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Interpellato.

Perché? Era davvero morto? Beh, in effetti non riusciva a muoversi, e faceva freddo... Ed era buio. Così buio... Come tutta la sua vita, no? Ma no! La sua vita aveva un fascio, e anche se era solo uno, era immenso quando il sole: Luffy. Già, ieri era stato fantastico, al Baratie, e anche dopo... Certo, per poco non si ammazzavano e... E se fosse? No, impossibile. Ricordava di aver parcheggiato lui la macchina e poi di aver avuto la solita intesa con Luffy prima di entrare in casa, quindi un'incidente con la macchina era da escludere; e questo lo rallegrò molto, togliendogli un peso dal cuore: Luffy stava bene, quindi sorrise, o almeno, credette di farlo.

Già, rifletté; poi: c'era una macchina... Ma non poteva essere entrato in casa, il guidatore... Perché avrebbe dovuto? E poi, non era nemmeno sicuro che stesse pedinando loro, magari aveva i fari rotti e aveva parcheggiato lì... Certo, come no. Ma preferì sorvolare su quel pensiero, finendo poi con la triste consapevolezza che, se era buio, se era freddo, se aveva paura, sì, paura di lasciare da solo Luffy con quell'essere, anche se poi, Sabo...

Tutto quello che provava in quel momento, eccetto, stranamente, il dolore, era di sicuro per colpa di Akainu. Forse, aveva ceduto? O forse, era lui, troppo ubriaco e troppo pazzo per controllarsi?

E adesso era lì, perduto nell'essere perso, nella solitudine e nel vuoto di un senso di angoscia, con il cuore che si strinse al pensiero di non avercela fatta... Soprattutto per Luffy...

Cuore?

Sì, il suo cuore! Lo sentiva... Allora... era vivo? O forse, anche da morto lo si poteva sentire battere?

Sospirò, o credette di farlo; adesso però era stanco: troppi pensieri, troppa concentrazione, troppo affaticamento... Voleva riposare un po'.



Riaperti gli occhi, si ritrovò ancora, disteso nel nulla, e nel buio... Eppure, riusciva a vedersi... Che stregoneria era quella? Era tutto nero, ma il suo corpo lo poteva vedere? E... dov'era?

-Vuoi dirmi cosa gli è successo? Dimmelo!-

Ah? E questa voce? A chi apparteneva?

-L'ho già detto, sia a te, che ai medici e ai miei amici... Sì è fatto male. In macchina...-

Luffy? Ehi, Luffy! Tu sai cosa sta succedendo, vero? Cosa mi è accaduto? Perché non riesco a muovermi? E cosa è accaduto ieri? È stato Akainu, vero? No, no... Non piangere, Luffy! Sai che odio i piagnucoloni. Forza, non fare la femminuccia, sono ancora qui, con te! Non farmi preoccupare... Io non ti lascio, te l'ho promesso. Ora ti aiuto, arrivo.

-Finiscila con queste bugie! Non ci credo, non sono un allocco! Chi è stato a ridurlo così? Dimmelo, avanti!-

Eh, no. No, nessuno doveva permettersi di alzare la voce in quel modo davanti a Luffy! E in sua presenza per giunta! Doveva essere pazzo per permettersi tanto. Ma adesso basta stare disteso, era il momento di alzarsi e rassicurare Luffy. Magari anche picchiare il tizio maleducato... Aveva parlato di medici, il suo fratellino; quindi era in un ospedale di sicuro. Ed era certo che si era spaventato molto quando non si era svegliato, o quando aveva visto tanto sangue quando lo aveva raggiunto; ed era spaventato anche ora, lo sentiva dalla voce. Oh, Luffy. Sei davvero un'idiota. Non puoi darmi per morto quando non lo sono! Appena apro gli occhi ti do un bel pugno per questa mancata fiducia in me: ti ho anche fatto una promessa, ricordi? Certo, anche a me dispiace di averti fatto preoccupare così, però... Beh, forse non hai tutti i torti. Ti faccio preoccupare tanto ogni volta. Meriti un po' di comprensione.

Prese fiato, e questa volta lo percepì per davvero venirgli dentro. La sensazione di freschezza che, dal palato scendeva fino in gola per poi scomparire nei polmoni. Aria! Fantastica e meravigliosa aria..., sorrise, dandosi dello stupido per essersi finto morto per così tanto: aveva fatto spaventare Luffy! Non se lo sarebbe perdonato facilmente.

Oh, le dita... le braccia, il suo corpo: poteva muoversi finalmente!



Aprì di scatto le palpebre, ritrovandosi nel silenzio bianco neve di quell'istituto. Ma poteva ancora udire i rimproveri di quel tipo parlare male a Luffy. Ma come si permetteva? Non lo tollerava davvero.

-Ehi, tu...- fece con voce roca, quasi inudibile e diretto proprio a quello che aveva smesso di colpo di parlare, anche se non poteva vederlo mentre, quelle sue parole fecero scattare Luffy che saltò sul posto prima di correre da lui con un sorriso, raggiungendolo al bordo del letto. -Vedi di moderare il tono... Non accetto che si parli così al mio fratellino.- rimproverò forte, anche se con voce tremule e lieve, che sembrava svanire l'istante stesso, per diventare silenzio; sorridendo però al minore nonostante la gola protestasse e chiedesse acqua; e allungò una mano, riscoprendola bendata da così tante fasce che sarebbe stata un'impresa toglierle per andare alla ricerca del suo arto, però riuscì, lentamente, a invadere, con il palmo, la chioma dolce e morbida del minore.

-Ace! Stai bene?- piagnucolò, con le guance bagnate da una moltitudine di lacrime, e gli occhi rossi, ma con le pupille così radiose di una felicità e di un senso di vita rinato di colpo nel vederlo lì, salvo.

-Ehi...- stavolta la sua voce, ancora quasi inudibile, era più dolce, anche se dura e troppo impastata, quasi come se il palato fosse pieno di colla secca, e i denti duri come cemento che non volevano muoversi, troppo indolenziti. -Tutto okay, sono qui.- gli sorrise, scendendo ad accarezzargli piano la guancia, asciugando il suo volto, o meglio provandoci mentre singhiozzava senza ritegno.

-Ace!-

In un attimo se lo ritrovò avvinghiato contro di lui in un abbraccio spezza fiato, con le braccia attorno al suo collo, ma se la rise, troppo sfinito per fare il duro, o dargli quel pugno che si era ripromesso, ma gli è lo rinfacciò comunque il motivo del desiderio di quel gesto:

-Credevi davvero fossi morto? Come potrei mai lasciare da solo un fratellino combina guai come te, eh?- la sua voce uscì fin troppo tenera e docile, al contrario di come in realtà volesse che fosse: decisa e da rimprovero, e anche adirata, ma ammetteva di essere, e sentirsi, tremendamente indebolito e senza fiato. Voleva dell'acqua.

-Mhm!- annuì lui, mugugnando ripetutamente, nascosto nell'incavo del suo collo, ancora a piangere, ed Ace alzò gli occhi al cielo, sospirando amaro per cercare di fargli capire quanto non gli andasse a genio quel fatto, ma poi ricambiò la stretta, circondandolo con le braccia che sentiva essere imprigionate da dei tubi che si collegavano alle flebo e ai macchinari, e anche appigliati da mille fasciature di vario genere che desiderava solo strapparsi via; incurante che tutta la scena fosse in bella mostra a quel tipo che aveva osato rivolgersi con un tono così crudele nei confronti del suo fratellino: lui non aveva nessuna colpa a riguardo, Ace invece l'aveva; si prendeva tutta la responsabilità delle sue ferite e di essere finito lì; se doveva porgere delle domande, o parlare come se volesse accusare qualcuno, lui adesso era sveglio, quindi poteva farsi avanti; sempre se non aveva troppa paura.

-Va tutto bene.- continuò a rassicurarlo, tenendolo stretto, anche perché, così com'era, Luffy non lo avrebbe lasciato per un bel po', e sembrava anche lui provato e molto snervato per tutto quello e per tutta la sofferenza incanalata in quel lasso di tempo; forse non aveva dormito quella notte per la preoccupazione. Anzi, di certo capiva e già immaginava che fosse rimasto in piedi davanti alla porta sbarrata della sala operatoria con sguardo deciso, ascoltando il suo battito cedere e smettere per poi aumentare a intermittenza, assoggettato ai brutti pensieri e alla preoccupazione; e con le spalle che si facevano carico del suo dolore, di tutto ciò che poteva distruggerlo, ma restando in piedi ad aspettarlo, e poi rimanere in quella camera al suo fianco, sotto anche le calunnie di quell'essere crudele. Doveva essere stata dura.

-Chi è stato?-

-Ah?- a quel punto si volto, con uno sguardo accigliato per intimorire, prima di sgranare gli occhi alla vista di quella persona. -Marco?-

Si chiese come avesse fatto a non riconoscerne la voce, quella bella e densa voce..., pensò con un calore dentro nel poterla udire nelle orecchie in tutta la sua bellezza. E gli aveva parlato male, dandogli pure del crudele! Ma come aveva potuto?, si dispiacque; però, almeno, l'ultimo insulto gli è lo aveva detto mentalmente, sospirò dalle narici, sollevato. E scrutò quegli occhi seri; così tanto mentre lo esaminava, e, per un breve istante, temette di trovarci l'odio in essi, per come non gli avesse mai dato una risposta a quel quesito e che, forse, con la consapevolezza di conoscere la verità non sarebbe finito in ospedale, ma poi si accorse che, sul comodino accanto a lui, c'era un mazzo di fiori; e i suoi occhi brillarono: erano quelli di sua madre, quelli che adorava, di cinque petali rossi, e tre fili leggiadri di polline giallo che uscivano fuori con eleganza. Poteva... Poteva essere stato lui, Marco?

-Rispondimi, Ace.- si avvicinò, e il suo sguardo divenne più mite, chinandosi a prendergli una mano mentre Luffy sembrava essersi addormentato; chissà quanto era stato in pena e in angoscia: era sfinito, ed era crollato in quell'abbraccio in cui aveva ritrovato il conforto e la serenità che, aveva avuto la sofferenza e la paura, di perdere con la sua possibile dipartita. -Ti prego.-

-I-io...- farfugliò, e, senza accorgersene, aveva singhiozzato. -N-non me lo ricordo... Davvero. Ho solo un vuoto...- balbettò, portando le pupille al soffitto e mordendosi il labbro inferiore. Era vero, non lo ricordava, ma non gli è lo avrebbe detto comunque, rifletté con rammarico, ma, almeno, sperava che non approfondisse più, adesso.

Portò l'aria nei polmoni, cercando di calmarsi e di rimanere il più possibile, neutro. Lui non voleva piangere, se lo impose; non doveva... E allora perché Marco, nel toccargli la guancia, gli aveva asciugato le lacrime che stava versando? Perché stava piangendo mentre si masticava il labbro come a volerselo sbranare?

-Tranquillo, puoi sfogarti.-

-N-no. No, finiscila.- scattò, sempre piano per non destare Luffy e anche per la gola sempre più arida come il palato, mentre voltò lo sguardo, diretto alla finestra a fianco, adagiando la guancia contro i capelli neri del minore, delicati, che lo coccolarono; e dove trovò: sul davanzale, sulla sedia bianca, morbida; sull'altro comodino, lungo il pavimento, e un po' ovunque; amaramente e felicemente, altri fiori, altri ibisco rossi che invadevano, con il loro dolce, consistente e amabile profumo, la stanza. E allora, una domanda gli sorse spontanea: quando tempo era stato incosciente? Perché era improbabile che gli avesse portati tutti quel giorno, no? Lo sentì sospirare, e poi si mise seduto su una sedia libera, perché la sentì cigolare mentre veniva avvicinata alla base del letto.

-Mi hai fatto preoccupare.-

-Mhm?- mormorò confuso, credendo non c'è l'avesse con lui, e non capendo perché sarebbe dovuto stare in ansia per lui; senza però voltarsi, e tenendo stretto Luffy, carezzandogli la schiena e coccolandolo un po'; non amava dimostrare certe cose, di solito, ma stava dormendo in quel momento, e Marco, di certo, non gli è lo sarebbe andato a dire appena si sarebbe svegliato. Che poi, lo stesse guardando comportarsi in quel modo non era importante, perché non se la sentiva di non farlo, in quel momento, dopo che aveva quasi rischiato di perdere la possibilità di vedere quel sorriso splendere ancora e ancora, fino alla fine dei tempi. Forse stava esagerando: Luffy non sarebbe vissuto così a lungo, figurarsi lui, ma poco importava: erano dettagli superflui in quel momento.

-Mi hai fatto preoccupare perché, con quattro giorni che non ti sei più fatto vivo al bar, e in cui avevo deciso di lasciarti, diciamo, i tuoi spazi, conoscendoti; al quinto mi sono allarmato. Sono subito andato a casa tua, a trovarti, ma non c'era nessuno, neanche Luffy; così ho optato per il Baratie, sperando almeno lì. Ero così agitato, così confuso. Insomma, tu, se non saresti più venuto a lavorare avresti avvisato, e poi ci tieni, quindi ero convinto che fosse accaduto qualcosa. Purtroppo... Non mi sbagliavo. Sanji e Nami erano molto scossi, come tutti, mentre mi spiegarono dove ti trovavi. E finalmente, dopo quasi due settimane, ti sei svegliato.- confessò, con un pizzico di amarezza per non esserci stato a salvarlo, ad impedire che lo toccassero ancora, e con un pieno barlume di gioia nel dire le ultime parole che gli consolarono di nuovo il cuore proprio come era stato quando Ace aveva parlato quella mattina; chiamando lui per riprenderlo, ma almeno facendogli sapere di essere vivo. Quel "Ehi, tu...", era stato come un abbraccio pieno di amore, anche se il tono diceva il contrario; e che non avrebbe mai scordato, come non avrebbe mai dimenticato tutte le notti passate in bianco insieme a Luffy, in quell'ospedale. Scrollò il capo, tornando alla realtà e afferrando la boccia d'acqua e un bicchiere di plastica, iniziando a versarlo lentamente mentre sospirava, tranquillo di essere finalmente in pace alla consapevolezza che Ace era finalmente vigile e, forse più sereno; almeno era quello in cui sperava di più adesso. Era così inquieto e voglioso di portarsi le dita alle tempie dato come pulsassero e pretendessero un po' di riposo, come Thatch gli aveva praticamente consigliato ad ogni minuto del giorno, ma non c'era mai riuscito, e nemmeno il piccolo Luffy, che adesso, beato lui, era crollato. Avrebbe desiderato anche lui poter abbracciare Ace, stringerlo fino a stare bene perché era vivo; tenerlo stretto fino a che il suo cuore avrebbe capito che poteva rilassarsi per un po' e fargli chiudere gli occhi. Ma non poteva riposare, non ancora almeno. Ace aveva bisogno di qualcuno adesso, e anche se non fosse stato così, non se la sentiva ad alzarsi e ad andare a dormire dopo che lui si era svegliato. No, era una cosa troppo sbagliata e crudele da fare, per i suoi canoni. Adesso sarebbe rimasto al suo fianco per un po', o per molto, si disse, lasciando il bicchiere pieno sul ripiano del comodino.

Il lentigginoso, invece, si sorprese, sgranando gli occhi per tutta quella spiegazione, ma soprattutto perché si stava aprendo con lui, tanto da dirgli quanto, la sua mancanza, si fosse fatta sentire, e di come lo conoscesse da capire che non poteva essere scomparso dal lavoro così, da un giorno all'altro, come se fosse nella norma; però, se non fosse stato costretto, sarebbe stato normale mancare giorni e presentarsi solo di rado; rise tra sé e sé al pensiero, comunque onorato di quelle parole, a cui rivolse un sorriso silenzioso, diretto però al cielo fuori data la sua posizione, e che Marco si sforzò di vedere, allungando il collo e dandosi la spinta con le mani, ricambiandolo anche se non lo avrebbe visto. Ma maledisse un po' il biondo dato che si era versato l'acqua in un contenitore per servirsene, quando, in realtà, sentire quel liquido scorrere con tanta armonia lo stesse facendo rosicare, costringendo la sua bocca a farsi sempre più secca come a convincerlo di muoversi e di non morire di sete, intanto che la sua gola prendeva sempre più fuoco, tormentandolo, ma strizzò gli occhi e, tossicchiando e cercando di parlare come si conveniva, ovvero in modo decente, tornò a respirare piano.

-Ho dormito parecchio, eh... Ho superato di gran lunga il mio record.- si vantò, più verso sé stesso. -Comunque...- fece poi, con malinconia, guardando quei vasi pieni di colore e che si beavano e si rinfrescavano all'interno di quei vasi pieni. -Grazie per i fiori...-

-Prego.- lo disse con così tanto amore, che Ace trasalì, e quasi gli scappò da dire che, quello che lui gli aveva regalato, era al sicuro, sotto il suo cuscino; o almeno lo sperava: forse era appassito? Gli venne un nodo alla gola al pensiero, che già dava di per sé il suo gran fastidio dato il calore che irradiava dentro, quasi a voler rodere le corde vocali e l'esofago; ma non voleva che si rovinasse, però, metterlo in bella mostra in camera, sul davanzale della finestra, era rischioso: Akainu poteva entrare, vederlo e distruggerlo, come faceva con tutte le cose che, lui, amava...

-È stato un bel gesto, l'ho apprezzato molto...-

-Ho pagato io l'ospedale.-

-C-cosa?- scattò, voltandosi e alzandosi con il busto ma gemendo e strizzando gli occhi l'attimo dopo nel sentirsi schiacciare e opprimere da entrambi i lati; tutto il suo corpo sembrò protestare, ma era sicuro però, che Luffy fosse troppo impegnato a dormire per accorgersi di quel cambio di umore e di tono che aveva aggravato la gola che sembrava implodere, così si affrettò ad allungare una mano e prendere il bicchiere, senza domandarsi perché fosse ancora pieno, e sempre con un occhio ben chiuso per il dolore che ancora percepiva colare in tutta la sua schiena, bevve in fretta, tossicchiando nel rischiare di strozzarsi, ma almeno più appagato, e la gola sembrò ringraziarlo. -Maledizione...- ritornò disteso, spinto anche dalle mani calde del biondo che, anche quando tornò nella posizione primaria, non le tolse, accarezzando invece il suo petto coperto dalle bende, e sopra, dalla camicia di carta, con gli occhi risentiti nel sentire la sua voce essersi spezzata nel dolore, guardandolo sollevarsi nel prendere più ossigeno possibile per ristabilirsi di nuovo, così gli rimboccò le coperte, a lui e al fratello, con dolcezza.

-Non è stato un problema, davvero.-

-Non dovevi.- mugugnò schietto e provato, sempre con un occhio serrato per la scossa ricevuta poco prima, osservando quelle mani destreggiarsi fino a sotto il suo mento con la coperta, intanto che la sua voce e il suo palato iniziavano a ripristinarsi grazie a quel poco d'acqua. Ma ne voleva ancora.

-L'ho fatto con piacere.-

-Potevo pagare io, questa volta.-

-Ace... Non l'ho fatto perché hai problemi finanziari... L'ho fatto perché lo volevo.-

Il lentigginoso lo osservò, male e acido, sobbalzando un attimo nel capire che aveva compreso in che condizioni viveva, anche se, in effetti, non era poi così difficile da capire visto la sua casa, o come si impegnasse ad andare avanti in tutti i modi; anche se quest'ultima cosa non poteva saperla per certo.

-Grazie.- sussurrò poi, neanche tanto convinto, ma aveva apprezzato comunque il gesto. Però non era da lui, non era abituato a lasciare che qualcuno si prendesse cura di lui, di quel pezzo sbagliato, di quell'errore che rappresentava.

-Ace, per il lavoro, voglio tranquillizzarti. Lucci è adirato di questa prolungata assenza, e penso che ti guarderà con attenzione per un po' di giorni, ma è servita a Thatch per interrompere gli studi, e anche lui spera che ti rimetta presto, e adesso devo proprio avvisarlo che ti sei svegliato: era agitatissimo nel saperti perennemente nel mondo dei sogni. Al contrario invece, tuo fratello è rimasto sveglio, quasi senza toccare cibo, per tutto il tempo.- spiegò come a riconoscere i meriti di quest'ultimo, o forse fu solo un'impressione data la gravità della situazione in cui erano sostati, omettendo che anche lui avesse avuto difficoltà nel assopirsi o servirsi di eventuale cibo, ma sempre in una condizione migliore rispetto a Luffy, e mentre prendeva il telefono, e digitava, afferrò di nuovo quella brocca di vetro trasparente, riempiendo senza dire nulla, il bicchiere, ancora una volta.

-Mi dispiace...- confessò, non pensava di aver dato così tanti problemi. Aveva messo in agitazione praticamente tutti: Luffy, in primis, e in un modo davvero orribile e sconvolgente da fargli perdere sia l'appetito che il sonno; e poi Nami, Sanji, Franky, e tutti gli altri; e adesso scopriva che era stato lo stesso anche per Marco e Thatch... Sapeva dare solo guai, pensò amaramente.

-L'importante è che tu stia bene, ora.-

-Come...?- farfugliò, pianissimo per non farsi sentire, e guardando il biondo con occhi sgranati, alzato ormai e con il telefono in mano, che si limitò solo a digitare le parole da mandare all'amico; e fece una smorfia amara per quella frase.

"L'importante è che tu stia bene, ora.", quanto potevano essere state belle tali parole, pronunciate da quella voce intensa e calma, da quegli occhi azzurri che vibravano di emozioni positive? O di come, poco prima, lo avesse toccato, accarezzandolo con dolcezza?

Ormai era ovvio, e lo sentiva: era tutto rosso di imbarazzo. E, in quel momento, ancora con Luffy disteso sopra di lui; e per fortuna era leggero nonostante mangiasse quanto un gigante; voleva soltanto, e continuava a bramare, di nuovo quelle mani su di sé; le desiderava così tanto, voleva che lo viziassero un po', o anche solo un tenero bacio sulla guancia. Magari poteva chiederglielo... No, ma che stupido! Non doveva dire cavolate adesso, rifletté, distogliendo di nuovo lo sguardo da Marco per aiutarsi a deviare la mente da quei pensieri che lo riguardavano, e anche perché era pieno di un calore sul volto che lo uccideva, ma in senso buono. Trattenendo il fiato, però, si decise a prendere la caraffa d'acqua, e portandosi più in su con la schiena, ingoiando il dolore e le fitte che bruciavano dentro di lui, bevve tutto il liquido chiaro all'interno, approfittando anche che Marco non lo stesse guardando, altrimenti chissà che pessima figura: non era educata una cosa del genere, ma aveva una sete che avrebbe bevuto tutto il mare del mondo! Finì in fretta, ascoltando l'acqua scendere con maestosità, con il suo pomo che si muoveva contento e si rilassava nel sentirsi soddisfare come tutto il suo corpo, e tirò un grande e fiero sospiro prima di rimettersi disteso, sempre nel cercare di ignorare il dolore, e tenendo ben salda la presa sul suo caro fratellino, ancora sereno e addormentato mentre tornò a dare le spalle al biondo.

-Tra poco sarà qui.- mormorò, tornando a sedersi e trattenendosi dal ridere sotto i baffi per lo stratagemma che aveva avuto il moro: tanto lo aveva sentito.

-Chi?- si voltò incuriosito, guardandolo sorridere con apprensione prima di rispondere semplicemente con:

-Thatch.-

-Oh... Mah. Non lo so... Appena Luffy si sveglia pensavo di...- non terminò la frase, non ci riuscì nel ritrovarsi il volto accigliato e cupo di Marco ad un palmo dal suo naso, e a sovrastarlo con quegli occhi accigliati che gli tolsero il respiro per l'ennesima volta quel giorno, e lo costrinsero a sbarrare le palpebre. Poteva percepire la fronte dell'altro toccare la propria, e il naso toccargli, con la punta, il suo; con quel tono cupo e intimidatorio che fece solo arrossire di più le sue gote, e aumentare così tanto il suo battito che, forse, avrebbero potuto percepirlo entrambi.

-Tu non ti muovi di qui.- asserì severo, tenendo lo sguardo fermo dentro le pupille marroni dell'altro che sembravano voler assoggettarsi ad ogni suo volere, anche solo con un tocco.

-M-ma i-io...- ingoiò un groppo di saliva, ascoltando il suo palato ormai essere di nuovo normale; tentennando e tremando per il brivido di piacere alla schiena quando poté sentire il suo respiro caldo sulla propria pelle.

-Devi riposare.- continuò, rialzandosi e restando in piedi, portando le braccia conserte.

-Non puoi decidere per me.- affermò appena il contatto e ciò che aveva portato svanì, anche se continuò a percepirlo addosso quella voglia di essere sfiorato ancora; corrugando poi le sopracciglia e, istintivamente strinse di più a sé il suo fratellino, digrignando i denti in una smorfia contrariata, ma con il volto che sembrò calmarsi per quello a cui era stato appena costretto senza essere pronto.

-Posso impedirti di uscire da qui. E non puoi senza il consenso dei medici.- fece, ghignando e sperando che, in quel modo, si sarebbe calmato e i suoi piani sarebbero sfumati.

-Oh, taci! Io posso firmare, perché sono maggiorenne. Posso firmare per la mia uscita!- esclamò, dimostrandosi più consapevole in quel campo di quanto si aspettasse Marco, come dimostravano i suoi occhi sorpresi e presi in contromano.

-Te lo impedisco categoricamente.- asserì allora.

-Chi se ne frega! E poi, sono certo che ai medici farà piacere le mia decisione... quindi lasciami in pace!- ammise, sentendosi un po' uno schifo nell'affermare come sapesse quanto desse fastidio la sua presenza alla gente; e anche se non voleva, ne soffrì, cedendo uno sguardo in basso, con le pupille frementi e i denti digrignati, ma una carezza annullò tutto quello, anche il risentimento; e il battito sembrò cessare con un brivido che arrivò fino in gola, lasciandolo tremolante.

Marco non tolse la mano dalla fronte, la restò adagiata su quella pelle tiepida e coperta ovunque, sul corpo, da bende bianche; con affetto e un sorriso comprensivo verso quegli occhi pieni di dolore che lo fissavano come ad attraccare a lui.

-Tranquillo, Ace. E poi, questa volta...- sorrise. -Mi sono affidato a un medico eccezionale, che lascia andare via i pazienti solo se sono guariti.-

-O decrepiti!- esclamò una voce gracchiante che giunse al momento, ridendo in modo petulante e degno di una vecchia strega, facendo voltare il biondo con una smorfia tirata per quel finale, non di certo incoraggiante.

Così Ace, incuriosito, si sporse con il collo, osservando una vecchietta dai lunghi capelli biondo cenere, e che si stava scolando una bottiglia marrone, di rum; dal fisico longevo e le lunghe gambe coperte da dei pantaloni viola, dello stesso colore del giubbino che copriva la maglietta che gli scopriva l'ombelico; dai fianchi ben stretti, e quel sorriso enorme e pieno di denti bianchi, con il naso curvo un po' a befana, e degli occhiali da sole sottili che gli coprivano gli occhi. Sembrava giovane, molto, come dimostrava l'anello d'oro sull'ombelico, se non fosse che aveva delle rughe come una veterana decrepita.

-Mhm...- mormorò, fissandola con tranquillità. Se credeva di spaventarlo con quelle parole, sbagliava di grosso: lui non temeva la morte, anzi, il contrario. E magari, poteva approfittare di quel medico che sembrava non avere morale, per chiedergli di staccargli la spina, o quella cosa lì... Ah... Se solo non avesse quell'ancora di nome Luffy... Se non avesse lui, allora gli è l'avrebbe chiesto, in quello stesso momento, anche in presenza di Marco... La brezza della morte; respirò a pieni polmoni, gli sembrava di percepirla così vicina, così pregna di tutta la sua bellezza, e con un leggero tono di sangue amaro ma non troppo. Quanto l'adorava, e quanto era lontana...

-Ace, lei è la dottoressa Kureha. È lei che si è presa cura di te in questi giorni.- spiegò allegramente, Marco, tornando a guardarlo. Dopo aver scoperto dov'era, e che i dottori che aveva non erano molto propensi a voler fare di tutto per salvarlo, si era premurato di chiamare lei, e Luffy aveva acconsentito: gli bastava che Ace stesse bene, e si fidò di lui solo perché sapeva cosa provasse suo fratello verso quel biondino.

-La ringrazio molto.- disse allora, facendo un piccolo inchino con il capo in segno di riconoscenza, ma senza fare troppi movimenti bruschi per il suo corpo.

-Oh, ma che bel giovanotto educato che abbiamo qui.- asserì, tornando al suo liquore che teneva nella bottiglia, in una mano, e l'altra indaffarata a reggere il suo fianco, con le dita che sfioravano la cinta marrone, e con una gamba leggermente piegata. -Sei completamente diverso da tuo fratello. Quello ha persino osato darmi della vecchietta!- e lo disse con una smorfia acerba.

-Le chiedo scusa per il suo comportamento.- rispose quindi, tornando disteso e coccolando la schiena del minore con un sorriso, aspettandoselo dal suo fratellino, ma anche lui aveva avuto la tendenza a definirla in quel modo, però, nel sentire la voce di Marco e la sua felicità nel spiegargli quanto era stata essenziale, aveva voluto comportarsi bene, proprio come gli era stato insegnato.

-Oh, tranquillo. Tuo fratello mi piace, ha un bel temperamento.- se la rise, sedendosi poi su una sedia. -Sei fortunato, non sono uno di quei medici che chiede chi ti abbia torturato in quel modo, ma la scelta è tua.- e tornò a bere.

A quel punto, vide il volto di Marco scurirsi e lui sospirò. Quanto erano insopportabili le persone... Si impicciavano e basta. E quando nemmeno chiedeva loro aiuto!, fece, sconvolto. Anche se, forse non gli sarebbe dispiaciuto, e magari lo voleva anche, però... No, non poteva.

Ignorò quella dottoressa, senza risponderle e respirando piano; cosa volevano tutti? Perché volevano sapere? Non potevano ignorarli e basta come facevano tutti gli altri? Volevano sentirsi migliori? O volevano farlo impazzire? Come ora, che desiderava urlare e piangere perché non lo sopportava! Non tollerava quella parola, quel "torturato"! Non lo voleva sentire. Non lo voleva sentire! Cavolo!

-Ace...-

-Luffy...- sospirò, con la calma che invase di nuovo il centro della sua fronte, fino a raggiungere la sua mente e, quasi assopirlo. -Sono qui.- sussurrò, tenendolo stretto per darsi la carica e la forza, sicuro che sarebbe andato tutto bene se lui sarebbe stato lì con lui.

-Riposati un po'.- suggerì il biondo, accarezzandogli la chioma con gentilezza, osservando la stanchezza di entrambi mentre il più grande gli rivolse una smorfia di dissenso, e con il minore che ancora dormiva, con un sorriso e un mugugno di preoccupazione, come se sentisse che l'aria si fosse fatta più tetra, o forse percepiva l'agitazione di Ace dal suo cuore su cui era adagiato.

-Ace! Sei sveglio, finalmente!-

-Come non detto...- commentò con triste sufficienza, voltandosi e guardando Thatch arrivare con un banchetto in piena regola, aiutato anche da Sanji, Nami, Robin e tutti gli altri ragazzi, che portavano, ognuno un piatto diverso: in quei giorni si erano conosciuti un po' tutti, e avevano fatto amicizia; e quindi, ovviamente, appena aveva mandato la notizia al castano, quest'ultimo l'aveva trapelata a tutto il gruppo.

-Uhuh! Carne!- gridò Luffy, scattando in piedi con gli occhi luccicanti e la bava alla bocca, balzando sul primo piatto disponibile appena il profumino passò sotto il suo naso, mentre Nami dava una bottiglia di buon liquore alla vecchia per farla stare zitta su quell'intrusione, ma non sembrava troppo dispiaciuta comunque.

-Ace! F-finalmente s-s-sei sv-sve-eglio!- piagnucolò Chopper insieme a Brook, con Franky che si limitò a sfogarsi e basta tra una fontana di lacrime. -Mi sono preso c-c-cura di te insi-insi-sieme alla do-dottoressa, ma tu non ti sv-sve-sve-egliavi! E-ero così preo-occcupato!- pianse la piccola renna, arrivando a distendersi sul suo petto, scoperto per pochi secondi dal corpo del fratello.

E ora che ci pensava, Ace; la renna accennava a volte a una certa Kureha; certo non pensava fosse proprio quella lì. Era diversa da Chopper, e non capiva come potesse averlo cresciuto in quel modo... Beh, nemmeno Luffy gli assomigliava in tutto e per tutto, ed erano cresciuti insieme. Certo, c'era anche Sabo... Ma... Già. Chissà se aveva saputo anche lui... Beh, poco importava. Sì, poco importava; si convinse.

-Tranquillo Chopper, sto bene.-

-Non dire cretinate, è ovvio che non è così.- sbottò Nami, ponendosi davanti a lui e a braccia conserte prima di sospirare e porgergli una coscia di carne succulenta su un piatto.

-Beh, ora che sei sveglio possiamo festeggiare.- sussurrò Sanji, tenendo tra i denti una sigaretta, senza accenderla per paura della vecchietta che lo guardò male come se avesse intuito i suoi pensieri criticatori sulla sua presunta età, e lui iniziò a sudare freddo, con un sorriso forzato sul volto prima di dare un calcio a Zoro che aveva osato ridere di lui per quella scena, e che finì fuori dalla stanza, contro il muro bianco del corridoio che finì crepato, per poi rialzarsi e rientrare con pessime intenzioni verso il cuoco.

-Basta! Ace deve riposare!- gridò impavida, Nami, dando un ponderoso pugno a tutti e due e buttandoli fuori, chiudendo la porta per poi tornare dov'era prima, pulendosi le mani tra di loro con aria soddisfatta, con Ace che sforzò un mezzo sorriso prima di scoppiare a ridere mentre Robin lo aiutava, insieme ad Usop, a metterlo più seduto senza fargli male, e lui gli ringraziò molto, perché, così, gli era più facile mangiare, anche se il dolce dottore era ancora attaccato ad un suo pettorale.

Marco sospirò invece, abbassando le spalle; perché non era la prima volta che capitava tutto quel trambusto, ricavandone qualcosa che si rompeva, e visto che si era assunto la responsabilità di pagare: sentendosi colpevole di non aver protetto Ace, quello era il minimo; però anche gli altri sembravano pieni di sensi di colpa per l'accaduto, e forse era perché sapevano, ma non sembrava dato che, alle sue domande, o evitavano, o non conoscevano veramente; aveva dovuto sborsare parecchio anche per i danni che i suoi amici combinavano nell'istituto, e gli sarebbe toccato anche quello. O almeno credette visto che, Franky, armatosi di strumenti e illuminazioni mentali, corse a riparare quel muro, rendendolo anche più bello di quanto non fosse prima, tanto che le altre pareti sfiguravano, osò dire il costruttore stesso quando, dopo il tempo di cinque minuti terminò, con i due litiganti che si davano le spalle nel corridoio e non sembravano voler rivolgersi la parola, più per non disturbare il fratello del loro amico, immaginò. Per fortuna, a volte c'era Franky a limitargli le spese, sorrise al pensiero. Ma poi tornò a guardare Luffy, alla sua allegria e alla sua fame tornata... Come poteva preferire tacere invece che aiutare Ace? Non lo capiva. Ma neanche Ace sembrava molto collaborativo in questo. E tutto ciò lo dannava e lo distruggeva. Possibile non volessero smettere di soffrire in quel modo orrendo e inumano?

-Ace, devi assolutamente assaggiare questo piatto! È di Thatch, ed è favoloso!- urlò il suo fratellino, porgendogli un piatto, semi vuoto perché lo aveva già iniziato a mangiare, di un tipo di dolce. -È qualcosa di cioccolato e altro, ma è stupendo.- spiegò, mettendogli la forchetta tra le dita dopo che ebbe terminato di mangiare una piena porzione di carne nell'altra mano.

-Grazie.- sussurrò, assaggiandone una forchettata e trovando, a suo dire, che fosse davvero paradisiaco! Sgranò gli occhi, finendoselo in un attimo sotto lo sguardo onorato del cuoco che gli scompigliò i capelli con fare protettivo, e quello divertito degli altri, felici di trovarlo abbastanza pieno di vita, quel giorno.

-Allora, cosa vogliamo fare fratellone?- sorrise, guardandolo come ad aspettarsi la solita risposta di: "Fuggiamo alla prima occasione.", ma sperando di farlo dopo mangiato.

-Beh...-

-No!- scattò la renna, ponendosi in piedi sul suo stomaco come rianimata di colpo mentre alzava entrambi gli zoccoli anteriori, ognuno in direzione di uno dei due. -Ace deve riposare, gli impedisco qualsiasi cosa che non lo faccia restare a letto! E già sto chiudendo un occhio visto che mangia pasti poco consoni per un malato...- borbottò infine.

-Non sono malato.- protestò allora, il lentigginoso, tastandosi i capelli con una mano e sperando che il suo cappello da cowboy fosse al sicuro nella sua stanza. -Sono solo ferito.- specificò, come se la differenza fosse abnorme.

-Piuttosto, Ace.- attirò l'attenzione, Robin, che ridacchiò prima di dire. -Hai visto quanti bei fiori? Riempiono tutta la stanza.-

Alche sorrisero tutti, eccetto il diretto interessato che prese un color rosso fuoco mentre il minore li osservava confusi, alzando un sopracciglio e addentando ancora la carne, con Marco che scuoté il capo, divertito, aspettandosi un commento del genere, per poi osservare il lentigginoso che preferì guardare il lenzuolo, grattandosi una guancia con l'indice, impacciato.

-Sono solo fiori.- commentò con sufficienza poi, il fratello, ommettendo però che ricordasse bene di averli già visti, e tralasciando anche il dove; beccandosi subito un pugno funesto da Nami che lo atterrò, infastidita che avesse interrotto il momento dolce.

-Taci, Luffy!- esordì, generando una risata genuina dai più, compreso il dottore mentre Ace continuava a osservare quei petali, fermandosi un attimo a ricordare i capelli leggiadri e chiari, dal colore rosa che decoravano, o a come lei prestasse cura nell'annaffiarli ogni volta che c'è n'era bisogno. E sorrise al pensiero di quando, seduti nel prato, pieno di rosso, parlavano, o giocavano; ridevano; e si amavano come solo una madre poteva fare con il proprio figlio, anche dopo l'arrivo di Luffy non lo aveva mai trascurato, e per un'istante, ammetteva di averci pensato; e invece no, lei aveva continuato ad essere una madre, per tutti e due. Di sicuro anche per Luffy, quei fiori avevano un significato speciale e gli aveva apprezzati molto.

-Comunque! Ehi, Sanji! Noi non possiamo, dobbiamo fare una festa!- urlò suo fratello, dopo essersi ripreso dalla brutta botta in testa, e con un sorriso smagliante.

Gli venne un nodo alla gola al pensiero di tutti quei ricordi felici, spezzati da una terribile malattia che le invase il cuore uno di quei giorni in cui giocavano, spezzando l'incanto di quei fiori, di quel giardino, di quella casa così perfetta sopra la collina, accompagnata da alberi, e dal tramonto che scompariva all'orizzonte, insieme al mare. Tutto prefetto. Tutto distrutto. Rovinata, quella magia, dall'immagine fredda e con il sapore di torpore di lei che crollava, e le urla di Luffy che la chiamavano insistentemente, scuotendola sotto il suo sguardo inerme a quella vita che bruciava con meno intensità come lo stesso sole che li salutava. E poi era stato tutto un ospedale continuo; per un po' erano sostati lì insieme a lei, e poi il tempo era aumentato, iniziarono a crescerci, e a iniziare a scordare l'aria e il profumo dei fiori, la vista dalla scogliera e la casetta, di certo così trascurata da essere crollata per la disperazione della consapevolezza dell'abbandono. Chissà se c'era ancora, lì. Da quando era stata male, e poi quando era morta... Non aveva più avuto il coraggio di tornarci... Nemmeno per prendere le sue cose e quelle di Luffy, a quello ci aveva pensato Sabo. Però, forse sarebbe stato meglio tornaci a vivere, a prendersene cura. Sua madre avrebbe voluto... Se solo fosse stato più forte...

Una mano che gli prese la propria lo fece ridestare, tanto inaspettato da farlo spaventare e balzare anche con un sussulto mentre Chopper era sceso dal suo busto per brevi secondi, dato che aveva visto dello zucchero filato; e si voltò, ritrovando Marco che osservava i suoi amici incominciare quell'anniversario, senza però calcolare che, il festeggiato in questione non li degnasse di una virgola, e aveva approfittato della distrazione generale per compiere quel gesto, un po' troppo d'amore. Doveva allontanarlo?, si chiese, il moro, guardando le dita non tanto scure dell'altro stringere le proprie, un po' più chiare. Eppure, non voleva. Però aveva deciso di allontanarsi da Marco, e a quanto pare risultava difficile se per l'altro valeva l'atteggiamento contrario.

Senza pensarci oltre, districò bruscamente la presa dall'altro con forza, voltandosi a guardare gli altri appena Marco si voltò, sorpreso verso di lui. Un po' se ne imbarazzava: aveva esagerato. Però basta fare i teneri e fingere che ci fosse qualcosa, perché, nella situazione in cui si trovava, gli era difficile stare con lui. Lo sarebbe sempre stato. E poi, le persone lo odiavano!

... E allora perché, lì, sembravano tutti felici che fosse vivo?

-Scusa, ho esagerato.- sussurrò Marco, sfregandosi il retro del collo con fare impacciato e sfinito, con sguardo serio e le occhiaie sotto gli occhi prima di alzarsi per allontanarsi un po', fino ad uscire dalla stanza.

Perfetto. Ora si sentiva in colpa..., lasciò che uno sguardo scoraggiante invase la finestra insieme ad una smorfia mentre Robin sorrideva teneramente, avvicinandoglisi per dire qualcosa forse, ma Sanji si mise in mezzo, porgendole un vassoio di pasticcini, e lui ne approfittò per, tenendo le braccia sotto il lenzuolo, staccare lentamente, e senza farsi male, quei tubicini fastidiosi, attaccati un po' ovunque, perfino in un posto in particolare dopo che si ebbe sfilato i boxer, ma, pensò, che servisse per certe evenienze che, durante il lungo sonno, poteva togliersi in qualunque momento senza volontà, bagnando tutto se non fosse stato unito ad una flebo per l'urina. Gli venne un brivido al pensiero, e anche mentre se la tolse con estrema cautela e lentamente, perché fastidiosa e leggermente in fondo, e anche perché non poteva vedere cosa stesse facendo. Scrollò il capo sotto le scosse dei tremolii lungo la schiena, disgustati da ciò che aveva fatto mentre si rinfilò in fretta le mutande, un po' imbarazzato di aver compiuto quelle mosse in mezzo a tanta gente, ma nessuno se ne era accorto, alla fine. Ma era stato in coma farmaceutico?, si chiese poi. No, se tutti avevano atteso il suo risveglio, allora non era possibile. Beh, comunque... Qualunque cosa avesse avuto, Marco sembrava essersi preoccupato molto per lui, e lo aveva trattato davvero male per ricompensarlo di quella dedizione. Si vedeva che non aveva nemmeno dormito! Povero..., si sentì stringere il cuore, rabbuiandosi con il volto.

-Beh, io ho da fare con altri pazienti. A dopo, e guai a te se te la svigni!- disse la dottoressa, alzandosi dopo aver sorseggiato un altro po' di rum con il suo fisico ben slanciato, e poi guardandolo male, osando anche puntargli contro un bisturi.

Ace ebbe la certezza che stesse per lanciarglielo, anche da come lo dimostravano le facce spaventate di tutti, compreso Thatch; tutti fermi sul posto ad attendere la mossa della vecchietta che aveva interrotto la bella e allegra festicciola, ma quella si rilassò, seguendo poi la strada per la porta, che si richiuse alle spalle; e poi ci fu un sospiro generale.

Ace ne approfittò per staccarsi definitivamente anche il tubo collegato alla macchina cardiaca, con la festa che era tornata e nessuno che gli prestava attenzione per i suoi strani movimenti; se non fosse che quell'aggeggio iniziò a emettere un intenso suono fastidioso e perenne, con Chopper che trasalì nonostante la musica di Brook aleggiasse di nuovo nell'aria.

-Che fai, Ace?- scattò la renna, saltandogli addosso prima che scostasse le coperte.

-Devo andare in bagno.- giustificò subito, anche se alcuni, tra cui il dottore, Robin e Nami, lo stessero guardando con circospezione e sfiduciati. -Torno subito.- motivò allora, e loro annuirono, anche se guardandolo cauti.

Ace li ignorò, proseguendo per la sua strada. Sapeva bene che Luffy, conoscendolo, non avrebbe atteso il suo ritorno e, finito di mangiare lo avrebbe raggiunto dopo averlo cercato, ma ora come ora, non voleva scappare. Certo, andare in bagno sì, ne sentiva davvero il bisogno, e farla dentro una flebo era sconveniente e spiacevole in mezzo a tutta quella gente amica. Chiese indicazioni, un po' impacciato nel rendersi conto di essere praticamente senza niente se non le mutande e quella specie di vestaglia blu di carta e fastidiosa; ma almeno gli arrivava alle cosce, se non alzava e non muoveva troppo le braccia...

Uscito dal bagno, seppe esattamente dove andare perché conosceva quell'ospedale, purtroppo: era quello in cui avevano operato sua madre, e dove l'aveva vista morire. Ed era anche il luogo in cui, lei incontrò Akainu; quest'ultimo diceva di essere un suo amico di vecchia data appena la ebbe riconosciuta, e lei non lo aveva contraddetto. Passava di lì, disse; ma Ace era certo che stesse cercando solo medicine con cui drogarsi. Schifo, pensò con ribrezzo verso quell'uomo. Aveva sempre sentito e creduto che provasse qualcosa di più, però sua madre continuava ad amare Roger, altro bastardo anche lui. Akainu, semplicemente, si era offerto di pagare il tutto, operazioni e medicine comprese, e Rouge, quando seppe che ormai era impossibile da salvare, a loro insaputa, decise di affidargli all'unica persona che, al momento c'era e conosceva, ovvero quello scemo di Akainu. Ma Ace capiva che sua madre non poteva aspettarsi che fosse un essere del genere; e poi, in quel momento, lei era disperata, e non aveva nessun altro a cui chiedere: aveva sperato, come aveva fatto lui con suo fratello, che andasse tutto bene. Rouge non aveva colpe, perché era stata una degna madre fino alla fine. E poi, quel mostro accettò, ma solo per ripagare un favore, e sue madre gli è ne fu davvero grata, anche se Akainu ancora sperava si salvasse, perché desiderava solo stare con lei. Ace era certo che avrebbe osato ricattarla, affermando che aveva fatto tanto e meritava lo stesso trattamento; con una smorfia cercò di non pensare a quanto ribrezzo potesse fare una persona sola come era quell'essere. Purtroppo però, lei non c'è la fece ed Ace la vide spirare...

Mentre saliva le scale ancora poteva rivivere chiaramente quel momento. Sua madre che lo guardava con il viso sciupato, un sorriso spento, un addio silenzioso... Quegli occhi marroni chiaro bagnati da lacrime invisibili, e ancora quel volto e quei capelli bellissimi sparsi sul cuscino. Lei era bella. E lo rimase anche quando, chiudendo le palpebre senza fretta davanti a lui, lasciò che la sua mano si accasciasse al suolo con eleganza mentre cercava di accarezzarlo per l'ultima volta dopo aver sussurrato quella promessa che doveva e cercava di mantenere.

Aveva pianto quel giorno, come mai nella sua vita; a niente era servito Sabo, che, capendo anche lui il suo desiderio di rimanere da solo, si era apprestato a consolare più Luffy; cosa che, forse avrebbe dovuto fare lui stesso da bravo fratello maggiore ma... Aveva deciso di richiudersi in una stanza per un po' di tempo, cercando di avere il proprio momento per dare voce al suo dolore, e poi si sfogò con tutto il cuore, fino a sera, fino a che non ebbe più urla da spargere per gridare, e né lacrime da versare. Quel giorno fu il peggiore tra tutti quelli spesi in agonia mescolati a una cieca e malsana speranza che lasciava il cuore senza ossigeno e senza sangue da mandare al cervello; fu come avere ogni sofferenza disturbante nella testa, che sembrava esplodere, e quella stupida e folle aspettativa crearsi in una volta sola con solenne decisione solo per spezzarsi e frantumarsi per sempre, per poi essere calpestata in ogni frammento. Quel giorno fu il più orribile di tutti quelli passati messi insieme.

-Basta. Mi odio abbastanza, non mi servono questi pensieri a peggiorare la situazione. Cavolo!- imprecò, ormai alla sua meta, e così, con alle spalle le scale, socchiuse la porta che lo aveva condotto lì, e poi ammirò l'immenso terrazzo; peccato ci fossero le protezioni di metallo, altrimenti poteva librarsi in aria fino a cadere... Ma perché tutti questi cattivi pensieri? Era appena sopravvissuto alla morte, e sembrava lamentarsi del contrario! Era davvero fuori di testa! E per poco non ci rimetteva Luffy...

Giunse in prossimità del muretto di pietra che conduceva al vuoto, e dove, sotto, c'era un giardino. Guardò l'orizzonte, deviato solo da quei fili metallici che si intrecciavano tra loro, e si adagiò contro essi, intrappolandoci le dita e sospirando, con il vento tra i capelli, il sole alle spalle, e le nuvole candide sopra di lui.

-Ace... è tutto okay, tranquillo. Sono qui, mi vedi no?-

-Ma... I medici dicono... che morirai...-

-Tranquillo, farò in modo di restare con te fino a vederti diventare grande. Il più grande di tutti, giusto? Non è questo che vuoi, che il tuo nome sia conosciuto da tutti?-

-Sì! E ci sarai anche tu a vedermi!-

-Ace? ...Mi dispiace.-

-Per cosa?-

-...Sto morendo, Ace... Perdonami...-

-Ace! Che ci fai qui? Potresti cadere! Non sono sicure quelle protezioni.-

Aspetta... Quell'ultima frase non se l'era immaginata...; corrugò le sopracciglia, staccandosi da quei fili con la fronte e voltandosi a guardare la figura dietro di lui con fare curioso, e con un paio di segni di quella rete sul viso, per poi aprire di più le palpebre in un'istante... Oh.

-Ciao... Pensavo fossi...-

-Morta? Beh, sì, ma tranquillo. Sono qui. Ricordi? Devo vedere il tuo sogno diventare realtà.-

Se prima credeva di essere pazzo, ora, con quella visione di sua madre con quel vestito azzurro e lungo, e le mani unite sul grembo, e quel sorriso; quel dannato e bellissimo sorriso, proprio come se lo ricordava; e i suoi occhi che lo guardavano, di nuovo, come una madre; era certo di esserlo.

-Mi manchi.- si limitò a sussurrare prima di tornare a fissare l'orizzonte, sentendola annuire con malinconia prima di svanire nel vento, proprio com'era arrivata per essere stata interpellata troppe volte in una sola volta, nella sua mente.




Ormai la festa doveva essere finita, no?, pensò, ancora sul terrazzo ad ammirare il cielo azzurro. Chissà Marco come stava... Sperava che si fosse preso un attimo per dormire. Alla fine aveva deciso proprio di ignorarlo, e pensare che era partito con l'idea, non solo del bagno, ma anche di raggiungerlo poi. Nah, non sarebbe stato quello che voleva... Forse. Oh, ma quanto avrebbe voluto che Luffy arrivasse, ma ci metteva una vita! Eppure, sapeva ogni luogo in cui si rifugiava; più perché, per un motivo o per un altro, dopo un po' di tempo lo seguiva per curiosità; e così che conobbe quel terrazzo, dove amava rimanere in silenzio a guardare il cielo quando gli toccava stare in ospedale, soprattutto quando c'era la mamma, e il minore desiderava essere incoraggiato e consolato; e lui era sempre pronto, a modo suo e brusco, ad accettarlo tra le proprie braccia; e poi conosceva il ponte, perché lo aveva seguito una mattina. Ridacchiò tra sé e sé: Ah, Luffy e la sua curiosità!, pensò.

-Ace?-

-Oh, ciao Luffy. Ti aspettavo.- si girò con un sorriso, guardando il minore piombare al suo fianco tra le risate dolci e complici di chi sapeva sempre dove trovarlo.

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