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Capitolo 13

Capitolo 13

Era la fine di Luglio e il caldo implacabile rendeva il lavoro all'aperto un'ardua tortura. L'asfalto emanava onde di calore tremolanti e l'aria era irrespirabile. Tuttavia, per Bambi, non era la principale causa della sua distrazione. Era assente dal mondo che aveva creato: dal set con le sue luci accecanti, dalle sessioni di firma copie dove i fan la circondavano, persino da Marshall, il suo compagno di tante avventure. Restava reclusa nei suoi pensieri, a volte mormorando qualcosa a bassa voce e partecipando a malapena alle conversazioni, come se fosse sconnessa, distante, su un altro pianeta.

Marshall, insieme a Taz, Michael e il signor Andrews, l'aveva notata più volte con lo sguardo perso nel vuoto. In quei momenti, le sue mani si aggrovigliavano nervosamente, tormentandosi tra loro, danneggiando le cuticole fino a farle sanguinare. Un'ombra di amarezza offuscava il suo sguardo, arrossando gli occhi e umidificando le ciglia, anche se respingeva con forza quelle che sembravano lacrime.

Marshall era in pena per lei. Si ricordava di come Bambi fosse solita ridere di gusto, di come il suo sorriso illuminasse il set. Ora, quella smorfia sembrava un lontano ricordo. Le giornate trascorse insieme, un tempo piene di complicità e risate, erano diventate silenziose e cariche di una tensione che non riusciva a comprendere del tutto.

«Sta succedendo qualcosa» disse sottovoce a Taz, mentre la osservavano seduta da sola su una panca persa nei suoi pensieri. Taz annuì.

«Sì, ma non so cosa. Dobbiamo solo esserle vicini» rispose, con voce calma ma decisa.

Bambi si alzò dalla panca con movimenti lenti e stanchi, come se ogni passo richiedesse uno sforzo immenso. Si diresse verso il camerino, la sua oasi temporanea di pace, con il cuore pesante e la mente affollata di pensieri.

Marshall la osservò da lontano, notando il suo incedere esitante. Decise di seguirla. Prese un bubble tea dal tavolo di servizio, sperando che quel piccolo gesto potesse alleviare la tensione.

«Ehi, stralunata», la raggiunse nel camerino, la porta cigolante si chiuse dietro di lui. L'aria condizionata era una tregua benvenuta dal caldo esterno.

Bambi si girò lentamente verso di lui, i suoi occhi erano velati di tristezza.

«Grazie», rispose col sorriso appena accennato, accettando il bubble tea. Le mani leggermente tremanti tradivano la sua apparente calma.

Marshall la guardò intensamente, cercando di capire cosa la turbasse.

«Sei distratta ultimamente. Posso aiutarti in qualche modo?»

«Non è niente, ho solo troppe cose da fare.»

«Vedo che sei brava anche tu con le frottole.»

«Tu non sai niente di me.»

«Quello che so è che c'è qualcosa che ti tormenta.»

La rabbia di Bambi esplose in un istante.

«Tu! Tu mi dai tormento! Riprenditi il bubble tea e lasciami stare!» gli porse il drink con un gesto brusco, quasi gettandoglielo addosso; Marshall allungò la mano per fermarla.

«Aspetta, Bambi!»

Ma Bambi non si fermò. Uscì dal camerino con passi rapidi e decisi, lasciandolo con il bubble tea in mano e un senso di impotenza crescente. Si avvicinò al signor Andrews, il quale stava sistemando dei documenti.

«Signor Andrews», disse con voce tremante, «posso assentarmi per un paio di giorni? Ho delle questioni da risolvere.»

Il signor Andrews la guardò con preoccupazione, ma annuì. «Certo, Bambi. Prenditi il tempo che ti serve.»

Bambi si allontanò. In realtà, non aveva nessuna questione da risolvere. Voleva solo estraniarsi dal mondo, sentirsi fragile e spaventata senza doverlo nascondere a nessuno. Le mani continuavano a tremare mentre camminava verso l'auto, e il peso dei suoi pensieri era insopportabile.

Marshall rimase nel camerino, lo sguardo fisso sulla porta ormai chiusa. Sentiva un profondo senso di sconfitta e dolore, senza sapere come aiutare la persona che amava.

Le notti divennero i peggiori incubi di Bmabi: rumori di schianti che riecheggiavano nella testa, voci che sembravano sussurrarle parole incomprensibili nel buio della stanza. Temette di impazzire. Ogni volta che chiudeva gli occhi, il terrore si faceva più reale. Discusse dei suoi timori con i genitori, cercando conforto, ma anche loro, come Marshall, continuavano a mentirle, alimentando il suo disperato bisogno di risposte che non arrivavano mai. Si sentiva tradita e sola, prigioniera delle sue paure.

Trascorse due giorni in isolamento, rintanata in casa, il suo rifugio dal mondo esterno. Le tende tirate oscuravano la luce del sole, creando un'atmosfera soffocante e claustrofobica. Mangiare cibi spazzatura diventò la sua unica consolazione: patatine, biscotti e gelato al caramello salato, che le donavano un conforto effimero ma necessario. Ogni cucchiaiata o morso era una piccola fuga dalla realtà, anche se il sollievo durava solo un attimo.

Si allontanò da Marshall e dalla musica che li univa. La tastiera che solitamente suonava con passione rimase appoggiata al muro, i tasti impolverati e immobili. Non aveva voglia di scrivere: le mancava l'ispirazione per una trama solida, una storia che potesse tenere i lettori incollati alle pagine. La sua creatività sembrava prosciugata, mentre il tentativo di mettere giù qualche parola si rivelava vano.

Era depressa, senza motivazione, ogni azione richiedeva uno sforzo enorme. Con un gemito, si alzò dal divano e si avvicinò al tavolino da caffè. Il cellulare giaceva lì, dimenticato tra le carte e le confezioni vuote di snack. Le dita tremanti lo afferrarono, la luce dello schermo illuminò il suo viso pallido. Scorrere le notifiche sembrava un'impresa titanica, ma sentiva il bisogno di connettersi, anche solo per un momento, con il mondo che aveva lasciato fuori.

Con un sospiro profondo, aprì l'App di messaggistica. Un messaggio non letto di Marshall attirò la sua attenzione: "Bambi, mi manchi. Parliamone, per favore."

La vista delle sue parole le fece salire le lacrime agli occhi. Sentiva il bisogno di rispondere, ma il peso della depressione la tratteneva, rendendo difficile anche il più piccolo gesto.

Si sdraiò di nuovo sul divano, abbracciando un cuscino per trovare un po' di conforto. Le lacrime scorrevano silenziosamente, mentre il gelato al caramello salato si scioglieva lentamente nel barattolo accanto a lei. Il mondo esterno sembrava lontano e il senso di solitudine la avvolgeva come una coperta pesante e soffocante.

Nel silenzio che la circondava, sentì l'arrivo di un nuovo messaggio, ma questa volta volle sforzarsi di dare anche solo un accenno di risposta a quel ragazzo che, nonostante tutto, continuava a insistere per starle vicino. 

Marshall

Dov'è finita la mia scrittrice preferita?

Bambi

Stesa sul divano a mangiare gelato.

Marshall

Perché non riprendi vita e vieni al centro commerciale con me? Guardiamo un film e ci svaghiamo un po', cosa ne dici? 

Bambi

Grazie, ma non mi va.

Marshall

Dai, Bambi...

Bambi

Marshall, non ne ho voglia.

Marshall

Non ti parlo più!

Bambi

Menomale, un rompiscatole in meno.

Marshall

Facciamo per le otto?

Bambi ❤ è offline.

Alla fine, Bambi decise di uscire. Aveva bisogno di aria, di staccare dai pensieri soffocanti che la tenevano prigioniera.

Verso le otto di sera, si trovò immersa nel vortice di suoni e colori che animava il centro commerciale. Le luci abbaglianti dei negozi la circondavano, mentre la musica che proveniva dalle vetrine creava un'atmosfera vivace e caotica. I bambini partecipavano alla gara di canto, le loro voci squillanti si mescolavano con le risate degli spettatori, e nella piazza esterna, gruppi di persone ballavano in sincronia, intrattenendo gli ospiti del locale che si godevano un'apericena al tramonto.

Nessuno la riconobbe, e come avrebbero potuto? Era irriconoscibile con la mascherina sul volto, gli occhiali da sole e un cappello da turista. Indossava un paio di shorts che le fasciavano le gambe e una maglia rosa scuro che fluttuava delicatamente nei movimenti, rilasciando nell'aria il profumo che si era eccessivamente spruzzata addosso. Si sentiva protetta dall'anonimato, ma anche stranamente vulnerabile.

Camminava senza meta, lasciandosi trasportare dalla folla, quando in mezzo alla gente scorse una figura familiare. Marshall era seduto a un tavolo isolato del locale, sorseggiando il suo amato bubble tea. Il cuore le iniziò a battere più forte delle note iniziali di "Love Story" di Taylor Swift che risuonavano nell'aria. Sentì un'ondata di panico invaderla e si voltò di spalle, pronta a scappare prima che la notasse.

Ma era troppo tardi. Con la rapidità di chi conosce bene ogni suo movimento, Marshall la afferrò per un braccio. Il suo sorriso era visibile anche attraverso le lenti scure degli occhiali da sole.

«Ehi, stralunata», disse con un tono affettuoso che sciolse le sue difese.

Bambi tentò di resistere, ma Marshall non le diede il tempo di protestare. La trascinò in mezzo alla pista da ballo improvvisata, dove le luci colorate danzavano sulle facce felici delle persone intorno a loro.

«Che stai facendo, Marshall?» chiese Bambi, cercando di nascondere l'agitazione nella sua voce.

«Ballo con te», rispose lui semplicemente, che l'avrebbe riconosciuta anche tra mille tempeste.

Bambi esitò per un momento, poi si lasciò andare, seguendo i suoi movimenti. Sentiva il calore del suo corpo, il ritmo della musica la trasportava lontano dai pensieri bui che l'avevano tormentata per giorni.

Per un attimo, si sentì libera, leggera come una piuma.

«Non devi fare tutto da sola, Bambi», le disse a bassa voce. «Sono qui per te.»

Le sue parole, unite alla magia del momento, riuscirono a spezzare la barriera che aveva eretto intorno a sé. Le resistenze si sciolsero come neve al sole e per la prima volta in giorni, si permise di sorridere davvero, sentendo che forse, insieme, avrebbero trovato un modo per affrontare tutto.

I passi erano semplici, improvvisati, eppure c'era una grazia naturale nei loro movimenti che attirava l'attenzione. La gente li guardava con curiosità, osservando quella coppia eccentrica che rubava la scena.

Marshall era splendido nel suo completo nero, la giacca che aderiva perfettamente al corpo atletico e i capelli pettinati all'indietro con precisione. Sorrideva radioso mentre la faceva girare, cercando di sbirciare attraverso gli occhiali da sole per incontrare i due zaffiri di cui non poteva più farne a meno.

Lei tentò di liberarsi lasciando la sua presa, senza abbandonare la pista. Il cuore batteva all'impazzata, mentre un'energia nuova la pervadeva.

Marshall la riattrasse a sé, con una dolcezza che solo lui poteva trasmettere, mentre la musica riempiva lo spazio intorno a loro. Sembrava la danza di due anime affini, travolte dalla musica e dai movimenti, mano nella mano, mentre gli occhiali da sole scivolavano via rivelando quel bagliore che tornò a risplendere dopo due giorni di buio.

Nel ritornello lento, Bambi si tolse la mascherina, perché ormai era già stata smascherata. Marshall la guardò e il suo sorriso era come se avesse appena vinto un premio. La musica riprese il ritmo veloce e il ballerino che era dentro di lui tornò in superficie: la prese in braccio con un movimento fluido, facendola girare in aria mentre lei rideva, una risata contagiosa che illuminò l'intero centro commerciale.

Con le braccia intorno al suo collo, a un palmo dal naso, Bambi si sentì non al settimo, ma all'ottavo cielo. Era come se avesse finalmente trovato una via d'uscita dal suo isolamento, abbandonando l'idea di passare le serate a casa a consumare gelato dal freezer. Si lasciò trascinare via dalla gioia del momento, senza preoccuparsi del cappello che aveva legato al braccio e che alla fine perse mentre correvano via.

In quel momento capì una cosa che già sapeva da tempo: Marshall era il posto sicuro dove voleva essere.

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