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Capitolo 2

Non so dopo quanto ripresi i sensi.
Ero sdraiata. Mi trovavo in una cella, le sbarre me lo confermarono.
Soffitto, pareti, pavimento: tutto era in pietra.
L'aria era irrespirabile: puzza di chiuso misto a qualcosa d'altro che era meglio non star lì a decifrare. Mi misi seduta, con una certa difficoltà. Il dolore alla testa non aiutava.
" Ti sei svegliata, finalmente."

Due volte nello spazio di poche ore. I miei riflessi stavano peggiorando, il che era davvero bizzarro.
La voce apparteneva a un uomo, anche lui ammanettato, alla mia destra. Nonostante i vari graffi, alcuni dei quali ancora sanguinanti, che gli ricoprivano il volto, due grandi e attenti occhi neri mi fissavano. 

Dove si trovava? E chi era quel tizio?
Come se mi avesse sentito, l'affascinante sconosciuto si presentò.
Affascinante?

"Io sono Kyle." disse, con un sorriso che, lì per lì, non riuscii a comprendere.
La situazione era alquanto strana. Non sapevo che dire e così feci l'unica cosa che mi riusciva meglio: iniziai a osservarlo. Non aveva scarpe, rimaneva poco dei pantaloni e della maglia. 

" Ti piace quel che vedi? "
" Ho visto di meglio, sinceramente. "
" Oh, iniziavo a pensare fossi muta. " disse, e con aria strafottente continuò.
" Quindi hai visto di meglio? " e scoppiò a ridere.
La sua risata era un crescendo: partiva bassa per poi alzarsi man mano. Era cristallina, era contagiosa. Mi trovai così a sorridere, senza rendermene nemmeno conto.

" Potrò, prima o poi, sapere il tuo nome? O dovrò continuare a chiamarti Miss ho visto di meglio? "
Finsi di non aver sentito la domanda. La cosa che al momento mi interessava era capire dove mi trovavo e come avrei fatto ad andarmene di lì.

" Si può sapere dove siamo e che ci facciamo qua? ", domandai.
" Avrai notato che siamo in una cella. Io sono qui per aver reagito, quando non avrei dovuto. Ora sta capire cosa ci fai tu, qui. Ho sentito gli uomini di Ferenc dire che hai ucciso un vampiro. E' vero? "
" Si, è vero. "
Lo guardai con fare circospetto.
Chi era Ferenc?

" Tranquilla. Penso che lo conoscerai molto presto. " mi disse, come leggendomi nel pensiero.
Ero sfinita. La testa ancora mi doleva e, per quanto mi sforzassi di guardarmi intorno, non vedevo alcuna via d'uscita. Ero in trappola.
Il rumore di una chiave e lo scatto di una serratura ruppe il silenzio; qualcuno stava arrivando.
" Marissa "
" Cosa? " domandò Kyle, confuso.
" Mi chiamo Marissa. "

Ma non c'era più tempo per tergiversare.
Due uomini erano di fronte a me e non avevano un aspetto amichevole.
Erano entrambi molti alti, un ammasso di muscoli.
Il primo aveva lunghi capelli biondi e due occhi gentili, nonostante la stazza mettesse timore. Il secondo era l'esatto opposto: lunghi capelli neri e mi guardava come se volesse ammazzarmi lì, seduta stante. Entrambi erano a petto nudo e questo mi permise di vedere l'intricata ragnatela di tatuaggi che ricopriva il torace di quest'ultimo. Non solo, ma alcuni tatuaggi risalivano per poi congiungersi dietro il collo, o così sospettavo; dalla mia visuale, seduta per terra e in una posizione per nulla comoda, non mi era possibile dirlo con sicurezza.
L'unica certezza è che non erano vampiri.
Non lo capii semplicemente guardandoli anche perché, seppur in molti pensino che i vampiri abbiano un'aria cadaverica, la maggior parte delle volte non è così.
Sono persone normalissime fin quando la loro sete di sangue non prende il sopravvento.
Non ebbi il tempo di formulare nessun altro pensiero perché il biondo si chinò seguito subito dall'altro, e mentre uno prese le catene che mi legavano mani e piedi, l'altro, sgarbato, mi afferrò il braccio, poco sopra il gomito, come se il solo fatto di toccarmi lo disgustasse e volesse quasi scaraventarmi sulla prima parete disponibile.
Non erano umani.
Mi stavano trascinando via e, istintivamente, mi girai a guardare Kyle.
Avevo paura e mi voltai a cercare nell'altro, una persona che nemmeno conoscevo, una sorta di ancora di salvezza, una spalla su cui piangere. Aspettavo che lui mi dicesse andrà tutto bene, e quelle poche parole avrebbero avuto il potere di darmi forza.
Era la frase che amava ripetere Jack.
Gli incubi non mi lasciavano, il buio era insopportabile, e lui sgattaiolava dal dormitorio maschile nel mio letto e, abbracciandomi forte, mi diceva: " va tutto bene, Marissa ".
Voltandomi però non trovai nulla del genere.
L'espressione di Kyle era indecifrabile.

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