Capitolo 33
Well I've got thick skin and an elastic heart
But your blade, it might be too sharp
I'm like a rubber band until you pull too hard
But I may snap when I move close
But you won't see me fall apart
Elastic Heart
[Sia]
~~~
Harry's POV
Rimasi interdetto per diversi secondi prima di deglutire a vuoto e rispondere.
«Come...»
«Ci conosciamo da sette anni, Harry. Mi stai veramente chiedendo come faccio a saperlo?»
Serrai i denti, reprimendo la sequela di bestemmie che mi era salita alla lingua.
«Hai tracciato il mio telefono?»
«Felice di constatare che non ti sei ancora dimenticato di come lavoro»
«Laz, porca puttana» sibilai, passandomi nervosamente una mano tra i capelli. «Perché mi hai chiamato?»
Lo sentii ridacchiare silenziosamente all'altro capo della linea, al che ebbi un fremito.
«Sono sicuro che un'idea già ce l'hai»
Sapevo a cosa si stava riferendo; mi stava ricordando che aveva il coltello dalla parte del manico, e che se non ero già nella merda fino al collo avrei potuto ritrovarmici molto presto.
«L'hai detto a qualcuno?» azzardai, infilando le dita tra i capelli. Nella breve pausa che seguì un milione di ipotesi disastrose mi attraversarono la mente, ed in buona parte di esse c'era Big Shade che mi fracassava il cranio.
«Credi che avrei ragione a farlo?»
Detestavo gli atteggiamenti elusivi ed i giochi di parole; mi irritavano enormemente, mettendo alla prova la già minuscola dose di pazienza che avevo. Tuttavia sapevo bene di non essere di certo il padrone della situazione, in quel momento, perciò feci del mio meglio per mantenere il controllo di me stesso.
«Dimmi solo se l'hai fatto, Laz» replicai a denti stretti, la mascella tesa. Dentro di me pregavo che non l'avesse fatto, anche se era gli occhi e le orecchie di Big Shade e non mancava mai di informarlo di qualsiasi cosa.
«Big S non lo sa» affermò infine, e dovetti sforzarmi per trattenere un sospiro di sollievo. «Non ancora, almeno. Ma voglio che tu mi dica perché sei tornato a Manchester»
«A che servirebbe?» ribattei, con la voce venata di amarezza. «Che te lo dica oppure no, tu andrai a riferirglielo subito. A questo punto preferisco tenermi i cazzi miei per me»
«Non ti conviene giocare con me, Harry» mi ammonì, e potei percepire una velata minaccia tra le sue parole. «Anch'io posso essere pericoloso a modo mio»
Aveva ragione, non avrei mai potuto metterlo in dubbio. Laz lavorava nell'ombra, era in grado di scavare nella vita di chiunque senza che nessuno avesse idea di come faceva; teneva in pugno anche me, perché sapeva bene che a Manchester c'era la mia famiglia.
La sua era probabilmente solo una domanda retorica, ma qualcosa mi diceva che se avesse voluto una semplice conferma del fatto che ero lì non mi avrebbe neppure telefonato. Era intelligente abbastanza per maturare dei sospetti sul tempismo di quella mia visita improvvisa: doveva aver capito che c'era qualcosa sotto, e voleva scavare più a fondo.
«Ascolta, Laz» temporeggiai, leccandomi le labbra mentre riflettevo su come uscire da quell'inghippo. «Io e te non abbiamo mai avuto problemi, giusto? Entro domani sera tornerò a Brixton, e sarà come se non fossi mai partito»
«Mi stai chiedendo di coprirti?» inquisì quasi beffardamente, con la flemma di chi ha la mano vincente della partita. «Dammi un buon motivo per cui dovrei farlo»
«Perché vorresti avere anche tu una famiglia da cui tornare»
Un lungo silenzio seguì quella mia affermazione, e per quanto sapevo di aver colto nel segno ero comunque piuttosto preoccupato per la reazione che avrebbe potuto innescare in lui.
«Touché, Styles» commentò infine, con calma forse solo apparente. «Un punto per te. Avanti, vuota il sacco; non dirò nulla a nessuno»
Spalancai gli occhi, completamente colto alla sprovvista. Potevo fidarmi? Laz era fedelissimo a Big S, per questo nessuno si azzardava a creargli problemi; chiunque l'avesse fatto se la sarebbe dovuta vedere con Big Shade.
«Perché...?» mi sfuggì, anche se probabilmente avrei fatto meglio a non fare domande.
«Questo non ha importanza» tagliò corto, seccato dalla mia reticenza. «Fai finta che sia una mia semplice curiosità»
Esitai, prendendo un sospiro profondo mentre il mio cervello lavorava freneticamente nel soppesare il da farsi. Confessargli che avevo intenzione di costituirmi era l'equivalente di un salto nel vuoto, perché se l'avesse effettivamente rivelato a Big S io mi sarei di certo beccato qualche proiettile in un vicolo marcio di Brixton; d'altra parte, però, se fossi riuscito a convincerlo a coprirmi avrei avuto un alleato prezioso – per non dire indispensabile – che avrebbe potuto cancellare le mie tracce una volta che fossi stato condannato.
«Come faccio a sapere che non gliene parlerai?» insistetti allora, tentando per quanto possibile di mascherare il nervosismo che mi attanagliava le viscere.
«Non lo farò, cazzo» sentenziò lui esasperato, senza retrocedere di un passo. «Harry, porca puttana, io non sono Tomlinson. Siamo dalla stessa parte, te lo ricordi? Anch'io sto di merda per la morte di Zayn, ma sono preoccupato per te perché so che voi due avevate un legame che nessuno di noi potrà mai capire»
Nel sentire il nome del mio amico ebbi un fremito; era una ferita che faceva ancora troppo male, e probabilmente non sarei mai riuscito a superare quella perdita in modo vero e proprio.
Il discorso di Laz mi aveva lasciato non poco interdetto, soprattutto per la piega quasi apprensiva che aveva assunto con quelle ultime frasi; sembrava che all'inizio avesse tentato di sfruttare la propria posizione privilegiata all'interno della gang per estorcermi l'informazione che voleva, e che poi avesse gettato la maschera rivelando la sua genuina preoccupazione.
Quello che lui non sa è che ho smesso di essere dalla loro parte nel momento in cui ho deciso di andare alla polizia.
«Laz, ho bisogno del tuo aiuto» mormorai infine, deciso a giocarmi il tutto per tutto in una partita il cui l'esito era impossibile da prevedere.
Lo sentii sospirare, forse esitante, forse dubbioso, e quando rispose seppi che quella partita era iniziata.
«Ti ascolto»
***
Riley's POV
Ritornare a Londra dopo quei due giorni incredibili era stato a dir poco surreale.
La domenica mattina Anne ci aveva salutati con le lacrime agli occhi ed ero certa che, se anche Harry cercava di non darlo a vedere, dentro di sé stava soffrendo almeno quanto lei.
Dopo essere partiti da Manchester avevamo fatto tappa a Holmes Chapel, per far visita sia ai miei genitori che a suo padre – Harry era molto provato dalle confessioni fatte a sua madre, al punto che non era stato in grado di farne parola con nessun altro. Ciononostante, al di là della sorpresa, tutti l'avevano accolto con grande gioia e questo l'aveva reso indicibilmente felice nonostante come al solito cercasse di nasconderlo.
Tuttavia sentivo che c'era ancora qualcosa che lo turbava, ma ogni volta che tentavo di chiedergli spiegazioni lui semplicemente minimizzava o cambiava argomento. Questo mi caricava di apprensione; il fatto che mi tenesse nascosto qualcosa era decisamente preoccupante.
«Lo sai che puoi dormire qui, se vuoi»
Girai lo sguardo verso Harry, che mi osservava con un'espressione seria ma rilassata. Mi sistemai meglio accanto a lui, accarezzandogli delicatamente una guancia con i polpastrelli, mentre lui stringeva appena la presa sulla mia schiena.
Eravamo abbracciati nel suo letto, ancora nudi e coperti dalle lenzuola; la sua proposta mi allettava indiscutibilmente, dal momento che erano ormai le undici di sera, ma mi ero ripromessa per l'indomani mattina di portare avanti alcuni lavori di casa che continuavo a rimandare da tempo e sapevo bene che se mi fossi risvegliata accanto ad Harry non sarei più riuscita ad andarmene.
«È meglio di no» mormorai, vedendo la sua fronte corrugarsi appena nella penombra. «Tornerò presto, promesso. Ti va di accompagnarmi alla fermata?»
Lui sospirò, chiudendo per un istante gli occhi prima di annuire e posarmi un leggero bacio sulle labbra. Sapevo che stare da solo per lui era doloroso, da quando Zayn non c'era più, e questo rendeva le cose più difficili.
Non volevo che il suo benessere dipendesse da me, perché speravo che riuscisse a rimettersi in sesto da solo. Anche se ammetterlo mi lacerava, il tempo che avevamo insieme era poco e contato: presto non sarei più potuta essere accanto a lui, e per quanto avrei voluto evitare di sprecare qualunque momento insieme mi rendevo conto che entrambi dovevamo imparare a stare l'uno senza l'altra se avessimo voluto sopravvivere alla separazione che ci sarebbe stata imposta a breve.
«Ultimamente non esci più così spesso con i ragazzi» buttai là, mentre camminavamo verso la fermata dell'autobus. Harry si irrigidì appena, quindi si strinse nelle spalle.
«Sto cercando di evitarlo il più possibile» rispose, passandosi una mano tra i capelli. «Non voglio avere altra merda da aggiungere alla lista che dovrò elencare al giudice»
Annuii, premendo le labbra tra loro. Era ancora assurdo sentirlo parlare di quegli argomenti; l'avevo ritrovato proprio perché mi aveva aggredita con l'intenzione di derubarmi, ed ora stava facendo il possibile per allontanarsi dalla vita che aveva vissuto per anni.
«Sono fiera di te» confessai, notando la scintilla che gli comparve nello sguardo alle mie parole. «Hai preso una decisione difficile e scomoda, e ti stai impegnando per andare fino in fondo. Non credo che ci io sarei riuscita, al tuo posto, quindi ecco... sono davvero fiera di te»
Un sorriso carico di orgoglio e gratitudine gli comparve sul viso insieme alla fossetta che tanto adoravo, e anche se non mi ringraziò a parole lo sguardo che mi rivolse l'aveva già fatto al posto suo.
«Sto solo cercando di fare la cosa giusta, per una volta» si schermì subito dopo, facendo vagare gli occhi per la strada. «Avrei dovuto farlo molto tempo fa»
Restammo in silenzio fino a quando arrivammo alla fermata, al che Harry mi fronteggiò posandomi le mani sui fianchi. Il suo viso aveva un'espressione indecifrabile, forse un poco nostalgica.
«Dio, quanto mi mancherai» mormorò, con voce quasi impercettibile. Sentii all'istante un doloroso nodo stringermi la gola, e dovetti sforzarmi per reprimere un singhiozzo. Harry dovette accorgersi del mio turbamento, perché sospirò poggiando la fronte contro la mia.
«Potrai mai perdonarmi, Ri?» chiese, il tono venato di esitante colpevolezza. «So di essere uno stronzo egoista, e credimi se ti dico che mi detesto per aver deciso di rovinare tutto quello che...»
«Shh» lo zittii dolcemente a dispetto del dolore che mi bruciava nella gola, coprendogli la bocca con le dita. «Smettila, Harry. Non hai nulla di cui scusarti, così come io non ho nulla da perdonarti. Non ho nessun diritto di mettermi tra te e ciò che ritieni giusto fare, e non lo voglio nemmeno; come potrei essere in pace con me stessa se ti impedissi di seguire la tua strada?»
Lui scosse la testa come a voler dire che non era quello il punto, ma abbozzai un sorriso prima di proseguire.
«Ero seria quando ti ho detto di essere fiera di te» affermai, inchiodando gli occhi ai suoi. «Voglio restare al tuo fianco, qualunque decisione tu prenda. D'accordo?»
Harry premette le labbra tra loro ed esitò per alcuni istanti prima di annuire, rilassando le spalle. Tentai di esibire il mio sorriso più sereno e rassicurante, nonostante dentro mi sentissi dilaniare dalla precarietà del nostro tempo insieme; mostrarmi fiduciosa era insopportabilmente difficile, ma dovevo farlo per lui.
Per noi.
«Sta arrivando l'autobus» sospirò qualche secondo più tardi, lanciando uno sguardo alla strada. «Stai attenta, d'accordo? Scrivimi appena arrivi a casa»
«Certo» lo rassicurai, posandogli un ultimo bacio sulle labbra. «Buonanotte, Harry»
Lui mi rivolse un piccolo sorriso mentre si allontanava da me, per poi voltarsi ed incamminarsi verso casa con le mani in tasca. Avevo la sgradevole sensazione che ci fossimo appena detti addio, anche se sapevo che Harry doveva ancora parlare con l'avvocato che Anne stava contattando per lui; mi sentivo come se stessi camminando in equilibrio precario lungo un ponte sospeso che non sapevo quando avrebbe potuto crollare sotto i miei stessi piedi.
Scossi con forza la testa nel tentativo di scacciare quella sgradevole sensazione mentre salivo sull'autobus e mi sedevo sul primo posto libero che mi era capitato a tiro. Per tutta la mezz'ora scarsa del viaggio un turbine di pensieri mi vorticò nel cervello come una giostra impazzita, al punto che quando scesi alla mia fermata mi sentivo girare la testa.
Sapevo che con ogni probabilità mi stavo di nuovo riempiendo il cervello di paranoie tanto inutili quanto deleterie, ma per quanto mi sforzassi di far prevalere la razionalità c'era sempre qualche strascico di inquietudine che tornava a mordermi lo stomaco.
Ero così scombussolata che quando aprii il cancelletto del palazzo in cui abitavo quasi non mi accorsi della figura che uscì dall'ombra degli alberi e mi si avvicinò; tuttavia non appena mi resi conto di non essere sola sobbalzai, e prima ancora che potessi mettermi ad urlare mi parlò.
«Sono io, Riley»
Riconobbi all'istante la voce di Laz, che si tolse il cappuccio dalla testa liberando la chioma biondiccia, al che emisi un tremante sospiro di sollievo.
«Perfetto, adesso pure tu hai la mania di sbucare così dal nulla nel cortile di casa mia in piena notte» borbottai, tentando di esorcizzare la tachicardia. «Dovete mettervi in testa che questo non è esattamente il modo più rassicurante per presentarvi»
Laz emise una risatina strana, passandosi una mano tra le ciocche ribelli e stoppose, ma riacquistò quasi subito un'espressione seria e piegò la testa di lato socchiudendo gli occhi.
«Se non ti dispiace preferirei andare subito al sodo, Riley» esordì, raddrizzandosi ed incrociando le braccia al petto. «Detesto Streatham e odio muovermi da solo, per cui mi preme tornarmene a Brixton il più in fretta possibile»
Annuii titubante, messa un po' a disagio da quella premessa. Con un piccolo cenno della testa lo invitai a proseguire, nonostante dentro di me non fossi affatto sicura di essere preparata a qualsiasi cosa avrebbe avuto da dirmi.
«So dove tu e Harry avete passato il weekend» affermò, facendomi impallidire. «So anche che ha intenzione di andare alla polizia e cantare»
Deglutii a vuoto, la gola improvvisamente secca dallo stupore incredulo. Ero talmente sbalordita dalle sue parole che non riuscivo nemmeno a pensare a qualcosa da rispondergli; restavo semplicemente a guardarlo con gli occhi spalancati.
«Deduco che Harry non ti abbia detto nulla della nostra telefonata» proseguì, squadrandomi con aria indecifrabile.
Telefonata?
«L'ho chiamato sabato, mentre eravate a Manchester» spiegò, sicuramente notando la mia espressione confusa. «Non se l'aspettava, e anche se all'inizio ha tentato di svicolare sono riuscito a fargli vuotare il sacco»
«Perché sei venuto fin qui a dirmi queste cose?» trovai la voce per domandare, d'improvviso inquieta. Laz sollevò un sopracciglio prima di rispondere.
«Harry è cambiato da quando ti ha incontrata» mormorò, improvvisamente più rigido e freddo. «Due mesi fa non avrebbe mai nemmeno concepito un'idea del genere, ed ora sembra che nessuno gliela possa schiodare dalla testa»
Mi rivolse un'occhiata obliqua che mi fece risalire un brivido involontario lungo la schiena.
«Credo di avere ragione nel ritenerti responsabile della sua decisione» aggiunse, indurendo lo sguardo. Non potei fare a meno di fremere di inquietudine.
«Harry ha deciso di costituirsi dopo la morte di Zayn» ribattei, tentando di nascondere il lieve tremito della mia voce. «È una decisione che ha preso da solo, io non c'entro nulla»
Laz emise una risatina silenziosa, scuotendo la testa.
«Credimi, Riley, niente di quello che Harry ha intrapreso negli ultimi due mesi è avvenuto senza che tu fossi in cima ai suoi pensieri» commentò, tornando a guardarmi quasi pigramente. «E se vorrai essere un po' onesta con te stessa te ne renderai conto anche tu»
Aprii la bocca per rispondere ma la richiusi subito, consapevole che dopotutto Laz non aveva torto. Presi un sospiro rassegnato, massaggiandomi stancamente una tempia con i polpastrelli.
«Cosa vuoi fare ora?» chiesi, tornando a guardarlo negli occhi. «Big Shade sa tutto, non è vero?»
Lui roteò gli occhi ed incrociò le braccia al petto, sbuffando.
«Mi sembra di parlare con Harry» borbottò, grattandosi distrattamente la nuca. «A quanto pare tutti pensate che io sia il cagnolino di Big S e che non sia in grado di decidere autonomamente cosa dirgli e cosa non dirgli»
«Quindi non lo sa?» insistetti, avvicinandomi di un passo. Mi sentivo divorare dall'ansia al pensiero che Harry potesse correre dei seri pericoli, ma tentavo di aggrapparmi con tutte le forze alle parole di Laz che mi facevano sperare il contrario.
«No, non lo sa» rispose infine, al che non potei trattenere un sospiro di sollievo. Harry era al sicuro, almeno per il momento, e dovevo assicurarmi che questo non cambiasse.
«Come mai non gli hai detto tutto?» mi arrischiai a domandare, forse cercando altre conferme che mi rassicurassero. Il ragazzo di fronte a me rimase in silenzio per diversi secondi, la mascella tesa; sembrava in qualche modo inquieto, a disagio, e non riuscivo a capire perché.
«Non avrei potuto» replicò poi, con voce sorda. I suoi capelli stopposi gli nascondevano parzialmente gli occhi, al punto che faticavo a decifrare la sua espressione.
Che cosa significavano quelle parole? Qualcuno gli aveva impedito di parlare? No, sembrava quasi che se lo fosse impedito da solo.
Ma perché...?
Cercavo di studiare il suo viso alla ricerca di qualche indizio, ma il fatto che continuasse ad evitare il mio sguardo e che si fosse rinchiuso nel mutismo più assoluto ed ostinato non aiutavano di certo.
D'un tratto un'idea assurda mi si accese in testa, tanto azzardata quanto stranamente plausibile, ed esitai parecchio prima di formularla ad alta voce.
«Laz, tu...» deglutii prima di proseguire, stringendo in un pugno i manici della borsa, «...tu sei innamorato di Harry?»
Una scintilla di sgomento balenò sul suo viso, quindi il ragazzo si lasciò andare ad una breve risatina silenziosa.
«Ma che cazzo...» mormorò, chiudendo gli occhi e scuotendo appena la testa. Quando tornò a puntare lo sguardo su di me mi sentii quasi sopraffatta dalla sua intensità.
«Ha importanza?» chiese infine, con amara sfida. «Sappiamo perfettamente come stanno le cose tra voi due, questo discorso non ha senso»
È così. È davvero così.
«Però...»
«Riley, non ho nessuna intenzione di continuare a parlare di queste stronzate. Dimenticati che io abbia mai messo piede qui, chiaro?»
Senza aspettare una mia risposta si voltò e fece per andarsene, ma fui più svelta di lui e lo afferrai per un braccio.
«Perché sei venuto qui, Laz?» domandai a bruciapelo, stringendo la presa sul tessuto della sua felpa. Lui rimase fermo sul posto, senza girarsi verso di me, come se il mio tocco l'avesse trasformato in una statua di marmo.
«Ti odio per aver portato Harry a tutto questo» sputò pochi istanti dopo, la voce carica di un velenoso rancore che mi pugnalò in profondità. «Eppure spero ancora che tu riesca a convincerlo a cambiare idea... a tornare da noi, che siamo stati la sua famiglia per sette anni»
Serrai le labbra, tentando di ingoiare l'amarezza che le sue parole mi avevano fatto scaturire dentro.
«Non ho nessun diritto di interferire con una decisione del genere» tentai di giustificarmi, portandomi la mano libera al petto. «Credi che per me sia facile? Che non vorrei che lui si dimenticasse di aver anche solo pensato di costituirsi? Che io non mi senta morire quando penso al fatto che lo perderò un'altra volta per chissà quanto tempo?»
Laz era rimasto in silenzio ed immobile, al che iniziai a sentire la rabbia montarmi dentro per la sua ostinazione. Sapevo di non essere nient'altro che un capro espiatorio per lui, che aveva bisogno di addossarmi la responsabilità della decisione di Harry perché non riusciva ad accettare che lui avesse scelto autonomamente di abbandonare la gang, ma ero comunque furiosa perché Laz non aveva nemmeno preso in considerazione quanto io stessi soffrendo.
Era solo un ragazzino, capriccioso ed infantile, nonostante fosse solo poco più giovane di me.
«Non me ne frega un cazzo» mormorò dopo un tempo che mi parve interminabile, prima di liberarsi dalla mia presa con uno strattone e scappare via nella notte.
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