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Capitolo 9

Capitolo 9


La scena che stavano girando era la seguente:

"Bambi era stesa su di un letto d'ospedale. Indossava i traumi dell'incidente come un orrendo vestito rosso e viola, dai tagli qua e là. Gli attori che simulavano i suoi genitori erano scesi nella parte della sofferenza. Si svegliò. La sua mamma le era accanto. Il babbo era taciturno. L'infermiera di turno uscì dalla stanza per chiamare il dottore, il quale le fece una rapida visita generale.

L'attore che interpretava il dottore era bravo, perfetto in quel camice bianco che gli calzava a pennello. Stava dicendo ai due coniugi che la ragazza poteva non rammentare nulla all'incirca dell'accaduto. Almeno per il momento.

Dottore: Riconosci questa donna?

Bambi: M-Mamma.

Dottore: Quest'uomo?

Bambi: P-Papà.

Dottore: E quel ragazzo là fuori, lui lo riconosci?

Il ragazzo in questione stava guardando il tutto da fuori dalla stanza, attraverso il grande vetro che lo separava da quella ragazza che gli aveva salvato la vita. Era sporco di sangue. I suoi occhi stavano lacrimando.

Bambi: N-No...

Dottore: Ricordi cosa è successo?

Bambi: N-No."

«STOP!» fu annunciato. «Ottimo lavoro, ragazzi. Dieci minuti di pausa.»

I ragazzi corsero a dissetarsi, spargendosi per il set e vociferando tra loro. Ci fu un brusio generale di chiacchiere, sedie spostate e frastuoni vari, che crearono un'atmosfera caotica e vivace.

Bambi si servì di due bubble tea, di cui uno, come da routine, era per Marshall. Lui lo bevve in un sol fiato, facendola ridere. Le perle di tapioca scomparivano dal suo bicchiere a velocità sorprendente.

«Che vuoi?» rise. «Avevo sete.»

«Prendi anche il mio», disse lei con un sorriso. «Non sono amante del bubble tea.»

Marshall non fece troppe cerimonie, agguantò il bicchiere e lo scolò a gran sorsate, emettendo un sonoro verso di goduria misto a compiacimento.

Bambi provò a ignorarlo, ma chi è in grado di trattenersi dal ridere dinanzi a quella scena? Parte tutto in automatico, un po' come il "vaffanculo" spontaneo.

A irrompere nel loro relax all'ombra del sole, fu la squadra tecnica, che annunciò la sospensione delle riprese per quel pomeriggio a causa di un guasto. Le voci della troupe si levarono in un misto di sorpresa e delusione, mentre il sole continuava a splendere alto nel cielo, illuminando la scena con una luce calda e dorata.

Marshall scrollò le spalle e guardò Bambi con un sorriso complice.

«Sembra che abbiamo il pomeriggio libero, allora.»

«Hai già qualche idea in mente?»

«Abbiamo uno spartito da imparare.»

«Non ti ho mica detto di sì.»

«Ma non mi hai neanche detto di no. Facciamo per le quattro?»

«Mandami la posizione.»

«Già fatto stamane, dopo che te l'ho chiesto.»

Bambi gli tirò dietro il bicchiere vuoto del bubble tea, che poi raccolse per buttarlo nell'apposito contenitore.

Trascorse l'ora di pranzo a rimuginare sull'orologio, guardando e riguardando la posizione che Marshall le aveva inviato, studiandone la distanza, il tempo di arrivo e la strada che li separava. Non si sentiva così emozionata di andare a casa di qualcuno da talmente tanto tempo che le parve di aver sbattuto la testa al muro, perdendo il ricordo di quando fosse stata l'ultima volta.

Quando quel pomeriggio arrivò a destinazione con quaranta minuti d'anticipo, fu assalita dal batticuore misto all'agitazione, tanto che le scivolò il cellulare dalle mani. Nel tentativo di raccoglierlo, diede una capocciata al volante e questo si mise a suonare.

Rossa in volto e imbarazzata, si guardò intorno sperando che nessuno avesse notato la scena. Le mani le tremavano leggermente mentre recuperava il cellulare; sentiva il cuore battere all'impazzata nel petto.

Seduta lì, cercando di calmarsi, prese un respiro profondo e si concentrò sulla strada che aveva davanti. Le case ordinate e i giardini ben curati sembravano quasi osservarla con curiosità.

"Tranquilla, Bambi", si disse. "È solo un pomeriggio, niente di cui agitarsi."

«BAMBI!» si sentì chiamare.

Era Marshall. Stava sventolando le braccia a mo' di bandiera sul balconcino del palazzo in cui alloggiava, un'alta struttura bianca di recente costruzione, che risplendeva sotto il sole pomeridiano. Le fece segno di attraversare il cancello automatico che aveva aperto, poi sparì dietro la tenda di casa e corse giù in garage per andarle incontro.

Bambi seguì il movimento del cancello che si apriva lentamente.. Guidò all'interno e vide Marshall spuntare dal garage con un sorriso radioso e le mani che le indicavano con entusiasmo il posto auto assegnato. I suoi capelli scompigliati e l'aria vivace la fecero sorridere e un po' del nervosismo si dissipò.

Il ragazzo la aiutò a parcheggiare, battendo leggermente sul cofano dell'auto per indicarle di avanzare un po' di più.

Una volta sistemata, Bambi spense il motore e scese dall'auto, trovandosi faccia a faccia con lui.

«Sicuro che posso lasciarla qui?» gli domandò.

«Tranquilla, è il mio posto privato» le sorrise lui. «La mia auto è dal meccanico per un controllo.»

«Il parcheggio dietro l'angolo, non è vero?»

«Cosa ne sai?»

«Hai due peluche di cane sul retro. Li ho visti per tutto questo tempo.»

«Sono di mia madre. Io non li sopporto.»

«Se potessero parlare, direbbero la stessa cosa di te.»

«Dai, vieni.»

Bambi seguì Marshall attraverso una porta, percorrendo il piccolo corridoio fino a raggiungere l'ascensore del palazzo. Mentre salivano al secondo piano, il suo forte profumo la invase, facendola sentire stranamente a suo agio. Si fidava di lui così tanto che quasi temeva per la sua incolumità mentale.

Arrivati al secondo piano, Marshall le fece strada verso la porta di destra. Dall'interno si sentiva il pianto di un animale, un guaito acuto e impaziente. E quando irruppe in casa, la sua cagnetta marrone, una vivace meticcia dal pelo corto e lucido di nome Lily, gli fece le feste con salti e scodinzolii frenetici.

Marshall si chinò per accarezzarla, ridendo.

«Allora li sopporti i cani» lo punzecchiò Bambi.

«Non sopporto i peluche, è ben diverso.»

«E quelli sul divano?»

«Sempre mia madre.»

«Sì, certo. Tua madre.»

Bambi vide un velo scarlatto colorargli le orecchie mentre le fece strada in cucina, offrendole qualcosa di fresco da bere.

L'appartamento era piccolo ma alquanto grazioso e accogliente, tenuto in ordine e pulito. La cucina, dai toni grigi e bianchi, comprendeva un tavolo con quattro sedie e un balcone che lasciava filtrare una piacevole brezza estiva pomeridiana.

Nella camera da letto, un armadio a sei ante accoglieva con ordine i vestiti di Marshall, mentre un letto matrimoniale invitava al riposo. Due comodini sostenevano lampade che diffondevano luce calda e rassicurante, mentre un televisore era affisso alla parete per i momenti di relax serali.

Il bagno, con piastrelle chiare e moderne, vantava un ampio box doccia in vetro trasparente, creando un ambiente luminoso e arioso. Nel salotto, una semplice parete attrezzata ospitava oggetti personali e una collezione di libri, mentre un comodo divano a tre posti circondava il tavolino da caffè. Lì, spiccava una tastiera nera che Marshall usava per suonare, segno della sua passione per la musica.

Nell'angolo più vivace della casa, l'allegra cuccetta rosa di Lily era sistemata con cura, circondata dai suoi giochi sparsi sul pavimento in laminato chiaro. La piccola cucciola guardò Bambi con curiosità e subito si avvicinò, scodinzolando amichevolmente.

«Basta, Lily» disse Marshall. «Lasciala in pace.»

«Non mi dà fastidio, adoro gli animali» disse Bambi, accarezzando le orecchie della cucciola.

Marshall attese che la sua ospite terminasse di bere la spremuta d'arancia, poi prese due sgabelli e li posizionò vicino alla tastiera. Fecero un piccolo riscaldamento con le scale musicali, riportando alla mente le note familiari, e infine cominciarono a strimpellare la prima parte dello spartito. Più volte si imbrogliarono coi tasti, ridendo delle loro piccole imperfezioni, mentre Lily saltellava nel mezzo cercando di attirare l'attenzione con salti e guaiti giocosi.

Incuriosita, la cagnetta mise le zampe sui tasti, aggiungendo una melodia improvvisata e fuori tema che li fece scoppiare in una risata contagiosa.

Marshall lasciò che Lily giocasse ancora un po' prima di distoglierla dalla tastiera, sorridendo alla sua esuberanza.

Quando propose una pausa, fuori era già calato il buio. Le luci della città iniziarono a punteggiare l'orizzonte attraverso le finestre dell'appartamento, creando un'atmosfera intima.

Bambi guardò fuori per un momento, apprezzando la tranquillità e il legame che stava crescendo tra di loro.

«Adesso puoi dirmelo» lo stuzzicò, sedendo al suo fianco sul divano. «A te piacciono i peluche.»

«No» sorrise lui. «Sono di mia madre.»

«Ehi, non è scritto da nessuna parte che ai maschi non possono piacere le bambole, i trucchi e i peluche. E non necessariamente sono Gay! Così come a nessuna femmina viene vietato di giocare al biliardino, a pallone e con le macchinine. Di certo non è detto che siano lesbiche! E anche se ciò fosse, non sarebbe comunque una cosa sconvolgente: sono gusti. A prescindere da quello che pensa la gente.»

«E se ti dicessi...», Marshall fece una pausa, «che a me piaci tu?»

Bambi lo guardò. Un sorriso imbarazzato, ma splendente, le apparve sul volto scarlatto. Non diede risposta, piuttosto si alzò e lo ringraziò per l'ospitalità.

«Vuoi già scappare?» si alzò anche lui.

«Si è fatto tardi, e ho fame.»

«Possiamo anche cenare insieme.»

«Mi permetti di aiutarti?»

«Ti prego, sì! Sono un disastro ai fornelli.»

«Mi dici perché continui a raccontare frottole?»

«Mi rende più virile.»

«Ti fa sembrare solo più stupido.»

«Non provocare, ti lascio senza cena.»

Raggiunsero la cucina ridendo e facendosi la guerra, con Lily che storceva le orecchie e inclinava la testa per ammirare con curiosità quella buffa serata.

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