Capitolo 20: Chi va là?
Un raggio di sole si proietta proprio contro la mia iride dorata, una volta aperte a fatica le palpebre.
Mi sfrego con insistenza gli occhi con le mani, nel tentativo di riprendermi dal sonno in cui sono piombato così rapidamente.
E' stato proprio un bel sogno: la pioggia, noi completamente fradici, una graziosa casetta sull'albero.
Solo un secondo... Chi ha installato queste polverose travi in legno proprio sul soffitto di camera mia?
Balzo a sedere di scatto, cercando di mettere a fuoco ogni singola cosa accanto a me: la finestra che dà sulla pineta, il fumetto di Snoopie che giace a terra, il mio telefono proprio di fronte a me.
«Merda», bofonchio acchiappandolo, per poi scoprire che sono già le 09:17 di mattina.
Una volta sbloccato lo schermo, mi ritrovo di fronte al peggio: 7 chiamate senza risposta da mia madre, tutte quante ricevute nel corso della notte.
Pare che si sia arresa solamente alle 04.30 del mattino.
Com'è possibile che ci siamo addormentati così di sasso?
Mi volto nella direzione di Aubree, rannicchiata su se stessa al suolo, a pancia in giù, ancora semi coperta dalla sua morbida copertina. Starà morendo dal caldo...
Mi avvicino lentamente, le scosto la coperta per consentirle di prendere aria, e la mia attenzione viene catturata ancora una volta da un insolito livido proprio sul suo polpaccio destro.
O si tratta davvero della ragazza più maldestra sulla faccia della Terra, oppure qui gatta ci cova.
Sgrano gli occhi, ma decido di non trarre conclusioni affrettate.
Una ciocca di capelli le copre il volto, così glielo porto dietro l'orecchio, su cui il piercing non cessa di scintillare.
Non posso fare a meno che soffermarmi sul suo volto: l'espressione seria, quasi imbronciata, le labbra socchiuse e il suono del suo respiro celato dal cinguettare degli uccellini.
E' così angelica, nonostante la mancanza di quelle adorabili fossette.
Adagio una mano sulla sua spalla, colpito da un'improvvisa incertezza, e prendo a scuoterla delicatamente.
«Mmh», mugugna lei, facendo una smorfia e corrugando le sopracciglia. «Lasciami stare.»
Alzo gli occhi al cielo. «Aubree, ci siamo addormentati.», le ricordo io.
Abbiamo trascorso tutta la serata a chiacchierare del più e del meno, a mangiare delle noccioline scadute da un mese e mezzo che aveva nascosto parecchio tempo fa in questa baracca.
«E chissene!», grida. «E' sabato!», continua, acciuffando la prima cosa che trova nelle vicinanze, per poi lanciarmelo.
«Ahia!», strillo esaminando l'oggetto in questione.
Ci risiamo, il fumetto di Snoopie! E mi ha colpito con lo spigolo, per giunta!
La scuoto con più insistenza, dal momento che non credo abbia messo in chiaro tutta la situazione.
«Siamo stati fuori tutta la notte, che diranno i nostri genitori?», domando, pentendomene all'istante.
D'altronde, non credo che i rapporti con i suoi siano proprio buoni. Con sua madre, per lo meno.
Per un attimo, spalanca gli occhi con un'aria agitata, portandosi a sedere di scatto, esattamente come me qualche tempo prima.
Dopo un attimo di esitazione, però, alza le spalle. «Bè... Il danno è fatto!», afferma con non-chalance. «Ci incamminiamo?»
Scuoto la testa con insistenza. «Sei matta? Ci metteremmo come minimo un'ora!», la avviso. «Ci faremo dare un passaggio da...», comincio, analizzando la mia rubrica.
Mia mamma è esclusa, a priori.
Benjo aveva accennato al fatto di dover lavorare anche questa mattina, mentre Savannah non ha la patente.
Mi metto le mani nei miei capelli riccioluti, quando leggo l'unico nome rimasto.
«Da Megan», affermo in tono di sconfitta, guadagnandomi un'occhiata maliziosa da Aubree.
«Oh, allora c'è proprio del tenero!», mi schernisce, facendomi avvampare.
«Piantala di dire stupidaggini!», la ammonisco infastidito, mentre do il via alla chiamata.
***
Inutile dire che Megan abbia accettato al volo la mia richiesta: si è catapultata al parcheggio della spiaggia in soli dodici minuti e trentadue secondi. Un record mondiale!
Tuttavia, il suo sguardo è mutato all'istante, quando ha scoperto la presenza di una seconda malcapitata.
Non oso immaginare quali strane idee si sia messa in testa.
Insomma... due ragazzi soli, intrappolati su una casetta dell'albero per tutta la notte?
Mi scaccio dalla mente queste idee assurde, e provo a distrarmi dal nauseante motivetto che Megan canticchia, seguendo il ritmo della radio.
Osservo Aubree, dallo specchio retrovisore, posizionarsi proprio al centro dei due sedili anteriori di questa Panda color petrolio.
Non si prospetta nulla di buono, da una conversazione con queste due squilibrate.
«Allora Megan», fa lei. «Come proseguono, le lezioni di chimica, senza la tua compagna di ampolle, nonché sottoscritta?»
«Alla grande.», ribatte la ragazza dalle treccine, arida come il deserto del Sahara.
Per poco non trattengo le risate, e a quanto pare Aubree se ne accorge, poiché pare sul punto di escogitare una delle sue vendette succulenti.
«Sai...», comincia, mentre il sorriso mi sparisce dalle labbra. «Dovresti uscire con noi, qualche volta... Sono sicura che a Wayne farà davvero piacere!». Mi lancia un'occhiata in grado di incenerirmi.
Non posso credere l'abbia fatto.
Megan, ovviamente, si illumina in un baleno.
«Davvero?», domanda incredula, osservando Aubree annuire dallo specchietto retrovisore.
«Davvero, Wayne?», mi ribadisce la domanda quest'ultima, lasciandomi spiazzato.
«Ma c-certo... Sì...», concedo con un sorriso tirato.
Aubree schiocca in palmi in un applauso. «Allora è fatta!», esclama spaparanzandosi sul sedile, con un odioso sorrisetto compiaciuto stampato in faccia.
***
La restante parte del tragittto la passiamo in silenzio io e la maledetta, mentre il canticchiare di Aubree è sempre più intenso.
Una volta raggiunta la destinazione, ovvero casa mia, ci accostiamo nei parcheggi laterali e scendiamo dal veicolo.
Ringraziamo Megan per il passaggio, mentre scorgo il volto infuriato di mia madre dietro le tendine aranciate della finestra della cucina. Un attimo dopo è già fuori, sul viale, con ancora indosso la sua camicia da notte sui toni dell'azzurro e le pantofole abbinate.
Tento di scrollarmi di dosso le due ragazze al più presto, onde evitare una ramanzina con pubblico incluso.
Nonostante ciò, i miei tentativi di svignarmela appaiono vani, dal momento che non faccio in tempo a salutarle che quel mostro di mia madre è già alle mie spalle.
«Wayne Connor!», strilla facendomi rabbrividire. «Dove diavolo sei stato?», scandisce ogni sillaba in una maniera piuttosto inquietante.
Megan ci interrompe.
«Salve, signora Connor», fa lei con un sorrisino dolce, che io ho sempre trovato esasperante.
«Buongiorno!», esclama invece Aubree, con un tono più vivace.
Il volto di mia madre sembra rilassarsi giusto un attimo, alla vista della sua adorata Megan.
«Ciao tesoro, come sta la mamma?», domanda rivolgendosi solo ed esclusivamente a quest'ultima, facendomi vergognare per la poca considerazione nei confronti di Aubree, che tuttavia non sembra essersela presa.
«Mamma sta bene...», risponde pacata, per poi rivolgersi a noi due. «Ragazzi, mi spiace per avervi trattenuto così tardi per la ricerca di chimica»
Non ho idea di cosa stia parlando, ma a quanto pare Aubree sembra aver afferrato il concetto, e sta al gioco. «Oh, non ti preoccupare, grazie a te dell'ospitalità.», fa lei, strizzandoci un occhio.
Mamma risulta decisamente più tranquilla, poiché si allontana con un sorriso compiaciuto.
Ha un debole per Megan... Non ho idea del perché, va avanti così dall'infanzia!
Finalmente ci salutiamo.
«Grazie ancora, io prenderò un bus!», ci liquida Aubree.
«Oh, aspetta... Se vuoi ti ci accompagno!», si propone Megan, ma quando gli occhietti a mandorla della ragazza si aprono in uno sguardo teso decido di intervenire.
«No, ti sei già disturbata fin troppo...», affermo io, ricordandomi dell'espressione di quella volta proprio fuori casa di sua madre, guadagnandomi così un sorriso comprensivo da parte sua.
Sto per fare retrofront e dirigermi verso casa, quando ancora una volta qualcuno attira la mia attenzione.
«Oh, Wayne...», fa Megan. «Devono aver sbagliato indirizzo. Questo è tuo?», domanda porgendomi una lettera dalle dimensioni decisamente limitate.
Spalanco gli occhi quando intravedo il marchio rosso ''WC''.
«Che strana lettera...», constata lei analizzandola nei minimi dettagli, prima che io possa strappargliela dalle mani e sparire alla velocità della luce all'interno della mia umile dimora, dopo averla ringraziata ancora.
Una volta essermi chiuso in camera, finalmente posso aprirla.
Stavolta mio zio ha deciso di scrivermi un semplice ''Fai il bene''.
E così sarà, zio Fitz... Mi impegnerò per fare il bene, mio, e delle persone a cui tengo.
Con il sorriso stampato in volto, mi porto anche questa letterina al petto, sospirando ancora una volta per i regali che mio zio ha deciso di donarmi, in qualche modo.
***
La giornata è passata molto in fretta, tra lo studio sfrenato del weekend in preparazione alla prossima settimana e agli innumerevoli compiti assegnataci.
Sono stremato e finalmente sto per andare a letto.
Chiudo il mio laptop e finalmente posso distendermi a letto ad osservare la pioggia che scende a fiotti al di là della finestra.
Pare che il tempo stia impazzendo, a Santa Barbara.
Non si era mai vista tanta pioggia, in questo periodo del mese.
Dei rumori sordi provengono dall'esterno... Probabilmente sarà cominciata addirittura la grandine.
Si prospetta una nottata fantastica: il sonno, la pioggia, e addirittura il ticchettio della grandine. Cosa posso chiedere di più?
I rumori però non si placano, ma, anzi, peggiorano vistosamente.
Decido di dare un'occhiata.
Scosto le tende azzurrine e per poco non mi viene un infarto: un volto. Ho visto un volto.
Indietreggio all'istante portandomi una mano alla bocca, ma questa figura continua a bussare.
Mi faccio coraggio e scosto nuovamente la tenda...
E' una ragazza incappucciata e completamente fradicia. Aubree, che bussa insistentemente, alzandosi in punta di piedi dal tetto del box.
Apro la finestra all'istante, ancora scosso da quanto appena successo.
«Che ci fai qui?», domando incredulo.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro