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Capitolo 6

Capitolo 6


Il giorno successivo si ritrovarono tutti riuniti sul set. Trascorsero una buona mezz'ora a perdersi in chiacchiere, discutendo di ciò che avevano fatto la sera prima e scherzando sui retroscena delle riprese. L'atmosfera era vivace e amichevole, con risate che riempivano l'aria mentre si scambiavano aneddoti divertenti.

Un altro quarto d'ora fu dedicato alla preparazione, complice il sole rovente che scottava sulla pelle e tendeva a sciogliere rapidamente il trucco, nonostante fosse applicato il fissante più forte disponibile. Gli assistenti correvano avanti e indietro, armati di ventagli e spruzzini d'acqua per rinfrescare il cast.

Gli attori erano al loro posto, concentrati e pronti per iniziare. Le loro espressioni cambiarono, passando dal rilassamento alla professionalità in un attimo. L'asta del grande microfono li seguiva da vicino per captare ogni minima voce o suono, mentre le telecamere si muovevano agilmente intorno alle movenze, catturando ogni angolazione.

Il regista dava gli ultimi ritocchi alle indicazioni, e l'energia sul set era di nuovo carica di aspettative.

La scena in atto era la seguente, una ripresa ottimale di quella precedente:

"Bambi giaceva per terra, tra le braccia del ragazzo. Aveva perso i sensi ed era ricoperta di sangue. Marshall piangeva disperato, troppo perfetto per essere finzione. Le comparse fecero del loro meglio per apparire agitati, turbolenti.

In lontananza di sentì il suono di una sirena. L'ambulanza arrivò sul posto. I paramedici la caricarono sulla barella e la trasportarono via. Marshall recitò le sue battute. Il regista si alzò e urlo STOP!"

Gli assistenti fornirono a Bambi e agli altri asciugamani puliti e bibite rinfrescanti, accogliendo con gentilezza le loro richieste.

Il sole cocente faceva brillare le perline di sudore sulle loro fronti e le bibite fresche erano un sollievo temporaneo dal calore soffocante. Il regista, con attenzione scrupolosa, controllò le varie sequenze, assicurandosi che non vi fossero errori visibili o problemi tecnici. La sua voce si mescolava al brusio delle conversazioni, creando una colonna sonora incessante di preparazione e precisione.

Bambi si sentì strana: osservandosi la mano, si accorse che tremava. Aveva il battito cardiaco agitato e la testa vorticava, appesantita da una sensazione di malessere crescente. Le gambe, che fino a poco prima la sorreggevano con sicurezza, sembravano ora incapaci di reggere il suo peso. Si sforzò di restare in piedi, ma le ginocchia minacciavano di cedere, passando dalla Tarantella al Twist in un'inaspettata e sconcertante danza di debolezza.

«Ehi, va tutto bene?» le chiese Marshall, visibilmente preoccupato, avvicinandosi rapidamente a lei. I suoi occhi erano pieni di ansia e la voce aveva un tono di allarme che Bambi non poteva ignorare.

«Cosa? Oh, sì. È tutto sotto controllo» rispose, cercando di sorridere nonostante la sgradevole sensazione.

Il suo sorriso era tremolante, fragile come un vetro sottile che potrebbe infrangersi al minimo tocco.

«Sei sicura? Hai un aspetto orribile... E non è solo il trucco che si sta sciogliendo.»

Bambi cercò di rispondere, ma le parole si fermarono in gola. Le pareva che la luce del sole fosse diventata improvvisamente troppo intensa, facendole bruciare gli occhi.

«Fa troppo caldo», mormorò infine.

Proprio in quel momento, il signor Andrews annunciò: «Ragazzi, altri dieci minuti di pausa», mentre era occupato a risolvere dei dettagli logistici.

Il suo annuncio arrivò come una benedizione.

Bambi colse l'occasione al volo, adagiò la bibita vuota sul tavolo di servizio e sparì dietro la porta del camerino. Si chiuse in bagno, aprì il getto dell'acqua fredda e sciacquò abbondantemente il viso: il trucco scivolò via, ma aveva un disperato bisogno di rinfrescarsi.

L'acqua gelida, a contatto con la pelle, fu una sensazione inebriante, quasi quanto una maschera che si scioglieva per consentire ai pori di respirare. Sentì l'energia fredda attraversarle il viso, risvegliando ogni cellula sopita dalla stanchezza e dal calore opprimente.

Guardandosi nel piccolo specchio dell'abitacolo, si rese conto che Marshall non aveva tutti i torti: aveva un aspetto orribile. Gli occhi erano velati da qualcosa che non riusciva a decifrare, e la sua espressione ricordava quella di un cane piagnucolante che cerca pietà ai piedi del padrone. Le occhiaie erano profonde, segni scuri che parlavano di notti insonni e di una stanchezza accumulata. Si passò una mano tra i capelli, cercando di trovare un po' di ordine nel caos che sentiva dentro.

Respirò profondamente, cercando di calmare il battito frenetico del cuore. "Devo tirarmi su" pensò. "Non posso farmi vedere così." Ma mentre lo pensava, sentì il peso della giornata e della pressione che l'accompagnava schiacciarla sempre di più.

Si concesse qualche istante in più sotto il getto freddo, chiudendo gli occhi e lasciando che l'acqua portasse via con sé un po' della sua angoscia. Nel rumore ovattato del flusso, percepì il frastuono di uno schianto. Qualcuno cominciò a urlare, un urlo che squarciò l'aria come un coltello affilato. Gli occhi si spalancarono mentre il cuore esplodeva.

Ritornò in superficie, rendendosi conto di tremare come una foglia solleticata dal vento burlone che voleva farla cadere a tutti i costi. In sottofondo udì il fastidioso suono di una sirena, distante ma inquietante. Qualcuno piangeva, la stringeva forte, le sussurrava qualcosa...

«Bambi, cosa succede lì dentro?»

La voce di Marshall arrivò attraverso la porta del bagno, accompagnata dai suoi colpi insistenti. Bambi rinsavì, ancora trepidante, ma riuscì a comporre il sorriso sulle labbra prima di uscire.

«Ho avuto un attacco di panico», disse, sforzandosi di mantenere un tono fermo, «ma è passato.»

«Chiamo qualcuno?» Marshall la guardò allarmato.

«Non ce n'è bisogno, sto bene. Vuoi una mano a sistemarti i capelli?»

Marshall sospirò, riconoscendo il tentativo di cambiare argomento.

«Scommetto che con te è inutile discutere.»

«Esatto. Ma non hai usato il detergente dei piatti sui capelli, vero?»

«C'ero vicino, ma ho resistito.»

Bambi aveva bisogno di quella risata che Marshall le aveva strappato; si sentì leggermente sollevata dalla sofferenza mentre lo aiutava a sistemare quei capelli stopposi e sudati.

Marshall la osservò attraverso lo specchio, dove i loro sguardi si incontrarono come due pezzi di puzzle che si incastrano perfettamente.

Nel silenzio, a Bambi parve di udire ancora la voce sconosciuta che sussurrava qualcosa. Era logorante, sofferente, ma non riusciva a distinguere le parole. La mano cominciò di nuovo a tremare, mentre la paura dietro quegli occhi non era ancora del tutto svanita.

«Se non mi dici cosa hai davvero, chiamo qualcuno!» esclamò Marshall, visibilmente allarmato.

«Cosa vuoi che ti dica? Il sole mi ha fritto il cervello: sento una voce, dentro la mia testa, è disperata.»

«Cosa ti dice?»

«Non lo so... Non riesco a distinguere le parole, okay? Non posso dirti altro, quindi smettila. Piuttosto dimmi: hai sempre avuto questi pori così brutti?»

Marshall sospirò, prendendola sul ridere per non arrovellarsi.

«Come osi insultare i miei amati crateri?»

«Ho un siero. Se ha funzionato per me, funzionerà anche per te.»

«Uso già un siero. Questo qui», disse, mostrandole una piccola boccetta dall'etichetta sbiadita.

«Ma questo è per le rughe, cosa c'entra con i pori?» lo guardò lei, sbigottita.

«Con i pori niente, ma almeno correggo le zampe di gallina intorno agli occhi.»

«Senti», gli disse sorridendo, «non serve a niente curare le zampe di gallina se poi il tuo viso sembra un reperto archeologico. Quindi ti prego, accetta il mio siero: sei un bel ragazzo, dovresti prenderti più cura di te stesso.»

Marshall la guardò intensamente, il suo sguardo scrutatore sfumato da un velo di gratitudine.

«Be', che posso dirti? Ci conosciamo da ieri e già hai messo a nudo i miei difetti.»

«Oh, ma tu sei perfetto anche così. Solo sai com'è, devo prendermi cura di te. Quindi sta' zitto e non rompere!»

«Sissignora!»

E mentre ridevano, bussarono alla porta del camerino e la troupe del trucco li preparò per tornare in scena. Mentre si avviavano, Marshall le sussurrò: «Ti sei già presa cura di me in passato.»

Bambi rimase sconcertata, ferma sui propri passi. Non aveva capito bene, era confusa... l'aveva confusa.

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