chiarezza il suo viso. «Te lo giuro... verrò a trovarti ogni volta che me lo permetteranno, d'accordo?»

La sua fronte si distese ed un piccolo sorriso malinconico gli comparve sulle labbra mentre sollevava una mano per sfiorarmi la guancia.

«Non piangere, Ri» mormorò, nonostante la sua stessa voce tremasse mentre parlava. «Ti prego, non piangere»

Serrai i denti, il petto che mi bruciava dolorosamente dalla voglia di scoppiare in lacrime. Feci per rispondere ma vidi le due guardie afferrare di nuovo le sue braccia, al che un'ondata di panico si diffuse in tutto il mio corpo.

È finita, lo stanno portando via per davvero.

Con il cuore che martellava contro le costole percorsi in un passo la breve distanza che ci separava, presi il suo viso tra le mani e lo baciai con tutta la disperazione che mi scorreva nelle vene insieme al sangue. Nella mia mente registrai ogni dettaglio del suo sapore, della morbidezza delle sue labbra, del calore della sua pelle, della linea definita della sua mandibola; mi sforzai di imprimere ogni particolare nel più profondo della mia anima, in modo che non sbiadisse mai, in modo che potesse accompagnarmi sempre durante i quattro anni in cui saremmo dovuti restare separati.

«Si allontani, signorina. Il tempo è scaduto»

La voce secca ed imperativa di una delle guardie mi riportò alla realtà, e combattendo contro me stessa mi allontanai da Harry. Il verde delle sue iridi era in tempesta, ma il suo viso era una maschera di pietra; l'esatto opposto del mio, che era rigato dalle lacrime e deformato dal dolore.

Tutto il mio corpo tremava e formicolava, mi sentivo completamente scollegata dalla realtà mentre i due uomini portavano via il ragazzo di cui ero innamorata. Era come se avessero scavato nel mio petto a mani nude e si fossero portati via il mio cuore ancora pulsante insieme a lui.

Quando una presenza familiare mi avvolse le spalle con un braccio ogni barlume di forza d'animo che ero riuscita a racimolare si disgregò inesorabilmente. Mi girai verso Anne e scoppiai a piangere sul suo petto, senza neppure sentire le sue mani che mi accarezzavano i capelli ed i singhiozzi che facevano sussultare anche il suo corpo.

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