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Capitolo 18

Capitolo 18


C'era un ragazzo, la guardava attraverso il grande vetro che lo separava dalla stanza. Piangeva in silenzio, aveva un cerotto sulla fronte e del sangue gli colorava la pelle in striature ormai secche. Le lacrime scivolavano dai suoi occhi gonfi, infrangendosi nel vuoto, mentre a stento batteva ciglio, come se ogni movimento richiedesse uno sforzo immenso.

Bambi si era da poco svegliata. Si sentiva frastornata, come sotto l'effetto di qualche stupefacente. La stanza era avvolta da una luce bianca e fredda e il rumore costante del macchinario a cui era collegata le rimbombava nella testa. Sul monitor, la linea della frequenza cardiaca disegnava un ritmo regolare, mentre il tubicino nel naso la aiutava a respirare meglio, anche se le dava anche una sensazione di fastidio.

Il dottore stava parlando con i suoi genitori. Le parole erano confuse, un mormorio indistinto, ma il pianto di sua madre e l'abbraccio teso di suo padre erano inconfondibili. La disperazione sui loro volti rendevano la scena ancora più surreale.

Furono eseguiti degli esami di controllo. Tutto era nella norma, tranne una parte della sua memoria che sembrava aver cancellato qualcosa. Cercò di ricordare per colmare la strana sensazione di vuoto, ma i pensieri erano avvolti da una nebbia fitta e ogni tentativo di afferrare un ricordo parve sprofondare nel nulla.

«Riconosci questa donna?» le chiese il dottore, indicando la madre con un cenno del capo.

«M-Mamma» biascicò Bambi con voce tremante.

«Quest'uomo?» continuò il dottore, rivolgendosi verso il padre.

«P-Papà» rispose Bambi, il suo sguardo vacillante cercava un punto di riferimento sicuro.

«E quel ragazzo là fuori, lo riconosci?» chiese il dottore, voltandosi verso il vetro che separava la stanza dal corridoio.

«N-No...» disse Bambi, il viso contratto in un'espressione di confusione.

«Ricordi cosa è successo?» insistette il medico, cercando una luce di consapevolezza nei suoi occhi.

«N-No» ripeté Bambi, con la voce sempre più flebile.

Il dottore si allontanò, facendo un cenno ai genitori di seguirlo fuori dalla stanza. I loro volti erano una maschera di preoccupazione.

«La buona notizia è che vostra figlia sta fisicamente bene. Si sta riprendendo piuttosto rapidamente» iniziò il dottore, cercando di infondere un po' di sollievo. «Tuttavia, c'è un aspetto che vorrei discutere con voi riguardo alla sua memoria.»

«Cosa intende, dottore?» chiese la madre, la voce tremava mentre cercava di mantenere la calma.

«Vostra figlia ricorda chi è, come si chiama, da dove viene e chi siete voi. Tuttavia, sembra aver dimenticato l'incidente e il ragazzo che ha salvato» spiegò il medico, parlando con un tono calmo e rassicurante. «Si tratta di una perdita di memoria temporanea, una reazione comune in situazioni di trauma emotivo intenso. La mente di vostra figlia sta cercando di proteggerla dal ricordo traumatico. Questo meccanismo è noto come amnesia dissociativa.»

«Quindi cosa dobbiamo fare?» chiese il padre, il suo volto mostrava una determinazione disperata.

«Al momento è importante non forzare i ricordi» rispose il dottore con fermezza. «Lasciate che il tempo faccia il suo corso. Continuate a offrirle supporto e affetto. Se vostra figlia vorrà parlarne, ascoltatela senza spingerla a ricordare. Con il tempo e un ambiente tranquillo e sicuro, la memoria potrebbe ritornare spontaneamente.»

«E se non tornasse?» pianse la madre, le lacrime scendevano silenziose lungo le guance.

«Se la perdita di memoria dovesse persistere, potremmo considerare di consultare uno specialista in psicoterapia. In molti casi, queste amnesie si risolvono da sole, ma un aiuto professionale potrebbe facilitare il processo» spiegò il dottore con un tono empatico. «Per ora, il vostro supporto emotivo è la cosa più importante.»

«Grazie, dottore. Faremo del nostro meglio per aiutarla a superare questo momento» disse il padre, stringendo la mano della moglie con forza.

«Se avete altre domande o se notate qualcosa di allarmante, non esitate a contattarmi» concluse il dottore, offrendo un sorriso rassicurante.

Mentre sua madre si prendeva cura di lei, il padre lasciò la stanza per informare il ragazzo della situazione. Non era arrabbiato con lui, anzi, gli poggiò una mano sulla spalla per dargli forza.

Il ragazzo crollò tra le sue braccia. Pianse disperato, chiedendo perdono per quanto accaduto. Le parole erano spezzate dai singhiozzi e le spalle tremavano mentre si aggrappava all'uomo come se fosse un'ancora di salvezza.

«Sono cose che capitano» disse l'uomo con tono dolce, accarezzandogli la schiena per tranquillizzarlo. «La prossima volta fa' più attenzione: mia figlia ti ha dato un'altra chance di vita, non sprecarla.»

Marshall andò a trovarla in ospedale un paio di volte, ma senza osare entrare in stanza né farsi vedere dai genitori della ragazza per evitare ulteriori dispiaceri. Le portava dei fiori, mazzi di margherite e girasoli, e rimaneva minuti interi a osservarla attraverso il vetro che li separava.

I loro occhi si incrociavano nei riflessi delle luci a neon, ma con la consapevolezza che Bambi non conservava il minimo ricordo di quanto accaduto. Allora le sorrideva timidamente, cercando di trasmetterle affetto nonostante la distanza che li separava. Lei rispondeva con uno sguardo confuso, senza comprendere appieno chi fosse e perché la guardava con tanta intensità.

Marshall se ne andava sempre prima che i genitori di Bambi tornassero, lasciando i fiori sulla porta. Sperava che un giorno, quando tutto sarebbe tornato alla normalità, lei avrebbe potuto ricordare e capire quanto le era grato.

Fino ad allora, avrebbe continuato a vegliare su di lei a distanza.

Quando fu dimessa dall'ospedale e riprese la sua vita, Bambi vide quello sconosciuto che la osservava da lontano. I suoi occhi indagatori la seguivano ovunque andasse, rendendo ogni uscita un tormento di ansia. La cominciò a spaventarla, il più delle volte rimaneva chiusa nei luoghi sicuri, come il bar all'angolo o la biblioteca, finché non lo vedeva andarsene. Non disse nulla ai suoi genitori, preferendo tenere la cosa per sé per non allarmarli.

Poco a poco, non lo vide più. Le sue giornate tornarono alla normalità e il ricordo di quel ragazzo scomparve completamente dalla sua mente.

Fino a quel giorno.

Rannicchiata per terra, avvolta dal buio di una notte che si era fatta largo in casa, Bambi fece ritorno alla realtà. Il pavimento freddo accoglieva le sue lacrime e i brividi lungo la schiena la avvolgevano come un profondo, lungo abbraccio di consolazione. Aveva molto dolore nel cuore. Se avesse potuto scegliere, probabilmente avrebbe scelto di non ricordare, ma non perché se ne pentiva. Piuttosto, lo avrebbe spinto con meno forza, evitando di fargli del male mentre cercava di salvarlo.

Intenzionata a parlargli, prese il cellulare, rimanendo rannicchiata a terra. La luce dello schermo le illuminò il viso segnato dalle lacrime. Vide alcuni suoi messaggi...

Marshall

Ehi, cosa è successo?

Va tutto bene, Bambi?

Dai, parlami! Sono stato stupido, lo so!

Ti prego... sono preoccupato per te.

Dimmi solo che stai bene.

Marshall ❤ è offline.

Bambi

Devo parlarti.

Marshall non rispose subito. Bambi pensò che probabilmente stava lavorando per delle scene notturne, o che si era stancato di aspettare risposte che non arrivavano.

Marshall ❤ è online.

Marshall

Ero a spasso con Lily. Dimmi. Cosa succede?

Bambi

Non qui. Da vicino.

Marshall

Passo da te?

Bambi

Ora è tardi. Facciamo domani.

Marshall

Bambi, non m'importa se è mezzanotte... Ho bisogno di vederti!

Bambi

Domani, Marshall. Ti prego.

Marshall

D'accordo. Stessa ora nel nostro camerino.

Bambi

Ok.

Bambi ❤ è offline.

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