Capitolo 16
Into this world we're thrown
Like a dog without a bone
An actor out of loan
Riders on the storm
There's a killer on the road
His brain is squirmin' like a toad
If ya give this man a ride
Sweet memory will die
Killer on the road, yeah!
Riders on the Storm
[The Doors]
~~~
Mentre precedevo Tomlinson verso la cucina il mio cervello lavorava furiosamente per trovare una via d'uscita da quella situazione assurda. Sapevo che lui era lì per usarmi di nuovo come esca, il suo vero obiettivo era sicuramente Harry. Dovevo impedirgli di arrivare a lui ed allo stesso tempo salvare la mia vita e quella di Jess, ma come fare?
Ero terrorizzata, nonostante tentassi in tutti i modi di mantenere un'apparenza calma e non mostrare l'angoscia che mi attanagliava lo stomaco. Jessica non doveva sospettare nulla, o saremmo state entrambe in grave pericolo.
«Louis, com'è il pollo?» chiese premurosa a Tomlinson quando iniziammo a mangiare. Lui annuì vigorosamente, la bocca ancora piena, quindi deglutì e sorrise.
«Delizioso, davvero. L'hai fatto tu?»
«Ha cucinato Riles, ad essere sincera» precisò ridacchiando, mentre si stringeva nelle spalle. «Io ho fatto solo l'insalata»
Louis le rivolse uno sguardo amorevole, e se non mi fossi costretta a tenere a mente che persona orribile fosse avrei quasi creduto che fosse sincero.
«Sono certo che sarà l'insalata migliore che io abbia mai mangiato, allora»
Jessica ormai era completamente alla sua mercé, e lui ne approfittava spudoratamente. Non si rendeva conto di nulla, presa com'era dalla propria attrazione nei suoi confronti, e durante tutta la cena non aveva fatto altro che chiacchierare e civettare con lui. Io mi ero sforzata di partecipare alla conversazione per non insospettirla, ma non era semplice sotto lo sguardo glaciale di Louis.
Ad un certo punto il ragazzo colpì sbadatamente con la mano il proprio calice di vino rosso, che si rovesciò dritto sulla tovaglia... e sul grembo di Jessica.
«Accidenti, sono un disastro» si lamentò lui con aria afflitta, tentando di tamponare la macchia rossa sulla tovaglia con un paio di salviettine di carta. «Non so proprio come ho fatto a far cadere quel bicchiere»
«Nessun problema, non preoccuparti» rispose Jess con un sorriso, allontanando la sedia dal tavolo ed alzandosi in piedi. «Vado a cambiarmi, cerco di metterci meno tempo possibile»
«Nel frattempo cercherò di sistemare questo casino» aggiunse Louis, evitando di proposito il mio sguardo omicida. «Riley, mi dai una mano?»
La mia coinquilina mi lanciò un'occhiata che sembrava più che altro una silenziosa richiesta d'aiuto, quindi serrai le labbra e annuii appena nella sua direzione. Lei tirò un sospiro di sollievo, quindi sparì nel corridoio.
Quasi istantaneamente l'espressione affranta di Louis si disgregò, lasciando spazio al freddo sorriso obliquo che metteva i brividi.
«Spero che mi perdonerai per aver fatto passare così tanto tempo dal nostro ultimo incontro» sussurrò con la solita voce melliflua, mettendomi all'istante in allerta. «Come te la sei passata nell'ultimo paio di settimane?»
Strinsi la presa attorno alle salviette di carta che avevo recuperato da uno dei mobili della cucina.
«Finiscila con i convenevoli, Tomlinson» sputai disgustata, senza riuscire a trattenermi nonostante fossi terrorizzata. «Cosa ci fai qui?»
Lui mi guardò con aria fintamente innocente, portandosi una mano al petto.
«Sto uscendo con la tua coinquilina, Riley. Non è evidente?» domandò candidamente, accentuando il sorriso. Irrigidii la mascella, gli occhi ridotti a due fessure; ancora una volta stava giocando con me, aspettava che crollassi per prendere il sopravvento.
Ma non gliel'avrei permesso.
«Non ti permetterò di fare del male a nessuna delle persone a cui tengo» sibilai, vedendo il suo ghigno allargarsi mentre sbattevo le salviette sopra la macchia di vino. «Né a Jess, né tantomeno ad Harry. Chiaro?»
«Ho sentito davvero il nome di Harry?» trillò Jessica con voce squillante, entrando d'improvviso nell'open space. «Com'è che con Louis ne parli e con me no?»
Aveva indossato un semplice paio di jeans neri aderenti ed un maglioncino leggero color crema, ma riusciva comunque ad essere incredibilmente bella. Riuscivo quasi ad avvertire il peso dello sguardo lascivo di Tomlinson che le scivolava lungo il corpo, e dovetti reprimere a forza un impulso violento nei suoi confronti.
«Non stavo parlando di...»
«Pensa un po', Louis!» esclamò, ignorandomi completamente. «Frequenta questo misterioso Harry da un pezzo, ormai, ma non riesco a cavarle una parola di bocca su di lui. Questa cosa mi fa impazzire!»
Il ragazzo emise una risatina, sbirciandomi di sottecchi, quindi spostò di nuovo lo sguardo su Jessica.
«Le stavo giusto dicendo che Harry ed io siamo ottimi amici» mentì subdolamente, guadagnandosi uno sguardo sbalordito da parte della mia migliore amica. «È stata una piacevole sorpresa constatare che la Riley di cui mi aveva parlato così spesso fosse proprio lei»
Jess scosse la testa incredula, con un ampio sorriso sulle labbra.
«Beh, questa sì che è una bella coincidenza, no?» chiese entusiasta, facendomi ribollire il sangue nelle vene.
Non hai la minima idea di quanto niente di tutto questo sia una coincidenza.
«Stavo pensando, Ri... non trovi che sarebbe bello uscire tutti e quattro insieme, un giorno di questi?» domandò Louis, la voce sottile e morbida. Jessica annuì felice, rivolgendo lo sguardo verso di me in cerca del mio consenso.
Tomlinson aveva pronunciato quel soprannome con una tale studiata naturalezza da riempirmi di disgusto e di rabbia. Non aveva alcun diritto di usarlo, apparteneva solo ad Harry e a nessun altro. Ogni volta che Louis se ne appropriava era come se lo calpestasse e lo mutilasse, come se gli strappasse via tutto ciò che gli attribuivo di prezioso e lo gettasse alle ortiche. E questo non potevo sopportarlo.
Sapevo che la sua frase era puramente provocatoria, e nascondeva ben più di quanto potesse apparire agli occhi di Jess. L'unico modo in cui avremmo potuto essere tutti e quattro nella stessa stanza sarebbe stato ben poco piacevole: io e Jessica saremmo state gli ostaggi e Harry sarebbe stato alla mercé di Tomlinson.
Mi sforzai per l'ennesima volta di non esplodere e di mantenere un atteggiamento calmo e posato, ma non risposi alla domanda. Mi alzai semplicemente in piedi, raccogliendo le salviette bagnate dalla tovaglia per andare a gettarle nel cestino.
Jess tentò di rimediare all'improvviso silenzio teso, come era sempre solita fare.
«Allora, ehm...» balbettò, passandosi una mano tra le ciocche bionde. «Vorrei avere un dolce da offrirti, Louis, ma non ho proprio avuto il tempo di andare a comprarlo»
Lui si illuminò e scosse la testa, allontanando la sedia dal tavolo.
«Non preoccuparti, anzi...» la rassicurò, mentre si alzava in piedi. «Mi hai appena ricordato che ho lasciato in macchina il dessert che avevo portato. Ti va di accompagnarmi a recuperarlo?»
Jess stava per acconsentire entusiasta alla prospettiva di passare qualche minuto sola con lui, ma troncai in fretta il suo entusiasmo.
«No, ehm... ti accompagno io. Jessica odia fare le scale, e l'ascensore è rotto»
La mia coinquilina mi lanciò un'occhiata obliqua, tuttavia le stavo solo facendo un favore nonostante lei non ne avesse idea. Per quanto ne sapevo, Tomlinson avrebbe potuto sedarla e caricarla in macchina, rapendola come aveva fatto con me, e non potevo certo correre quel rischio.
Scusami, Jess... è per il tuo bene.
Lei annuì incerta e un po' delusa, quindi si strinse nelle spalle con un sorriso tirato.
«Se non torno entro i prossimi cinque minuti chiama la polizia, eh?» tentai di sdrammatizzare scherzosamente, pur essendo serissima in cuor mio. Riuscii in ogni caso a farla ridacchiare, e la sua espressione più distesa mi tranquillizzò almeno in parte.
Io e Louis ci avviammo verso l'ingresso, e quando richiusi la porta di casa dietro di noi non seppi bene se tirare un sospiro di sollievo oppure se iniziare ad allertare tutti i sensi per sfuggire ad eventuali situazioni pericolose. Optai per la seconda alternativa.
«Sei coraggiosa come ti ricordavo, Riley» commentò con un sorrisetto, aggiustandosi la giacca elegante quando uscimmo all'esterno del palazzo. «O forse è meglio dire... incosciente?»
Non avevo intenzione di mostrargli quanto tutta quella situazione mi riempisse di angoscia, quindi gli rivolsi uno sguardo sprezzante.
«Uccidermi ora non ti sarebbe di alcun vantaggio, visto che Harry non sa che sei qui. Ti creerebbe solo problemi» trovai il coraggio di affermare, sperando che non sentisse il martellare furioso del mio cuore terrorizzato. Tomlinson sollevò un sopracciglio, quindi scoppiò in una risata piena ed inaspettata che mi fece quasi sobbalzare.
«Vedo che hai imparato a ragionare alla nostra maniera» constatò divertito, al che mi irrigidii. «Non hai pensato che potrei ucciderti comunque ed aspettare con comodo che Harry venga fino da me a cercarmi?»
Eravamo ormai davanti alla sua lucida berlina nera, accanto alla quale si trovava un uomo corpulento vestito di nero in giacca e cravatta e con gli occhiali da sole nonostante fosse notte fonda. Aveva un auricolare all'orecchio destro e se ne stava perfettamente immobile, in piedi accanto al posto del guidatore.
Deglutii a vuoto, mio malgrado intimorita.
«Jess sospetterebbe subito di te. Chiamerebbe la polizia, saresti in cima alla lista dei sospetti e non potresti più mettere piede all'aria aperta» replicai infine, con voce meno sicura di quanto avrei voluto. Lui sorrise beffardo.
«Oh, piccola ingenua Riley» mi canzonò, l'espressione fintamente bonaria. «Credi davvero che io sia a piede libero grazie a qualche misterioso miracolo, dopo anni passati a capo di una delle gang più potenti di Londra?»
Sentii un piccolo brivido attraversarmi la schiena, ed istintivamente strinsi l'orlo della felpa in un pugno.
«La polizia sa bene che non deve mettersi tra me e quello che voglio» proseguì, con un tono leggermente più duro di prima. «Ho abbastanza denaro per mettere a tacere qualunque sbirro di Londra, e quando i soldi non bastano ci sono pur sempre i proiettili»
Avrei dovuto immaginare che uno come lui non si sarebbe fatto problemi a corrompere le forze dell'ordine, con le buone o con le cattive. Mi ricordava Pablo Escobar, il grande trafficante di cocaina colombiano di cui avevo conosciuto la storia tramite Narcos.
I suoi occhi freddi come il ghiaccio restarono inchiodati ai miei per diversi secondi, quindi fece un gesto secco e rapido con la testa in direzione del gorilla con l'auricolare che mosse un paio di passi per poi aprire la portiera posteriore davanti a me. Istintivamente indietreggiai, investita da un'ondata di panico, e spostai allarmata lo sguardo su Tomlinson.
«...in ogni caso per stasera puoi stare tranquilla» sogghignò lui, passandomi davanti per recuperare dal sedile una piccola scatola rettangolare. «Al momento mi è sufficiente che tu sappia in che direzione si sta ridimensionando il nostro piccolo gioco. Tu non vuoi che anche Jess venga coinvolta, giusto?»
Assottigliai gli occhi, avvertendo la rabbia artigliare il mio stomaco. Da questo punto di vista avevo le mani legate; anche avessi provato a convincere la mia amica a stare lontana da Louis, non avrei avuto nulla a cui appigliarmi. Si era comportato da perfetto gentiluomo per tutta la serata, ed inoltre Jess era già irrimediabilmente persa per lui. Avrebbe sicuramente bollato qualunque mio tentativo di allontanarla da lui come un gesto immotivato e prevenuto, e probabilmente si sarebbe anche arrabbiata con me.
Serrai i pugni fino a far sbiancare le nocche, ma non dissi nulla. Rimasi in silenzio mentre tornavamo verso l'appartamento, io furibonda e lui perfettamente a suo agio.
«Ce ne avete messo di tempo!» esclamò Jessica quando aprì la porta di casa. «Che è successo?»
«È stata colpa mia, ho ricevuto una telefonata a cui non potevo non rispondere» si giustificò prontamente il ragazzo, con la sua migliore espressione contrita. «Però posso farmi perdonare»
Jess aggrottò le sopracciglia, ma quando lui le porse la scatola si illuminò.
«Oh mio Dio... dolci di Peggy Porschen?» domandò sbalordita, riportando lo sguardo su Louis. «Credo di non essere abbastanza ricca nemmeno per guardare la loro vetrina!»
Lui esibì un sorrisetto in risposta, facendomi roteare gli occhi.
«Cupcakes, per essere precisi» puntualizzò dolcemente, mentre tornavamo in cucina. «Non ero ben sicuro di quali potessero piacervi di più, perciò ho chiesto un assortimento»
Jessica stringeva l'elegante scatola bianca e rosa chiaro come se fosse un tesoro.
«Sei incredibile» mormorò senza riuscire a trattenere un'ampio sorriso, quindi si piegò verso di lui per lasciargli un lungo bacio sulle labbra. Dovetti distogliere lo sguardo, in lotta con me stessa per non prendere Tomlinson per la gola e strozzarlo.
«Coraggio, assaggiamo questi cupcakes di lusso!» trillò Jess con il suo solito entusiasmo, quindi appoggiò delicatamente la scatola sul tavolo e la aprì, rivelando una mezza dozzina di splendidi cupcakes decorati con graziosi fiorellini di cioccolato bianco e fondente.
Una volta finito il dessert speravo che finalmente Tomlinson se ne andasse, ma trascorse più di un'ora e mezza prima che si alzasse dalla propria sedia sistemandosi la giacca.
«Te ne vai di già?» si lamentò la mia coinquilina, la fronte corrucciata. Louis le rivolse un sorriso benevolo.
«È tardi, J» rispose con una tenerezza nauseante, falsa come una banconota da tre sterline. «Dovresti dormire anche tu, domani mattina lavori»
Lei annuì con aria sconfitta, alzandosi a sua volta per accompagnare il ragazzo all'ingresso dove lui recuperò il lungo cappotto scuro. Mi affrettai a raggiungerli, non fidandomi nemmeno per un secondo di lui.
«È stata davvero una splendida serata» affermò rivolto ad entrambe, il solito sorriso cortese sulle labbra. «Spero di poterla ripetere il prima possibile. Jess, scusami ancora per la tovaglia»
La mia amica scosse la testa, guardandolo sognante.
«Smettila, non è successo nulla di grave» replicò muovendo un paio di passi verso di lui. «Quando ci rivedremo?»
Louis finse di riflettere per alcuni secondi, quindi si strinse nelle spalle allargando appena le braccia.
«Devo capire quando il lavoro mi lascerà qualche ora libera, lo sai che ho l'agenda sul punto di esplodere. In ogni caso ti prometto che presto ti porterò a cena da Murano»
Sollevai le sopracciglia senza farmi notare dalla mia coinquilina. Murano era uno dei più raffinati ristoranti italiani di tutta Londra, e Jessica amava alla follia la cucina italiana. A quanto pareva Tomlinson stava facendo di tutto per tenerla legata a sé, in modo da poterne disporre come meglio avrebbe preferito.
«Davvero?» chiese lei, con gli occhi che le brillavano. «Oh mio Dio, sarebbe fantastico!»
Lui ridacchiò appena, annuendo, quindi si voltò verso di me.
«È stato un piacere conoscerti, Riley» disse, una sfumatura beffarda quasi impercettibile nella voce. «Spero che ci incontreremo ancora. Ah, salutami Harry quando lo vedi, d'accordo?»
Serrai i denti, mentre sentivo montare l'irritazione dentro di me. Avrei voluto fargli saltare la testa; la sua aria disinvolta e sarcastica mi dava sui nervi, ed era a mio esclusivo uso e consumo visto che Jess era troppo rapita dal suo charme per accorgersi di qualcosa.
Mugugnai un saluto spiccio appena prima che uscisse, quindi richiusi la porta dietro di lui sforzandomi per non espirare sollevata.
«Riles, puoi spiegarmi che cavolo avevi stasera?» mi apostrofò quasi subito la mia coinquilina. «Hai fatto la stronza per tutta la cena, eri fredda e rispondevi a monosillabi. Credevo di averti fatto capire quanto tutto questo fosse importante per me, ma a quanto pare non te ne importa nulla!»
Scossi debolmente la testa, abbassando lo sguardo.
«Mi dispiace, Jess» mormorai, tornando a guardarla solo alcuni momenti dopo. «È solo che... quel tipo non mi piace. Dico davvero, mi sembra troppo costruito»
Lei si lasciò andare ad una mezza risata stupefatta, le mani sui fianchi.
«Sul serio, Riley?» chiese poi, più duramente. «Hai sempre detto che non faccio altro che circondarmi di stronzi, ed ora che finalmente ho trovato un ragazzo che tiene a me tu fai di tutto per rovinare l'idea che ho di lui?»
Tentai di bloccare il suo discorso, ma non me lo permise.
«Louis è un tesoro, mi fa sentire importante e mi rispetta più di quanto abbia fatto qualunque altro ragazzo nella mia vita» proseguì con una nota amara nella voce. «Cos'è, il tuo Harry ti tratta di merda e tu hai bisogno di sfogarti prendendotela con la mia felicità?»
Ebbi la sensazione che mi avesse appena colpita dritta allo stomaco. Per diversi secondi non seppi cosa rispondere, completamente annichilita da quell'inaspettato e pungente cinismo. Lei non poteva certo conoscere la vera natura di Tomlinson, e non potevo biasimarla per questo. Tuttavia nel momento in cui aveva tirato fuori quell'argomento per me così delicato mi ero sentita morire dentro tutto d'un tratto.
Non sapevo ancora come avrei gestito la situazione con Harry, avevo perfino faticato a pormi il problema. Pensare all'eventualità di perderlo faceva troppo male, non volevo nemmeno provarci. Ero consapevole del fatto che avrei dovuto fargli sapere che Tomlinson era tornato, ma allo stesso tempo c'era qualcosa che mi frenava dal contattarlo; il timore di incrinare la stabilità già quasi inesistente del nostro rapporto mi impediva di muovere anche solo un passo in qualsiasi direzione.
«Hai davvero esagerato» riuscii poi a rispondere, inghiottendo a fatica quel boccone amaro che mi soffocava. «Sai benissimo che non avrei nessun motivo di ferirti gratuitamente, l'ho detto solo per il tuo bene. Scegli tu se darmi retta oppure no, per me il discorso finisce qui»
Mi voltai e me ne andai senza aspettare una risposta, sentendo gli occhi pizzicare e bruciare a causa delle lacrime che spingevano per uscire. Mi chiusi in camera, sedendomi sul letto mentre mi prendevo il viso tra le mani.
La serata era stata un disastro; Jess probabilmente mi odiava e Louis aveva solo tratto vantaggio dalla situazione. Non avevo la più pallida idea di cosa fare.
Forse dovrei solo dormirci sopra, per adesso.
Sospirai, passandomi una mano tra i capelli, quindi gettai un'occhiata al mio iPhone appoggiato accanto alla radiosveglia sul comodino. Osservai meditabonda le cifre digitali rosse riflesse al contrario sullo schermo nero, come ipnotizzata. D'impulso lo presi in mano e sbloccai lo schermo, finendo automaticamente per aprire la rubrica e selezionare il contatto di Harry.
Il mio sguardo rimase inchiodato sul suo nome per un tempo che mi parve infinito, mentre una voce nella mia testa mi urlava di chiamarlo. Tuttavia d'un tratto mi riscossi e tornai a riporre il telefono da dove l'avevo preso, spegnendolo del tutto nel tentativo di sradicare quel nome che mi rimbombava nella testa, ma invano.
Quella notte non riuscii a chiudere occhio.
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