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Capitolo 38

There's no time for us
There's no place for us
What is this thing that builds our dreams,
Yet slips away from us?

Who dares to love forever
When love must die?

Who wants to live forever
[Queen]

~~~

Quando uscii dalla stazione di polizia, circa mezz'ora dopo, non riuscii a tornare a casa. Nonostante l'agente Cotton mi avesse detto che non mi era possibile vedere Harry non potevo fare a meno di indugiare nei pressi della centrale, passeggiando avanti e indietro ad una decina di metri dall'ingresso senza neppure sapere il perché.

Non sapevo bene cosa stessi aspettando, né se stessi effettivamente aspettando qualcosa; forse mi stavo solo aggrappando a qualche illusione, a qualche speranza, o forse semplicemente era un modo per sentirmi un po' più vicina ad Harry.

Dopo diversi minuti mi bloccai, come folgorata da un lampo di ispirazione; frugai freneticamente nella borsa per cercare il telefono, che subito sbloccai per andare ad aprire un contatto che avevo aggiunto nella mia rubrica solo pochi giorni prima. Fu una questione di pochi istanti prima che mi portassi il cellulare all'orecchio, ascoltando con impazienza il suono monotono della linea libera.

«Riley, tesoro, che sorpresa! Va tutto bene?»

«Anne, scusa se ti disturbo» risposi con urgenza febbrile, sistemandomi la borsa in spalla. «Si tratta di Harry»

Un paio di secondi di silenzio seguirono quella mia criptica affermazione.

«Che succede?» chiese con cauta apprensione, il tono velato di angoscia.

«Lui... si è fatto arrestare, Anne» mormorai a fatica, mentre un doloroso nodo iniziava a gonfiarsi nella mia gola. «È andato alla polizia senza dirmi niente, un agente è arrivato al lavoro e mi ha chiesto di andare a testimoniare, ora sono uscita dalla centrale di Brixton e non... non so cosa fare, non mi permettono di vederlo e io non so cosa fare. Non so cosa fare...»

Alcuni singhiozzi spezzarono il mio confuso monologo, senza però rilasciare neppure un briciolo della tensione che ancora mi attanagliava.

«Il suo avvocato è lì con lui?» domandò, cercando di nascondere il tremito della sua voce. «L'ha assistito durante l'interrogatorio?»

«Non lo so» farfugliai, sedendomi su un muretto poco oltre. «So solo che Harry con me non aveva parlato di nulla, e ora non posso nemmeno andare da lui»

La sentii sospirare, di certo stava facendo un notevole sforzo per mantenere la calma ed io non la stavo affatto aiutando.

«Ascoltami, Riley» disse poi, come animata da qualche misteriosa risoluzione. «L'avvocato di Harry si chiama Robert Cowley. Ti mando il suo numero, e tu telefonagli subito; se è con Harry potrà incontrarti, e se mio figlio non aveva detto niente neppure a lui arriverà alla centrale per salvare il salvabile. Se ci sarà una cauzione da pagare ci penserò io»

Annuii vigorosamente anche se non poteva vedermi, rinfrancata da quella prospettiva. Avevo davvero bisogno di qualcuno che mi rassicurasse, in quel momento ero ben poco padrona di me stessa e sarebbe bastato un nonnulla per farmi crollare.

«Grazie, Anne» sospirai, passandomi la mano libera sulla fronte. «Lo farò subito»

«Grazie a te per avermi avvisata, tesoro» rispose con la sua calda dolcezza. «Tienimi aggiornata, d'accordo?»

«D'accordo. A dopo, ti chiamo appena so qualcosa»

Riattaccai con il cuore più leggero, vedendo lo schermo illuminarsi pochi secondi dopo quando Anne mi inviò il contatto dell'avvocato; non persi nemmeno un istante ad aprire il messaggio, ed avviai la chiamata senza neppure preoccuparmi di salvare prima il numero.

«Avvocato Robert Cowley, chi parla?»

«Salve, signor Cowley» esordii, lievemente intimorita. «Sono Riley Fisher, la... un'amica di Harry Styles. È suo cliente, giusto?»

«Spiacente, signorina Fisher. Non sono autorizzato a rivelare l'identità dei miei clienti, per ragioni di privacy. Il codice deontologico dell'Avvocatura me lo impedisce»

Serrai i denti, tentando di tenere a bada la frustrazione che iniziava già a farmi prudere le mani.

«Harry è andato alla polizia e si è costituito senza dire nulla a nessuno» sbottai, passandomi il cellulare da un orecchio all'altro. «Ne era a conoscenza oppure preferisce far finta di nulla pur di attenersi al suo stupido codice deontologico?»

L'avvocato ammutolì per diversi secondi, quindi prese un profondo sospiro.

«Mi dica dove si trova Harry, signorina Fisher» replicò soltanto, e potevo percepire chiaramente l'irritazione che pervadeva le sue parole. «Cercherò di arrivare il prima possibile»

«Alla stazione di polizia di Brixton» mi affrettai a rispondere, grata di essere riuscita a smuovere il suo orgoglio professionale. «Sono qui anch'io, la aspetto fuori dall'ingresso»

Bloccai il telefono quando riattaccò, infilandolo in borsa senza poter fare a meno di fremere per l'impazienza. Ero aggrappata alla speranza che l'intervento dell'avvocato potesse ribaltare la situazione, o perlomeno darmi la possibilità di rivedere Harry.

Passò quasi mezz'ora prima che vedessi una lucida Jaguar argentata parcheggiarsi a pochi metri da me; quando il motore si spense ne scese un robusto uomo sulla cinquantina, in giacca e cravatta, piuttosto trafelato. Mi avvicinai timidamente di un paio di passi, al che lui mi puntò lo sguardo addosso.

«Avvocato Cowley?» azzardai, guadagnandomi un breve cenno affermativo da parte sua.

«Riley Fisher, giusto?» chiese di rimando, sistemandosi il nodo della cravatta. «Sia chiaro che questa è una situazione del tutto eccezionale. Non è mia abitudine rivelare i nomi dei miei clienti»

«Se è per questo non è mia abitudine dover provocare un avvocato per ottenere la sua collaborazione» replicai sottovoce a denti stretti, al che lui mi lanciò un'occhiata obliqua. Probabilmente non gli stavo molto simpatica, ma poco m'importava.

«Quando è stato interrogato Harry?» domandò, ignorando il mio sarcasmo. Dovetti rifletterci su per alcuni secondi prima di rispondere.

«L'agente che ha raccolto la mia deposizione ha detto di aver condotto il suo interrogatorio stamattina» risposi stringendomi nelle spalle. «Probabilmente è andato alla polizia poco dopo che me ne sono andata da casa sua»

«È ancora in custodia?»

«Sì, ma non mi hanno permesso di vederlo» sospirai, sistemandomi la borsa in spalla. «Lei può andare a parlargli?»

Cowley annuì, passandosi una mano sul mento liscio.

«Ci sono ben poche situazioni in cui ad un avvocato possa essere impedito di parlare con il proprio cliente» affermò, la voce ferma e sicura. «Tuttavia al momento non ci dovrebbe essere nessun problema»

Deglutii, tormentandomi le dita delle mani.

«Lei crede... crede che la situazione di Harry sia tanto grave?» chiesi, trovando più difficile del previsto formulare quella domanda. «Servirà a qualcosa il fatto che si sia costituito di sua spontanea volontà?»

«Certo, questo è indubbio» mi rassicurò con un cenno affermativo. «Spesso le pene possono venire ridotte anche di un terzo se l'imputato si dichiara colpevole fin da subito. Il resto dipenderà da come il CPS presenterà il caso di Harry al Pubblico Ministero, e come questo lo presenterà a sua volta al giudice»

«Il CPS...?» ripetei incerta, senza avere la più pallida idea di cosa stesse parlando.

«È il Crown Prosecution Service, la polizia giudiziaria» spiegò brevemente, lisciandosi una leggera piega della giacca. «Si occupa delle procedure investigative, è l'organo a cui vengono affidate le indagini quando un sospettato viene arrestato. Una volta che si hanno sufficienti elementi per portare il caso davanti ad un giudice, il materiale raccolto viene affidato al Pubblico Ministero che prende le parti dell'accusa in tribunale»

«Capisco» mormorai, la voce ormai poco più di un sussurro. «Harry è stato interrogato anche da loro?»

«Harry è stato tenuto in custodia mentre il CPS svolgeva accertamenti nei suoi confronti, poi è stato interrogato dagli agenti qui a Brixton e riportato in cella. Teoricamente dovrebbe restarci fino alla sentenza, ma se si ha una ragionevole certezza che il sospettato si presenterà di certo in tribunale allora si può ottenere il rilascio su cauzione; tuttavia esso può non venire concesso se il sospettato in questione è ritenuto un significativo pericolo pubblico oppure se si immagina che probabilmente una volta rilasciato non si farà più vedere»

Parlava decisamente come un libro stampato.

«Ma Harry è andato a costituirsi di sua spontanea volontà» osservai, riflettendo su quello che mi aveva detto l'avvocato. «Non avrebbe senso che scappasse appena rilasciato»

«Difatti sono convinto che non gli verrà negata la libertà su cauzione» rispose Cowley, annuendo. «Che poi si tratti di una cauzione in denaro o di altro tipo, questo sarà da vedere»

Serrai le labbra, pregando dentro di me che avesse ragione; nella mia mente non volevo ammettere la possibilità di non poterlo più riabbracciare.

Non potevo farlo.

«Andiamo, signorina Fisher» mi esortò l'avvocato, invitandomi con un cenno a seguirlo. «Siamo davanti ad una stazione di polizia, ma questa è pur sempre Brixton. Non le consiglio di aspettarmi fuori»

Deglutii a vuoto, rendendomi conto che non avevo minimamente pensato a questo dettaglio. Ero talmente presa dal pensiero di Harry che mi ero dimenticata persino di dove mi trovassi.

Senza ribattere seguii Cowley attraverso le porte scorrevoli trasparenti, e pochi passi dopo fui di nuovo al front desk. L'agente che vi sedeva dietro spostò lo sguardo tra me e l'avvocato con aria confusa, quindi si schiarì la voce.

«Come posso...?»

Feci per rispondere ma Cowley mi anticipò, con il suo miglior cipiglio professionale.

«Sono il legale di Harry Styles, ho saputo che il mio cliente è stato interrogato ed è in custodia qui» esordì, l'espressione distesa anche se impassibile. «Vorrei sapere per quando è prevista l'udienza»

Il poliziotto tornò a guardare il monitor del pc, digitando qualcosa sulla tastiera e poi rivolse di nuovo lo sguardo verso di noi.

«L'udienza è stata appena fissata per domattina alle 10, nel tribunale di Camberwell Green» lesse ad alta voce, al che il mio cuore quasi si fermò.

Domattina...?

«Signorina Fisher, visto che è qui le consegno già subito il mandato di comparizione come testimone» aggiunse l'agente, avviando la stampa di un documento. «Ha problemi con l'orario? Forse lavora?»

«N...no, io non... non lavoro domattina» balbettai, prendendo meccanicamente il foglio appena stampato che mi porgeva. «Cosa dovrò fare?»

«Nulla di particolare, signorina Fisher» mi rassicurò, con scarso successo. «È sufficiente che si presenti in tribunale e raggiunga l'aula; lì le verrà comunicato tutto quello che sarà necessario, non si preoccupi»

Portai lo sguardo sul foglio che tenevo in mano, ma ero così carica di confusa angoscia che non riuscivo a soffermarmi nemmeno su una parola. Rivolsi un'occhiata quasi disperata a Cowley, che sospirò nel vedermi in quello stato.

«Pensavo che bastasse la dichiarazione che avevo rilasciato prima» sussurrai, le parole che faticavano ad uscire. «Dovrò testimoniare contro di lui anche in tribunale?»

L'avvocato scosse appena la testa.

«Vedrà che non sarà necessario» affermò, anche se l'espressione si manteneva grave. «All'inizio dell'udienza il cancelliere leggerà ad Harry i capi d'accusa che sono stati formulati nei suoi confronti, e se lui si dichiarerà colpevole non ci sarà bisogno della sua testimonianza. La deposizione scritta sarà sufficiente»

Deglutii a vuoto mentre tornava a voltarsi verso il poliziotto, ed abbassai lo sguardo. La testa mi pulsava, il mio cervello non sembrava essere in grado di trattenere alcun tipo di informazione se non il fatto che il mattino successivo sarebbe stata probabilmente l'ultima volta in cui avrei potuto riabbracciare Harry.

L'agente e l'avvocato stavano parlottando tra loro, ma non riuscivo neppure ad ascoltarli; ero completamente annichilita, volevo solo tornare a casa e piangere fino a crollare.

Ad un certo punto Cowley si avvicinò a me, lanciandomi un'occhiata vagamente apprensiva.

«Torni a casa e si riposi, signorina Fisher» mi esortò, la fronte distesa. «Io vado a fare due chiacchiere con Harry. Mi hanno dato il permesso di vederlo, anche se non potrò stare molto»

Sbattei le palpebre, completamente smarrita.

«Ma... e la cauzione?» domandai con l'angoscia che mi serrava la gola. «Harry non potrà tornare a casa stasera?»

L'avvocato sospirò, passandosi una mano tra i capelli radi.

«Per ottenere un rilascio su cauzione è necessario un giudice, signorina Fisher» spiegò con insolita pazienza. «Di solito se ne discute alla prima udienza, che avviene entro ventiquattr'ore dall'arresto»

Sentii anche le mie ultime fragili speranze disgregarsi come un castello di sabbia, e dovetti appellarmi a tutto il mio autocontrollo per non andare in crisi.

«Lei mi ha fatto credere che si poteva ancora fare qualcosa» sibilai, la voce intrisa di rabbia rancorosa. «Aveva detto che non ci sarebbero stati problemi!»

«Non ho mai detto che Harry sarebbe potuto essere rilasciato stasera» ribatté spazientito, portandosi le mani sui fianchi. «Questa è stata una sua assunzione»

Ingoiai a fatica l'amara delusione, i pugni stretti dalla frustrazione di sentirmi completamente impotente ed in torto. L'avvocato aveva ragione; ero stata io a distorcere le sue affermazioni, piegandole nella direzione che speravo potessero prendere, guidata dal desiderio bruciante di rivedere Harry.

Quindi è davvero finita. Domattina me lo porteranno via, e probabilmente non riuscirò nemmeno a riabbracciarlo.

Stavo per farmi sopraffare dallo sconforto quando Cowley prese un altro sospiro e si rivolse di nuovo a me.

«Ascolti, signorina Fisher. Non si abbatta fin da subito, perché con ogni probabilità la faccenda non sarà conclusa domani»

Spalancai gli occhi, una nuova ondata di speranza che tornava a riversarsi dentro di me.

«Che significa?»

«Harry ha commesso dei crimini piuttosto gravi, ed un qualunque tribunale di distretto non ha sufficienti poteri per formulare una condanna adeguata» mi spiegò, abbassando la voce. «Sono certo che domani il giudice rimanderà il caso alla Corte d'Assise, un organo giuridico superiore, e prima della sentenza definitiva passeranno probabilmente alcune settimane»

Se da un lato la parola "condanna" mi aveva fatta sudare freddo, dall'altro sentivo come se dal mio cuore si fosse tolto un peso.

«E nel frattempo Harry verrà liberato?»

«Richiederemo la cauzione, ne ho già parlato con l'agente» rispose, facendo un breve cenno verso il poliziotto seduto dietro al bancone. «Domani il giudice deciderà le modalità, ma sono fiducioso; cerchi di esserlo anche lei»

Nascosi il viso tra le mani, prendendo un respiro profondo e tremante nel tentativo di calmare il tumulto che sentivo impazzare in me. Ero esausta, non mi sentivo in grado di poter gestire tutto quello che era successo durante la giornata.

«Torni a casa, signorina Fisher» ripeté l'avvocato qualche istante dopo, posandomi delicatamente una mano sulla spalla. «Ha bisogno di farsi una bella dormita. Io devo andare a parlare con Harry, ora; ci rivedremo domattina prima dell'udienza. Si ricordi: tribunale di Camberwell Green, alle 10»

Annuii debolmente, sistemandomi meglio la borsa in spalla; l'espressione di Cowley sembrava quasi gentile, e forse vagamente preoccupata. Con un sospiro gettai uno sguardo alle porte scorrevoli, tornando solo dopo a guardare negli occhi l'uomo di fronte a me.

«Allora... io vado» mormorai, un po' a disagio. «Quando... quando vedrà Harry, gli dica che...»

Mi bloccai prima di finire la frase, serrando le palpebre e scuotendo la testa. Cos'avrebbe dovuto dirgli? Che morivo dalla voglia di poterlo abbracciare e baciare di nuovo? Che ero incazzata nera per il fatto che aveva deciso di costituirsi senza avvisarmi? Che nonostante tutto mi mancava come l'aria e che avrei voluto solo essere insieme a lui in quel momento?

«Niente, lasci perdere» ritrattai rassegnata, spostando il peso del corpo da un piede all'altro. «Buona serata, signor Cowley; a domattina»

Non lo guardai neppure negli occhi mentre uscivo dalla stazione di polizia, dimenticandomi pure di salutare l'agente al front desk. Mi incamminai spedita verso la fermata dell'autobus, incurante di qualsiasi cattiva compagnia potessi incontrare durante il percorso.

Era incosciente e stupido, certo, ma se mi avessero aggredita in quel momento non me ne sarebbe potuto importare di meno. Anzi, forse nemmeno me ne sarei accorta, tanto ero assente.

Quando arrivai a casa lasciai la borsa su una sedia e mi lasciai cadere sul letto ancora completamente vestita con tanto di giacca, sentendomi invadere sempre di più da una sensazione di apatia sconfinata. Qualcosa dentro di me mi faceva ancora sperare che, se mi fossi addormentata, l'indomani mattina avrei scoperto che quella giornata era stata solo un brutto incubo.

Avevo appena racimolato le forze per mettermi a sedere sul materasso quando sentii squillare il telefono all'interno della borsa; mi alzai e percorsi i pochi passi che mi separavano dalla sedia, quindi recuperai il cellulare e lessi il nome sul display.

Anne.

«Pronto?» esordii dopo aver accettato la chiamata, passandomi una mano tra i capelli.

«Ehi, Riley» rispose Anne, un poco esitante. «Com'è andata?»

Presi un sospiro mentre tornavo a sedermi sulla sponda del letto.

«Abbastanza bene, credo» mormorai, abbassando lo sguardo. «L'udienza è domattina»

Potei percepire la sua incredula sorpresa attraverso la linea.

«Come, domattina?» chiese, non senza una buona dose di ansia. «Cos'ha detto l'avvocato? Harry è lì con te?»

«A quanto pare per richiedere una cauzione bisogna andare in tribunale, quindi in ogni caso almeno fino a domani non l'avrebbero potuto rilasciare» chiarii, cercando di rilassare le spalle che iniziavano a dolermi per tutta la tensione accumulata. «Però da quel che mi ha detto Cowley la sentenza non verrà formulata domattina, ma tra qualche settimana alla Corte d'Assise»

«Le Assise... mio Dio» sussurrò Anne con un filo di voce, carica di preoccupazione. «Non mi era nemmeno passato per la testa, ma avrei dovuto immaginarmelo...»

«Però probabilmente l'avvocato riuscirà a far rilasciare Harry durante quel periodo fino alla sentenza» tentai di mettere in luce il lato positivo della situazione, ben conscia di aver bisogno di tenerlo presente almeno quanto lei. «C'è ancora un po' di tempo»

«Speriamo che sia davvero così, Riley» sospirò, facendo poi una piccola pausa. «Tu come stai?»

Per qualche secondo meditai di confezionare una risposta standard che non facesse trasparire il mio reale stato d'animo, ma vi rinunciai quasi subito – non sarei proprio stata in grado di renderla credibile.

«Uno schifo» ammisi, massaggiandomi una tempia. «È stata una giornata orrenda»

«Posso capirlo, tesoro. Cerca di non buttarti troppo giù, d'accordo? Harry tiene tanto a te, non avrebbe mai voluto farti sentire così male»

Alcune lacrime iniziarono a pizzicarmi gli occhi a quelle parole, ma mi sforzai di ricacciarle indietro; se avessi iniziato a piangere non sarei più riuscita a smettere.

«Se ci tenesse davvero non sarebbe andato alla polizia senza dirmi nulla» replicai duramente, tirando su col naso. «Forse dopotutto non sono importante per Harry quanto lui lo è per me»

«Non dire così, Riley» mi rimproverò Anne, seppur con dolcezza. «Non vedevo mio figlio da anni, ma sono pur sempre sua madre e capisco benissimo se mi sta mentendo; quando mi ha parlato del vostro rapporto ho potuto vedere con i miei occhi quello che prova per te. Credimi, mia cara»

Mi morsi il labbro inferiore così forte che quasi temetti di essermelo spaccato, ma non volevo cedere al pianto.

«Sia quel che sia, ora lui è dietro le sbarre e domani mattina verrà processato» sputai cercando di mantenermi imperturbabile, ma la voce mi si ruppe sull'ultima parola. «Forse dovrò testimoniare contro di lui e non posso nemmeno stargli accanto stanotte...»

Mi piegai in avanti fino ad appoggiare la fronte sulle ginocchia, serrando gli occhi e la mascella nel blando tentativo di tenere sotto controllo la sofferenza che minacciava di farmi esplodere il petto da un momento all'altro.

«Tesoro... vedrai, Harry starà bene» provò a consolarmi Anne, nonostante lei stessa probabilmente fosse lacerata dal dolore quanto me. «Otterrà il rilascio su cauzione e presto potrai riabbracciarlo»

«Io lo amo, Anne» confessai in un sussurro soffocato, senza riuscire ad impedire ad una lacrima solitaria di bagnare i miei jeans. «Non riesco a sopportare di avere così poco tempo con lui... non ci riesco»

La sentii camuffare un singhiozzo, e quando parlò di nuovo la sua voce tremava.

«Oh, Riley, posso capirti fin troppo bene» mormorò con tono vacillante, al che il mio cuore si spezzò. «Sono stata separata da lui per dieci anni, e purtroppo non smette mai di fare male. Ma tu non dovrai aspettare così a lungo, mia cara; vedrai, andrà tutto bene»

«Lo so» riuscii solo a rispondere, con un filo di voce. «Scusami, Anne, ora devo andare. Ti chiamerò domani»

«Riposati, tesoro. Ci sentiamo domani»

Quando riattaccai bloccai il telefono, mi cambiai e mi infilai a letto senza neppure preoccuparmi di cenare. Avevo lo stomaco chiuso, ed in ogni caso non avrei avuto le energie per mettermi a cucinare.

In qualche modo riuscii ad addormentarmi, tormentata da pensieri catastrofici e da incubi angoscianti, ed anche nel sonno continuai a desiderare confusamente lo sguardo caldo di un paio di occhi di giada ed il tocco di due mani cariche di anelli.

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