Schiuma.
Ace. Ace! Dove sei? Ace? Ace? Ace, rispondi! Sei qui? Avanti, parlami! Sei arrabbiato con me? Però almeno fatti trovare, sono in pensiero. Ace?
Ace? ...Ace?
Ace!
Okay, okay. Aveva capito! Cavolo, ma doveva proprio cambiare metodo di sveglia, uno di questi giorni..., rifletté, alzando il busto solo per cambiare posizione nel suo letto, ancora a occhi chiusi, peccato che si bloccò di scatto senza nemmeno essersi mosso per davvero, fremendo perché la schiena doleva in un modo incredibile. Eppure aveva una strana sensazione, come se stesse scivolando, e le gambe fossero molli, dondolanti come appese senza toccare nulla.
...Oh, perché?, fece con un sospiro tragico. Cos'era accaduto? Colpa di Akainu? No; si riprese mentalmente, ricordando qualcosa: Impossibile, era in ospedale, ne era certo; era andato lì... E poi... Oh... Era caduto... E quindi ora, dov'era? E chi è che lo stava chiamando?
Ma certo... Era morto... Sì, magari era così. Non c'era altra spiegazione, mugugnò. Certo che, la testa gli faceva tanto male...
Ace! Ace! Dannazione.
Qualcuno continuava a chiamarlo..., riconobbe risentito, strizzando di più gli occhi prima di sospirare e tremare tutto, al gelo di quella notte che lo circondava. Ma poi socchiuse le palpebre lentamente, sobbalzando l'attimo dopo, anche se impercettibilmente: sentendosi debole fisicamente; e trattenne il fiato per un'istante nel vederlo lì, e proprio lui; sì! Nientemeno che lui! Era calato nell'insenatura tra l'erbetta bagnata e piena di gocce di brina che ricopriva quel buco adatto a far rimanere mezzo disteso una persona, lasciando che il quadro del mattino stette alle sue spalle proprio come...
-Oh... Un altro sogno...- mormorò, concludendo cosa fosse: era una visione così maestosa e paradisiaca: non poteva essere altrimenti. E poi, lui non lo voleva più vedere...
-Ace... Ma che dici? Come stai? Ora ti porto a casa...-
-No, va bene così.- lo fermò subito, a quella stupida illusione: per un attimo ci aveva creduto che... -Certo che sognare Marco che dice "Dannazione."... È troppo anche per lui.- ridacchiò; in fondo era troppo non da lui. Forse. Poi tornò serio, anche se un po' sfinito da quella situazione, ma quella fantasia sembrò rimanere ferma per ascoltarlo; e questo gli diede conferma della sua supposizione, nonostante l'agitazione che invadeva quelle pupille azzurre, ma, pian piano, stavano riacquisendo colore, tranquille di essere davanti a lui perché finalmente si poteva riposare dal cercarlo con desiderio, ma era triste sapere non fosse quello vero. -Mi dispiace un po', ma va bene così.- ammise in un sospiro: -Sai, per un secondo ho pensato fossi tu, intendo, fossi quello vero... Ma Marco non è qui, e ormai non mi vuole più. L'ho ingannato troppe volte, e anche mentito, o raggirato, o tutte quelle cose lì... Cercavo di proteggerlo, e invece ho finito per rovinare le cose... Di nuovo, come sempre.- mugugnò con tono impastato, e occhi socchiusi quanto quelli del suo interlocutore: aveva sonno.
-Ha fatto così male, sai? Quando non mi ha abbracciato... Non mi ha più nemmeno fermato quando sono andato via dal bagno... L'ho capisco: si è stancato.- esclamò piano, lasciandolo colpito da tutti quei ragionamenti tristi e tenebrosi, come se fosse il suo personale messaggio d'addio rivolto a un ombra, perché sapeva non l'avrebbe rivelato a nessuno; perché, per Ace, Marco non era lì, e non lo era. Poi tornò ad aprire le labbra, pacato: -Lo immagino e non lo biasimo. Sono un peso. Lo avrà capito finalmente.- sorrise liberatorio, perché ora Marco non era più vincolato a lui, a cercare di aiutarlo, di salvarlo, e di renderlo felice; poi singhiozzò con le lacrime agli occhi, e un sorriso lieve in volto per quello che stava per dire, anche se con un senso di allegra nostalgia nella voce, con la gola che pizzicava e prudeva come le pupille che vibravano lentamente: -Presto si dimenticherà di me... È solo che... lui è stato il primo a chiedermelo. Nessuno oltre a Luffy mi ha concesso di vivere... Eppure, tra le tante persone che mi urlavano no, lui ha gridato sì: che potevo... Come se fosse un mio diritto. Che cosa bella poter sentire quelle parole, e da quelle labbra poi... Però, non ci sono abituato. Mi serviva del tempo per analizzare la cosa, non ci sono riuscito. È troppo strano per me, poter vivere. E poi, non credo di sapere più come si faccia a vivere... Sono solo... una seccatura.- borbottò, con tante piccole gocce che gli coprivano il volto adesso e perdendo di vista il sole radioso, preferendo il buio dei suoi pantaloni, e lasciando che l'aria invadesse con malessere le sue narici, con nemmeno troppa voglia.
-Un po' mi dispiace per Luffy, gli avevo fatto una promessa e lui ci teneva, come tiene tanto a me... ma, non ci riesco. Non riesco più a mantenerla... Mi sta solo uccidendo più di quanto già non stia facendo il mondo. Ma starà bene. È forte, ed è il mio fratellino. E poi c'è Sabo... Sì, starà bene.- annuì, accettando quel destino che aveva scelto al posto suo, forse non sopportando la sua indecisione continua; e poi cominciò a riprendere il controllo del suo volto scolorito; piano e ingoiando un groppo di saliva in gola per cessare davvero di versare quel dolore così apertamente, anche se solo a una figura e a un paesaggio che stava sognando beatamente. Forse era già morto, e quello era soltanto l'ultimo salto da fare prima del grande addio. La morte lo attendeva oltre la soglia del gelo che percepiva, e lo capiva perché, adesso, il freddo stava diminuendo, e si sentiva sempre più assonnato.
-Non mi sono stancato di te.- si espresse allora, tutto ad un tratto, e con fermezza, l'illusione, riscaldando le braccia del più giovane, sfregandogliele con le proprie mani. -Io volevo solo che tu pensassi a questo da solo, al fatto se meriti di vivere o morire. Ecco perché non ti ho seguito, né fermato: dovevi prendere la tua decisione per conto tuo; io dovevo rimanere fuori da tutto questo. E forse mi hai ingannato, come dici tu. Però a me non importa: sono ancora qui, per te. Ma non avrei mai immaginato che ti buttassi dal ponte. Per fortuna, sei finito qui, e non nel fiume: saresti potuto morire congelato, o peggio.- parlò con calma, non volendo agitarlo o spaventarlo, rimproverandolo però duramente, alla fine. Era rimasto così in ansia, e nell'arrivare in quel luogo, e vedere una parte in cui l'erba era tutta schiacciata aveva osato avvicinarsi con titubanza, ripetendosi che non poteva essere e che stava solo perdendo tempo nel provarlo e a pensarlo; ma vederlo lì con gli occhi chiusi e con il sangue a scendergli dalla fronte, passando dal lato destro del naso fino alle labbra lo aveva spaventato a morte; e allora si era munito di una corda il più in fretta possibile; correndo indietro e passando da un negozio adeguato che aveva cercato con angoscia visto come non si lasciasse trovare; ritornando subito dopo da lui e, legandola ad una roccia grande, sporgente e fissa al suolo, si era calato, arrivandogli poi davanti. Che sollievo averlo visto con quegli occhi marroni, anche se così deboli, ispezionare ancora una volta un nuovo giorno, e si era sentito appagato mentre il cuore, fremendo e palpitando, aveva iniziato a rallentare dall'angoscia.
-Io non mi sono buttato.- volle chiarire, Ace, in un borbottio assonnato e gli occhi sempre più chiusi. Non voleva che l'illusione di Marco pensasse questo, soprattutto perché non era esatto. Ma poi, perché ci teneva tanto? Era solo una sua fantasia. Sentiva anche un calore anomalo invadergli il corpo senza motivo e tutto così inaspettatamente; forse, la morte, dopo il freddo, lo attendeva con una coperta calda per rincuorarlo. Beh, chiarirlo prima di spirare per il freddo della notte non avrebbe cambiato la sua fine. -Sono scivolato dal dirupo...- spiegò ancora, lievemente in imbarazzo anche. -Era buio.- continuò e portando in alto gli occhi per la vergogna di aver fatto un errore simile e che non voleva spiegare, ma gemette strizzando un po' le palpebre nel sentire ancora più forti i raggi del sole, come se anche loro stessero urlando quel "Sì, devi vivere.". O forse a dirgli che non doveva mentire:
-In realtà, credo sia colpa della testa. Ero così frustrato... Marco non mi aveva nemmeno abbracciato. Faceva così male averlo perso e averlo ingannato così... E allora ho preso e ho dato una testata a un muro.- brontolò, sforzandosi di ridacchiare come se fosse normale fare una cosa del genere quotidianamente, per non apparire un'idiota anche a quella sagoma, ma forse lo aveva capito da un pezzo quanto lo fosse. Ma se rideva poteva udire una fitta invadergli e martellargli la fronte come un ossesso, così smise in fretta. -L'ho fatto per deviare il dolore su un altro punto del corpo. Dal cuore alla testa.- volle chiarire stupidamente, perché quel Marco lì sembrava confuso e scettico.
-Ace.- lo richiamò dolcemente, passandogli un dito indice sulla tempia e lasciando che scorresse fino alla guancia tempestata da teneri puntini marroni. -Io ti amo. E no, non sono un sogno.- sorrise, volendo chiarire soprattutto queste due categorie importanti, e la seconda visto come parlasse in terza persona di lui, nonostante fosse lì, prima di lasciargli un bacio casto sulle labbra, con amore, e pulendole anche dal sangue secco che le sporcava. Aveva chiarito i suoi sentimenti con sé stesso da molto; era ovvio che non gli piacesse soltanto, Ace; di più, lo amava. Ed era pronto a riaffermarlo in qualsiasi momento se sarebbe riuscito a far comparire su quel volto quello splendido sorriso, proprio come in quel momento; era così sereno ed emozionato. Certo che, l'idea di essere apparso ai suoi occhi, di nuovo come un sogno, proprio come dopo la sua festa di compleanno, lo aveva lasciato con un sorriso divertito e malinconico al tempo stesso: Era una cosa ricorrente per Ace, a quanto sembrava, scambiare le cose belle come delle fantasie. Peccato però, e si dispiaceva anche, di non aver pensato che Ace fosse solo scivolato; avrebbe dovuto credere di più in lui: ma la paura lo aveva posseduto, ed era subito andato a conclusioni affrettate. Ma ora doveva portarlo via di lì, e in fretta; si disse, adagiandosi meglio con le ginocchia sopra quello strato di terra, molle alla base.
-E non puoi immaginare, Ace, come ti abbia cercato senza tregua nel non vederti tornare, Se solo Luffy me lo avesse detto prima, e non questa mattina, che vieni qui a riflettere, non mi sarei fermato ieri sera. Si era fatto troppo buio e mi era stato impossibile continuare... Non ho dormito tutta la notte nel saperti chissà dove. Perfino in ospedale sono andato, pensandoti in terrazza o a parlare con Akainu, ma niente.- esclamò veritiero, davvero sollevato e rincuorato mentre, con un sorriso, portando la testa in avanti, si adagiò contro la guancia di Ace, come aggrappandocisi, con la fronte; che sussultò impacciato, non sapendo che fare prima di alzare le braccia e avvolgerle attorno al suo corpo con sempre più sicurezza, e un nuovo sorriso.
Sarebbe bastato cercare un altro po', si disse risentito; ed Ace non avrebbe sofferto il freddo della sera, con quest'ultimo che, ispezionando la situazione finalmente riuscì a capire che fosse tutto vero, perché lo stava toccando, ci stava riuscendo per davvero. Sgranando gli occhi: stava toccando l'illusione di Marco! Quindi, era tutto vero..., pensò, assaporando il suo odore nelle narici con il sapore forte e bellissimo di quel "Ti amo." pronunciato poco prima. Socchiuse gli occhi, intenerito, Ace, sorridendo ancora e baciandogli il collo che riusciva a raggiungere da quella posizione.
-Ora ti porto a casa. Reggiti forte.- sussurrò il biondo, scostandosi ma tenendolo sempre contro di sé, e poi, alzando gli occhi al cielo e con una mano sulla corda che gli legava il busto, si diede la spinta contro il terriccio scuro sotto, salendo poi con entrambe le mani appena Ace si adoperò per fare altrettanto, afferrando il suo zaino e mettendoselo in spalla; per fortuna era rimasto con lui anche in quella specie di insenatura; cercando di non essere di intralcio nel cammino del più grande dopo averlo superato, spingendosi in alto anche con le rocce al suo fianco ma senza far muovere troppo quella fune, per poi raggiungere e uscire dalla fine di quel precipizio; sedendosi a terra e aspettando l'arrivo di Marco mentre vedeva la corda tirarsi e tirarsi come a volersi strappare, o questo era ciò che gli sembrava. Così, per sicurezza, ci adagiò una mano sopra, spingendo indietro fino a che, quei buffi e carini ciuffi gialli risalirono insieme al volto di quella persona che sospirò, e ringraziò per l'aiuto.
-Mhm... Quindi... non sei un sogno...- mugugnò invece lui, con certezza; quasi temendo di risvegliarsi per davvero e trovarsi in quella specie di grotta un'altra volta, ma da solo.
-Già.- sorrise. -E non stai morendo.- ci tenne a precisare, togliendosi la camicia lentamente e mettendo in mostra il suo fisico scolpito, sudato per le corse e per quello sforzo a cui era stato costretto, e anche per lo spavento preso nel non riuscire a trovare il suo Ace. -Anche se dobbiamo provvedere a curare quella ferita. Si è rimarginata, ma è meglio disinfettarla e pulirti il volto. Adesso andiamo.-
-Okay. Tu invece necessiti di una dormita. S-se proprio vuoi, posso farti compagnia, in fondo è colpa mia se non hai chiuso occhio.- borbottò, deviando gli occhi e grattandosi una guancia impacciato prima di irrigidirsi e voltarsi a guardare le proprie spalle, con occhi sorpresi: gli aveva dato il suo indumento, caldo e sicuro come lo era lui.
-Certo che dormirò, e pretendo che lo faccia anche tu.- si avviò, prendendogli la mano e incamminandosi lontano dal precipizio e dal ponte per voler tornare verso casa.
-Posso chiederti una cosa?- mormorò piano; un po' si vergognava di aver rivelato tutte quelle cose a Marco, ma in parte no, anzi, si sentiva quasi fiero. Marco annuì, così continuò, chinando gli occhi: -A te... A te non importa se parleranno male di te? Cioè, frequenti il figlio di un criminale e potrebbero...-
-Frequento la persona più meravigliosa di questo modo, su questo ti posso assicurare. Devi solo conoscere meglio il tuo riflesso e lo capirai.- ridacchiò, guardandolo con amore. -Andiamo a prendere la tua macchina? Puoi tranquillamente parcheggiarla accanto alla mia, nel parcheggio degli studenti.-
-Oh, okay. E dimmi, sei ancora propenso a voler passare la giornata con me? Perché, se vuoi, possiamo. Certo, devo anche chiederti scusa, però... Però... Tu che dici? ...Siamo... siamo fidanzati?- farfugliò l'ultima domanda come se non volesse che la sentisse, e forse, dato il silenzio, fu così. Non voleva essere negativo, pensare a come fosse quasi morto, perché non lo era, e forse se ne dispiaceva, però voleva far capire a Marco che era grato della sua presenza. A guardarlo meglio, stava riflettendo; concretizzò Ace, alzando gli occhi per brevi istanti e scrutando quelle spalle davanti a lui, nude e forse che stavano accogliendo il freddo per non prenderlo lui.
-Non devi chiedermi scusa, sono io che non dovevo origliare. Sento di aver fatto bene perché, almeno ho potuto sentire cosa avevi davvero in mente, ma no, non devi chiedermi scusa; non è stato giusto nei tuoi confronti. Comunque, voglio ancora passare la giornata con te, certo, e sono contento che per te valga lo stesso. Per finire, il nostro rapporto è abbastanza strano: tu dopo un po' hai sempre lo stimolo di allontanarti e scappare, ed io di seguirti perché non voglio perderti. Il fatto che anche tu desideri la stessa cosa: non volermi perdere; e come tu provi davvero qualcosa per me, mi fa dire che, oltre le avversità, sì, siamo fidanzati. E poi, sono certo che queste traversie ci stanno rendendo solo più uniti, proprio come ora: ne è una dimostrazione il fatto che, dopo aver avuto il timore di perdermi, tu hai avuto l'impulso di chiedermi se ci fosse una speranza, una storia vera e propria tra noi, per essere sicuro di essere aggrappato a qualcosa di solido e che ami.- spiegò con serietà, fermandosi nel finire mentre, sul marciapiede ormai della città, la gente continuava a passeggiare; e si voltò, per osservarlo in attesa di un responso: lui si limitò a sgranare gli occhi e leggermente anche la bocca per tutto quel discorso; il che divertì un po' il più grande.
-Oh...- mormorò, imbarazzato e felice per quelle parole. Sentiva il cuore bruciare, e arrossì, e voleva tanto ricambiare, ma come? Non si sentiva di dire nulla per compensare quel lungo discorso, perché era così perfetto, però... Non voleva che ci rimanesse male, dopotutto lo guardava, e se non avesse risposto, anche lui si sarebbe sentito afflitto. -B-beh... I-i-io... S-sono felice che tu ritieni c-che abbiamo una r-relazione... È bello essere... ess-essere fidanzato c-con t-te.- farfugliò le prime parole che il cuore gli suggerì, ma forse non erano abbastanza. -Q... Q-quindi, s-s-sono t-t-tuo?- mormorò, incrociandosi con i suoi occhi azzurri, davvero stanco di non riuscire a smetterla di balbettare per quanto fosse impacciato, ancora a stringere la mano di Marco che non sembrò turbato dal suo atteggiamento: era... contento.
-Sì, sei mio. E io ci tengo al mio ragazzo, e ora che so di Akainu, non gli permetterò più di farti del male.- si chinò a sussurrarglielo all'orecchio con un sorrisetto astuto e divertito, però quei suoi zaffiro erano seri come non mai.
-C-... In che senso?- mormorò, annusando la sua spalla nell'averla davanti, ancora con il busto dell'altro piegato per far in modo che le labbra combaciassero con il suo orecchio; il suo respiro divenne così pesante, appurò il moro, e lui non voleva rovinare anche quella giornata.
-Ace... Io lo voglio d...-
-M-ma... E-e cosa succederà dopo?- chiese di scatto nel capire quella parola non finita. Dentro poteva sentire l'angoscia di qualcosa di sbagliato; avrebbe voluto dire di no, però continuava a ripetersi nella mente, ogni secondo, senza fine: "Non rovinare tutto. Non rovinare tutto. Non rovinare tutto."
-Lo so che non sei d'accordo. Ma è un tuo diritto saperlo. Dopo, dopo starai bene, e starai con noi.-
-... Ma ho cercato di uccidere Barbabianca... Non mi vorrà mai.- esclamò, ricercando una scusa decente. Trattieniti, ti prego, non rovinare tutto, pensò; però, non voleva questo: denunciare Akainu? Che cosa! No, era una pazzia! Non poteva succedere per davvero!
-Lui era sveglio quando prendevi la mira. Gli ho parlato, ma non è turbato. Gli ho anche spiegato che sei stato ricattato, e ha detto che se ne occuperà. Visto? Si risolve tutto. Insieme.- adagiò poi la fronte contro la sua, limitandosi a sfiorarlo per non intaccare sulla ferita, e osservandolo stringersi a lui con le mani sulle sue spalle con forza.
Ace cercò di resistere, ma non voleva. Era grato che quel vecchio lo avesse, in un certo senso, perdonato, però Akainu non si poteva toccare, altrimenti... Cosa sarebbe accaduto?
-Ehi, Marco... Io avrei fame.- confessò con occhi velati, nascosti nell'incavo del collo del suo ragazzo, cambiando pensieri e discorso, sperando che non la prendesse a male. Ma poi sorrise: aveva appena detto che era il suo ragazzo. -Tu sei mio.- ridacchiò poi, ravvivandosi insieme al cuore che sembrò tornare a pulsare, con le braccia di Marco che lo presero, avvicinandolo di più a sé in un caldo abbraccio.
-Andiamo allora. Thatch ti preparerà un banchetto, ma dovresti smetterla di farlo preoccupare. Invece, Luffy era calmissimo, sai?- chiese, tenendolo ancora tra i suoi arti. -Sì, sono tuo.- lo baciò sulla guancia, dolcemente.
-Mhm. Mi spiace per Thatch. Luffy invece... lui conosce tutti i posti in cui mi fermo a riflettere, e a volte viene a farmi compagnia. Si fida di me, sa che sono forte e che torno sempre da lui.- sussurrò. Peccato che, la maggior parte delle volte, pensava solo il contrario. Ah, se solo non fosse nato..., mugugnò alzando lo sguardo su Marco e sorridendogli per cambiare argomento. -Mi porti in braccio? C-cioè, sarebbe bello... Però... se non vuoi, o non ti va bene non... Oh.-
Si aggrappò al suo collo nel sentirsi sobbalzare, con le mani di lui che si misero sotto i suoi glutei, tenendolo mentre lo guardava dal basso in alto, ed Ace ricambiò al contrario, arrossendo prima di lasciarsi adagiare contro il volto di Marco, sfiorandolo con il naso e sorridendo.
-Se è una cosa bella, va assolutamente fatta. Soprattutto se lo vuoi tu.-
-Grazie.- disse, contento, e scivolando con il capo fino alla spalla, stringendosi in un abbraccio, e finalmente lo sentì ricambiare. -Grazie...- ripeté, questa volta diretto al fatto che avesse accettato di contraccambiare quella stretta, che lo stesse coccolando mentre era tornato a camminare; ed Ace, per una volta, decise di non pensare se la gente lo vedeva in quel modo, o magari incontrato Nami che lo avrebbe poi assillato senza fine, o Luffy che gli avrebbe semplicemente sorriso, ma lui si sarebbe imbarazzato. Pensò solo che era bello, e che, forse, se la meritava quella bellezza.
Arrivati al dormitorio, purtroppo per Ace, che si esibì in una smorfia capiente, la prima cosa che Marco fece, senza metterlo a terra, fu quella di portarlo in bagno, salendo le scale e trattenendosi dal ridere per le sue contestazioni.
-Ma ho tanta fame.- si lamentò, piano.
-Prima la ferita, okay?- disse pacato, entrando e lasciandolo in piedi sul pavimento.
-Okay...- borbottò, gonfiando una guancia con tenerezza mentre lui prendeva la cassetta medica e poi lo lasciò confuso, perché gli prese la mano con delicatezza, facendogli un baciamano che era davvero fuori contesto in quel momento, però lo fece sorridere, e il biondo ricambiò, bagnando poi un batufolo di cotone dopo aver fatto scorrere l'acqua fredda dal rubinetto prima di zampettare quel pezzo soffice sulla parte in cui c'era la striscia di sangue secco che sembrava dividergli il volto. -Sei gentile.- commentò, giudicandolo come fosse un bambino innocente.
-Beh, ti ringrazio.- sorrise, finendo di pulirlo con lentezza, passando successivamente il liquido disinfettante sulla fronte, osservandolo strizzare gli occhi per il bruciore che riscontrò appena sfiorò il punto ferito; ma era contento, perché la mano, nel togliere le fasce sul resto del corpo, constatò Marco, che l'arto era guarito, come la spalla, ma ci passò comunque un altro strato di gel con pacatezza su quest'ultima.
-Andiamo a mangiare, adesso? Tu vieni, vero?- mormorò, riaprendo le palpebre prima di spalancarle spaventato. -Ma non dovevi andare a lezione? Oh, io dovevo lavorare...- grugnì. Sì, non lo licenziavano, diceva Marco, però... Così non veniva nemmeno pagato!
-Ripeto: voglio passare il giorno con te. Non ci sono riuscito ieri, ci riuscirò oggi.-
-Sì, ma così... Se non studi non...- fu fermato dal bacio che gli diede di scatto, e con dolcezza, il biondo, che gli accarezzò una guancia, portandoselo poi vicino contro il suo stomaco con la schiena.
-È bello che ti preoccupi per me, grazie.- sussurrò con un ghigno, staccandosi ma restandogli così vicino da sfiorare il suo naso, mentre lui arrossì, portando gli occhi sul pavimento.
-P-prego... Però, la schiena mi fa male.- farfugliò impacciato nel togliere da lì il braccio di Marco che sembrò farsi preoccupato, corrucciando anche le sopracciglia.
-Dopo ti faremo controllare da Chopper. Ma stai tranquillo, trovo che tu sia più importante, quindi resto con te. Nel caso, lo studio lo posso recuperare: non è come al liceo.-
-Mhpf... Odiavo il liceo.- brontolò, facendosi serio e assottigliando gli occhi con sufficienza prima di riprendersi e avviarsi fuori, tenendogli la mano. -Possiamo andare?-
-Sì.- lo seguì, contento. -Come mai odiavi le scuole superiori? Non era il liceo che volevi fare?- chiese, scendendo le scale mentre la desolazione regnava in quel dormitorio: erano tutti all'università; solo il babbo era nella sala grande, forse insieme a Jaws, a parlare.
-Niente, lascia stare: ho fame.- brontolò seccato, non volendo parlarne, scendendo poi le scale tra un balzo e l'altro, ignorando che Marco avesse quasi rischiato di cadere e rotolare per il primo salto che fece, e che non si aspettava; visto che era legato a lui con la mano, ma poi, il biondo cercò di mantenere quel passo fino alla fine, correndo insieme a lui con un sorriso, fino all'entrata in cucina. -Vai! Arrivati! ...Ma... non c'è nessuno.- farfugliò mogio, alla fine, allentando la presa sulla mano del ragazzo con lieve delusione.
-Tranquillo, cucino io per te: Thatch è all'università, e vale anche per gli altri cuochi. Ma appena ti vedrà ti ricoprirà di ogni sua cibaria possibile e immaginabile.-
-Vuoi preparare tu?- mormorò sorpreso, avvicinandosi ai fornelli e a lui, stando dietro la sua schiena intanto che si strinse i bordi della camicia dell'altro, non sapendo se dovesse renderla o meno.
-Cos'è? Non ti fidi?- ridacchiò, prendendo una piccola pentola e versandoci l'acqua da far bollire nel portarla dentro al lavello.
-No, mi fido, mi fido.- annuì, arrossendo però al pensiero: era così romantico, no? Cucinava per lui, solo per lui..., scoppiò a ridere piano. -Che mi prepari di buono? O vuoi una mano?-
-Faccio io, per te, ora.- disse lui, posizionando la stoviglia sul forno, e avvicinandosi a lui nel voltarsi e andargli vicino, costringendolo a indietreggiare, anche se più perché fu Ace a farlo, intimorito da quel ghigno fin troppo dolce. Ma in un attimo, Marco si affrettò a raggiungerlo, avvolgendo un braccio attorno alla sua schiena, con delicatezza che quasi nemmeno lo sfiorava, e usufruendo dell'altra per scostare la sedia e farlo sedere.
-Oh...- mormorò sorpreso, capendo il significato: voleva solo farlo accomodare. Si diede dello stupido, arrossendo e chinando il capo, stringendosi nelle spalle e mormorando sillabe senza senso per l'imbarazzo che aveva avuto e che teneva anche in quel momento per la pessima figura, e lasciando il suo sacco verde accanto al piede del tavolo mentre si maledì di aver pensato a cose più indecenti. Che poi, era appena stato salvato, perché mai dovevano fare certe cose?
-Ora rimani qui: ti preparo il miglior pranzo che esista.- sussurrò nel suo orecchio, lasciandogli un bacio sulla spalla buona prima di tornare alla sua preparazione con un ghigno soddisfatto: sperava che, quella giornata sarebbe stata meglio, e ne era convinto. Se lo sentiva.
-Non cucini male, anzi! Però Thatch è più bravo.- ridacchiò, alzandosi in piedi e sbadigliando, davvero contento: gli aveva donato quel pranzo, sorrise.
-Beh, prego.- commentò con un mezzo sogghigno, anche se un po' demoralizzato di non averlo colpito troppo e come voleva.
-Oh, giusto.- si ricordò, mettendosi al suo fianco e chinandosi con il busto con uno scatto, e tenendo le mani lungo i fianchi, a fare l'inchino, con il biondo che lo fissò sorpreso. -Grazie, sei stato fantastico.- asserì, avvicinandosi e lasciando le labbra sulla sua guancia prima di tornare eretto e trionfante.
-Prego.- ripeté, più dolcemente e con più convinzione; era bello sapere come fosse ben propenso a essere educato. -Dove vai?- chiese poi, curioso.
-Ecco... Io volevo farmi un bagno. Posso?- domandò speranzoso, sfregandosi un braccio, intralciato per quella proposta, però si sentiva sporco dato che aveva passato la notte tra terra e erba.
-Certo che puoi. Invece, io posso unirmi a te?- si alzò, raggiungendolo.
-Che?- scattò imbarazzato. -N-no! Scordatelo! E-e se poi tornano tutti? No... E poi c'è Barbabianca...- si bloccò, osservandolo adagiare la fronte contro la sua, senza fargli male al graffio che ora era celato da uno strato di soffice cerotto bianco.
-Per il resto non ti preoccupare, voglio solo sapere se ti crea fastidio, o no.- disse lui, tenendogli poi le mani lungo i fianchi, baciandolo ancora.
-No. N-non lo so... Forse un po' sì. Cioè, non voglio che tu mi veda nudo...- borbottò, rosso in volto e chinando gli occhi, gustando però a fondo quelle labbra contro le proprie dopo averle sentite staccarsi da lui lasciandolo con un po' di amarezza. -E poi... N-non voglio vedere n-n-nudo ne-nemmeno t-te... Ci-cioè... T-tu s-sei b-b-bello, e m-m-magari n-on ti piaccio più s-se mi vedi s-senza niente...- farfugliò, ormai con il volto in fiamme mentre nascondeva gli occhi grazie alle proprie ciocche; ignorando che lo avesse già visto senza indumenti, ma era stato pur sempre in uno stanzino buio, alla festa, e quindi poteva anche non aver visto nulla. Marco, dal suo canto, se la sorrise con tenerezza, passandogli una mano sulla guancia rovente e facendo per parlare.
-Oh, andiamo! Cos'è? Ti vergogni, puttanella?-
Ace si irrigidì, sgranando gli occhi e alzando il capo, ancora imbarazzato anche se sorpreso; scontrandosi con l'azzurro accigliato di Marco, ma non era indirizzato a lui, bensì alla persona che risiedeva, in quel momento, alle sue spalle; così si voltò anche lui perché, solo ora che risuonava nelle orecchie capiva che non era quella di Marco, e iniziava a riconoscerne il proprietario, e nel vederlo lì con quel ghigno maligno e disgustoso ne ebbe la conferma, mentre si avvicinava tra le sue inutili risate, e quel pancione traballante e orribile: Teach.
-Come, prego? Vuoi ripetere?- ruggì il biondo, con fare intimidatorio, e trattenendo un polso di Ace nel vederlo avanzare, con troppa imposizione e durezza. Anche lui voleva dare un pugno o più a Teach, ma era meglio aspettare, si disse; magari se ne sarebbe andato in fretta senza dire altro.
-Sei sordo Marco? Stare con quello lì non ti fa bene.- esclamò divertito, ma questa volta Ace si rilassò, più perché credeva avesse ragione, e si rabbuiò mentre quello si sedette dopo aver preso una birra dall'enorme e grigio frigo.
-Stare troppo attaccato all'alcool e alla droga non ti fa bene.- ribadì invece, il biondo, assottigliando maggiormente i suoi, già di per sé socchiusi, occhi; stranito però dal cambio di umore repentino del più giovane.
-Sì, certo, certo... Io mi preoccuperei più del fatto che, dopo tanto, il tuo ragazzo non te la dia. Non vuole perfino farsi vedere nudo!- esclamò, ridendo sguaiato. -Magari c'è l'ha piccolo. Ma non direi visto che, la puttanella, si è dimostrata molto piena in quel punto lì. Renditi conto un po' tu, Marco: io ho potuto toccarlo dove tu non hai ancora il permesso.-
-Andiamo, Ace. Non lo ascoltare.- ma, quelle parole, se le impose di più lui: odiava che parlasse in quel modo della persona che amava. E che, tra l'altro, non aveva fatto nulla per meritarsi tante cattiverie.
-Maledizione...- si scansò, il moro, staccandosi dalla presa del biondo e avvicinandosi accigliato a Teach che continuava a scolarsi quella bottiglia di birra con tranquillità e senza freno. -Non chiamarmi più in quel modo!- esclamò, imprecando e dandogli un ponderoso pugno che lo spinse indietro con la sedia fino a cadere a terra di botto, di schiena e con la testa che sbatté forte ed Ace lo guardò versarsi, senza volere, anche addosso quel liquido amarognolo.
Si strinse nelle spalle, fremendo sempre più di piena rabbia, con una smorfia feroce sul volto prima di voltarsi e uscire di lì, senza di Marco ma che lo seguì in fretta, afferrandolo per i lati delle braccia, da dietro, e, delicatamente, lasciando che si calmasse nell'imporgli di stare fermo, e abbracciandolo dopo aver avvolto i propri arti attorno al suo petto.
-Shh.- sussurrò, adagiando il mento accanto al suo collo e lasciandoci sopra un dolce e accurato bacio, volendo consolarlo.
-Marco... Tu non mi odi per quello che mi ha fatto Teach, vero?- mugugnò, chinando gli occhi e il capo.
-No, è lui che odio per questo. Quello che ha fatto è stata un'azione orribile.- affermò deciso, non potendo escludersi dal pensare alla rivelazione di quanta paura avesse, il suo ragazzo, di potersi far detestare da lui, soprattutto da lui. -Ti prego, Ace. Non pensare mai che io possa odiarti.- sussurrò speranzoso, accarezzandolo lieve, sulla guancia, con una mano.
-Okay...- mormorò, osservando poi le scale e poi la strada che portava alla sala principale. -Secondo te, tuo padre... Mhm... Tuo padre mi a-accetterebbe come tuo fidanzato?-
-Ti ha già accettato la prima volta che ti ha visto: gli piaci.- sorrise, tenendolo ancora a sé prima di staccarsi, e avanzare al suo fianco per le scale.
-Sicuro?- chiese lui, più propenso a voler recarsi verso la stanza di Marco, e non in bagno in quel momento, troppo pensieroso. -Ma mi ha accettato come tuo amico, non come fidanzato, no?-
-Certo, ma lo sa che lo sei: lo sanno un po' tutti, diciamo. Però, il vecchio... Anzi, sono certo che gli piacerebbe prenderti come suo figlio. Cosa ne pensi?-
-N-no... Non posso...- farfugliò, per poi riprendersi e aggiungere: -E non voglio... Cioè...Non ti offendere.-
-Non mi offendo. Ma c'è un perché?- gli prese la mano, fermandosi dopo averlo condotto davanti alla porta di quella stanza igienica che era il bagno, ed Ace lo fissò scettico per quella scelta prima di rispondere:
-Sì, c'è un perché... Comunque, non so... Vuoi davvero fare il bagno con me?-
-Sì, a me piaci. Ma la decisione è tua.- volle rassicurarlo; ormai aveva lasciato indietro le parole di Teach; così preferiva la sua mente.
-Beh, io voglio, quindi tanto vale... ehm...- borbottò; lui lo voleva davvero, il problema è che aveva timore di non piacere per come fosse sotto i vestiti. Certo, c'era anche stato l'episodio dell'ospedale, più di uno, in cui lo aveva visto con una vestaglia, ma sempre con gli slip... Ora invece gli toccava toglierli.
-Tranquillo. Vieni.- espose, aprendo la porta e richiudendola, anche a chiave non volendo essere disturbato, alle sue spalle dopo che Ace fu entrato con lui.
-Inizi tu? Inizio io? Cioè...- arrossì, riferendosi al fatto di spogliarsi, e deviando i suoi occhi gentili e pieni di calore che arrivava fino al suo cuore. Sta zitto!, sta zitto!, si impose nella testa.
Marco invece, ridacchiando, si chinò a lasciargli un bacio nuovo sulle labbra. Era contento. Da un po' sapeva di averlo, di avere Ace, e lo capiva da ogni suo gesto: la barriera, con lui, sembrava svanita; almeno la maggior parte dei mattoni si era sgretolata. Era certo che non ne sarebbe rimasta nemmeno l'ombra, a breve. Lo guardò a fondo, notando come fosse rosso e con il volto chino e gli occhi felici nonostante pieni di imbarazzo, e gli lasciò un altro bacio, più denso prima di recarsi, pacato, verso la vasca, riempiendola con acqua calda che si propagò, dopo un po', con il vapore, per la stanza: forse sarebbero stati stretti, ma ci stavano.
-Ohm...- gli si avvicinò, nascondendosi però dietro la spalla sinistra, e abbracciandosi al suo gomito lentamente; strofinandosi poco dopo con la guancia contro il braccio. Il perché non voglio essere... No, non roviniamo il momento.
-Ti piace la schiuma?- chiese, prendendo il flacone del sapone apposito.
-Schiuma?- chiese un attimo scettico, per poi volgere il capo alla vasca, ormai piena e limpida di acqua calda: da quando non si faceva un bagno decente?, si chiese. -Sì, mi piace.- farfugliò, nascondendosi maggiormente contro la sua schiena con il volto e sospirando al ricordo di sua madre, di quanto lo lavava, curandolo e riempiendolo di quelle bollicine bianche e immense che lo ricoprivano fino ad affondare... Così bello. E giocoso quando vi era anche Luffy a raggiungerlo e spruzzarlo.
-Perfetto.- sorrise, versandone un po' all'interno, con ancora l'acqua dal rubinetto che scorreva e, mescolandosi con quel prodotto, creò quella magica reazione che produsse un buon odore nell'aria.
-Bello.- sorrise a quello spettacolo, per poi distanziarsi e lasciando la presa dal corpo di Marco nel vederlo voltarsi verso di lui.
-Ho dimenticato di prendere la mia spugna: ognuno le tiene nelle proprie stanze. Torno subito: la useremo insieme, se non ti crea problemi. Forse non è igienico usare la stessa mia, però non penso di averne altre. Controllerò.- spiegò pacato, avvicinandosi alla porta e aprendola dopo un suo cenno affermativo.
Alla sua uscita, Ace si sedette sul tappettino a terra, con dietro il lavabo; in attesa, e guardò il soffitto. Trovava scomodo avere così visibilità: chiunque poteva entrare se non si metteva la sicura, girando la chiave... Arrossì di botto al ricordo di Marco che usciva dalla doccia, ascoltando tutta la discussione con Sabo; ed era nudo! Oh..., pensò con rammarico, inclinando di poco il capo prima di riprendersi al pensiero che, comunque, lì non era diventato, né sembrato imbarazzato. Forse data la situazione... E poi, era anche coperto dall'asciugamano. Ancora gli dispiaceva se ci pensava; lo aveva fatto soffrire con quelle parole...
-Eccomi, Ace. Ho trovato un'altra spugna: è nuova, ancora sigillata nella busta.- ritornò, chiudendo nuovamente la porta, con, al gomito anche due accappatoi; ed Ace annuì, alzandosi e avvicinandoglisi prima di andargli incontro, abbracciandolo con delicatezza. -Mhm? Cosa c'è?-
-Niente. Solo... Pensavo che mi piace essere il tuo fidanzato.- mugugnò, strofinandosi piano contro il suo petto prima di staccarsi con il volto, guardarlo negli occhi e sorridergli vivace. -Mi piace tanto.- continuò innocente.
-Piace tanto anche a me.- esclamò, perdendo lo sguardo scettico e sorridendogli, accarezzandogli la schiena con una mano; con l'altra a tenere quelle spugne. Ace se ne rallegrò, adagiando poi la fronte contro il suo petto scoperto, domandandosi cosa avrebbero fatto ora: stava così in pace così, non gli andava di spostarsi.
-Oh.- sussultò, venendo preso in braccio di scatto, e allora osservò Marco che era tranquillo, con quegli oggetti e tessuti che continuava a tenere tra dita e gomito prima di lasciare le spugne nella vasca, e gli accappatoi sulla lavatrice; e quella ormai sembrava una piscina che sembrava traboccare se non fosse per un foro sotto la bocca del rubinetto, in cui il liquido in eccesso svaniva insieme a un po' di schiuma. -Okay.- arrossì, tra quel giaciglio comodo mentre si sfilò lentamente, senza far rumore; con l'aiuto dei suoi arti inferiori, gli stivali, che crollarono a terra con un tonfo, in modo scoordinato; con uno in piedi e l'altro più lontano, disteso a terra.
Spostò il tappettino con il piede allora, il biondo, mettendolo davanti alla vasca bianca e in ceramica, poggiando poi là sopra, con i piedi scalzi, il minore. Marco si tolse i pantaloni, mostrandogli che poteva tranquillamente adagiare tutto sopra la lavatrice, e poi lasciò a terra sandali; tutto lasciati in modo composto ed educato.
Aveva fatto in fretta, appurò Ace, distogliendo gli occhi dalla schiena dell'altro, così bella e chiara al contrario della sua, marchiata e sporca...
-Tocca a te.- si voltò, incoraggiante, Marco, ancora coperto con gli slip.
-Cosa? Oh, sì.- mormorò, cominciando dalla cinta, chinando lo sguardo mentre sentì subito dopo la presenza di Marco davanti a lui, e questo lo rassicurò mentre se la sbottonò insieme ai pantaloni, lasciando che calassero prima di afferrarli e piegarli, tenendoli al petto per qualche secondo, assimilando ancora che stesse per spogliarsi per davvero, davanti a Marco. E volontariamente!, pensò traumatizzato; però, in fondo, era felice di questa decisione.
-Ehi, Marco... Ma quanti bagni ci sono qui?- mormorò, più per distrarlo mentre concesse i suoi pantaloni tra le sue mani per togliersi poi, la camicia del biondo, sbottonandola; e forse lui intuì il motivo di quella domanda perché sorrise pacato.
-Alcuni: quattro, sono divisi sui corridoi, accanto alle porte delle stanze. Mentre, alla fine trovi, per ogni lato, proprio una stanza enorme, piena di docce, vasche, lavelli e tutto il necessario, compresi armadietti. Sia al piano di sopra; questo, dove ce ne sono due, come anche ai piani successivi; che al piano di sotto, dove ne trovi una. Essendo che siamo in molti, la scelta migliore era questa: averne molti.-
-Oh.- brontolò, senza realmente ascoltare mentre si tolse il penultimo indumento. E per fortuna che Marco non aveva chiuso l'acqua, altrimenti si sarebbe raffreddata di sicuro: forse lo aveva fatto apposta visto che non era esattamente prontissimo. Quello però, a pensarci, sarebbe stato il suo primo bagno in una vasca dopo tanto tempo... E lo avrebbe fatto con Marco!, che cosa speciale, si rallegrò, con il ragazzo in questione che posò la camicia insieme al resto.
-Ora manca solo l'ultimo pezzo.- esclamò, inserendo i pollici e gli indici ai due lati dei bordi delle sue mutande, con un sorriso; in attesa del verdetto di Ace, a cui teneva particolarmente.
-Eh... già.- mormorò con un mezzo ghigno imbarazzato, guardando sé stesso e iniziando a far scivolare i boxer neri con i palmi delle mani e lasciando intravedere una parte dell'inguine, sentendo il cuore battere a mille, quasi a voler esplodere dentro di sé. Trattenne il fiato, sentendosi sempre di più arrossire nel vedere l'ultimo tessuto che lo copriva scivolare piano, percorrendo le cosce e poi le ginocchia, finendo infine a terra dopo che gli diede una spintarella con un movimento di polpaccio. Ah, che vergogna...; pensò amareggiato.
-Mi piaci sempre, anche adesso, Ace.- si pronunciò, Marco, togliendosi il suo ultimo indumento e lasciandolo nel cesto dei panni sporchi, insieme a quello di Ace.
-O-h...- sorrise, annuendo grato, per poi osservare i suoi gesti, perennemente impacciato di trovarsi senza nulla addosso, e lo era pure il suo ragazzo!, anche se al momento distante. -Ehm, a-anche tu mi piaci sempre.- farfugliò, usando però un tono marcato, giusto da farsi sentire.
Marco ritornò da lui con un sorriso, accarezzandogli la guancia con una mano subito dopo e prendendo la sua tra le dita con l'altra, chinandosi poi a baciarlo con passione, adagiandosi su quelle labbra con le proprie con intensità, e prendendole poi delicatamente con i denti, stuzzicandole tra i sospiri del più giovane che lo guardava curioso e appagato; staccandosi poi da lui lentamente, guardandolo in quegli occhi castani scuri che vibrarono felici.
-Facciamo il bagno?- ridacchiò, contento per quel gesto inaspettato di Marco, che annuì avvicinandosi al luogo stabilito, portando una gamba all'interno e in seguito la seconda, per poi scivolare piano fino a sedersi, adagiandosi contro la fine della vasca, e immergendosi in quel caldo rilassante.
-P-posso mettermi così...?- farfugliò, entrando anche lui e posizionandosi, a stento, quasi come se, toccando quel corpo con il proprio denudato, dentro l'acqua, si scottasse, a cavalcioni sopra di lui, non trovando altre posizioni visto che occupava tutta la vasca, Marco.
-Certo.- commentò tranquillo, strappando la busta della spugnetta verde, nuova, e lasciandola poi sul tappettino, per poi dare l'oggetto tra le mani di Ace che aveva le sue sopra i propri addominali, velati sotto l'acqua.
-N-non sei scomodo, no? E-e s-se ti do f-fastidio posso...-
-No, resta. Mi va bene averti così vicino.- lo interruppe, cingendogli dolcemente i fianchi con i propri arti mentre lui arrossì, annuendo poi lentamente.
-Okay.- farfugliò, abbassandosi di poco contro il collo del biondo, e stringendosi nelle spalle come un gattino impaurito.
-Sai... è bello trovarti senza più cicatrici.- sorrise allegro, davvero fiero della cosa mentre venne guardato strano dal minore.
-Cosa?- sussurrò scettico, continuando a fissarlo interrogativo mentre si toccò lo stomaco, sfiorandolo con le dita. -Parli di qua?- borbottò, non amando comunque parlarne e scrutando la propria pelle liscia e rosea.
-Anche la schiena.- annuì, più perché, nel toccarla, la sentì liscia e pura proprio come doveva essere, tastandola con le dita lentamente, volendo massaggiargliela nel ricordarsi che gli aveva detto che gli faceva male.
-Ah?- sgranò gli occhi, voltandosi di scatto con la testa, provocando uno spostamento di acqua da cui nacquero delle piccole onde che rischiarono di fuoriuscire. -Davvero?- domandò. No, non poteva essere., si disse; non se n'era nemmeno accorto... Però, in effetti era da tanto che Akainu non lo colpiva sulla schiena... da tantissimo! E poi era stato tanto in ospedale, inconscio che poteva...
Voleva vederla anche lui, la sua spina dorsale senza più marchi orribili e sfregi! Con uno scatto, che condusse il liquido a spruzzare ovunque, saltò fuori fino a giungere davanti allo specchio. In fretta ci passò sopra il polso, per pulirlo dallo strato lieve di vapore che vi si era incastonato sopra, coprendo ogni riflesso; e poi si voltò, dandogli di schiena a quell'oggetto e girando il capo, esaminando la situazione con fare sempre più sorpreso ed estasiato.
-È vero... Da quanto tempo...- mormorò. Nemmeno se la ricordava più la sua schiena in quel modo, era pura e pulita; meravigliosa e con i giusti lineamenti della spina dorsale e delle costole che non venivano interrotte da sangue o croste, o dolore. C'era solo un piccolo e innocuo graffio che percorreva dalla scapola al fianco, ma neanche si vedeva bene dato quanto fosse lieve; forse era dovuto alla caduta di ieri sera, perché era il punto che gli faceva male. Tornò a guardare Marco, un po' più sollevato di stare meglio con quella parte del suo corpo. Ma poi sbatté un paio di volte le palpebre, agitandosi ulteriormente prima di fare un inchino dispiaciuto.
-N-non volevo bagnare tutto, scusa.- aveva lasciato che il pavimento si ricoprisse di acqua per il suo gesto sconsiderato e istintivo. -P-poi posso pulire.- mormorò, tornando a grattarsi il capo, impacciato anche perché aveva lasciato grondante anche lui, il suo volto e i suoi capelli gialli che, ora, erano più propensi a stare attaccati alla sua fronte, senza però intaccare gli occhi dato che li aveva spostati subito da lì, e che lo esaminavano con sufficienza, però con un sorriso orgoglioso per quei gesti così spontanei e dovuti a un così speciale momento: capiva ciò che sentiva, essere felice nel non avere nessun terribile marchio di tortura.
-Puliamo insieme, tranquillo.-
-Scusa, davvero...- borbottò, tornando nella vasca con gli occhi esitanti. -Pulisco io: il danno l'ho fatto io.- asserì deciso.
-Sei proprio testardo, eh.- ridacchiò, tornando e massaggiare delicatamente, con le dita, la schiena mentre l'altra mano, in possesso di spugna nuova, iniziò ad insaponare piano il corpo del più giovane che sussultò, guardandolo sorpreso.
-Che fai?- mormorò confuso, prendendogli la mano che gli accarezzava il corpo, cospargendolo di schiuma bianca e buon odore. -Ohm.- tornò rosso, strisciando poi più vicino sul petto di Marco e prendendogli la sua, di spugna, gialla e passandola sulla sua spalla sinistra.
-Dopo dormiamo un po'? Ho voglia di riposarmi... Cioè, se per te va bene. Mhm, magari vuoi fare altro... Comunque, io... Ti ringrazio.- annuì sincero, lasciandolo confuso per l'ultima frase, e perdendo il volto sereno per pochi attimi.
-Per cosa, mi ringrazi?-
-Per...- sospirò, avvicinandosi di più con il busto mentre lasciò che la mano occupata da quell'oggetto soffice scendesse fino al fianco dell'altro. -Per essere venuto a cercarmi.-
-Lo farò sempre, soprattutto quando non ti vedrò tornare. Da me.- mormorò pacato, guardandolo con amore mentre lui sembrò non capire appieno tutto quello, annuendo però per essere garbato, lasciando un tenue bacetto sulla punta del naso del biondo.
-Ti va di farmi le coccole?- mugugnò tra sé e sé; tanto, ormai aveva capito che desiderasse molto e solo quello: essere voluto da Marco. O almeno così sentiva e credeva, nel cuore che correva sul posto. Percepiva però, essere sempre inadeguato a dover essere così sincero con lui; non che fosse un problema, ma non si esprimeva mai in quel modo con nessuno, e mai sarebbe accaduto.
-Dopo, comunque, vorrei anch'io dedicare del tempo al dovuto riposo.- esclamò per finire il discorso di poco fa, baciandogli il collo e scendendo fino ai pettorali ben prominenti, massaggiando con il palmo aperto il fianco destro del più giovane dalle gote purpuree che sospirò, volendo, Marco, accontentarlo con tutto sé stesso. -Sei molto dolce, sai?-
-Ah-eh-ah-... Eh? D-doc... Dolce? Io?- farfugliò confuso, continuando a passare delicatamente la spugna contro il petto di Marco; strabuzzando gli occhi, del tutto incredulo per quell'aggettivo. -I-io... Io non sono dolce...!- brontolò poi, puntando le pupille alla sua destra, deviando il suo sguardo mentre gonfiò una guancia, offeso, facendolo ridere, e così si imbronciò di più, spruzzandogli addosso l'acqua insieme alla schiuma.
-Okay, okay.- ridacchiò, prendendo poi lo shampoo e versando quel fluido sopra i capelli di ognuno, con Ace che strizzò piano gli occhi, non aspettandoselo prima di riaprirli e guardarlo curioso, sorridendo l'attimo dopo e iniziando a massaggiargli le ciocche umide e spumose, contento. -Dopo ti cambio il cerotto.-
-Ohm. Giusto, si è bagnato.- mormorò, guardando in alto senza vederlo, e sfiorandolo con un dito pieno di bollicine bianche. -Però non mi fa male, è solo un graffio.-
-Non importa, ma se non vuoi...- sorrise, adagiando le proprie dita sulla capigliatura del ragazzo che si rallegrò del contatto con enfasi, ricambiando di nuovo con tranquillità mentre, ormai, erano tutti e due ricoperti di bolle candide, eccetto nel luogo oltre lo strato d'acqua, celata però da altrettanta effervescenza schiumosa.
-È divertente tutto questo.- concesse, Ace, adagiandosi poi contro il petto di Marco con una guancia, ignorando il bianco del sapone fluttuante che ricopriva tutto, lasciandogli il nostalgico e zuccheroso sapore delle giornate con sua madre, e assopendosi un po' con le palpebre mentre si sentiva stringere e baciare, e poi essere travolto con lentezza da una pioggia di acqua che proveniva dal braccio della vasca, collegato al rubinetto che aveva smesso di produrre quel liquido caldo, riversandolo in quell'altro oggetto che stava ripulendo entrambi mentre la mano di Marco si assicurava di stingere per bene i capelli di entrambi, senza intoccare il rilassamento di Ace, ma compiendolo come con delle carezze, andando poi a tornare alla schiena, prendendosene cura con le dita, distendendole sulla pelle con tenerezza.
-Sono felice che ti sia piaciuto stare con me.- esclamò, baciandolo di nuovo sulle labbra, e poi sulla tempia.
-Oh, quello sempre.- ammise, strusciandosi un altro po' contro la pelle dell'altro come un felino, mugugnando contento e giulivo, e Marco addolcì il volto, accarezzandolo e tenendolo stretto.
-Vuoi rimanere un altro po'?- sussurrò, non volendolo disturbare mentre lui negò con il capo, alzando le spalle e chiudendo gli occhi.
-Per me va bene anche andare in camera tua.- sbadigliò, stringendo piano le dita sopra i suoi adeguati bicipiti.
-Perfetto.- concluse, analizzando bene le prospettive visto che Ace non sembrava intenzionato ad alzarsi, e ormai aveva chiuso l'acqua; quindi, oltre che si sarebbe raffreddata, avrebbe dovuto tenere in braccio il suo ragazzo. Non gli dispiaceva, gli sarebbe bastato anche solo coprirlo con l'accappatoio e condurlo in camera, per poi tornare per sistemare, ma temeva nella presenza, estremamente disturbante, di Teach, e non voleva lasciarlo, che magari proprio mentre si allontanava, quello entrava con pessime e disgustose intenzioni in testa. Optò di andare comunque in stanza, e nello sperare nella fortuna di non incontrarlo nel cammino, e comunque, se si fossero incrociati con quell'essere e avesse osato aprire bocca, gli avrebbe riservato un duro calcio e una splendida e rovinosa caduta per le scale; con quella stazza sarebbe perfino rimasto indenne, forse.
Così, portando e stringendo le mani attorno al busto fine e caldo di Ace, si mise in piedi, uscendo da lì mentre il ragazzo attorcigliò le gambe al suo girovita con delicatezza, alzandosi con la schiena e posizionandosi, con il mento, contro la sua spalla. Marco ridacchiò per come fosse appiccicoso, ma non se ne lamentava, anzi; e prese l'accappatoio con una mano, avvolgendolo sulla schiena del più giovane, e legandolo sul davanti il più possibile per coprirlo per poi lasciarlo seduto sul bordo della vasca.
-Scusami un secondo.- parlò, baciandolo sulle labbra mentre strizzava gli occhi, già pronto a cadere vittima del suo sonno, ma gli annuì, sorridendogli e coprendosi meglio, celando il suo corpo, legandolo poi la cordicella sull'apertura sul davanti, osservando Marco infilarsi il proprio indumento, simile al suo ma differente nel colore, più scuro.
-Ahm... No, aspetta. Devo pulire.- si ricordò, ridestandosi maggiormente e scrutando i suoi stivali neri, bagnati per colpa dell'acqua che imperlava su tutto il pavimento. -Non possiamo lasciare così il bagno.- si lasciò scappare un altro sbadiglio, alzandosi in piedi sopra al pavimento gelido e acquoso, e guardando il biondo che scuoté il capo con tenerezza.
-Va bene, ma posso pensarci io. Tu vai a dormire.-
-No.- brontolò, e così Marco gli concesse quella missione, assicurando però che gli avrebbe dato un aiuto; così ritornò davanti alla vasca e stappò il tappo, ascoltando l'acqua venire risucchiata veloce insieme alla schiuma come in un vortice, e il suono di aspiro che produsse in tutta la stanza, lasciando impuniti solo le spugne.
Si tuffò nel letto con soddisfazione, brandendo poi il cuscino di Marco con entrambe le braccia e portandoselo al volto, nascondendoci il muso mentre strinse le gambe tra loro, coperte solo da uno strato di quell'accappatoio viola: non gli andava di andare a prendere il suo zaino. Chissà dov'era... Non se lo ricordava più...
Sgranò gli occhi, scattando con il busto in alto e distendendo le braccia sotto di sé, per poi voltarsi verso la porta, in quella stanza vuota. L'aveva lasciato in cucina!, si maledì, mordendosi il labbro con frenesia, perché lì c'era Teach!
-Maledizione... Se tocca le mie cose, lo ammazzo.- sbottò, alzandosi e con gli occhi del pennuto addosso che lo scrutava attentamente.
Borbottando infastidito aprì la porta con una smorfia ma non ne ebbe il tempo che sembrò precederlo, bloccandolo sul posto, e poi si ritrovò la figura davanti, brandire l'oggetto dei suoi pensieri con un sorriso gentile, ma era chiaro fosse falso e lugubre, come lo sguardo.
-Dà qua.- asserì crudelmente, tirandoselo addosso per la spallina, e poi fare dei passi indietro e aprirlo dopo avergli dato le spalle, controllando con gli occhi che ci fosse tutto, allontanandosi abbastanza da poter essere l'unico a vedere, rovistando anche con la mano per tastare e spostare degli oggetti per controllare che ci fossero gli altri.
-Non ho toccato nulla di quelle idiozie, tranquillo.- rise sguaiato, tenendosi l'orribile pancia; ed Ace era già pronto a colpirlo se non fosse che si ricordò ciò che gli aveva fatto alla festa come un fulmine, merito anche che non avesse nulla addosso; così tentennò, volgendo le pupille a Hawk come alla ricerca di un suggerimento e proteggendosi il petto nello stringersi lo zaino contro. Scrollò le spalle con un sospiro, unendosi ad esse e si voltò con fare acido, come gli occhi e il modo in cui si assottigliarono.
-Grazie. Ora vattene.-
-Già, Marco potrebbe arrivare.- sorrise quello, come consapevole di tutto, attento nel dirlo come a fingerne paura. -Ma anche no, l'ho intravisto discutere con il Babbo.- si giustificò calmo e sicuro, con quella smorfia all'insù che non si toglieva e dava tanto fastidio.
Dannazione; voleva approfittarne, eh? Beh, Marco o non Marco, era forte abbastanza da stenderlo; e gli è lo aveva anche dimostrato poco fa. Gli aveva detto, Marco, che doveva fare una cosa: si era rivestito ed era andato via, ma non poteva immaginare che quell'idiota stava aspettando proprio quel momento.
-Allora... Droga, niente?-
-La finisci?- ribadì lui, ringhiando e lasciando lo zaino accanto al letto, sul pavimento. -Non faccio più niente di simile.- esordì, per poi incupirsi mentre tornò a rivolgergli ancora le spalle; chissà quei tre drogati... Doveva andare...
-Oh, andiamo. E le corse? Qualcosa di interessante?- sembrò dire con fare molto infastidito dalla sua decisione. -Dovresti finirla, scemo. Avanti, solo per far piacere allo scemo Marco? Tanto ho capito il tuo gioco: secondo me vuoi solo servirti di questa nuova comodità per derubarci; e alla prima occasione te ne andrai, e tornerai con la droga e tutto il resto. Sei il figlio di un criminale, in fondo.- ghignò alla fine, nel dire l'ultima frase che fece tremare di furia il moro.
-Io lo faccio per me! Sono stanco di quelle cavolate!- ribadì severo, guardandolo con gli occhi in fiamme e facendo per avvicinarsi, ma poi portò il braccio davanti al petto, distendendolo subito dopo con uno scatto e mostrando la porta su cui era ancora, il ciccione. -Vattene, e non parlare male di Marco!-
-Cosa succede?-
Ace sospirò, rilassando le spalle nel sentire di nuovo quella voce: Marco era tornato, sorrise. Non aveva proprio voglia di sentirsi parlare in quel modo, e da quel tipo mentre lo intravide da dietro l'enorme e grossa schiena di quel drogato che si voltò.
-Oh, fatto in fretta a discutere con il babbo. Beh, allora ciao Ace.-
Almeno non lo aveva chiamato in quel nome orribile e schifoso, pensò, forse aveva capito che non doveva più, anche se aveva ancora una voglia di ucciderlo da fargli prudere le mani prima di sentire quella del biondo prendere la sua dopo aver chiuso la porta. Per fortuna se n'era andato.
-Che ha fatto?-
-Niente. Solo parlato.- mugugnò, forzando un sorriso nell'incrociare i suoi occhi per poi condurlo nel letto e sedersi. -Mi ha riportato lo zaino.- gli fece notare, indicandolo per poi distendersi, con Marco ancora in piedi.
-Non capisco proprio. Cosa vuole da te? Che ti ha detto?- sussurrò, con Ace che scuoté il capo, lentamente:
-Dai, dormiamo. Non ci voglio pensare.- incoraggiò, tenendogli ancora la mano e spingendolo verso di sé, con lui che rimase fermo un attimo prima di accontentarlo e farsi posto, stringendolo poi a sé e dedicandogli un casto bacio su quelle labbra sottili e sensuali che aveva.
-Però, ecco... C-che sei andato a dire a Barbabianca? Mica gli hai detto che sono qui?- sussurrò piano, arrossendo.
-Sapeva già che eri qui, da ieri.- gli fece notare, cauto, e guardandolo scettico, credendo lo sapesse già. -Per il resto, sono solo andato a dirgli che Teach continua a disonorare il suo nome, e a non comportarsi come si conviene visto degli stupefacenti di cui fa uso.-
-Gli hai anche detto che, per un po', sono stato io a dargli quella roba?- mormorò deluso, più verso sé stesso per averlo fatto, e chinando gli occhi, toccando con il naso il centro di quei pettorali e la croce disegnata. -Lui che ha detto? Forse non vuole che frequenti uno spacciatore?-
-Oh! Inizio davvero a non sopportare il tuo modo di definirti. Non sei questo, Ace. Sei molto meglio!- sbottò stufo, stringendolo con cura più a sé. -Io gli è l'ho detto che vendevi droga. Cosa vuoi che dicesse? Ovviamente, ha riso. E lui comunque, si fida di me, e sa che sono capace di fare delle scelte appropriate.-
-Oh... Si fida di te... Si vede che non lo hai mai deluso... Mhm... Io...- mugugno piano, prima di incurvare le sopracciglia confuso. -Ha riso?-
-Sì, ha riso.- confermò con un sorriso prima di affermare. -Non è vero. Molte volte ho fatto anch'io degli errori, e ho creduto di averlo deluso. Però lui ha capito che quelle esperienze mi hanno aiutato a crescere, quindi sì, si fida di me. Ma solo perché mi conosce, e sa come sono. Lui è mio padre, è normale che sia sempre fiero di me, perché mi vuole bene e sono suo figlio. Lui ama tutti i suoi figli, e forse anche troppo. Per noi non è un problema, lo rispettiamo e lo amiamo allo stesso modo. Però, per via di questo suo cuore così grande verso di noi, non riesce mai a dare una degna punizione a Teach; e lui, in questo modo, se ne approfitta soltanto.-
-Wow... È completamente diverso dalle mie esperienze... Ma... Lo pensi davvero? Credi che sia davvero un vero padre, un padre perfetto? Secondo me no, è impossibile... Sono tutti degli impostori. Fanno tutti schifo, e Barbabianca il primo fra tutti. Voi non siete suoi figli, perché dovrebbe trattarvi come tali, eh? È una cavolata! Vi sta solo prendendo in giro!- parlò piano, aumentando il tono fino ad uno sempre più feroce e adirato. Incredibile che Marco si lasciasse abbindolare in quel modo, quando lui, tra tutti i "padri" che aveva avuto, nessuno si era salvato, o gli aveva salvati.
-Non parlare più così di Barbabianca.- il tono con cui si impose fu davvero cupo e deciso, però non lasciò il gesto di abbraccio in cui teneva Ace, accarezzandogli la schiena. -Lui ci ha accolti quando nessun altro ci voleva; lui ci ha reso una famiglia, ci ha reso felici. Ci ha amato come solo un padre può fare. Ma, intuisco; e ti perdono per questo perché non puoi capire cosa significhi avere un...- si bloccò in tempo, o meglio, troppo tardi; e si maledì, Marco, scuotendo il capo leggermente, contro il cuscino mentre chiuse le palpebre con un sospiro. -Mi dispia...-
-Io avevo una madre e un padre. Sai?- scattò acido, con una smorfia mentre assottigliò lo sguardo, lasciando però più risentito ma anche stupito, Marco, dall'ultimo dettaglio, che aveva creduto fosse Akainu quello biologico. -Sono morti, una per via della malattia, e l'altro per colpa della sua... Faceva schifo. Ha preferito abbandonarci! E si meritava la fine che ha fatto! Era solo un bastardo!- protestò, serrando la mandibola. -E poi lo sai che è successo? Mia madre, dopo tanti anni che quello se n'è andato si è messo con uno. A me poco fregava, un certo Dragon del cavolo! Ne sono felice solo perché c'è nato Luffy. Ma poi ha preso ed è andato via anche lui... Ed infine, quando lei si è ammalata è comparso questo maledetto di Akainu! Diceva di essere amico di nostra madre, e così ci ha preso con sé quando lei stava sempre peggio, ma io preferivo restare al suo fianco... Ma poi...- rallentò il fiato, con gli occhi luccicanti e frementi. -Non puoi dirmi di non capire, perché i genitori gli ho avuti! Gli ho avuti. Bastardi, ma gli ho avuti! Solo mia madre era gentile e ci amava... Ma non è rimasta...-
-Mi dispiace. Ma vedi, Barbabianca è...-
-La vita è sempre stata crudele con me... E ora, dimmi! Dimmi Marco, se dei bastardi che erano i nostri veri genitori non ci hanno voluti, come può uno sconosciuto prendere e fare il padre con tutti gli estranei che incontra? Eh?- urlò senza fiato, con la gola che, arrossata, prudeva e singhiozzava mentre le lacrime solcarono le sue gote, guardando il ragazzo con tono crudele prima di singhiozzare e tirare su il naso.
-Ace...- mormorò, davvero colpito e sentito per quelle parole mentre adagiò le labbra sulla sua fronte dopo averlo avvicinato nel portare la mano dietro al suo capo, cullandolo in un movimento docile del braccio che lo fece dondolare lievemente. -Lo so. È dura capire una cosa del genere. Ma Barbabianca è sincero, e se solo lo conoscessi lo capiresti anche tu. Perché, non è una cosa facile da capire se te lo spiego, ma soprattutto con i gesti e con delle parole con un vero significato, tratto proprio dal Babbo. Vedi, lui si comporta come un padre, e lo farà anche con te, nonostante tu non voglia; ma, almeno, capirai com'è davvero.-
-Marco...- piagnucolò, tirando nuovamente su con il naso senza però soffermarsi su quelle parole. -A-anche se non accetto... tuo padre... A-almeno accetti me? Sono tutto così sbagliato...- balbettò, faticando a dire quel "padre".
-Non sei sbagliato.- si avvicinò a sussurrarglielo all'orecchio, baciandogli il collo e tenendolo con cura mentre lo sentì piangere contro la sua spalla. -Ti amo, Ace.-
Mugugnò affermativo, annuendo e stringendosi maggiormente in quell'abbraccio; a sentire quelle parole così dolci sorrise ancora, lasciando che quella pioggia scivolasse dai suoi occhi con sempre più lentezza, fino a fermarsi. Si strusciò, piano, contro la falda della schiena, rimanendoci poi adagiato fino ad appisolarsi senza lasciarlo.
-Adesso riposiamo.- sussurrò quando lo sentì dormire, e così si mise comodo, tenendolo a sé e coprendo, sia lui che sé stesso sotto le calde e comode coperte che li difendevano.
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