Invito.
Lunedì! Finalmente era lunedì e finalmente poteva correre e andare da Marco, voleva tanto vederlo, pensò Ace; fu proprio la prima riflessione appena aprì gli occhi, seduto in quella macchina, senza, purtroppo la sveglia chiamata Luffy, ma era certo fosse al Baratie, diretto verso il liceo: poteva stare tranquillo. Lui doveva solo andare a lavoro, e non vedeva davvero l'ora; voleva vederlo, tanto, e sperava anche che per Marco fosse lo stesso. Sbadigliò, portandosi le ciocche in alto con una mano per poi lasciarle ricadere, scompigliate, ai lati, e mise in moto, diretto verso l'università, più felice che mai. Il suo desiderio era stato così forte che era riuscito a svegliarsi esattamente alle sette e mezza, incredibile: non ci credeva nemmeno lui. Ridacchiò, euforico per il sentimento che si faceva così forte, come un fuoco che non si spegne mai, bensì, ogni giorno nasceva e si sviluppava; e arrossì nel sentire i suoi pensieri così sdolcinati... si stava rimbambendo!
Arrivato nel parcheggio scese, scuotendo il capo e irrigidendosi l'attimo dopo nel ricordarsi che non si era nemmeno lavato; rifletté spaventato, in quel luogo isolato ma semi coperto di vetture. Non che puzzasse..., forse un po': aveva pur sempre dormito in macchina, quindi aveva l'odore di chiuso e sudato. Però avrebbe preferito incontrare Marco almeno fresco, e non con il sapore del sonno addosso. Ora che ci pensava, Ace si ricordò che poteva sfruttare i bagni... Decise di fare così, pregando la sua buona stella in modo che Lucci non si facesse vivo neanche quel giorno e corse, deciso a rinfrescarsi in fretta. Si fermò nel corridoio, una porta prima del suo bar ed entrò nel bagno; lo trovò vuoto e sorrise, mettendosi poi davanti al primo lavello e prendendo il sapone dopo aver aperto il rubinetto, iniziando a rinfrescarsi e pulirsi, lasciando la camicia su un ripiano candido e in legno. Scrollò le spalle, asciugandosi con il tessuto azzurro e guardandosi poi allo specchio, vedendo un volto già più luminoso e raggiante; cosa strana visto che si trattava di lui. Si rimise la camicia e uscì, più sollevato e sicuro, fermandosi nel vedere una persona che, per un momento gli sembrò una ragazza, ma a vederlo maglio si era solo fatto ingannare dal rossetto rosso sulle labbra, dalla stecca che gli reggeva i capelli neri a chignon, e il kimono viola e rosa; il tutto che ricordava vagamente lo stile geisha mentre una ciocca gli ricadeva davanti al viso, ondulando fino al mento; inoltre teneva anche un indumento rosso a macchie nere, legato attorno alla vita che decadeva verso il basso; ma più tendente all'espressione giapponese.
-Buongiorno.- salutò cordiale, Ace a quel punto, ricevendo da quel tipo, dalla pelle pallida come quella di un vampiro, o forse era il trucco?; un cenno educato e una risposta altrettanto cortese prima che lo superasse per entrare in bagno. -Mhm.- mugugnò sorpreso, non aspettandosi un'incontro così, più perché, di solito, vedeva i ragazzi passare per quel corridoio verso un'orario più tardo, ma scrollò le spalle come segno che era di poca importanza per poi recarsi tranquillo verso la sua postazione di lavoro.
Iniziò a sistemare come ogni mattina, posizionando per bene anche le sedie e i tavoli, in ordine, sul terrazzo dopo aver spolverato in tutta fretta, e poi si incamminò dietro il bancone in attesa dei suoi clienti, di uno in particolare, a cui, ogni volta che riservava la propria attenzione con la mente per la prossima venuta, ridacchiava. E sperava tanto di riceverlo, quella mattina...
-Scusa, posso avere un caffè ristretto?- domandò il ragazzo di prima, quello dal genere geisha e la pelle completamente bianca.
-Certo.- sorrise, voltandosi poi verso la macchina, già pulita; forse resa così da chi lavorava lì il pomeriggio, dopo di lui; e preparando il necessario dopo averla accesa, preparandola e mettendo poi la tazzina sul bancone sotto il piattino, tutto in ceramica bianca.
-Quindi... sei tu, Ace?-
-Mhm? Sì, ci conosciamo?- domandò, ma forse era più merito del fatto che era stato già un paio di volte agli appartamenti dell'università, e forse era stato visto ma Ace non aveva visto lui.
-No, piacere, sono Izou.- si presentò, serio e cordiale; educato ed elegante proprio come una geisha, tranne che la voce, era evidente, fosse maschile.
-Felice di fare la tua conoscenza.- sorrise, porgendogli la tazzina per poi pulire la macchina, scrollando le spalle nel sentirsi più dinamico, molto contento di non avere ferite nuove quella mattina, e quindi di potersi muovere più liberamente; e, tra l'altro, la mandibola si era aggiustata senza che lui se ne rendesse conto, in quegli ultimi giorni: era un sollievo.
-Ascolta, avrei da chiederti un favore. Devo andare a lezione adesso, però mi sono dimenticato di portare questa lettera al docente Smoker. Potresti farlo tu per me? È nella classe di fisica in questo momento.- domandò gentile, lasciando strisciare l'oggetto in questione sul ripiano di legno per porgerlo tra le mani del moro che lo prese senza esitazione mentre Izou terminò di bere e pagò, con aria soddisfatta.
-Okay... Ma dove... ?- alzò lo sguardo verso la figura del ragazzo ma rimase fermo, con la lettera sigillata in mano e la bocca ferma e semi aperta: era svanito, nel nulla. -Eh?-
Si ricompose, anche se ancora leggermente incredulo, e così, dopo aver dato un'occhiata in giro per assicurarsi che nessun ragazzo stesse giungendo al momento, e, soprattutto, Lucci; si avviò tra corridoi. In fondo, non sembrava prossimo l'arrivo di nessuno, il che forse era strano... no? Boh, ma almeno significava che avrebbe potuto allontanarsi; sperava solo che Marco non andasse al bar proprio in quel momento... Mhm, fare in fretta: era questo l'obbiettivo che si pose; doveva solo capire dove fosse questo Smoker e fare in fretta. Si fermò, studiando la mappa dell'istituto attaccata al muro di ogni corso e cercando un possibile indizio, senza riuscirci; o le porte infinite che si propagavano davanti a lui, ma tutte avevano sopra attaccato solo un numero che andava da uno a duecento e così via; e la cosa più incredibile era che, ora che aveva bisogno che passasse qualche studente, nessuno era in giro per i corridoi: non poteva crederci, pensò angosciato e chinando il capo a terra. E fermarsi alla segreteria per guardare lo schermo con i tabulati delle ore e delle classi era inutile: ci avrebbe messo troppo, e non poteva permetterselo; ma volle riporre un po' di fiducia a recarsi lì per chiedere alla collaboratrice.
-Scusi.- si affrettò a raggiungere l'ingresso dove vi era quel piccolo ufficio con un sospiro di sollievo, correndogli incontro e domandando alla persona, oltre le finestrelle, di quel fantomatico Smoker di cui era alla disperata ricerca.
-La ringrazio.- sorrise, e la lasciò tornare a quei fogli che stava rovistando sulla propria scrivania.
Sperava solo di non perdersi, gli venne in mente, conoscendosi. Quella signora gli aveva dato le indicazioni ma lui non era esattamente un asso nell'orientarsi, anche se migliore rispetto a Zoro. Si fermò nell'arrivare in prossimità della fine del corridoio, voltando poi lo sguardo verso l'unica porta presente, e così si avvicinò, alzando poi la mano e bussando usando le nocche. All' "Avanti.", pacato ed educato che lo raggiunse, abbassò la maniglia e varcò la soglia, stupendosi immediatamente e perdendosi a rimirare l'aula per come fosse completamente diversa dal liceo; non c'erano banchi separati o a due, bensì tutti uniti e in pendenza come degli spalti, e di studenti c'è ne erano molti, chissà quanti erano in tutto, forse un centinaio o più.
-Allora? Cosa c'è?- sbottò il prof, che lo fece tornare alla realtà, così Ace si dedicò a quell'uomo con tre sigari accesi in bocca e il volto rigido e duro, dai capelli corti e bianchi come il fumo che si spargeva in giro per poi librarsi nell'aria oltre le finestre, lasciate appositamente aperte per non far soffocare i ragazzi. Possedeva dei pantaloni militari e una giacca grigia, aperta sui pettorali scolpiti; il che gli dava l'aspetto di tutto fuorché di un docente.
-Mi hanno mandato qui per darle questa.- affermò adagiando la lettera sulla cattedra con cautela, quasi temendo che, con un gesto sbagliato, lo avrebbe sbattuto fuori; non che gli importasse visto che non era uno studente, ma sembrava, dalla faccia, avere tutta l'intenzione di farlo. E dopo averlo raggiunto lentamente, scrutando quel tipo che, con una smorfia indifferente, lo squadrò da cima a fondo, identificandolo, quasi come un cattivo soggetto, prima di dedicarsi alla busta arancione.
-Chi di preciso?- ordinò, volendo capire e avere tutte le informazioni possibili.
-Izou.- rispose, scettico per quel comportamento; sembrava più un soldato che un professore, davvero; si disse nella mente con certezza.
-Bene, puoi andare. Allora ragazzi, torniamo alla nostra lezione.- si alzò dalla sedia con fare prominente, avvicinandosi alla lavagna che era il quadruplo del normale di quelle del liceo, e iniziando a scrivere strane formule che Ace non comprese; e non capì una cosa: lui era ancora lì, eppure il prof preferì ignorarlo come se non ci fosse. Beh, certo: essendo un'università poteva anche seguire nonostante non appartenesse a quella facoltà, però gli sembrava esagerato quell'atteggiamento di menefreghismo.
Ace rimase un attimo perplesso, perché si rese conto che, in quell'aula, c'era un silenzio troppo denso e tenace: gli sembrò che quei ragazzi avessero quasi il timore di aprire bocca; però c'era qualcuno che stava al computer, o chi, ancora, al telefono; e tutto in bella mostra sul banco! Ma in che razza di posto era finito?, pensò stralunato: una cosa simile al liceo e avrebbe detto addio a quegli oggetti preziosi; anche se non li possedeva; e in più nota sul registro e richiamo dei genitori; che non si sarebbero fatti vedere, ma dettagli. Però rimase ancora fermo, e questo perché notò una ventina, o poco più, di biglietti sulla cattedra; forse così pochi perché erano già stati presi da tutti loro. Curioso, e voglioso di averne uno, lo afferrò quando fu sicuro di non essere visto, anche perché tutti seguivano attentamente quello che spiegava e scriveva il docente, o lo schermo del proprio oggetto informatico; e poi uscì, ridacchiando e ghignando trionfante nel cacciare dalla manica il foglio, nel corridoio vuoto, e scoprendo che appartenesse a un invito di una festa. Questo sì che era un bel colpo!, si compiacque di se stesso, Ace: poteva imbucarsi a questa festa e divertirsi un po'. Lesse quel pezzo di carta, decorato da mille sfaccettature di colori, ma quello dominante era il blu; e impregnò nella mente la data: sei Ottobre; ovvero domani.
Oh, giusto: il bar; si ricordò in un attimo, mettendo in tasca quel prezioso e piccolo manifesto e incamminandosi gonfio di gioia verso la sua postazione, senza accorgersi di una persona dietro di lui che, uscito dal bagno, lo aveva scrutato e aveva sorriso nel rendersi conto che teneva quello che gli apparteneva; felice che avesse ricevuto, in un modo o in un altro, quell'invito.
Lo avrebbe avuto alla sua festa, non poteva che andarne entusiasta, pensò tale figura che tornò nella sua classe ad ascoltare la lezione del prof che, i più odiavano, sereno.
Si sedette e sorrise, tornando ad aspettare l'arrivo di quel ragazzo in particolare, e che era il più importante fra tutti, per lui, in quell'istituto, e nel mentre accontentò i clienti che arrivarono, anche se erano abbastanza pochi; almeno, rispetto agli altri giorni.
-Ace! Mio caro amico!- ridacchiò Thatch, che giunse da lui per impadronirsi delle noccioline.
-Ciao.- sorrise. -Ho saputo che c'è una festa domani.-
-Oh, e ti ha invitato?- chiese curioso, anche se pensava già di ricevere un cenno affermativo.
-Chi?- domandò confuso, il moro, inclinando, di poco il capo su un lato.
-Ehm...- rimase perplesso anche il castano, si aspettava che almeno sapesse chi lo festeggiasse. -Tu non sai chi compie gli anni... Ti ci imbuchi?-
-Sì, ma non dirlo a nessuno. Promesso?- volle assicurarsi, mettendo l'indice davanti alle labbra come a simboleggiare un segreto, e sorridendo astuto.
-Promesso.- rise sotto i baffi, tornando a mangiucchiare quegli stuzzichini, e scuotendo il capo divertito. -Non cambi mai, eh?-
-Mhm, ma ci conosciamo da poco, noi...-
-L'essenziale è invisibile agli occhi.- affermò fiero, lasciando sempre più confuso il moro.
-Ma non i tuoi esami...- commentò Izou, il ragazzo pallido, che si sedette chiedendo un altro caffè.
-Senti, se tu continui a ricordarmelo mi viene il complesso della depressione e mi butto dal balcone.- borbottò mogio, a capo chino, il castano, e con le spalle ingobbite.
-Allora questi non ti servono più.- esclamò Haruta afferrando in fretta la ciotola con le noccioline dopo essere comparso dal nulla, con Thatch che trasalì provando a riprendersele, ma quello, piccolo com'era di statura, deviò in tempo la presa dell'altro, chinandosi leggermente sul davanti, e scappò via come un fulmine, ignorando le urla del cuoco che affermava impavido: "Al ladro!", tra lo sconcerto di Ace e tra le risate generali.
-Hai consegnato la lettera a chi di dovere?- domandò Izou appena Ace, ripresosi, si affrettò, divertito da quella scena del suo amico, ad adagiare la tazza di caffè ristretto fumante davanti a lui: aveva capito che molti studenti chiedevano sempre il solito gusto di caffè, e per fortuna si era ricordato quello del geisha.
-Sì.- annuì pacato, dando poi un'altra ciotola di noccioline al castano che era chino con la fronte sul bancone con fare angosciato e perso, con qualche ciocca fuori posto, ma servì il suono traballante di quell'oggetto a farlo destare e ravvivare, e così, il moro, lo guardò pettinarsi i capelli tipicamente vispi, con il suo pettine nero, sistemandoli prima di tornare a mangiare fiero.
-Perfetto. Ti ringrazio, e scusami per il disturbo che ti ho causato. Ho esagerato.-
-Non preoccuparti, è stato un piacere.- affermò Ace, disponibile a essere sempre d'aiuto, anche per le piccole cose, e anche perché aveva racimolato una bella possibilità: l'invito; ergo, era felice.
-Marco lo hai visto? E cosa ne dici di cenare da noi?-
-Ehm, non ancora. E no, non posso.- rispose a Thatch che sembrò rimanerci un po' male per la seconda risposta. -Durante la settimana non mi è possibile...-
-E vabbeh, tanto ci vedremo domani sera.- sorrise contento, e batté una mano contro il palmo aperto dell'altra nel ricordarsi di tale notizia. -Sarà divertente. Vado.- salutò in fretta, senza dare molte spiegazioni sulla sua meta, ma forse recandosi a un'altra lezione.
-Ciao.- andò via anche Izou, seguendo Thatch e accompagnandosi con lui, camminando con fare pacato e serio dopo aver terminato la bevanda e dopo aver pagato.
Ace li osservò andarsene, e rimase in silenzio, in piedi davanti al bancone mentre iniziò a pensare, con tutti quei pochi ragazzi che, alzandosi dai tavoli, seguirono lo stesso esempio di quei due; a riflettere su quello che gli stava accadendo, a quelle persone che lo circondavano e che erano da poco entrate nella sua vita, e anche a quelle che c'erano da più tempo e a come, tutti, gli donassero affetto, ognuno a loro modo. Meritava tutto quello?, pensò, scurendosi in volto.
-Mhm...- si sedette, Ace, credendoci poco e chinando il capo con un sospiro mogio e in modo cupo, mordendosi poi il labbro inferiore e sentendosi, senza una ragione precisa, uno schifo; si sentì depresso e malinconico, con la voglia di maledirsi per quanto fosse inutile. Perché, da felice riusciva a crollare nel buio più depresso?, imprecò. E strinse i pugni, quasi lasciando il segno sui palmi con la voglia di farsi male, voleva sentire dolore così quel senso di inadeguatezza e sofferenza sarebbe scomparso, o si sarebbe fatto sentire meno. Perché? Perché?, maledizione! Perché era nato! E perché sentiva così tanto dolore...?, pensò amaramente, con furia per poi finire delicato come se, aumentare il tono, avrebbe ferito di più il suo cuore. Io non c'è la faccio più..., confessò con occhi vacui, lucenti di tristezza.
Tristezza, una parola così semplice ma così intensa, sorrise malinconico al suo sapore. Si passò una mano tra i capelli con una smorfia di inquietudine, sospirando come in procinto di un pianto mentre stritolò le ciocche tra le dita e corrugò le sopracciglia, con i denti serrati. Si strinse nelle spalle, tirando nei polmoni l'aria e restando immobile, chino con la schiena, e gli occhi che esaminavano il pavimento ombroso. Quel silenzio, quella voglia di non esistere, di morire... Oh, perché? Perché tutto quello?, alzò il capo, trattenendo il respiro con uno sguardo angosciato e sciupato da quei sentimenti negativi, con al centro della mente l'idea di quel 'padre', di quell'essere; sillabe che continuava a pronunciare con odio e rancore, anche se solo nella testa. Doveva morire, doveva morire..., pensò piano, quasi senza forze; senza capire se intendesse quell'uomo, o se stesso. E tornò a chinare il capo, osservando le piastrelle con le sue palpebre sottili, ma reclinò il capo, irrigidendosi di colpo nel vedere gocce salate spargersi sul terreno.
-Ohi.-
Sentì dei passi dopo quella parola e si asciugò in fretta le lacrime con il dorso del braccio, lasciando tintinnare il bracciale al polso, dalle strisce rosse e bianche, e che produsse un dolce ticchettio che udì solo lui; e alzò il capo, notando poi che si trattasse di Marco; della persona che aveva tanto atteso con enfasi; e che si stava avvicinando a lui, e così chinò maggiormente le ciocche sugli occhi.
-Ciao.- sorrise lievemente, rallegrandosi a quella vista, un po' offuscata dal luccichio del pianto negli occhi e dai suoi capelli; ma era sempre sublime per essi poterlo ammirare. -Posso offrirti qualcosa?-
-No, tranquillo. Io per oggi ho finito, posso passare del tempo con te, se vuoi.- lo raggiunse, sedendosi accanto a lui con un sorriso, anche se lievemente preoccupato da quelle pupille arrossate e provate, così restò in silenzio il tempo che gli sembrò più adeguato prima di chiedere:
-Tutto bene?-
-Adesso sì. Cioè...- arrossì di colpo, imbarazzato dalla verità appena confessata, non volendo che Marco sapesse fosse lui il motivo di quella felicità ritrovata, e che ancora gli dava un senso strano in gola ad averla riavuta solo con la sua presenza.
-Posso chiederti perché hai pianto?- chiese allora il biondo, non sentendosi a suo agio nel vederlo stare male, e lasciandolo colpito da quella domanda, ma Ace pensava, o sperava, che non se ne fosse accorto.
-I-io...- sussurrò prima di chinare il capo. -Stavo pensando... A volte mi capita di... di essere triste...- farfugliò, cercando di non farsi sentire, ma Marco era così vicino in quel momento che questo sarebbe stato impossibile.
-Capisco.- infatti rispose, sempre con quel tono pacato e calcolatore.
-Io tra un po' finisco...- decise di cambiare argomento, ponendosi in una postura più decisa.
-Lo so.- affermò lui, calmo, senza smettere di guardarlo, anche se poteva godere solo del profilo destro in quel momento, ma sempre fantastico, pensò il biondo.
-Okay.- sussurrò Ace, indeciso su cos'altro dire; forse poteva chiedergli di accompagnarlo?, rifletté tra sé e sé.
-Tra un po' andiamo, va bene?- si fece avanti, Marco, senza neanche meditarci a lungo, e senza sapere che era lo stesso quesito che voleva porgergli il moro.
-Sì.- sorrise, senza chiedere quali intenzioni avesse con quell'invito silenzioso e celato in una semplice affermazione, o perché proprio volesse andare con lui da qualche parte. Che bello, decise invece di affermare nella mente, con il cuore palpitante e caldo di serenità, che abbandonò l'alone di tristezza di poco fa definitivamente, o almeno lo sperò; per quel giorno.
E rimasero in silenzio, magari Ace lanciando occhiate fugaci, venendo sempre colto in fragrante da quel ragazzo perché non aveva smesso di scrutarlo nemmeno per un secondo; e magari Ace, o Marco, dopo un po' iniziarono a discutere di qualcosa di futile ma, per loro, essenziale perché non riuscivano a resistere un secondo di più senza il suono della voce dell'altro nelle orecchie.
-Finesh tiurn.- esclamò mettendosi in piedi, euforico nel vedere l'ora suonare su di lui, facendosi però scappare una pronuncia più che errata di inglese.
-Ehm, sai che non si dice così, vero?- sorride alzandosi e affiancandolo, sfregandogli dolcemente la chioma.
-Ohm, no, è... è una mia lingua.- tentò di inventarsi, preso in contropiede; arrossendo poi per la pessima figura fatta.
-Davvero? Beh, mi piace.- constatò invece l'azzurro, scendendo con la mano e intrecciando le dita con quelle del moro che sorrise.
-Grazie...- si avvicinò di più a lui, perché, la situazione di pensieri angoscianti di prima lo aveva sfinito e voleva rilassarsi un po' in quel momento; desiderava solo che non si guastasse. E così, seguendolo fuori e celando il muso dietro la sua spalla coperta dalla camicia blu, guardò il volto del biondo che osservava davanti a sé, sereno. Era fantastico, adorava il suo modo di fare; pensò Ace; sperava solo non fosse un atteggiamento che compiva con tutti quelli a cui voleva bene.
-Ti posso accompagnare a casa? O vorresti fare altro?- si girò a guardarlo, sorridendo intenerito per come si fosse posizionato.
-Ahm, possiamo andare a mangiare... No, cioè; devo andare a casa, a preparare il p-pranzo...- si perse da solo e senza un motivo, o forse fu perché gli occhi di Marco non la smettevano di scontrarsi con i suoi.
-Se non è di disturbo, posso venire anch'io a mangiare con voi?-
-Mhm gmghm...- iniziò a mugugnare, chinando il capo senza sapere che dire; accettare lo avrebbe reso felice, e non sembravano esserci effetti collaterali, o forse era lui a non vederli in quell'istante, troppo assorto all'idea di avere Marco con sé per il resto del pomeriggio. Sarebbe stato fantastico e perfetto... No?, volle credere.
-Va bene.-
-Allora andiamo.- esclamò pieno di gioia, tenendogli ancora la mano e incamminandosi piano verso la macchina del moro mentre lasciava che lo seguisse senza fretta, non notando che fosse rimasto a bocca aperta, concependo a malapena che la propria bocca avesse parlato al posto del suo cervello.
Seduto portò le gambe sul divano, mettendosi comodo e sentendosi sbagliato nell'usare quel mobile che non gli apparteneva: era di suo 'padre', di solito solo lui poteva sedersi in quel luogo 'sacro'. Certo, la scorsa volta aveva fatto sedere in quello stesso punto Thatch e il biondo che era al suo fianco, e che, dopo il suo permesso, stava girando tra i canali in tv; altra cosa che non bisognava fare; però, quel giorno di tempo fa non aveva potuto fare altrimenti, non poteva lasciare che restassero in piedi, o peggio, chiedergli se potevano sedersi per terra perché il divano era un limite che nessuno poteva violare; lo avrebbero guardato strano, ovvio.
-Non dovevi preparare? Se vuoi, posso aiutarti; tanto, vedo che qui c'è sempre e solo un canale funzionante.-
-No. Penso che Luffy vorrà andare al Baratie.- sussurrò a capo chino, imbarazzato da quel cambio di programma di cui lui era abituato, ma avrebbe potuto avvisare Marco, invece di farlo venire a casa con la scusa che cucinava lui, pensò. -Scusa.-
Ma pregava continuatamente, e con angoscia, Ace, che Akainu non varcasse la porta di casa da un momento all'altro; poteva sentire il suo cuore pulsare a mille ogni volta che mandava uno sguardo al corridoio e all'entrata, sudando freddo e trattenendo il fiato; e purtroppo, questo comportamento, Marco lo aveva notato.
-Non vedo perché tu debba scusarti, non hai fatto nulla di male.- affermò, decidendo di spegnere il televisore, dando così un lieve senso di pace ad Ace, perché, finalmente, almeno una cosa 'intoccabile' era stata lasciata stare. -Sai, pensavo che saresti stato più a tuo agio a casa tua, invece sembra che questo posto ti terrorizzi, o forse è una mia impressione. Però, al bar, sei molto più loquace.-
-N... No, è una tua impressione...- cercò di dissuaderlo in fretta, decidendo così di abbandonare, con gli occhi, la maniglia rigida della porta per evitare altre domande scomode; e puntandoli sul petto possente di lui, scoperto, e poi, subito dopo, sul terreno, continuando a muovere così le pupille per un po', a scatti, arrossendo ma senza volerne fare a meno. Quanto ci metteva, Luffy?, si chiese, in un momento vivo di panico in cui non riusciva più a respirare bene, forse per l'ansia, forse per quel corpo favoloso.
-Ace!- l'urlo spacca timpani e allegro di sempre giunse come ogni giorno a quell'ora dopo che ebbe spalancato la porta, la figura trionfante ed euforica di Luffy che piombò addosso al maggiore come di consuetudine, senza nemmeno accorgersi dell'ospite accanto, o dell'appagamento che provò il fratello che decise di ringraziare il cielo con un sospiro che cercò di non far vedere a nessuno dei due, e un sorriso immenso in volto.
-Ehi, fratellino!- ridacchiò, guardando le braccia che lo avvolgevano da dietro, e con il busto del fratello che, oltrepassando lo schienale, toccava la spina dorsale del lentigginoso.
-Oggi è stata una giornata pazzesca!- affermò pieno di gioia, strisciando con il petto, dalla spalliera fino a mettersi in braccio al suo caro fratellone, e solo allora si accorse di una presenza in più. -Ciao!- salutò caloroso, sempre con tono alto, ed un sorriso perenne sul volto.
-Ciao.- ricambiò Marco, felice di poterlo incontrare, finalmente, o meglio, di nuovo, pensò ricordandosi della prima festa fatta quell'anno.
-Io sono Luffy, e tu sei Marco, giusto?- sorrise contento. -Sai, Ace: io e gli altri abbiamo in mente di venire domani a trovarti, anche perché c'è sciopero!-
-Per questo sei così contento?-
-Già! Adesso andiamo al Baratie! Vieni anche tu?- chiese, voltandosi verso il biondo che non aveva avuto più l'onore di aprire bocca visto la parlantina di quel ragazzo energico.
-Sì, va bene. Ace lo aveva già detto.-
-Ottimo!- scattò in piedi, prendendo la mano del maggiore e trascinandolo fuori dopo aver urlato una sola parola con fare trionfante: -Fame!-, e con Marco dietro che li seguiva divertito, soprattutto nel vedere Ace come arrossiva, imbarazzato del comportamento di Luffy in sua presenza, e a come chiedeva continuamente scusa, per l'irruenza del minore, al biondo.
Cedette per l'ennesima volta alla narcolessia, cadendo ancora sopra il piatto ricolmo di pasta, con davanti Chopper che si preoccupava come al solito, Nami che sospirava delusa e Robin che ridacchiava, mentre in lontananza, Luffy insieme al resto della combriccola, omettendo un Sanji che cucinava per le sue donzelle con fare innamorato in cucina, e un Zoro assopito da qualche parte nel ristorante, danzavano e cantavano come forsennati.
-È sempre così movimentato?- domandò pacato, Marco, guardandosi intorno in quella confusione.
-Sì, qui si festeggia sempre.- esclamò Robin, guardando poi come si divertiva quel ragazzo dal cappello di paglia, cantando con, forse troppa intensità, attorno a tutti gli amici che ridevano; e forse, leggermente stonato. Al loro arrivo, inutile dire che, i clienti erano scappati di corsa per il caos imminente; dopo aver pagato ovviamente, o Nami non gli è l'avrebbe perdonata a nessuno.
-Avanti, Ace. Non puoi fare così, non davanti a lui.- gli sussurrò all'orecchio, proprio Nami, scuotendolo piano, senza accorgersi che il biondo avesse sentito tutto, sorridendo di più anche se sotto i baffi.
-Mhm... Lui chi?- mugugnò in risposta, socchiudendo un occhio e sbadigliando, ancora assopito e adagiato contro il proprio cibo.
-Ma Marco, che domande!- sbottò affranta, allontanandosi dal sussurrarglielo, e incrociando le braccia al petto stizzita.
-Ohm... Giusgf...- mormorò, con il muso perennemente contro il piatto prima di alzarsi di scatto nel risentire l'eco del nome di quel ragazzo nelle orecchie. -Sì, Marco!- urlò più sveglio che mai, prima di arrossire per aver pronunciato quel nome un po' troppo forte, e anche perché il biondo era seduto davanti a lui... Pessima figura, si disse con la voglia di sotterrarsi all'istante.
-Scusa...- sussurrò poco dopo, ridacchiando nervoso mentre Nami si passò una mano sul viso con fare tragico, con l'amica che, invece sorrideva tranquilla.
-Non vedo di cosa dovresti scusarti.- pronunciò allora, il biondo, alzandosi per arrivargli di fianco, guardandolo negli occhi prima di prendere un fazzoletto e pulirlo sulla bocca, guardandolo arrossire sempre più, con alcuni ragazzi accanto che sorrisero inteneriti.
-Ehm... S-cusaa... Cioè...- si perse nell'oblio di pensieri, senza nemmeno sapere perché aveva ridetto la medesima parola, mordendosi un labbro e cercando di non guardalo negli occhi, o non avrebbe più avuto il controllo delle sue azioni e sarebbe crollato di imbarazzo.
-Ehi, testa ad'ananas! Perché non vieni a ballare con noi?- chiese euforico, Usop, girando su se stesso insieme a Chopper mentre Ace sgranò gli occhi per come il nasone avesse chiamato il biondo, ma, alla fine non aveva torto... E invece no!, esclamò dentro di sé, come destatosi per una ferita all'orgoglio che non gli apparteneva.
-Si chiama Marco!- protestò il moro, guardando male il bugiardo prima di deviare lo sguardo a terra, cercando di lasciar stare gli occhi apprensivi di Marco che sorrideva, grato di quell'intervento.
-Grazie.- gli scompigliò i capelli, giocoso, per poi domandare al padrone del locale dove fosse il bagno, e Sanji, arrivato in quel momento tra mille complimenti per la bellezza delle sue ragazze e un vassoio pieno di prelibatezze solo per loro, si apprestò a dargli le indicazioni della strada da fare, commentando poi che un certo marimo si perdesse sempre anche se conoscesse quel posto da anni, e il diretto interessato si svegliò solo per contestare a suon di katana che vennero parate prontamente dai calci del cuoco.
-Allora?- Nami attese che il biondo dal tatuaggio blu fosse abbastanza lontano prima di avvicinarsi con un sorrisetto malizioso ad Ace, che la squadrò incuriosito.
-Allora cosa?-
-Ti piace troppo, e non provare a negarlo: è troppo evidente.-
-C-che!- scattò impacciato, alzando la voce tanto da attirare gli sguardi di tutti.
-Ace, avanti. Lo hai persino difeso quando Usop lo ha chiamato "Testa ad'ananas".- rise, Sanji, afferrando una sigaretta e mettendosela tra i denti prima di accenderla.
-E lui ha davvero la faccia da ananas, quindi perché correggermi?- sbottò il nasone, ironico; ridacchiando e afferrando una bibita dal vassoio sul tavolo, ricevendo un'occhiataccia dal cuoco che sbuffò il fumo dalla bocca, ma lo lasciò fare.
-Faccia ad ananas o no, Ace lo ama.- esclamò contento, Franky, pavoneggiandosi in pose di danza, con il moro in questione che non poteva che pensare che quelli sapevano essere così invadenti a volte; e ora erano tutti a circondarlo, compreso il suo fratellino che rideva estasiato, anche se sembrava averci capito poco di quella situazione.
-Io trovo che abbia una faccia carina...- borbottò tra sé e sé, mugugnando, e con loro che ridevano felici e commentarono che fosse una prova schiacciante quella sua affermazione.
Marco sorrise a quelle parole, sollevato di averle ascoltate in tempo, e oltrepassò la soglia per tornare a sedersi davanti al ragazzo con le lentiggini sul volto che continuava, però a deviare ogni suo occhiata.
-Marco! Lo sai che il mio fratellone ti trova...-
Ace riuscì a tappare in tempo la bocca a Luffy, stringendolo e portandoselo contro il suo petto mentre costrinse il suo volto a fare un sorriso tirato verso il ragazzo che gli piaceva, iniziando a balbettare una frase per salvarsi:
-Lascialo stare, Marco, non voleva dire niente.-
Forse non servì a molto, pensò Ace; con i suoi amici che lo guardavano scuotendo il capo divertiti prima di tornare a ballare, o a discutere, o, nel caso di Zoro, a dormire.
-Mhgfmg!- protestò il minore, cercando di districarsi da quelle braccia, ma poi ci rinunciò, non potendo fare altro che aspettare visto che Ace, nel trovare una scusa plausibile a quello che Luffy stava per dire, si era incantato a guardare quegli occhi azzurri, così vivi e seri.
-Immagino che tu non sia abituato a tutta quest'enfasi.- iniziò un discorso, Nami, interrompendo così il silenzio imbarazzante che si era creato tra i due, anche se in realtà, quegli sguardi furono pieni di parole e di sentimento di quanto la ragazza non credesse, almeno per Marco, che amava perdersi in quei pozzi marroni.
-Tutt'altro: la mia è una famiglia numerosa, festeggiamo quanto voi.-
-Oh, mi fa piacere.- affermò la ragazza dagli splendidi capelli color arancio, che si scuotevano ad ogni movimento con fare leggiadro.
-L'università Moby Dick non è male.- iniziò Robin, poi; lasciando così Ace in disparte e con una smorfia di delusione, senza che lui stesso ne capisse la ragione: non voleva incrociare quelle pupille, ma ora che le aveva lasciate si sentiva con un pezzo di respiro in meno.
-Oh, uffa, Ace!- sbottò il minore, liberandosi e mettendosi comodo sopra le gambe del fratello. -Non mi lasciavi più.- brontolò, riprendendo fiato.
-Scusa.- si affrettò a dire, anche se con poco entusiasmo e sincerità.
-Quindi, lui è il tuo fid...-
Ace continuò a tappare la bocca al minore fino alla fine della serata, non volendo far trapelare troppe cose a Marco, che ridacchiava di nascosto a tutto quello, senza sospendere il discorso con le ragazze, con la musica di Franky e Brook al massimo, e la voce di Usop che cantava, in sottofondo.
-Grazie per la bella serata.- sorrise, Marco, salutando cordiale e con un sorriso, vicino alla porta, pronto ad uscire.
-Oaky... Andiamo, Luffy?- domandò, guardando il minore che si grattava la guancia, dove vi era la cicatrice sotto l'occhio sinistro, con fare curioso.
-Oaky?-
-Ehm... Okay...- si corresse, arrossendo e guardando di sottecchi Marco, con quel volto sempre sereno e che sembrava aspettare proprio lui. -Ehm... O vuoi restare ancora?-
-No, Ace. Andiamo. Coiao ragazzi!- sbagliò apposta, facendo ridere il maggiore che gli scompigliò i capelli; e decidendo così di tornare a casa solo per far stare ancora in compagnia quei due, perché, il minore aveva capito fosse quella l'intenzione di suo fratello; e lo pensarono anche i suoi amici, nel locale, con Nami che rifletté fosse davvero innamorato se gli bastava guardare Marco per sbagliare anche a parlare.
-Coiao, eh?- affermò Ace, con il resto della combriccola che li salutarono, un po' assonnati o alticci, e con Sanji che metteva in ordine.
-Andiamo a casa insieme, allora?-
-Certo!- esclamò Luffy, affiancando il biondo fuori mentre Ace decise di restare un po' in disparte dopo averli raggiunti, dietro di loro a guardare le spalle del ragazzo più alto, ammirandolo in silenzio e a capo chino.
-Ehi, Ace.-
-Mhm?- domandò, ritrovandosi, senza nemmeno sapere come, in mezzo ai due; con il biondo a destra che gli accarezzò, con il dorso dell'indice, la guancia liscia in modo dolce, e Luffy a sinistra che saltellava, ancora pieno di energie.
-E' stato bello passare questa serata in tua presenza, e anche con quella dei tuoi amici, e di tuo fratello.-
-M-mi fa piacere...- sussurrò imbarazzato da quel tocco, ispezionando gli occhi del biondo che erano così lucenti, quasi quanto i suoi.
-Vi auguro una buona notte.- affermò quando ormai la strada che li divideva era evidente e prossima, ma nel dirlo guardò soprattutto il lentigginoso, al quale ancora non aveva tolto la mano di dosso.
-A-a-a... Anche a te... Sogni d'oro.- mormorò piano, sovrastato però dall'urlo di Luffy che fu più sicuro di lui nell'augurare al biondo una dolce notte.
-Grazie.- sorrise sereno, tenendo più a sé però le parole care e balbettate di Ace; per fortuna che era vicino a lui, o non era tanto sicuro da udire il suo farfuglio, pensò allontanandosi un po' a malincuore.
-Bene, ora che ne diresti di tornare dagli altri? Magari per un pigiama party!-
-Sono stanco, Luffy...- sussurrò dispiaciuto, triste di non poter seguire quel ragazzo che proseguiva, dopo averlo lasciato nel vicolo dell'incrocio. -Magari, domani... Oh! Ehi, Luffy! Domani mi imbucherò ad una festa, vuoi venire?-
-No, non posso.- fece una smorfia. -Ho promesso a Nami che sarei stato con lei e gli altri a studiare, e sai quanto tengo alle promesse, e quanto lei sia flessibile...-
-Inflessibile...- corresse con una smorfia divertita. -Già, Nami se la prenderebbe molto.- ridacchiò, il moro mentre volse un attimo lo sguardo alla sua destra, di nuovo a osservare Marco che ormai era poco meno di un puntino viola e giallo in quell'oscurità, illuminato solo da alcuni lampioni.
-Dovresti fare un pigiama party con il tuo fidanzato.- decise serio, il minore, nel vedere con quanta dedizione lo guardasse da lontano.
-Ah? Non è il mio fidanzato!- sbottò, tornando a camminare verso casa, rosso mentre il pensiero che gli sarebbe piaciuto tanto esserlo sorvolò la sua mente, con le risate del suo fratellino che lo stuzzicò.
-Dai, si vede che siete una coppia!-
-Finiscila. Non lo siamo.- affermò serio, con il minore che allungò il passo per tenere la sua andatura, guardandolo euforico.
-Okay. Ma lo diventerete presto, vero?- chiese allora, con l'innocenza di un bambino, tanto da far sorridere il maggiore che si sentì più sicuro senza sapere perché.
-Non lo so. Ti voglio bene, Luffy.- si fermò, e lo fece solo per avvolgere le braccia attorno al suo corpo per poi stringerlo in un tenero abbraccio, rimanendo immobili così, in quella strada, con il silenzio e la felicità di essere insieme.
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