Pomeriggio insieme.
Erano passati due giorni. Non stava meglio, almeno questo gli ripeteva Chopper, ma a lui sembrava il contrario, e infatti si era tolto ogni fasciatura che gli impediva di muoversi liberamente e, vestendosi come suo solito, si era affrettato a raggiungere la sua postazione di lavoro in tutta tranquillità, o quasi, visto che la renna, nello scoprirlo quando aveva accompagnato Luffy al liceo, lo aveva tormentato come a volerlo portare allo sfinimento, e c'era quasi riuscito con l'aiuto di Nami mentre Robin, suo fratello e gli altri se la ridevano prima di salutarlo ed entrare a scuola.
-Bene, bene. Ace è tornato!- esultò Thatch, abbandonando la postazione da dietro il bancone per correre ad abbracciarlo, non che non lo avesse già fatto da quando era stato costretto a stare a letto, ma era comunque felice di vederlo anche in quel momento, e senza bende per una volta, e infatti gli è lo fece notare come se fosse una notizia inaudita.
Ace se la rise, sfregandosi il capo imbarazzato. Ma in realtà, se si era ripreso così in fretta era stato merito anche del fatto che ogni volta che Akainu era pronto a ferirlo per rabbia o ubriachezza, Luffy, come gli aveva promesso, lo picchiava davvero in modo esagerato; lo aveva fatto stare così in ansia in quei momenti; e infatti, a volte, era Ace che, per calmarlo, cedeva volentieri a una parte dei suoi soldi; così Luffy non era in pericolo. Alla fine era tornato ad avere il credito in rosso: doveva recuperare; e in fretta anche, perché quella sera doveva fare il suo solito incontro con quei tipacci del cavolo, e se non si presentava, o peggio, se non aveva i soldi da dare... non sapeva cosa avrebbero fatto. Ed ecco il motivo principale per il quale era tornato al suo mestiere...
-Grazie Thatch.- ridacchiò imbarazzato, notando poi che era già tutto sistemato.
-Ed è sempre così che ti vogliamo: senza ferite. Mi raccomando.- e nel dirlo, fece una smorfia risentita e preoccupata, con ancora le mani adagiate sopra le sue spalle prima di ravvivarsi subito:
-Comunque! Ho fatto tutto io, così non ti sforzi più del dovuto. E poi, devi dirmi un po' cos'avete fatto tu e Marco, ieri. In questi giorni ti è stato così vicino, proprio come un fidanzatino preoccupato e innamorato!- trillò contento e malizioso, con il suo solito fare mentre raggiunse di nuovo il bancone, sedendosi e posizionando una sedia anche per Ace che lo raggiunse, rosso di imbarazzo.
-O-okay... Beh, prima di tutto: Marco è... Non è il mio fidanzato! E poi abbiamo solo parlato...-
-Già, in macchina, sotto le stelle...- fece con fare languido e romantico, non credendo davvero si fossero limitati solo a quello che diceva il più giovane, e mandando gli occhi al cielo come se ci fosse il cosmo che loro avevano ammirato, in quel soffitto bianco.
-Finiscila!- protestò, serrando i pugni. Che poi, stavano in macchina solo per evitare Akainu, a insaputa di Marco e del diretto interessato stesso. Però, ammetteva che il biondo guidasse bene la sua macchina malconcia, ed era rimasto sorpreso del posto che aveva trovato per parlare, anche se non aveva rinunciato a porgli le solite domande sulle sue ferite e che bellamente ignorava. Per fortuna stava tranquillo con Marco grazie al fatto che Luffy andava a dormiva con i suoi amici, e non stava a casa... Il brutto è che, in quei giorni, poi il biondo lo lasciava per tornare alla sua dimora, e gli restava sempre un vuoto addosso in quei momenti in cui lo accompagnava all'ingresso di casa e lo salutava con un bacio veloce sulla guancia. -Io e Marco ci limitiamo solo a discutere.-
-Sì, certo, certo...-
-Dico davvero.- se ne dispiaceva anche lui, ma almeno si conoscevano un po' di più adesso. -Tu invece non dovresti essere in classe, ora che sono tornato?-
-Mhm... Purtroppo. Ma ricomincio domani.- ridacchiò, ed Ace lo guardò confabulare tra sé e sé sulla sua voglia di studiare che non esisteva prima che tornò a dire: -E se qualcuno entra, tipo l'antipatico Lucci, gli diciamo che non sapevo che tornavi.-
-Va bene.- annuì alla strizzata d'occhio dell'altro, non potendo fare altro. E almeno, avrebbe avuto compagnia quel mercoledì mattina. Sempre se Marco non si sarebbe fatto vivo, pensò, con un sorriso felicemente malinconico, diretto alle sere passate insieme. Non avevano fatto molto, ma era stato magico stare lì, con lui. Si era sentito protetto, e poi capitava che gli mettesse addosso la sua camicia, e lo trovava un dono momentaneo così splendido e speciale, completamente e unicamente per lui! Almeno sperava che non ci fosse un altro a cui regalasse le stesse emozioni e i medesimi gesti..., fece una smorfia, sentendo una delusione viva prendere posto sul suo cuore, e degli artigli far pizzicare tutto il suo muscolo palpitante, mentre le mani iniziarono a prudere di fastidio all'idea che potesse esserci davvero qualcuno di più importante di lui, per Marco.
-Allora, ti avviso che ci sono alcuni esami oggi, quindi, innanzitutto ti ringrazio perché il mio è stato spostato più avanti visto che dovevo stare qui, e poi, significa che non abbiamo molto da fare.-
Ace annuì, sospirando e riprendendosi da quegli strani pensieri; sorridendo poi per quella felicità dell'amico e distendendo i nervi, e le gambe maggiormente, con i suoi bermuda neri; fino a toccare, con i suoi scarponi, il bancone di legno che aveva davanti, usandolo come appoggio. Quanto stava comodo in quei vestiti, e quando gli erano mancati, anche se adorava stare anche con il pigiama, che si era portato dietro addirittura con gli incontri con Marco, ma quello era insuperabile. A pensarci, non aveva mai creduto che il biondo sarebbe venuto ogni sera, dopo cena, a stare in sua compagnia... E quando aveva capito che non cenava, nonostante i suoi dinieghi, se l'era portata dietro lui per entrambi... Era stato così carino!, arrossì ai ricordi, con Thatch che sorrideva sotto i baffi per quello sguardo innamorato, e che sapeva a chi fosse diretto mentre si avvicinò a lui con una lattina in mano, ancora chiusa, e che lasciò accanto al lavello.
-Oh, Ace. Ascolta, in queste settimane, i soldi che hai guadagnato sono questi.- esclamò, mostrandoglieli.
-Eh? No, sono tuoi. Io non ho fatto niente per meritarmeli.- borbottò, volgendo gli occhi all'amico con fare perplesso per quelle parole.
-Allora te li regalo.- ridacchiò, posizionandoli già tra le sue mani.
-Trecento berry?- sussurrò scettico, come a dire che era impossibile che gli è li donasse su due piedi.
-Esatto.- annuì, scompigliandogli i capelli, giocoso.
-No, non posso accettare.- farfugliò, scuotendo il capo negativo.
-Lo esigo. Avanti, questo lavoro è tuo. E poi, a me non servono.- volle convincerlo in tutti i modi e poi, nel vedere come sembrasse pensarci troppo e che era pronto a negare nuovamente, ebbe l'illuminazione: -Ace, se non gli accetti dico a Marco quello che provi per lui e che gli hai rubato l'invito della sua festa di nascosto.- ridacchiò.
-Che? No!- protestò, avvampando di colpo e stringendo i denti mentre scattò in avanti con la schiena, e per poco non crollò, ma riacquistò l'equilibrio in fretta, ritornando contro gli armadietti alle sue spalle. Anche se poi, Marco lo sapeva già che gli aveva preso il suo biglietto per il compleanno: lo aveva praticamente visto a rubarlo e gli è l'aveva detto stesso lui quando si erano incontrati alla festa... Ma non aveva emozioni da condividere con Marco! Che poi si fosse segnato la data del suo compleanno su un foglietto che aveva messo dentro la sua sacca, erano dettagli, e non stava a significare che provava qualcosa per lui... No?
-Dai, Thatch, no... Non dirglielo... Non è vero...-
-Accetti i soldi?- minacciò scherzoso, adagiando una mano sulla sua spalla e avvicinandoselo come a spronarlo ma senza smuoverlo troppo, non volendo fargli male o farlo cadere come stava accadendo poco prima.
-...Sì... Ricattatore...- sussurrò, guardandolo poi con un'occhiataccia ironica prima di ridacchiare insieme a lui.
-E comunque, non negare al tuo cuore quello che sa, e che sai anche tu.- strizzò un occhio, convinto, annuendo sicuro alla sua faccia dubbiosa.
-Vedo che si batte la fiacca...-
-Oh. Buongiorno, signor Lucci!- scattarono subito sull'attenti, i due, anche se il moro, nel provare a togliere i piedi dal bancone scivolò, agendo troppo veloce, così uno scarpone schiacciò l'altro e finì per scivolare a terra di lato con tanto di sgabello, ma subito saltellò eretto, due volte come a far scivolare via l'imbarazzo, e finendo accanto al castano che si trattenne dal scoppiare a ridere per quella scena; ma era tutta colpa della voce del pennuto che aveva ridestato in modo brusco i ragazzi dal loro attimo di tranquillità; ed Ace si strinse nelle spalle nell'avere gli occhi dei "due" Lucci su di lui, entrambi intimidatori e seri, forse anche per la pessima figura fatta.
-Sei tornato... Thatch, dovresti tornare in classe, ora.- esordì il piccione, sbattendo le ali mentre il suo proprietario faceva un giro tra i tavoli, constatando che fosse tutto pulito, comprese le sedie, messe in ordine, e i tovaglioli nell'apposito cestello in metallo sopra ogni ripiano in legno.
-Già, ma sa, non sapendolo tornerò domani ai miei quotidiani lavori.- sorrise gaio, con Ace che guardava con circospezione tutto ciò che faceva il signor Lucci, sempre in abiti eleganti e con quel cappello a cilindro mentre si punzecchiava il pizzetto nero.
-Bene, è tutto in norma. Riguardo a te, Thatch, non so se tuo padre approvi la tua dedizione così ferrea alle tue lezioni.- affermò, ovviamente in tono ironico anche se serio, e indicandolo con la sua ala; avviandosi successivamente fuori dopo aver scrutato ancora una volta il lentigginoso.
-Beh, che ci possiamo fare? È Lucci.- si limitò a dire, quando se ne fu completamente andato, e rialzò lo sgabello del moro che annuì, come a concordare ma era più sovrappensiero, ancora in piedi: Lucci non lo aveva calcolato più di tanto, né rimproverato per l'assenza; che lo sapesse che era stato male e aveva preferito non interferire? ...Ma chissà dov'era Marco...
Si era addormentato alla fine, Ace; caduto vittima della sua narcolessia ma a Thatch non diede fastidio e servì i pochi clienti, fermandosi a parlare anche con Izou e Jaws, o mettendosi a giocare a calcetto con loro; aveva anche provato a chiamare il più giovane poco dopo, volendo che partecipasse, ma non si svegliava. Nonostante questo, aveva discusso e riso con molti suoi coetanei e fratelli, che lo informarono anche degli esami che avevano superato, altri con difficoltà, altri con meno e altri con, davvero la massima tranquillità. Si era complimentato con tutti, e aveva consolato chi non c'è l'aveva fatta, anche se erano pochi; e poi aveva deciso di offrire da bere a tutti; peccato che si diradarono subito, secondo lui; anche se dopo il lungo brindisi e l'infinita allegria, dato che erano stanchi, o avevano altri esami o lezioni a cui andare.
-Avanti, Ace. Sono tutti andati in classe, e io mi annoio. Sveglia.- cercò di dissuaderlo dal suo sonno, muovendolo da una spalla con una smorfia speranzosa, senza fermare la sua mano neanche una volta. -Ah, inutile...- alla fine sbuffò, portando gli arti sui fianchi con aria stanca e davvero delusa, ma poi volse lo sguardo alla porta e sorrise sincero, portando una mano in alto e sventolandola amichevole, parlando poi con tono scherzoso:
-Oh, ciao Marco. E mi dispiace: Ace è troppo occupato a dormire per prestarti attenzioni. Torna dopo per il tuo amore.-
-Mhm... Eh? M-Marco?- socchiuse gli occhi, osservando il pavimento per come era chino con la schiena, e le mani a penzolare all'interno delle cosce prima di alzarsi di scatto. -No, aspetta! Sono sveglio! E poi non sono il tuo amore!- ribadì deciso e fiero, rosso in volto fino all'invero simile prima di accorgersi che non c'era nessuno, solo il vuoto del locale con la porta chiusa, se non il cuoco al suo fianco che scoppiò a ridere, rendendo il suo volto un fuoco di imbarazzo: era tutto uno scherzo per svegliarlo...
-Ti odio.- brontolò per poi sbadigliare e stropicciarsi un occhio. -Però... Ecco, Marco.. Mhm... Come mai... Sì, cioè... Lascia stare.-
A quel punto, Thatch tornò a ridere più forte di prima; quasi cascò a terra mentre si teneva la pancia con ambedue le mani, e tanto rideva da avere le lacrime agli occhi, senza fermarsi nemmeno un attimo per respirare, con il busto rivolto leggermente verso il terreno. Ace, sempre più impacciato, temeva però che potesse morire soffocato ma poi lo vide riprendersi, rialzandosi con la schiena in una posizione eretta e guardandolo con fare tenero, soprattutto per come ci fosse rimasto male per quella ilarità.
-Oh, Ace. Mi dispiace ma, come ho già detto questa mattina, la maggior parte hanno gli esami.- lo disse con un tono triste e sincero, osservandolo annuire consapevole.
-Okay, grazie. Andiamo a giocare?- mormorò, afferrando una brioche e seguendo il cuoco che annuì, dirigendosi verso la macchina con gli omini dei calciatori, accanto al bigliardo.
-Comunque, se vuoi possiamo vederci questo pomeriggio per studiare. Ci sarà Marco.- esclamò con esultazione, più per Ace che lo osservò curioso.
-Ma io non devo studiare...-
-Beh, allora vieni quando finiamo, anche qualche minuto prima se ti va. Verso le cinque magari.-
-Ohm, se non creo disturbo.- farfugliò, sfiorandosi la propria guancia piena di puntini con un dito, mettendosi poi su un lato e impugnando quelle stecche di ferro, dove, nel campo disegnato, vi erano attaccati i modellini dei calciatori di due tonalità di colore per ogni squadra: lui prese la rossa, e Thatch la blu. Non sapeva se dirsi felice o meno, in fondo, era un'idiota in confronto a quello che studiavano, e poi, magari Marco non avrebbe voluto vederlo quel pomeriggio perché si erano già visti ieri, e quindi sarebbe stato solo di fastidio... E poi doveva ricordarsi di andare via presto, perché doveva dare la droga e i soldi al trio... Mhm..., non sapeva esattamente se andare all'appuntamento sarebbe stato un problema o meno, o se era lui a renderlo tale però ignorò il pensiero, iniziando a giocare, e sperando che Lucci non sarebbe tornato, o un bel rimprovero non gli è lo avrebbe tolto nessuno, a entrambi.
Si distese sopra il divanetto del Baratie, con Luffy che rideva e Chopper che lo rimproverava come stamattina, ripetendogli che non si sarebbe dovuto muovere dal letto nemmeno oggi. Intano, Nami gli diceva che doveva assolutamente andare da Marco, e Robin sorrideva, invece Zoro dormiva e Sanji preparava da mangiare per tutti, con le note del violino di Brook nell'aria e il suono di macchinari messi insieme, freddi e secchi, di Franky, aiutato da Usop che sistemava dei fuochi d'artificio.
-Ehi, non fate esplodere nulla o vi caccio a calci.- esordì il cuoco, per poi sorridere e danzare verso le sue donzelle, porgendo loro dei dolcetti deliziosi.
-Non lo so, Nami... E se poi si mettono a fare domande di fisica? Io che ne so! Poi pensa che sono un'idiota... E già lo sono...-
-Ace, guarda che a Marco devi piacere per quello che sei.- rimproverò, con tono dolce però. -E no, non sei un idiota. Tuo fratello lo è.- e detto ciò diede un pugno al diretto interessato prima che rompesse un vaso di valore riposto su un ripiano a cui stava andando addosso per quella specie di acchiapparello che stava facendo con il dottore; e subito dopo averlo colpito, lei tornò a sedersi composta accanto all'amica e con davanti il moro, sempre supino, con il tavolo al centro che li divideva.
-Mhm... Va bene, io ci vado. Anche se va male.- espose, annuendo verso il soffitto che lo ignorava. Ma piaceva davvero a Marco? Magari erano solo migliori amici e basta, per lui... Sì, si comportava in un certo modo, ma non era detto... Ah! Non lo sapeva! Ma teneva ancora riposto nel cuore il bacio che si diedero a quella festa in cui si incontrarono la prima volta, un giorno così lontano ormai.
-Ecco, bravo. E vedrai che andrà più che bene.- ridacchiò Nami, con Robin che accettò di buon grado il frullato preparato da Sanji.
-Ma non ti sforzare!- esclamò immediatamente, la renna, ormai tra le braccia di Luffy che sorrideva fiero visto che l'aveva preso al volo nella corsa, dopo il pugno.
-Staremo tutto il tempo in camera sua, tranquillo Chopper.-
-Oh, allora non farti sfuggire l'occasione e chiedi a Marco se ti fa vedere le sue mutande. Magari funziona.- propose Brook, roteando fino a loro e con il violino tra le mani, prima di cadere rovinosamente a terra di testa, distruggendo il povero pavimento in legno visto che fu colpito da un pugno possente di Nami, davvero furiosa del commento mentre Ace era rimasto scandalizzato e a bocca aperta; nonostante conoscesse lo scheletro e sapesse che fosse la sua tipica frase quella, non si aspettava che gli è l'avrebbe posta in quel modo per Marco: di solito la domandava solo alle ragazze, il musicista. E poi, Ace a malapena riusciva ad avvicinarsi, impacciato com'era; chiedergli una cosa del genere poi avrebbe rovinato tutto il buon rapporto che si era costruito con lui... Che razza di idea! Ci stava davvero pensando su, poi! Ma perché mai avrebbe voluto vedere le mutande di Marco!, commentò per riprendersi, con le gote rosse. Sbuffando si alzò con il busto, in modo da mettersi più comodo, e scrollando il capo mentre si reggeva il retro del collo con una mano, con ancora l'idea che gli aveva dato il violinista, in testa. Più che altro, continuava a riflettere al biondo con solo le mutande addosso, e questo gli stava mandando il sangue da tutt'altra parte. Scuoté il capo ferocemente allora, dandosi dell'idiota.
-Ace, non dare retta a questo scemo! Figurati se può funzionare una cosa del genere: è da maleducati. Tu vedi solo di comportati da te stesso.- scandì bene Nami, ancora nervosa intanto che osservava il povero Brook rovinosamente a terra e dove, tra la sua enorme capigliatura afro, nera, trionfava ormai un grosso bernoccolo rosa.
-Oh, no!- scattò subito, Chopper, scendendo dalle braccia di Luffy per soccorrere il povero scheletro, mentre il moro andò a mangiare tranquillamente i dolci, ancora fiero per aver vinto al gioco con la renna.
-Ehi! Quelli sono per Nami e Robin!- corse subito, Sanji, colpendolo e schiantandolo contro la parete con uno dei suoi calci micidiali, mentre lasciò, al punto centrato, che si creasse un buco perfetto in cui rimase incastrato il povero ragazzo, dalla testa al busto, e che iniziò a dimenarsi con le gambe, intanto che, delle mani, riusciva a muovere solo le dita.
Franky sospirò, interrompendo ciò che stava costruendo e alzando i suoi occhiali con due dita mentre una smorfia pendeva sul suo volto: ora gli toccava aggiustare tutto. Non che gli dispiacesse: era la sua passione e l'amava, ma non prestavano nemmeno un po' di attenzione, sembravano farlo a posta. E lui ci teneva a quel ristorante: lo aveva innalzato lui con l'aiuto di Zeff e Tom, in fondo; e continuava a migliorarlo ogni giorno visti i ripetitivi guasti dovuti dai suoi amici.
-Mhm. Luffy come va a scuola?- guardò Robin, Ace, visto che Nami era troppo occupata a rimproverare lo scheletro seduto sul pavimento che veniva fasciato dal tenero dottore. Avrebbe anche potuto chiederlo, stesso a suo fratello, però lui diceva che andava sempre e solo bene, e comunque, in quel momento era occupato ad essere tirato e tirato per le gambe dal nasone e dal piccolo dottore.
-Deve migliorare con matematica, fisica e scienze, ma, grazie a Franky e Sanji sta recuperando. Il resto va bene, anche perché Nami lo aiuta con l'inglese.-
Ace annuì, ringraziandola e lei gli sorrise prima di tornare alla sua bevanda, portandola alla bocca con fare leggiadro. D'altro canto, Ace alzò lo sguardo per puntarlo di nuovo in alto: era così preoccupato per quello che sarebbe potuto succedere. Era davvero asfissiante l'idea di non piacere a Marco, che ogni cosa che avrebbe fatto, come solo bere un bicchiere d'acqua in sua presenza, lo agitava facendogli credere di starlo facendo in modo palesemente errato.
-Ace.-
Il richiamo dolce di Nami, costrinse l'altro a prestarle la giusta attenzione. La osservò curioso mentre Brook, rimessosi in piedi, era tornato al solito ritmo danzante e canterino, subito seguito da suo fratello liberato che per poco non inciampò su Zoro, disteso a dormire per terra e con la schiena adagiata alla parete come la maggior parte delle volte; facendo così ridere Chopper e Usop che, insieme, decisero di saltare tutti e due sopra la pancia del bell'addormento, intanto che Franky aveva terminato di aggiustare il ristorante, e che definì ottimo ogni suo capolavoro, sempre più favoloso; così disse mentre si unì a danzare, tra le risate degli altri.
-Andrà bene, vedrai.- assicurò decisa, la ragazza, annuendogli prima di unirsi anche lei alla festa che, ormai stava crescendo sempre di più in quel locale immenso ed elegante, e Robin annuì con un sorriso luminoso appena ebbe il volto del lentigginoso dalla sua parte, come a dirgli che sarebbe stato sicuramente così.
Percorse le scale dopo essere entrato da quell'enorme portone, e si diresse poi, tra quelle tante porte, verso la stanza di Marco con abbastanza titubanza. Si sentiva troppo sbagliato per stare in un posto importante come quello, a cui Marco apparteneva. Si strinse nelle spalle, arrivando davanti alla porta azzurra e trattenne il fiato, allungando una mano verso la maniglia ma poi si riprese di scatto, dandosi dell'idiota: era così teso che stava per entrare come se niente fosse!
-Okay, no... Riprendiamoci.- farfugliò, riprendendo fiato e cercando di convincersi che non avrebbe fatto figuracce, e ringraziava che fosse da solo in corridoio; e poi bussò, come consueto; attendendo quindi con il cuore palpitante e una voce grande nella testa che gli urlava di non entrare.
-Avanti.-
Era la voce di Marco, e per un attimo, Ace temette che Thatch gli avesse fatto uno scherzo. Oddio, fa che non ci sia solo lui, pregò interiormente, puntando gli occhi al cielo prima di abbassare la maniglia ed entrare, cercando di apparire tranquillo dopo che ebbe chiuso la porta, ma tutto vacillò nel momento esatto in cui si trovò dinanzi quel gruppetto di ragazzi che lo fissavano con circospezione, tranne il cuoco che gli sorrideva e Marco che sembrava sorpreso da quella novità. Stavano ancora studiando, e pensare che era arrivato persino dopo le cinque e mezza... Ma ciò che lo uccise di più, rendendolo rigido come una scopa, era l'immagine di Teach in mezzo a loro.
No, lui no...
-Ehi, Ace! Finalmente sei arrivato!- esclamò Thatch, entusiasta, facendo per raggiungerlo, ma si trattenne nel sentirsi l'occhiata curiosa e severa di Marco:
-Quindi sei stato tu a invitarlo?-
-Mhm... Mi dispiace, Thatch mi aveva detto di venire. Visto che state studiando, tolgo il disturbo.- si fece avanti allora, Ace. E si sentì davvero uno schifo, uno schifo per tutto quello: perché c'era il tizio che quasi lo aveva stuprato, perché era pieno di gente che certamente non voleva essere disturbata mentre stavano studiando; perché aveva fatto una pessima figura come stava continuando a fare nel tornare indietro senza voltarsi, e in più, si era sentito uno schifo per come Marco avesse parlato con quel tono così infastidito per la sua presenza.
-No, ehi. Abbiamo studiato tre ore, stavamo parlando così tra noi adesso.- lo fermò il castano, arrivando da lui e prendendolo per le spalle da dietro. -Puoi restare, non dai fastidio a nessuno.-
-Mhm...- mormorò, voltando il collo e vacillando al sorriso dell'amico dietro di lui. Avrebbe voluto ribattere con un "Ma c'è Teach, e lo vorrei solo prendere a pugni!", però, se Marco continuava a frequentarlo significava che non gli è ne importava tanto di quello che gli aveva fatto... Quindi non poteva nemmeno colpirlo... E poi, era parte di quella strana famiglia del cavolo e felice...
-E certo che abbiamo finito, lui non può capire queste cose.-
Oh, perfetto. Ci mancava solo che parlasse. E che lo insultasse... No, non poteva restare. Non sapeva quando avrebbe resistito prima di riempirlo di pugni..., pensò con sufficienza, stringendo le mani fino a lasciare il segno sul palmo con le unghie.
-Oh, avanti Teach. Tu sei più ignorante di Ace, e praticamente in tutto.- esclamò Haruta, ridendo e ascoltando il silenzioso sguardo di Marco che sembrava ringraziarlo, prima che si alzasse in piedi e continuasse. -Comunque, io non posso restare. Mi spiace, ma il Babbo mi ha chiesto di fargli un favore. A dopo, ciao Ace.-
-Ciao.- sorrise cordiale, spostandosi per farlo passare e poi, senza il suo consenso, venne trascinato bruscamente dalle mani del cuoco, ancora sulle spalle, verso quel cerchio, con al centro troppi libri; e che ormai si stava svuotando perché anche Jaws si alzò per recarsi chissà dove, senza dire niente, solo un deciso saluto, e portandosi anche Izou che discuteva su qualche esame scientifico da fare con quel colosso. Tutti erano spariti appena era arrivato lui... Era un segno?
-Ciao Ace.- questa volta fu lo stesso Marco a salutarlo, ancora seduto a terra, e che sembrò chiedergli un silenzioso scusa per la presenza di Teach, e lui si limitò ad annuire prima di sedersi a terra, seguito da Thatch: ormai era lì. Dannazione a Nami..., pensò. Ma perché poi, il biondo aveva parlato di lui con quel tono così come se desse fastidio, quando era arrivato? Forse aveva capito cos'aveva di sbagliato, o meglio, che fosse tutto fatto di errori? Magari non lo voleva più...
-C-che stavate facendo?- mormorò piano, incrociando le gambe.
-Fisica 2. Una noia mortale.- ridacchiò Thatch, offrendogli poi una lattina di birra, tra le tante piene al suo fianco.
-Tu infatti non la fai. Sei qui solo per dare fastidio.- motivò Marco, sfregandosi poi la propria capigliatura lentamente, e con un sospiro tirato che Ace prese a male, senza capire che era più diretto alla presenza molesta del ciccione, soprattutto ora che Marco sapeva che ci fosse il moro: se avesse saputo del suo arrivo, non avrebbe accettato la richiesta di Teach di aiutarlo a studiare, ma ovviamente Thatch non lo aveva informato.
-Ahm... Fisica 2? E che sarebbe?- guardò strano il castano, Ace.
-Una materia diversa, non capiresti.- sbeffeggiò, Teach, beccandosi un'occhiataccia risentita di Ace, e una minacciosa di Marco che sorprese il lentigginoso appena se ne accorse, e che non si aspettava.
-Comunque, guarda: è talmente strana che è meglio se lasci stare. Parla di moto armonico, o di oscillatori, o altre cose bizzarre.- ridacchiò incoraggiante, il cuoco, annuendo gentile.
-Okay.- sorrise, Ace, ridendo insieme a lui e facendo sorridere il biondo, più tranquillo da quella felicità, anche se ancora nervoso per la presenza del fratello che aveva iniziato a odiare sempre di più, e che sembrava farlo apposta a non andarsene.
-Beh.- brontolò il ciccione, mettendosi in piedi lentamente nel capire che non era voluto. -Ci vediamo.- sorrise fiero, mandando uno sguardo losco ad Ace prima di avviarsi.
-Teach, non andrai mica a drogarti ancora?- rimproverò Marco, seriamente in disapprovazione con quello; tutti lo sapevano, perfino il Babbo, il quale ci aveva parlato parecchie volte ma a niente era servito, e Teach continuava a farsi almeno una volta al giorno, soprattutto di sera.
A quelle parole, però, Ace trasalì senza essere notato, sentendosi preso in causa per ovvi motivi che solo lui poteva conoscere, e Teach non era da meno visto che gli rivolse uno sguardo divertito. Sembrava voler giocare, ed Ace non capì il perché una pessima sensazione continuava a crescere dentro di lui.
-Secondo me, quello che te la vende deve essere fuori di testa come te. Bah, certa gente...-
Fu Thatch ad aumentare la dose di preoccupazione di Ace che si rabbuiò e che si strinse nelle spalle, trattenendo il fiato e capendo di essere lui il fuori di testa, e forse non aveva tutti i torti, ma quelle parole lo avevano fatto sentire un essere orribile mentre le risate beffarde e grosse di quell'idiota gli diedero disgusto, al contrario di Teach che si sentì soddisfatto per aver causato quella reazione nel giovane e continuò la sua ilarità.
-E pensare che lo conoscete anche!-
Ace a quel punto si irrigidì senza volere, cosa però che venne notata benissimo, e purtroppo, dai due ma non sembrarono soffermarcisi al momento. No, non poteva essere, si disse speranzoso, guardando il pavimento con le pupille ridotte a due fessure tremolanti e spaventate. Aveva così paura che potessero capire... ma perché lo stava facendo? Perché faceva tutto quello? Perché lo stava dicendo, proprio ora, proprio in quel frangente in cui lui era lì?, rifletté a nervi tesi.
-Di chi parli?- domandò Marco, volendo capire. Magari poteva dire a quel tipo di fermarsi, però temeva e non comprendeva perché Ace sembrasse così preoccupato. Ma si fidava troppo di lui per credere in un collegamento che, era certo, non ci fosse.
-Oh, non so. Tu che dici, Marco? La tua fatina non è così pura visto che semina polveri illegali in giro.-
Strinse i pugni, cercando di contenersi dallo scattare in piedi per aggredirlo con un pugno, e magari di più visto come il senso di ribrezzo alla volta scorsa fosse ancora vivo. Quelle mani lerce su di sé... orribile! Quasi gli venne un conato di vomito. E poi, il fatto che lo avesse chiamato "fatina"; anche se non gli era ben chiaro il perché, capiva valesse come un insulto bello e buono legato a ciò che faceva con quella roba, e che lo innervosì maggiormente!
-Che diamine vai dicendo? Ace non farebbe mai una cosa del genere!- scattò impavido, il cuoco. Eppure, Marco non disse niente, si voltò a guardare la faccia del più giovane che serrava la mandibola, furioso.
-È così, vero?- chiese piano, il biondo, e si addirò per come Teach continuasse a ridere mentre, finalmente, si avviava fuori, gonfio di orgoglio per ciò che aveva fatto.
-Ahm...- rimase un attimo, un secondo, a bocca aperta, sorpreso da quella domanda detta da quel ragazzo che lo aveva ridestato dalla furia che lo attanagliava e che aveva attirato anche lo sguardo sconcertato del cuoco su di sé. -I-io... Devo andare.-
Si alzò in fretta, correndo fino a uscire da lì dopo aver aperto la porta, come se fosse l'unica via di fuga mentre gli puntavano addosso delle pistole pronte a sparare. E quando fu fuori e la richiuse, quasi crollò a terra per la disperazione ma non poteva, non lì. Così si affrettò a muoversi, percorrendo il corridoio fino alle scale, e scendendole, superando anche il ciccione. Però, a quel punto si fermò: non poteva andarsene senza essersi appagato comunque un po'.
-Allora, l'hanno presa bene?- volle informarsi quello, ma il suo sorriso svanì nell'essere colpito da un destro in pieno volto e poi catapultato, di schiena, a terra per la forza che quel gesto aveva causato, forse sbattendo anche la testa contro un gradino.
-Bastardo...- imprecò, tornando subito a correre nel sentire le voci incredule di alcuni ragazzi lì intorno e che, proprio non aveva notato prima mentre si affrettarono a soccorrere il fratello caduto, venendo raggiunti anche da Marco e Thatch, magari volendo rimproverare lui, pensò infastidito, il lentigginoso, con la paura in gola: lo avrebbero odiato, adesso, ne era certo. Figurarsi se si sarebbe fermato ad aspettarli, si disse, finendo le scale con un balzo e uscendo dal portone senza fiato, e con il pugno che prudeva ancora.
Dannazione, dannazione, dannazione! Era un'idiota, era un errore, era sbagliato!, faceva schifo, era... era il figlio di un mostro!, pensò strizzando gli occhi e continuando a correre in una direzione casuale, sul marciapiede, con il capo chino verso il terreno mentre sentiva il volto bagnarsi lentamente, e imprecò, maledicendosi e mordendosi la lingua.
Ma perché doveva sempre rovinare tutto?
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