Capitolo 19
Capitolo 19
Bambi era davanti al camerino. La porta era chiusa, non trovava il coraggio di entrare. Si sentiva frastornata, in preda all'ansia. Il cuore le batteva agitato nel petto, come se volesse sfuggire dalla gabbia toracica per trovare l'ambita pace dei sensi.
Continuava a muoversi avanti e indietro, torturandosi le unghie, indecisa su cosa fare. Ogni volta che sembrava trovare il coraggio, lasciava andare la maniglia, abbandonando l'idea di entrare. La mente era un vortice di pensieri, ricordi e paure. Si sentiva inutile, debole per non riuscire a fare quel passo.
Si diede della stupida. Riprovò ancora e ancora, finché le dita non mantennero salda la maniglia. Con un respiro profondo, finalmente riuscì a spingere la porta, la quale si aprì cigolando.
Marshall era di spalle, davanti al grande specchio sul tavolo del trucco, dove erano poggiati due frappuccini e due cornetti super farciti di crema al pistacchio.
I loro sguardi si incrociarono attraverso il riflesso nello specchio; gli occhi di Marshall si allargarono per la sorpresa, mentre quelli di Bambi riflettevano una miscela di emozione e incertezza. Anche i cuori parvero ritrovarsi, battendo insieme nella stessa storia, ma questa volta non attraverso un ipotetico sogno mutato in una realtà sconvolgente.
Era un momento carico di tensione e aspettative, un fragile equilibrio tra passato e presente.
Marshall si girò lentamente, il suo viso era un mosaico di emozioni.
«Bambi...» sussurrò con la voce tremante come una foglia al vento.
La truccatrice arrivò presto quel giorno, pronta a iniziare il suo lavoro, ma né Bambi né Marshall erano propensi a rinunciare a quel momento: avevano troppo da dirsi. Con gentilezza, le chiesero di tornare più tardi, desiderando rimanere soli, avvolti dal silenzio mentre il mondo fuori continuava a scorrere.
Rimasero sospesi nel tempo, nella polvere che cadeva dai raggi del sole, nel fermento che animava il set per le penultime riprese. Ogni suono sembrava attutito, quasi distante, come se l'universo stesso avesse deciso di concedere loro un attimo di tregua.
Bambi si mosse lentamente, posizionandosi alle spalle di Marshall. Cominciò a giocare coi ciuffi stopposi dei suoi capelli, le dita tremanti che li accarezzavano con delicatezza. Si abbassò alla sua altezza, poggiando il mento su quella spalla forte che emanava un buon odore, simile a un balsamo non ancora inventato per il cuore ferito.
Una lacrima le rigò il volto, seguita da un'altra, e un'altra ancora. Cadevano silenziose, come perle trasparenti, riflettendo la luce calda del mattino.
«Marshall...» sussurrò con voce spezzata.
«Sono qui, Bambi» le disse sottovoce.
«Io mi ricordo di te... Noi ci siamo già incontrati.»
«Al firma copie.»
«No.»
Il silenzio era interrotto solo dal ticchettio dell'orologio: tic tac, tic tac. L'aria era carica di attesa, ogni secondo che passava rendeva il momento più intenso.
«È colpa mia», sussurrò Bambi, le dita tremavano mentre tracciavano la linea della cicatrice nascosta sotto il tatuaggio della piuma bianca. «Ti ho spinto troppo forte... Non mi ero accorta della bottiglia rotta... Ti prego, perdonami.»
«Vuoi scherzare?» rispose lui, con una lacrima che sfuggì al suo controllo. «Ti devo la vita.»
«Ma io mi sono dimenticata di te...»
Bambi abbassò lo sguardo, la vergogna e la colpa che le appesantivano il cuore.
«Per me è stato difficile farlo, ma ho scelto di conservarti nella piuma del tatuaggio: sei il mio angelo custode. Quando mi resi conto che ti stavo spaventando venendoti dietro, ho deciso di andarmene. Poco a poco ti ho dimenticata anch'io, poi è uscito il tuo libro... Non si parlava d'altro che di Bambi Smith. Fu allora che ricordai chi eri, cosa avevi fatto. Avevo bisogno di vedere come stavi, per questo sono venuto al firma copie. Volevo vedere, anche solo un'ultima volta, la persona che ha messo la mia vita davanti alla sua.»
Bambi si asciugò una lacrima e, guardandolo attraverso lo specchio, disse: «Promettimi che non metterai più le cuffiette quando attraversi la strada.»
«Non le ho più messe da allora» le confidò Marshall, la voce spezzata dal pianto.
Il suo sguardo era fermo, sicuro, e conteneva una promessa di sicurezza e di gratitudine eterna.
Bambi lo abbracciò forte. Respirò la sua essenza, un misto di colonia e qualcosa di più profondo, più intimo. Lo tenne stretto a sé, aggrappandosi alla brutta camicia viola che indossava, sentendo il tessuto morbido sotto le dita: la sua presenza era un'ancora, una fonte di calore e sicurezza che le riempiva il cuore di una dolce quiete.
Marshall girò lentamente la sedia, permettendole di sedersi sulle sue gambe. Le loro respirazioni si sincronizzarono, creando un ritmo tranquillo e rassicurante. Rimasero avvolti l'uno nell'altra, il mondo esterno diventato un'eco lontana, finché qualcuno bussò insistentemente alla porta.
Una voce dall'esterno annunciò che era il momento di entrare in scena. Il suono era freddo, privo della comprensione del momento intimo che stavano vivendo. Ma del resto, cosa ne sapevano gli altri?
Marshall le asciugò delicatamente le lacrime con il dorso della mano, il tocco leggero e affettuoso. Bambi si appoggiò alla sua fronte, chiudendo gli occhi per un istante, cercando di imprigionare quel momento di calma prima della tempesta.
Furono di nuovo abbracciati dal silenzio che, a quanto sembrava, aveva anche lui parole di conforto, una tregua temporanea dal tumulto delle loro emozioni.
Indossarono la maschera migliore che avessero, sospirarono all'unisono, sorrisero forzatamente e uscirono dal camerino come due attori pronti a interpretare un nuovo ruolo. Ogni passo che facevano insieme era carico di una consapevolezza tacita, un accordo non detto sulle vesti del loro passato condiviso.
Sapevano che il legame che li univa, nato da una tragedia e risorto dalla memoria, era ora parte integrante delle loro vite, come un filo invisibile che li teneva stretti nonostante lo scherzo del destino avesse tentato di separarli.
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