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Renegades

:: Attention please.
Questa è una one-shot AU.
I personaggi di Jason e Reyna appartengono a Rick Riordan ::

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Le strade che ci ritroviamo a dover percorrere nella vita sono spesso avvolte dalla più fitta nebbia. I piedi son lì, ancorati all'asfalto o alla terra brulla, ma la vista si perde nel tentativo di scorgere qualcosa in quella coltre di nebbia che pare senza fine. E si è fermi su quella strada, immobili come statue antiche, indecisi e incerti.

Le strade sono tante, tantissime. La scelta è vasta, ampie le decisioni possibili. Ma, alla fine, potremo scegliere solo una strada. Ed è qui che la mente - la mente umana, ciò che di più complesso conosco - diviene un subbuglio. Il suo ordine si spezza, ogni cosa perde il proprio posto e tutto è a soqquadro.

Scatena una grande confusione, dover prendere una decisione così importante. Perché vi è questa reazione?, vi chiederete. Be', semplicemente, ritrovarsi davanti una scelta del genere, che determinerà lo svolgimento della vostra intera vita, è un po' difficile. Si può cambiare strada, ma a volte è difficile.

Brancolare nel buio o nella nebbia sono forse, anche se tanti nemmeno lo sanno, le più grandi paure dell'essere umano. Prometeo ha portato loro il fuoco, la luce. Ha donato all'umanità la possibilità di vedere, di sapere cosa c'è davanti i loro occhi. E da quel momento in poi, gli esseri umani non riescono più a convivere con il buio e la nebbia. Queste, ormai, li spaventano.

Jason aveva davanti a sé solo tanta nebbia. Sotto le suole delle sue scarpe c'era asfalto, un po' rovinato dal passaggio dei tanti prima di lui. Già il fatto che vi fosse asfalto al posto della terra brulla era una buona cosa: almeno la strada sarebbe stata un po' meno insidiosa.

In realtà, Jason in quel momento non indossava le scarpe. I suoi piedi erano a pieno contatto con sabbia fresca e morbida; se affondava per bene un piede in essa riusciva ancora a percepire il calore che il sole estivo le aveva donato durante la giornata.

Ma davanti ai suoi occhi c'era solo quella nebbia candida e frizzante. La strada pareva perdersi in essa, all'interno di una nube di ignoto ed incertezze.

Jason era giovane, aveva da poco compiuto diciotto anni. E, come vi ho già detto, la prossimità di quella scelta lo spaventava. Anche voi, credo, avreste timore di una scelta così imponente ad una così giovane età. Tra le mani quel ragazzo aveva le redini della sua vita, stava a lui decidere come muoverle. Ma le mani gli tremavano; non sapeva cosa fare.

Voi sapreste cosa fare? Riuscireste ad impedire alle vostre mani di tremare, a decidere come muovere le redini delle vostre vite?

Oh, Jason non aveva mai avuto molta fiducia in sé stesso. Era immensamente coraggioso, questo sì, e aveva un cuore caldo e dolce, rivestito di solida pietra. Sapeva così essere una persona, non un automa privo di sentimenti, e al tempo stesso dotato di grande forza. Il suo cuore non era né di pietra né "troppo morbido", come avrebbe detto suo padre. Jason Grace, come mi piace dire, aveva il cuore di un leone.

Ed ora, quel cuore batteva ad un ritmo quasi irreale. Quelle mani dalle dita lunghe e affusolate, mai in errore, tremavano. E se avesse preso la decisione sbagliata? E se, passati anni, avesse compreso che la strada scelta in precedenza non gli s'addiceva? Odiava dover tornare indietro, ripercorrere le scelte e cambiarle se necessario. Non credeva nemmeno che fosse possibile, in quel caso. Certo, la vita si può cambiare, ma era estremamente difficile.

Tra la nebbia, però, riusciva a scorgere un punto di luce, piccolo ma rilucente come oro al sole.

Era questo puntino che lo attirava verso la nebbia. Perché sì, Jason si sentiva quasi tirato verso la coltre di nubi, come se una corda lo facesse lentamente avanzare verso quell'ignoto.

Ma lui conosceva quel punto di luce, lo conosceva bene. Era l'unica cosa a non essergli sconosciuta. Quella luce era una lei, e si chiamava Reyna.

Jason non credeva di essersi mai innamorato sul serio nella sua breve vita da diciottenne, almeno fin quando non era arrivata Reyna. Apparsa quasi per caso, gli era rimasta impressa nella mente sin dal primo istante. La amava davvero. E tutto era così nuovo per lui, anche se erano già due anni che stavano insieme. Ogni bacio sembrava il primo e lui arrossiva sempre, facendo sì che lei sorridesse divertita.

Reyna lo faceva sentire bene, come mai gli era successo prima. Con lei, ogni problema sembrava sparire e dissolversi, come polvere dispersa con un soffio. Il mondo aveva tanti, innumerevoli e magnifici colori. Il suo cuore grondava d'amore per lei; sua sorella Talia diceva che stravedeva per lei, che l'adorava. Jason aveva il sospetto sempre più fondato che fosse davvero così.

Ma ai suoi genitori Reyna non piaceva. Dicevano che non era abbastanza per lui, che poteva avere e si meritava di meglio.

Jason non li capiva. Reyna era la persona migliore dell'intero pianeta - e lui affermava questo anche se non conosceva ogni singolo essere umano sulla faccia della terra, lo sapeva e basta. Era ciò che di migliore gli fosse capitato. E dubitava che avrebbe mai potuto trovare un'altra persona come lei, che lo faceva sentire come lo faceva sentire lei, che lo rendeva migliore come lo aveva reso migliore lei. Era un dono dal cielo.

Platone una volta aveva detto che gli esseri umani, nell'antichità, erano creature doppie, con due teste, quattro gambe e quattro braccia. Metà era una donna, metà un uomo. Queste creature spaventavano Zeus, il re degli Dei. E lui, temendo che queste potessero essere più potenti di lui, fece una cosa che condannò gli esseri umani ad una ricerca affannata e estenuante. Li aveva divisi a metà. Da quel momento, ogni essere umano vaga sulla terra alla ricerca della propria metà.

E Jason aveva diciotto anni da poco, ma sentiva già di aver trovato la sua metà, il pezzo che gli mancava. Sua nonna, la sua cara nonna, che ora riposava nelle stelle, una volta gli aveva detto che la propria metà potrebbe trovarsi anche dall'altro lato del pianeta, ma che comunque noi riusciremmo a trovare un modo per raggiungerla. Siamo calamite e per forza abbiamo, dentro di noi, quel pezzo che attrae il suo mancante. Siamo così destinati ad una sola persona, ad una sola anima.

La nonna gli aveva anche detto che, a volte, ci vogliono anni ed anni per trovare la propria metà. Ma che se la si trova ad un'età giovane come la sua si era immensamente fortunati. Perché? Perché si avrebbe avuto la possibilità di avere quella metà al proprio fianco per sempre.

Jason era allora fortunato? Sì, lo era.

Ai signori Grace Reyna piaceva così poco che erano arrivati addirittura a vietare al loro figlio di vederla. Cosa che, per Jason, era stato l'equivalente di venire trafitto da una spada in pieno petto. Non poteva starle lontano, non poteva dirle addio. E, di certo, non aveva la minima intenzione di farlo.

Come ho già detto, i piedi di Jason in quel momento toccavano la sabbia. Era il crepuscolo, e il mare cantava quelle note quiete e dolci, sinfonia per l'udito. Di fronte a lui, un piccolo falò scoppiettava vivace, mandando bagliori arancioni sulla sabbia che, senza il sole diretto ad illuminarla, sembrava quasi grigia. Il cielo e il mare, in quel punto lontano e sperduto, si toccavano. Il sole era in procinto di tuffarsi nelle acque scure. La volta celeste aveva i colori sgargianti del tramonto; arancio, rosso, quell'azzurro che pian piano sfumava fino a divenire blu in procinto della nascita della notte.

Jason era freddoloso. Era pieno luglio sulle coste di San Francisco, ma lui indossava un giacchetto di jeans nella sera nascente. Reyna, al contrario, pativa in modo impressionante il caldo e non aveva alcun problema con il freddo. Persino in pieno inverno, le sue mani erano sempre bollenti come una tazza di caffè - lo stesso colore dei suoi occhi - mentre quelle di Jason erano gelide come ghiaccio. E allora lei gli prendeva le mani tra le sue e le riscaldava, accarezzandogli con dolcezza quelle piccole abrasioni che gli venivano sulle nocche per via del freddo.

Reyna passeggiava sulla battigia, una trentina di passi e poi girava sui tacchi. Altri trenta passi e ripeteva il percorso all'inverso; così in continua ripetizione. Il tramonto brillava sulle lunghe ciocche dei suoi capelli, dando ad esse riflessi quasi color sangue, e sulla sua pelle, dorata come l'olio d'oliva. Jason osservava la sua figura fare avanti e indietro sul punto in cui le onde si diradavano e giungevano sulla spiaggia, avanti e indietro.

E, guardandola, non poteva impedirsi di sorridere.

"Run away-ay with me"

Perché, si chiedeva Jason, se nessuno vuole vederci insieme, noi non ce ne andiamo? Perché non scappiamo, abbandonando ogni cosa? Solo noi due.

"Lost souls in reverly"

Sarebbero stati solo loro, soli faccia a faccia con il mondo e con la vita. Come prospettiva, non era male, affatto. Due anime perse in un sogno.

"Running wild and running free"

Liberi. Da ogni responsabilità, da ogni preoccupazione. Liberi di amarsi come volevano loro, quando volevano loro e dove volevano loro.

"Two kids, you and me"

Ed erano solo bambini, in fondo. Bambini che nulla sapevano della vita e del mondo, di ciò che v'era al di fuori di quella bolla che era San Francisco. "La città dove tutto è possibile e dove tutti sono ciò che sono", diceva la nonna.

Perché non spezzare le regole, uscire fuori dalle righe e rompere gli schemi? Perché adattarsi a ciò che altri volevano per loro? Perché lasciare che fossero i suoi genitori a dar forma alle loro vite?

"And I say
Hey, hey hey hey
Livin' like we're renegades
Hey hey hey
Hey hey hey
Livin' like we're renegades
Renegades, renegades"

Sarebbero stati dei rinnegati, su questo non v'era alcun dubbio. Suo padre, conoscendolo, l'avrebbe cancellato dalle foto di famiglia. Via, il suo nome sarebbe stato eliminato. Ogni traccia della sua esistenza sarebbe stata bruciata. La famiglia di Reyna? Suo padre viveva ancora a San Juan, nel lontano e tropicale Porto Rico. Reyna e sua sorella Hylla erano venute negli Stati Uniti da piccole, con il padre. Solo che lui poi se ne era tornato alle terre d'origine, lasciandole in balia di loro stesse. Non c'era quindi il problema della sua famiglia; con Hylla parlava così di rado.

Suo padre diceva spesso: "quella ragazza viene dal niente, ed è niente. Vuoi davvero sprecare le tue energie e il tuo tempo per una così?".

Sì, Jason voleva farlo.

"Long live the pioneers
Rebels and mutineers
Go forth and have no fear
Come close and lend an ear"

Questa certezza lo spaventava. E qui torniamo al discorso di prima: le redini.
Jason era pronto a mandare al diavolo ogni cosa per Reyna. Per lei, per essere giovani insieme, per guardare in faccia la vita e sorriderle, per amarla.

Questo, questo era il punto.
E se non fosse stata la scelta giusta? Se si fosse rivelato un grandissimo, irrimediabile errore? Le mani gli tremavano, e non perché aveva freddo.

Gliene aveva parlato? Sì, qualche volta. Le aveva fatto alcuni accenni a quel suo pensiero, che ormai gli gironzolava in testa da qualche settimana. Da quando era iniziata l'estate, per essere più precisi. Potrebbe essere un'idea, aveva detto lei, abbiamo finito la scuola. In teoria, non gli aveva dato una risposta, affermativa o negativa che fosse. Ci penserò, aveva detto.

E lì lui aveva temuto che lei non volesse restare insieme. Aveva avuto l'orribile pensiero che per lei tutto ciò che avevano non era nulla di serio. Ma s'era calmato la mente, spesso soggetta a subbugli. Reyna lo amava come lui amava lei. Non doveva preoccuparsi di questo.

"All hail the underdogs
All hail the new kids
All hail the outlaws
Spielbergs and Kubricks"

Lui avrebbe potuto portare con sé quei film di Spielberg e Kubrick che tanto amava. Lei, certamente, avrebbe infilato in valigia pile di libri e la sua macchina fotografica. Bastava fare i bagagli, prendere tutto ciò di cui avevano bisogno, ed era fatta.

Reyna gli sorrise, e il suo sorriso brillava come diamanti. Tese le braccia verso di lui, in un invito a raggiungerla. E lui si alzò, spolverandosi la sabbia dai bermuda di jeans e stringendosi un po' di più nella giacca.

"It's our time to make a move
It's our time to make amends
It's our time to break the rules (Hey)
Let's begin"

La luce del tramonto illuminava ogni più piccolo tratto del volto di Reyna. Il naso dritto e preciso, gli occhi dalla forma dolce, tracciati da una mano perfetta, le labbra che sembravano un bocciolo di rosa. E, ancora, le sue mani erano bollenti. L'oceano giunse silenzioso sulla battigia, bagnando i loro piedi e travolgendo le loro caviglie.

Gli occhi di Reyna avevano questa particolarità: erano così profondi, così scuri, così abissali, che ogni volta perdersi al loro interno era come compiere un viaggio al centro della terra. Significava venir trascinati nel buio più totale, affondare nel vuoto. Vi ho detto prima che il buio è una delle più grandi paure dell'essere umano. Jason non aveva paura di quel buio, ma al contrario ci si perdeva con una punta di gioia che gli baluginava nel petto.

Quando il sole scomparve oltre le acque, con esso svanì ogni sentimento negativo, ogni dubbio, ogni preoccupazione, ogni paranoia che Jason aveva celato dentro di sé. Reyna, con i palmi rivolti al cielo, rideva, rideva e rideva.

Ballarono sulla battigia, con l'orchestra del mare e delle loro risate che erano la loro musica. Non faceva freddo, con il corpo di Reyna accanto al suo. Il suo sorriso era ciò che avrebbe voluto vedere per il resto dei suoi giorni. Una piroetta di qua, un saltello di là. Una risata, un abbraccio, un bacio e granelli di sabbia che tra risate finivano sulle loro guance e tra i capelli di lei.

Guardandoli da fuori, qualcuno avrebbe detto che erano dei bambini nel corpo di quasi ventenni. Io vi dico solo: restate bambini, per sempre.

Erano al culmine delle loro vite. Vite che s'erano intrecciate e che ora andavano avanti insieme, condivise, in un'unica grande sinfonia.
Erano i proprietari di sé stessi; nessuno avrebbe mai detto loro cosa fare.

"And I say
Hey, hey hey hey
Livin' like we're renegades
Hey hey hey
Hey hey hey
Livin' like we're renegades
Renegades, renegades"

«Scappiamo» soffiò Reyna sulle sue labbra, ridendo. «Scappiamo».

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