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14- 𝙏𝙝𝙚 𝙛𝙞𝙧𝙚 𝙬𝙞𝙩𝙝𝙞𝙣-𝘈𝘮𝘦𝘭𝘪𝘢

Quella notte Jordan ci riaccompagnò al Fairwinds con un'ora di ritardo sulla tabella di marcia prevista, il che si tramutò in doppia attenzione. Nella via del ritorno ci eravamo struccate in auto, lasciando le salviette umide sporche di matita e mascara nel sedile del passeggero.

Nell'abitacolo della sua auto, mi cercò attraverso lo specchietto retrovisore per un'ultima volta. Ero restia a scendere, perché avrebbe messo fine alla congiunzione astrale."Vorrei altre serate come questa. Un'altra notte, dove non porti il male con te" mi aveva sussurrato, appena la sorella chiuse la portiera. Non era la prima volta che mi riservava frasi del genere, ed ogni volta in risposta mi pietrificavo, con una stretta intorno allo stomaco. Diventavo una statua di marmo privata della facoltà di parola.

Jordan mi aiutò a scavalcare di nuovo la siepe, sollevandomi con estrema facilità e lasciandomi respirare, per l'ultima volta, il suo profumo. Filammo dritte alla finestra della nostra camera per sgattaiolare dentro, assicurandoci che John stesse ancora dormendo. Io ed Ellison infilammo i nostri pigiami, ripiegando i vestiti usati per la serata e nascondendoli sotto al letto, dichiarando finita quella che era stata la notte più bella della mia vita.

Non restavano che poche ore alla sveglia del Fairwinds, ore in cui avremmo dovuto riposare per partecipare alle attività di gruppo che si sarebbero tenute poche ore dopo, ma avevo ancora così tanta adrenalina in circolo che non riuscii a chiudere occhio.

«Com'è stata l'evasione, miss Reed?» domandò sottovoce Elly.

«Da ripetere, miss Davis.» le risposi facendole un occhiolino invisibile nel buio della camera. La sentii cedere al sonno qualche minuto dopo.

Nel tripudio di anime danzanti del Wave, il fiammifero della vita aveva innescato in me una combustione di rinascita e riscatto, dando vita ad una lingua di fuoco fatta di desideri. Divenni la custode di quella piccola fiamma che avrei difeso in ogni modo possibile. Decisi di alimentarla con sogni, speranze e persone vere, rendendola ardente di una felicità che avrei costruito con le mie forze. Fu in quell'innocente serata, in un passatempo comune a tanti coetanei, che scattò la molla che diede il via al mio vero processo di guarigione.

Quando il sole albeggiò penetrando dalle piccole fessure della finestra, una dirompente Lisa entrò in camera nostra e, salutando Ellison, venne subito a sedersi ai piedi del mio letto.

«Allora? Com'è andata?» batté i palmi agitata.

«Una meraviglia, Lisa» dissi sincera, stropicciando gli occhi «una meraviglia.»

«Uno ci ha provato con Amy e Jordan l'ha praticamente appeso alla colonna!» Ellison si era svegliata dopo di me per la prima volta, passando dal sonno alla veglia in un lasso di tempo inumano.

«Hai avuto tanta paura?» Mi guardò inquieta Lisa.

«Sì, ma è durata davvero poco. Credo abbia avuto più paura il tipo dopo essere stato preso da Jordan.» Feci spallucce.

«Vedessi poi mio fratello come ballava con lei.»

«Raccontami, subito.» La guardò Lisa accecata dalla curiosità.

«Parliamo di te e Steven sul cubo, Elly?» La fulminai cercando di deviare il discorso.

«Oh, sì. Altroché se mi ha baciata.» Confidò in un sorriso malizioso. «Quando Jordan era troppo occupato a sniffarti.»

«E non me l'hai detto subito? Ero in macchina con te, Elly!»

«Eri nel magico mondo di Jordan, non volevo svegliarti.» Non ero stata in nessun magico mondo. Ero stata in una discoteca e avevo ballato con suo fratello. Niente di che.

«Ferme tutte!» intervenne Lisa, fermando il battibecco che stava iniziando «Elly rispondi tu, che sei senza filtri: intanto tra te e Steven, era ora! Ma Jordan l'ha annusata come? Come un segugio in battuta di caccia o era più una scena da Dirty Dancing?» Chiese curiosa, corrucciando le sopracciglia. Mi nascosi sotto le coperte, perché non poteva aver chiesto davvero una cosa del genere.

«On no, fidati: tra loro c'era tutto Dirty dancing e anche il sequel porno.» Sentenziò subito Ellison. D'istinto le tirai addosso il mio cuscino, scoppiando a ridere subito dopo.

«Possiamo andare a fare colazione, per piacere? Non voglio battutine dal dottor Greg per il nostro ritardo.» Implorai scostando il lenzuolo per alzarmi e scegliere la tuta del giorno.

Lisa aspettò che ci cambiassimo, facendosi promettere da Ellison più dettagli sul bacio con Steven, e andammo insieme nella sala da pranzo per fare colazione, scoprendo che tutte le altre erano già sedute ad aspettarci.

Ci accolse il dottor Greg con il suo solito fare scattoso. Quel giorno aveva scelto un maglione verde bottiglia infeltrito abbinato a dei pantaloni in velluto a coste marroncini. Julie aveva proposto una colletta per regalare un nuovo maglione al nostro dietista, e guardandolo mi accorsi che non poteva aver avuto idea migliore. Quell'uomo aveva un serio bisogno di ringiovanirsi.

«Dormito male stanotte, miss Reed?» mi chiese con fare inquisitorio il dottor Greg dopo aver ricambiato il mio sguardo. «Ha delle occhiaie pronunciate, stamattina.»

«Tutto bene, grazie.» Risposi in modo convincente. Quell'uomo vedeva davvero tutto, ma al Fairwinds non c'erano telecamere di sorveglianza e lui era in struttura solo durante il giorno. Le sue insinuazioni erano campate in aria.

Lasciò cadere lì il discorso, concentrandosi sul nuovo argomento della seduta di gruppo che si sarebbe tenuta in mattinata. Ci fece scegliere tra due argomenti a scelta: fear food e digestione. Riteneva importante spiegare nel dettaglio il processo di assimilazione del cibo, perché alcune tra noi, dopo i pasti, cercavano di fare attività fisica senza dare nell'occhio per bruciare buona parte delle calorie ingerite. Chi come Monique, che si sdraiava sul divano tenendo le gambe sollevate dai cuscini convinta di fare addominali, e chi, come Lisa, che spesso avvisava di dover riorganizzare l'armadio. In realtà, la sua era una scusa per fare squat e pesi con le braccia, sollevando gli scatoloni. Nell'insicurezza generale, proposi di affrontare i cibi fobici, perché volevo fare quel passetto in più nel mio percorso, sentivo la necessità di voler dare qualche forchettata ad un piatto di pasta, visto che ero quasi arrivata a completare la porzione di carboidrati della sera.

A colazione ormai finita, entrò la dottoressa Cameron, sempre vestita di tutto punto con un completo in tessuto bouclè giacca e gonna al ginocchio sui toni del blu. Non era raggiante come al solito, aveva un'espressione esacerbata, accentuata tacchettio più duro delle décolleté.

«Reed, Davis. Per oggi siete esonerate dal gruppo del dottor Spence. Finite colazione e vi aspetto nel mio ufficio.» Se ne andò degnandoci a malapena di uno sguardo.

Cazzo.

Io ed Ellison ci fissammo senza nemmeno battere le palpebre, dando vita ad uno sguardo che non aveva bisogno di parole per essere spiegato. Senza perdere tempo, preoccupate dall'aura di serietà che stringeva la Cameron, io ed Ellison aiutammo l'inserviente impilando le nostre tazze per metterle nel carrello, e ci incamminammo subito al piano superiore, fermandoci per un ultimo sospiro prima di bussare alla porta del suo studio.

Quando entrammo, Tamara e John si alzarono dalle sedie e ci guardarono sostenuti. Non indossavano le divise da lavoro, e avevano l'aria colpevole di chi era appena stato colto in flagrante. Ci fu subito chiaro il motivo della nostra convocazione: la segretezza della nostra fuga notturna aveva in qualche modo fallato, ed eravamo state beccate. La conferma arrivò quando la stampante della Cameron con uno scatto rumoroso mandò in uscita l'ultimo foglio. La dottoressa li raccolse, e premurandosi di nascondere qualcosa con un piccolo tratto di indelebile nero, dispose i tre fogli sulla sua scrivania, regalandoci una leggera ventata al profumo di inchiostro.

«Questa mattina è arrivata all'indirizzo della segreteria una mail senza oggetto e senza testo, con solo questi tre allegati.» Iniziò a spiegarsi indicando i riquadri nei tre A4. «Avete qualcosa da dire?» Domandò alternando occhiate colme di delusione tra me e la mia compagna di stanza.

Mi allungai a guardare i fogli incriminati, scoprendo il contenuto delle foto che mandarono alle stelle i battiti del mio cuore: nella prima io ed Elly eravamo all'uscita del bagno, nella seconda io e Jordan stavamo ballando, forse troppo vicini, e nella terza Ellison stava baciando Steven. Eravamo perfettamente riconoscibili, e nonostante sapessi che di lì a poco sarebbe iniziata una sonora ramanzina, non potei non notare che nelle due foto che mi ritraevano avevo un sorriso spensierato stampato in faccia.

«Chi l'ha mandata?» domandò la mia amica.

«Ha importanza? Non vi deve interessare.» La liquidò la Cameron. La sua voce, sempre dolce e fatata, era tremante, venendo meno alla sicurezza che faceva di lei una delle mie persone preferite. «Spero vi rendiate conto di quanto sia stata grave la vostra bravata. Avete una vaga idea delle conseguenze che ci sarebbero state se vi fosse successa una qualsiasi cosa? Da quando varcate l'ingresso diventate una nostra responsabilità. Se aveste fatto un incidente?»

Non ci avevo pensato.

«Se vi avessero messo qualcosa nel bicchiere?» continuò dopo una breve pausa. «Sarebbe stato grave per entrambe, ma tu prendi psicofarmaci, Ellison, sai che i pericoli sono ben diversi.» Disse puntandole contro il dito. Era arrabbiata. Per quanto cercasse di mantenere un tono pacato, i suoi gesti e le sue espressioni sprizzavano rabbia da tutti i pori.

«Con quello che costa la droga, doc, dubito la mettano nei bicchieri delle sconosciute. Ma siamo state attente, glie l'assicuro.» Voltai la testa di scatto per osservarla dopo quell'uscita: teneva lo sguardo fisso sulle ginocchia, senza guardare in faccia la psichiatra.

«Non mi pare il caso di scherzare, signorina Davis. L'avete combinata grossa. Tanto quanto dormire in orario di lavoro.» Disse spostando l'attenzione su Tamara e John, ancora in piedi dietro di noi chiusi in un silenzio tombale.

«Mi scusi dottoressa. E' la prima volta che capita.» Si scusò l'infermiera, seguita dall'addetto alla sicurezza. Ellison alzò le sopracciglia, perchè la congiunzione astrale era un evento che lei stessa aveva collaudato ben più di una volta.

«Spero vi rendiate conto di quanto questo sia un comportamento increscioso e per niente professionale. Abbiamo la responsabilità di qualche minorenne, tra le nostre pazienti. Senza contare il fatto che, se questo dovesse diventare di pubblico dominio, la nomea del Fairwinds ne sarebbe infangata. Questo posto è troppo importante per le ragazze che soffrono di disturbi alimentari per poterlo permettere.» Disse tutto d'un fiato la dottoressa.

«Quale sarà la nostra punizione?» Domandai. Sapevo che ad ogni azione dell'essere umano corrispondeva una reazione ben precisa. Sbagli di continuo ad allenamento? Audrey si arrabbia, e le prendi. Qualcosa fuori posto agli occhi di tua madre? Insulti e giudizi gratuiti. Azione e reazione, due principi che governano il mondo.

«Nessuna punizione, ragazze. Ma un piano del genere richiede almeno un complice. So che è stato tuo fratello, non vi costringerò a darmene conferma.» disse guardando Ellison. «Di certo non è una cosa preparata in una delle visite domenicali, quindi sono quasi certa che una di voi due nasconda un cellulare da qualche parte. Tamara e John saranno così gentili da fermarsi in orario extra lavoro per controllare la vostra stanza.» Spostò lo sguardo ai due adulti, con aria di sfida «tanto siete ben riposati, o sbaglio?»

Alla notizia della perquisizione, vidi Ellison vacillare. Non pensò nemmeno ad una risposta sarcastica con cui ribattere. Teneva lo sguardo basso, giocherellando con fare nervoso con i fili dello strappo sui jeans, a livello del ginocchio. Aveva gli occhi lucidi, potevo vederli anche guardando il suo profilo.

«Potete seguirli, ragazze. Restate all'entrata della vostra camera mentre loro fanno i dovuti controlli.» concluse passando le mani tra i capelli.

Ci alzammo, sconfitte, e seguimmo Tamara e John verso l'uscita dello studio.

«Amelia?» Mi fermai sulla porta al richiamo della Cameron. «Una parola, per piacere.»

«Prego» Mi riavvicinai alla scrivania.

«Due minuti nella stanza delle parole, se ti va. Non deve essere tutto bianco o nero. Non deve esserci per forza una punizione quando si sbaglia. Esiste il dialogo, ed è molto più potente.»

Cosa vuol dire dialogare, quando non sei altro che un burattino sotto il controllo di altri?

«Volevo solo uscire un po', dottoressa.» Mai mi sarei permessa di incolpare Ellison, era stata una mia scelta quella di seguirla accettando la sfida di Jordan.

«Potevi chiederlo. Per quanto suo fratello abbia la mia stima, portandovi fuori di nascosto ha sbagliato anche lui.»

«Vorrei dirle che mi dispiace, ma sarei una bugiarda.» L'onestà prima di tutto. «Credo mi abbia fatto del bene questa serata.»

«E' un'altra bella prova di carattere, ma non accadrà più fin che sei qui, Amelia.» Mi disse severa, per addolcirsi subito dopo «Ma domani pomeriggio, puoi saltare l'attività in piscina con Hailey e andare a pattinare sul lungomare. Non ricordo chi sia di turno, ma se accetti verrai accompagnata dal personale di servizio che ti aspetterà per qualche ora. Ti daremo un telefono per qualsiasi emergenza, che consegnerai al rientro. E' così che funziona. Hai bisogno di uscire, lo chiedi, e cerchiamo insieme un compromesso. Come ti sembra l'idea?»

Saltare due ore con HaileyPaloInCulo per andare a pattinare?

«Mi sembra ottima.» Dissi cercando di mascherare l'entusiasmo.

«Ovviamente, non renderlo un allenamento. Solo una pattinata tranquilla, prendila come momento di riflessione. Ti do fiducia.» Concluse. «Puoi andare, ora.»

Non feci in tempo a voltarmi che mi richiamò di nuovo, cercando una posizione più comoda sulla sedia.

«E' stato Jordan, a scrivere l'articolo, alla fine?»

«Non credo sia stato lui.» risposi «Ma ancora non mi fido.»

«Hai un bel sorriso, Amelia. Non nasconderlo così tanto.» disse guardando le foto, ancora poggiate sulla scrivania.

«Davvero non può dirci chi le ha mandate?» Supplicai.

«Credo sia un leone da tastiera, sembra un indirizzo mail inventato sul momento, ma anche se ci fosse il nome per esteso, non ve lo direi. Ti lascio andare ora, Ellison avrà bisogno di un'amica quando troveranno il suo cellulare.»

La Cameron, al solito, aveva ragione. Quando arrivai alla nostra camera, Josh e Tamara erano già andati via, ed Ellison mi corse incontro per abbracciarmi tra le lacrime. Era un continuo singulto che tentai di calmare carezzandole la schiena, per darle il ritmo del respiro. Sul suo letto, il libro magico lasciato aperto. Vuoto.

«Gli ho dato subito il telefono. Non volevo essere umiliata dall'ennesima perquisizione. Prima o poi l'avrebbero trovato.» Si asciugò gli occhi con la manica della felpa. Non l'avevo mai vista così scossa.

«Ti hanno detto altro?»

«No, per fortuna. Ma sono stanca Amy, non ce la faccio più a stare qui. Voglio andarmene, voglio danzare. Voglio addirittura studiare, come tutti gli altri. Ed è grave, che io voglia studiare.» Mi confidò.

«Ce la faremo, Elly. Ci impegniamo e ne usciamo, e vivremo infinite notti come questa. Danzerai fino allo sfinimento, che sia sul cubo di una discoteca o sulle punte da classica. Ma danzerai, e sarò li con te. Promesso.»

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