Forse è il momento di accettare la realtà, principe.
Socchiuse un occhio con un sorriso che divenne però amarezza nonostante il giaciglio caldo e sicuro del suo, cosiddetto principe... Doveva andare, ma forse era ancora presto, era però sicuro che l'appuntamento questa volta fosse in mattinata, sì, doveva essere così. Avevano detto lunedì, quindi era plausibile che già per le otto lo stessero aspettando. Portò in basso le pupille, con la finestra socchiusa che illuminava di poco il piumaggio azzurro e caldo del pennuto nella gabbia, ancora a riposo, con il volto contro il petto rigonfio mentre si accorse della presenza in più e già che conosceva, di Kotatsu ai piedi del letto. Non ricordava che li avesse seguiti, ieri sera, ma poteva essere...
-Buongiorno.- esordì Marco, facendolo sobbalzare tanto che si alzò con il busto seppur di poco, il giusto da guardarlo negli occhi blu, con le proprie pupille sorprese e inebetite da quello spavento intanto che il suo cuore galoppava dentro al suo petto, da fargli temere che lo avrebbe udito anche lui, ma sembrava serio e pensieroso nel guardare il soffitto.
-Buongiorno, principe. Che c'è?- farfugliò, divertito per aver usato ancora quel soprannome ma il tutto terminò nello scontrarsi con gli occhi freddi di qualcuno che non sembrava volerlo degnare. -Marco... Cosa...?-
-Niente, niente. Oggi è il fatidico giorno, è normale che sia un po' teso, tutto qua.- scosse il capo, in fretta, deciso a non farlo preoccupare più di quanto non lo fossero tutti, e adagiò una mano sulla sua chioma con un sospiro.
-Ah, già...- sussurrò come se solo in quel momento se ne rendesse conto, bofonchiando poco dopo tra sé e sé e volgendo gli occhi sulla finestra mentre strinse con forza, la presa sul copri lenzuolo, titubante verso ciò che lo aspettava, un po' come il suo zaino, proprio là sotto.
-Ace, andiamo a fare colazione?- sussurrò, coccolandogli, con il pollice, la guancia e osservando strizzare l'occhio soprastante, per poi vederlo crollare sopra il suo petto con un tonfo, anche se cercò comunque di non fargli male.
-Voglio rimanere con te...- bisbigliò, rauco e con uno sguardo languido al pensiero e alla stretta che lo colpì per come, era consapevole, che potesse essere l'ultimo giorno. -Non voglio lasciarti andare.- mormorò, sperando che non lo sentisse intanto che tirò il fiato completamente, svuotando i polmoni e alleggerendo il suo petto ma non i suoi dubbi. Non voleva davvero lasciarlo.
-Ace, io... Ti amo, e oggi passerà tutto: vedrai che, da domani, sarà tutto migliore, sarai felice.- esordì, quasi come una promessa, e Marco scrutò il nulla con fare serio: avrebbe mantenuto ogni sillaba di tutto quello che aveva appena pronunciato. Ace sarebbe stato salvo.
-Fratellone!- buttò la porta contro il muro accanto, Luffy, entrando come ogni mattina per prelevare il maggiore intanto che Sabo arrivò con uno sguardo più tetro di quello che voleva far apparire, ma sforzò un sorriso, augurando un buongiorno a tutti nella stanza intanto che Kotatsu si mise in piedi, facendo le feste contro le gambe del minore, che lo ricoprì di energiche carezza sotto il sorriso abbagliante di Ace, tremendamente più sincero dei loro, come se, il volersi sacrificare ancora fosse tutto per lui. O forse era più bravo a mentire, con anni di esperienza alle spalle.
-Ehi, buongiorno. Colazione?- domandò, scostando più in fretta del solito, le coperte e mettendosi in piedi, subito con il pretesto di infilarsi gli scarponi sotto gli occhi colpiti e timorosi dei due, eppure senza agire, impauriti di muoversi o parlare. -Andiamo. Vi aspetto giù.- rise, con il più piccolo che, illuminandosi per quella parola, lo afferrò con entrambe le mani per un bicipite, correndo alla ricerca delle scale come se fosse l'unica alternativa di vita, e Sabo fece altrettanto nel dover tenere d'occhio il maggiore, che, come ultimo gesto, aveva salutato con la mano il proprio ragazzo, quasi come un primo cenno di addio.
-Okay, okay, ma calma: è già la seconda volta che rischi di strozzarti...- ridacchiò, sentendo la leggerezza di quegli ultimi momenti, come se il cervello, nel sapere già tutto, alleviasse lo stress, preferendo rincarare tutto solo all'ultimo, quando si sarebbe trovato davanti a quei malviventi; permettendogli ora di condividere un volto sereno che non gli apparteneva, che non era suo intanto che passò un bicchiere di latte al più piccolo, che lo tracannò tutto d'un fiato.
-Sabo, vieni! O ci finiamo tutto!- esordì Ace nonostante non avesse toccato nulla di ciò che, il biondo appena chiamato, gli avesse portato; sentendo Kotatsu adagiato contro i suoi polpacci e alzando un braccio verso il suo ragazzo che sorseggiava il caffè, con la schiena contro il davanzale della cucina, e a parlare con suo fratello, di chissà cosa: non gli dispiaceva che questa missione gli avesse uniti, anzi, se andavano d'accordo ne era più che fiero, ma voleva passare del tempo anche con loro prima che...
-Arriviamo.- sorrisero, con Thatch che gli si avvicinò per parlargli di chissà cosa, ed Ace si esibì, ora, in una smorfia malinconica e solitaria, puntando gli occhi all'orologio che gli mandò una scarica al cuore, facendolo irrigidire e abbassare tutti i toni, con un forte artiglio che si impossessò del suo organo pulsante, impedendogli di procedere con quella farsa di allegria.
-Luffy, io... Io torno subito.- si alzò, usando lo stesso silenzio con il quale si issava per raggiungere la porta, a quando, in quella casa maledetta, procedeva felpato alla sua camera senza farsi sentire. Quell'esperienza gli aveva dato il pregio di essere calmo e muto come un topo anche in situazione come queste in cui si era sotto i riflettori di occhi familiari e lì presenti. Procedendo con un sospiro e ringraziando il cuoco per aver fatto distrarre la sua famiglia, ancora intenta a parlare con lui, trattenne il fiato e chiuse gli occhi prima di precipitarsi fuori una volta chiusa la porta, come se stesse scappando da un qualcosa più grande di lui, e forse era così: lui non poteva convivere con il peso di averli portati con sé alla morte, doveva andarci da solo.
Ma doveva sbrigarsi: di certo avevano già notato la sua assenza, e forse stavano correndo fuori proprio mentre lui, già sotto l'aria fresca del giardino, al lato della casa; cacciava dal fogliame, con difficoltà come se gli arbusti si fossero affezionati alla sua sacca pesante, il suo zaino impigliato dal cespuglio del giardino sotto la finestra di Marco, con il sole a baciargli la schiena nuda per non essersi cambiato, e si affrettò poi, con uno strattone che riuscì a portare via anche qualche foglia e un innocente ramicello, a sé. Doveva ringraziare Kotatsu, era fin troppo intelligente, al punto da aiutarlo. Si mise in spalla lo zaino e percorse il giardino fino al parcheggio, pregando e sperando nelle chiavi della sua auto ma non aveva tempo per controllare nel suo piccolo bagaglio: avrebbe perso tempo. Scuoté così il capo, accettando la lunga camminata che si sarebbe fatto e scavalcando il recinto di rete d'acciaio che contornava tutta la proprietà, almeno da dietro la casa, sussultando e fermandosi nel gesto in atto, con gli scarponi sopra al tubo rigido, al suono del suo nome, a cui veniva supplicato di fermarsi. Con un live e mogio gesto negativo del capo, scivolò giù con un saltello, tra la vegetazione alta che non gli impedì però di correre più lontano che poté: sapeva bene dov'era quel magazzino, avrebbe trovato la strada per raggiungerlo anche se si fosse perso in una foresta, tanto ci aveva passato gli anni, là dentro. E sarebbe stato così anche quel giorno, esordì, strizzando però gli occhi e trattenendo le lacrime come l'acido che corrodeva la gola nel dolore di un pianto che non poteva mostrare, perché era chiaro che, in quel modo, gli avesse detto loro addio. Non l'avrebbero visto tornare, ne era certo.
Ora la missione però era cambiata: loro avevano la macchina, ergo, doveva fare prima di loro, arrivare prima di loro, era imperativo! Perché, diamine? Cioè, era ovvio che lo avrebbero notato, però... Okay, se l'era cercata... Ma... Ma... Vi prego, perdonatemi!, sibilò, strizzando le palpebre e singhiozzando per poi mordersi il labbro inferiore, alla consapevolezza dell'immagine della rottura negli occhi della sua famiglia, per quel gesto, per quella pugnalata, semmai li avesse rivisti. Ma, trattenne il fiato, guardando il cielo e ripetendo nella mente uno straziante, Davvero, perdonatemi.
Sbuffò, respirando e aspirando senza tregua, con i polmoni a riempirsi e svuotarsi a ogni secondo, con il sudore a imperlare la sua fronte mentre scrutava attorno tutto il perimetro circostante con la bocca spalancata e la stretta persistente contro le spalline della sua sacca che giaceva, penzolante, lungo il suo fianco.
-Marco... Sabo...- borbottò a stento, con occhi vacui e le palpebre quasi chiuse. Possibile che avesse corso più di loro, dotati di auto? O che loro non fossero lì perché avevano cambiato idea, preferendo lasciare che facesse tutto lui?
Alzò il capo di scatto, irrigidendosi e trattenendo il poco fiato, che il suo corpo reclamò forte nel risentirne dopo tutta quella fatica, scrutando con cautela quella porta del garage che si era aperta con difficoltà e vari tremori, spinta con forza; arrugginita da aver preso un colore tra il rosso e il marrone, spaccato da crepe quasi, che rendevano la visione decadente e cupa, un qualcosa che era già di per sé nonostante fosse giorno.
-Muoviti.- sibilò soltanto, il capo, sempre incappucciato e che gesticolò con una mano di farsi avanti.
Ottimo... E la sua famiglia non c'era ancora, non sapeva se andare adesso, forse aveva sbagliato. Ingoiando un groppo amaro in bocca, sentì nelle pupille scorrergli addosso tutta la verità dei suoi gesti, che ancora sentiva sotto forma del fiatone che domava il suo petto. Si sentiva scoperto, eppure grato per la loro assenza. Ma non poteva fare molto, e quindi scivolò da quella coltre di terra e sassi, da sopra quella rialzatura del terreno di un asfalto malandato, che gli aveva permesso una visuale ben più alta, come su una montagna, fantasticò quasi, Ace; anche se non alta più di una lieve gobba; fino ad arrivare davanti all'entrata con riluttanza e un groppo in gola che non mandò giù, tenendolo lì insieme all'agitazione. Forse con Sabo e Marco sarebbe stato meglio, se ne pentiva solo ora, ma era consapevole comunque di aver scelto bene. Voleva solo un po' di conforto dentro l'agonia di terrore che lo stava domando proprio ora che la realtà gli si piombava addosso; giusto per non morire da solo, quel giorno, ma era meglio così. Doveva andare, adesso. Trattenne il fiato gonfiando il petto per farsi grande e coraggioso mentre si addentrò, accompagnato da quella sagoma, dalla mente che lo condusse dal resto del gruppo e così si mise lo zaino sul dorso, fino a toccargli il collo con la spallina che stringeva con forza, per sentirselo più vicino, in modo da tenerlo al sicuro fino alla fine: doveva assicurarsi che non si sarebbero avvicinati ai suoi fratelli, alla sua famiglia, per nulla al mondo, prima di terminare il patto.
-Ehi, Ace! Sono secoli che non ci vediamo!- ironizzò, l'uomo con la barba, seduto a sorseggiare una bottiglia di vino, quasi sull'orlo di collassare, singhiozzando e scuotendosi convulso, al solito posto del tavolo intanto che gli altri due erano dietro le colonne.
Si fermò insieme al tipo al suo fianco, ma aggrottò le sopracciglia: perché c'era una persona in più? Uno nuovo? Magari lo avrebbe rimpiazzato, chissà, forse era lì, nell'oscurità a essere meno di un ombra, per vedere cosa succedeva a chi smetteva di lavorare; lì solo per dargli un input iniziale. Non riusciva a vederlo bene, però, ma era alto, molto. Sperava solo... Ma iniziava a credere davvero che fosse finito in un bel guaio: e se fosse tutta una trappola? Ma almeno Marco e Sabo non c'erano. Si voltò un secondo, accertandosi che la porta, lasciata semichiusa, lasciasse intravedere un barlume di speranza, di luce che entrava e si piantava nel terreno, senza però raggiungerlo a rincuorarlo. Cosa doveva fare? Era tardi per qualsiasi cosa?
-Avanti, molla i soldi.- si fece avanti quello che già conosceva, che venne fuori dal pilastro e si avvicinò, con occhi stropicciati e una smorfia sul volto, tirato e stanco, senza la mascherina ma con ancora la visiera del berretto che si abbassò per non essere visto più a fondo, forse in astinenza, o dalla droga o dal sonno, forse da entrambi.
-Calma, non c'è fretta.- sibilò quello accanto, portando le dita ad alzare la sciarpa sulla bocca, con sguardo cupo e una strana maschera sugli occhi che lo scrutava come una tigre in agguato.
-Come? Perché? I soldi sono qui, fine. Ho finito di lavorare per voi, e non dovete più avvicinarvi alla mia famiglia.- esordì, allontanandosi di qualche passo e socchiudendo gli occhi, diffidente verso tutti. Ma era solo.
-Ehi, ehi, quante pretese.- ghignò in risposta, alzando le mani mentre l'uomo con il berretto prese posto al tavolo accanto al coetaneo, che si lisciava la lunga barba con una mano, per noia.
-Che significa?- borbottò, scettico e abbassando le spalle, tragico alla convinzione di non avere vie di uscite, così come non avrebbe salvato i suoi fratelli... Era stato tutto talmente inutile...
-Facciamo così, Ace... Lo sai, sei stato con noi per tanto. Un ultimo colpo: vieni con noi, una semplice rapina, nulla di più.- sghignazzò, quel capo fuori di testa intanto che sorrise ampliamente, o almeno lo pensò dato come quegli occhi scintillarono di malvagità, sotto a quelli storditi e spaesati del più giovane, di Ace, che non la smetteva di indietreggiare.
-Non è vero... Non sarà mai l'ultimo... Continuerò a lavorare per voi a vita, perché faccio parte del gruppo, ormai.- comprese amaro, intuendo che lo fosse stato da sempre, dal primo giorno intanto che, con occhi tremanti, scrutava il ruvido e terroso pavimento. Aveva fatto un errore! Era stato uno stupido a credere di poter risolvere tutto da solo! Marco e Sabo... Luffy... Li aveva delusi tutti, per sempre. Lui non avrebbe fatto nessun colpo, non avrebbe accettato, non sarebbe diventato un vero criminale, e così lo avrebbero ucciso, ma almeno con la poca onestà che gli restava in corpo... Pregava solo che loro non avrebbero perseguitato la sua unica vera famiglia.
-Hai capito, finalmente. Non puoi lasciarci: sei parte della nucleo.- scoppiò a ridere, quello nuovo, rivelandosi lentamente e, con le lampadine tintinnanti e logore dal vetro sporco e lurido, sopra la sua testa a illuminare il suo volto, mozzando il fiato al più giovane che rischiò di cadere indietro, ma si resse a una colonna di rame e ferro al suo fianco, davanti al volto di Akainu e della sua mastodontica figura che lo lasciò boccheggiante ad affogare nel mare.
-Perché è lì anche lui? Quel bastardo!- ringhiò con forza, stringendo i pugni e capendo ogni cosa, di come fosse un palese inganno, una subdola trappola, e non sapeva nemmeno se la polizia sarebbe arrivata in tempo!
Dannazione, Ace! Perché hai voluto fare tutto di testa tua?, rimproverò con le spalle strette tra sé e la rabbia negli occhi nell'osservare, da lontano, quel colosso che li aveva da sempre perseguitati, e a nulla servivano le parole di Marco per calmarlo, tenendolo per la camicia e costringendolo a stare basso accanto alle casse poste vicino all'entrata, così da essere dentro e restare ben nascosti dai loro occhi.
-Vediamo che succede, se ci facciamo scoprire saremo solo tutti nei guai, o peggio, potrebbero usare Ace come ostaggio per farci mandare via la polizia. Calmiamoci, e agiamo solo se sarà necessario. Non è facile nemmeno per me!- esordì, con voce lenta ma chiaramente nervosa e tremante per l'agitazione. Desiderava solo che tutto finisse in fretta, ma più guardava Ace e il suo terrore negli occhi, più sentiva le gambe pronte a scattare da un momento all'altro. Non era facile, non era facile affatto!
-Lo so...! Se solo fossimo arrivati prima che entrasse.- sbottò, iniziando ad addossarsi la colpa, a torturare la propria mente con conflitti sempre più pesanti, quasi stritolando, nel mentre, la colonna davanti che li nascondeva insieme ad alcune casse rotte e vuote, impolverate e sudice, un po' come ogni cosa là dentro.
-In realtà, potrebbe essere stata la scelta migliore.- discusse Marco sotto lo sguardo perplesso di Sabo, così si giustificò: -Voglio dire, se fossimo andati con lui, non solo saremmo stati tutti in pericolo dato l'evidente trappola in corso, ma avrebbero potuto usarci come ostaggi con l'arrivo della polizia. Loro non sanno che siamo qui: appena arriveranno gli agenti cercheranno di scappare, e di certo Ace si allontanerà da loro, quindi noi ci faremo vedere appena quei mascalzoni si troveranno con le spalle al muro.- farfugliò, con un sorriso che non si formò, ma, nella sua mente, quel piano sembrava perfetto: era sicuro che Ace sarebbe rimasto all'interno del magazzino, al contrario di quei tipi che, di certo, si sarebbero appostati contro la porta per sparare e mandare via la squadra mobile.
-E se non fosse? Cosa faremo nel caso Ace si troverà in pericolo?- continuò a osservarlo, titubante ma sicuro che avesse un piano anche per quello, ma scuoté il capo, e tutte le speranze vacillarono solo per poi andare a reggere l'unico piano che avevano in quel momento. -Ma giuro che se Akainu osa toccare Ace, non resterò a guardare.- esordì, a denti stretti mentre tornò a esaminare la scena sotto lo sguardo freddo e serio di Marco.
Il silenzio era sempre più denso, come la pittura sui muri e la paura che dominava il corpo del moro, davanti a quegli uomini, con una concezione che andava a farsi più lucida, ovvero di come, comprese, fosse letteralmente circondato. Oh, Marco, Sabo, non venite qui, vi prego!; ingoiò un groppo di saliva nel dirlo, con la mente a pulsare nel cranio, tra gli spasmi dei suoi arti lungo i fianchi, e le pupille impazzite, che non sembravano voler fermare il tremore che le possedeva in quel momento.
-Che cosa... Che cosa ci fai tu qui?- sibilò, con un tono traballante quanto il suo cuore nonostante la decisione negli occhi: non era pentito, non aveva ripensamenti, era sempre dell'idea di voler morire per loro. E lo avrebbe fatto.
-E secondo te, io non ero a conoscenza che andassi a pagarmi i debiti?- sbottò, quasi divertito mentre fece un passo avanti, gracchiando una risata nel vedere il suo "figlioccio" indietreggiare ancora. -Alla fine, ho sempre fatto parte di questa cerchia. Eri tu l'unico a non saperlo.-
-Ma come...- farfugliò, stringendosi ancora nelle spalle e ringhiando, più per farsi coraggio che per averlo. -E che vuoi da me? Lo ripeto per l'ultima volta: i soldi li ho, quindi io ho finito! Non farò niente, mai più niente!- esordì, sputando quelle parole con il capo rivolto verso il terreno, e i capelli arruffati a velare completamente i suoi occhi.
-Ehi, calmo.- sancì il capo, alzando di poco la sciarpa e osservandolo acerbo. -Non alzare la voce, moccioso.- esordì, andando a sedersi anche lui, e dando voce al colosso rimasto in piedi.
-Ora ti chiaro un po' la situazione, Ace: tu non puoi smettere di lavorare per noi, e non servirà lanciarci contro gli uomini di quel vecchio di Barbabianca, perché peggiori solo la tua condizione se metti in crisi la nostra. Ora, non possiamo più avere e vendere droga, i controlli sono aumentati a tal punto che nessuno dei nostri mette piede fuori casa, e hanno dato fuoco a tutte le prove per non essere tra gli indagati in questa caccia all'uomo alla quale tu ci hai portato. Ergo, cercare di farti guadagnare soldi è l'unica punizione possibile, e un bel colpo in banca non guasta. Cosa che tu farai.- più parlava più si avvicinava, al punto da mettere Ace spalle al muro, e alzò il braccio in aria per poi scagliarglielo contro, fermandosi però a qualche metro dal suo volto, ridendo per come gli sembrasse un debole fallito, con il volto piantato contro il muro, gli occhi di Ace chiusi e il respiro trattenuto, per non vedere quella mano su di lui che lo faceva tremare. Lo afferrò per una spalla, portandolo sotto un fascio di luce e solo a quel punto aprì maggiormente il palmo guantato che gli aveva mosso contro, mostrandogli quella che era, chiaramente, una pistola; piantandola tra le sue mani con forza.
-Cosa...? Io... Non farò niente, Prendetevi i soldi e lasciatemi in pace!- continuò a ripetere, buttando con violenza la pistola, che venne però afferrata in fretta da Akainu, che, non ci pensò due volte a puntargliela contro, facendolo sussultare.
-Tu, brutto idiota, farai questo e ben altro! Non vorrai raggiungere quella puttana di tua madre in questo modo?- fece un ghigno che svanì bruscamente quando un pugno lo raggiunse con foga sul volto, ed Ace continuò, corrucciato, frettoloso nell'atterrarlo nel fargli uno sgambetto.
-Primo, tu non parli così di lei, e, secondo... Ho finito, ho detto. Ho finito di essere un criminale.- sbottò, ringhiandogli addosso, le saette di Zeus nei suoi occhi che brillavano di fervore, ma indietreggiando in fretta al contempo nel vederlo tornare a muoversi, con il gruppo che sembrava, e fu infatti, pronto ad accerchiarlo; eccetto il tipo con la barba, ancora seduto e, forse sempre più sbronzo.
-Brutto idiota, brutto idiota... Brutto idiota!- asserì, ormai in piedi e con un braccio che afferrò la spalla del lentigginoso che sussultò, immobile però e con occhi profondi verso quella pistola puntata alla fronte.
-Ohi, lo sai vero che, alla fine, o sei dei nostri e ci servi, o muori e quindi non ci servi? Le scelte sono due.- esordì il capo, incappucciato e dalla bocca ovattata contro la sciarpa scura.
Il moro questa volta non rispose, e forse avrebbe potuto pensare a tante mille cose, dall'ultima parola detta quella mattina ai suoi fratelli, allo sbaglio, o agli infiniti errori fatti, quel solo giorno o nella vita. E invece c'era il nulla, solo i suoi occhi e la pistola. Silenzio, dolce e quasi pacifico, quasi ad accettare tutto nonostante non volesse, nonostante non fosse così, e rimase ancora a respirare, forse con movimenti accelerati del petto, o pacati come durante una passeggiata al mare, e il cuore che dibatteva, violento come una pioggia che colpiva due amanti ridenti, o lento come la morte di una sera ricoperta di sangue... Vinto, sfinito, rassegnato o solo in cerca di un barlume di luce? Stava aspettando, per caso, che la speranza arrivasse, era per quello che era così tranquillo? Non capiva. Il tempo era infinito in quel secondo, o minuto, o forse erano ore... Eppure... O chissà, i suoi fratelli lo avrebbero raggiunto, lo avrebbero aiutato e rimproverato... Marco soprattutto; quasi rise all'idea, al ricordo dei suoi toni protettivi nei suoi confronti... Forse sorrideva davvero, perché tutti loro si erano fatti confusi, ma tutto cessò per davvero alla fine, perché la pistola non era più contro la sua tempia, e il silenzio si era fatto, in un attimo, un esplosione di suoni sotto il tono bruciante del suo nome intanto che i criminali fuggivano, correvano all'impazzata, senza meta come topi in trappola, e lui restava in piedi, a dondolare e a fissare il vuoto e cupo pavimento.
-Ace! Ace, cavolo! Dio, se ero preoccupato, maledizione...-
Lo abbracciò. Qualcuno lo strinse intanto che, scuotendo il capo e sbattendo le palpebre, tutto tornò a vorticare, girare e ricominciare, a procedere, e persino il suo cuore ricominciò a battere, sempre se si era davvero fermato. Non lo sapeva, non capiva più niente: quella pistola in testa lo aveva confuso senza motivo e... Sabo...
-S-Sabo? Sabo... Sabo! Sabo, che ci fai qui? No, no! Te ne devi andare!- distrusse quella stretta, calda e ristoratrice mentre, lentamente, nel guardarlo negli occhi e reggendolo per le spalle, comprese che i suoni che avevano spaventato quei tipi, ormai svaniti ancora, nel nulla, fossero state le sirene... Dannate e dolci sirene di polizia!
-Ace, va tutto bene, quegli idioti se la sono filata.- sussurrò, sospirando e passandosi una mano tra la capigliatura, esasperato per l'agitazione e l'ansia del momento. -Giuro, vorrei picchiarli tutti... Ho avuto paura che... Meglio tornare a casa, lasciamo questo posto e... Ace, diamine, perché non hai seguito il piano? Però... Forse siamo riusciti a ricavarne qualcosa da questo. Ti amo, Ace.-
-Qualcosa? Qualcosa cosa?- farfugliò scettico contro Marco, scrutandosi attorno ma era vero: erano da soli, eppure presto sarebbero stati circondati dalla polizia, con un cadavere a pochi passi da loro e i suoi soldi che giacevano al suolo. -N... No, no, aspettate, questo è sbagliato! Questo è completamente sbagliato! Ora... Ora incolperanno me!- si agitò, indietreggiando frenetico e affannando mentre le grandi pupille esaminavano il povero vecchietto a terra e sanguinante, ormai esanime prima che la mano di Marco si imponesse sulla sua spalla, costringendolo a guardarlo.
-Ci siamo noi, tranquillo. E poi non ci sono prove e, cosa più importante, non sei stato tu.-
-No... Non funzionerà! Sono il figlio di Roger: mi uccideranno.- ansimò, stringendo tra le dita il tessuto di Marco, pregando che non lo lasciasse per quella verità così cruda intanto che il biondo fratello gli si avvicinò.
-Ma no, ma che dici... Ace? Davvero?- gli sussurrò poi, alzando poi gli occhi verso le forze dell'ordine che si erano divise: alcuni stavano cercando quei criminali, correndogli dietro mentre il secondo gruppo stava venendo da loro, sotto i mormorii del moro che continuava a ripetere quell'ultima frase con insistenza e con agonia, come un mantra confuso e frenetico che divorava ad ogni sillaba che cacciava fuori.
Non poteva credere che fosse quello il motivo per cui non aveva mai denunciato Akainu: Non aveva senso! Sabo si strinse nelle spalle, fissando Marco e arrancando dispiaciuto per i dubbi che vorticavano nel più grande, che continuò a soccorrere, consolandolo con una mano sulla spalla mentre i poliziotti affermavano che dovevano seguirli in caserma.
-Tranquillo, non permetterò che ti facciano nulla, okay?- sorrise, ma si rabbuiò per come Ace tremasse e si mordesse il labbro inferiore, fissando il pavimento a occhi chiusi come se temesse ancora che qualcuno potesse attaccarlo: era chiaro che fosse in preda al panico e lui non sapeva come comportarsi, ora come ora. Subito però ringraziò che ci fosse Marco, che in fretta aveva avvolto i fianchi di suo fratello tra le braccia, lasciandolo dondolare con lui e sussurrandogli parole che, Sabo non comprese, ma di certo qualcosa per aiutarlo a calmarsi mentre decise di allontanarsi da loro per raggiungere quelle guardie che attendevano con le pistole in mano e con sguardo diffidente, più rassicurati però nel vedere Marco, uno dei figli di Barbabianca, l'uomo che aveva più potere di tutti in quella città. Per fortuna era avvocato e sapeva le leggi che avrebbero applicato e i suoi diritti in questa situazione. Senza prove di colpevolezza non potevano trattenerli, quindi sorrise, voltandosi verso i due che lo raggiunsero; Ace tra le braccia del suo fidanzato, quest'ultimo che sospirava serio per come fosse tutto tanto complicato, erano però entrambi fiduciosi che avrebbero preso i veri colpevoli.
Stava dormendo con troppa dolcezza in viso, pensò Marco, nel fissarlo con un sorriso, con le mani sotto al mento e la schiena piegata in avanti, seduto sulla propria sedia. Dopo la deposizione, dopo tutta quell'ansia e quell'azione, meritava un po' di pausa. Ovviamente aveva rivelato ogni dettaglio, non solo alla polizia insieme a Sabo, ma anche a Barbabianca, sempre con la partecipazione del fratello del suo ragazzo anche con ques'ultimo. Si adagiò poi, contro lo schienale e inspirò, passandosi poi una mano contro il volto e la lieve barbetta sotto al mento, scrutandosi attorno confuso nel percepire dei passi talmente svelti e agitati da poter causare un terremoto.
-Fratellone!- urlò, aprendo la porta e dandosi la spinta per catapultarsi contro al letto di Marco, finendoci addosso e atterrando contro il fianco del maggiore che sgranò gli occhi, indietreggiando di colpo dopo essersi alzato con il busto, ma finendo con lo sbattere contro la parete alle sue spalle.
-Diamine!- sbottò, strizzando gli occhi e mostrando i denti mentre portò una mano sulla ferita, contro il capo, lasciando però che Luffy lo stringesse forte in un abbraccio, ridendo emozionato. -Ma che hai?-
-Festeggiamo? I cattivi sono in carcere!-
-Sì, sì... C... Cos...?- sgranò gli occhi, prendendo per le spalle il minore e spostando per guardarlo nelle pupille, volendo una certezza mentre continuava a ridere intanto che Marco si alzò con uno sbuffo da davanti a lui.
-Volevo dirtelo io, francamente.-
-Cosa? Davvero? Quindi è vero? Non state scherzando?- esordì pieno di speranze, pretendendo risposte e spiegazioni che Marco, annuendo, volle dargli.
-In pratica, sono stati presi tutti, ed è inutile dire che con la nostra deposizione e con le armi in tasca, più quella che ha ucciso il vecchietto, sono finiti al fresco. Hanno persino tradito il loro compagno, solo perché troppo brillo per poter scappare.- scosse il capo sconsolato, Marco, incredulo che fossero così codardi quei mostri. -Abbiamo sia le prove che i testimoni: Sabo si occuperà di tutto dato che è un avvocato, ma, tranquillo Ace, la vittoria è nostra.-
-No, non ci credo...- affermò a bocca spalancata, con il cuore in gola prima di ingoiare un groppo di saliva e muovere le labbra verso l'alto, esprimendo tutta la sua enfasi. -Cavolo, sì! Dobbiamo festeggiare!-
Non poté ripeterlo una seconda volta che il minore lo costrinse a seguirlo, alzandosi entrambi dal letto, si recarono di fretta verso le scale, tra mille e libere risate, soprattutto del lentigginoso, che però fermò la corsa prima di raggiungere le rampe per avvolgere il più piccolo in un forte e rassicurante abbraccio.
-Ce l'abbiamo fatta, fratellino! Non ti farà più male nessuno, né a te né a Sabo, finalmente.- sussurrò, senza smettere di ridere, con il volto nell'incavo del collo del più piccolo che annuì, concordando e aggiungendo che valesse lo stesso per lui, ricambiando la stretta prima di distaccarsi, con Ace ad asciugarsi in fretta qualche lacrima di gioia prima di voltarsi a destra e a sinistra con il capo, dando una pacca a Luffy per dirgli che lo avrebbe raggiunto poi mentre si affrettò a tornare da Marco, stringendo così anche lui nella sua morsa pacifica ed emozionata, desideroso di tenerlo stretto in un abbraccio infinito.
-Ti chiedo scusa, e ti amo, Marco!- mormorò mentre già la musica iniziava a farsi sentire, a spargersi tra le mura di quell'enorme dimora. -Dov'è Sabo? Devo scusarmi e ringraziare anche lui!- sorrise, afferrando con forza i bordi della camicia del suo ragazzo che sorrise, affermando che avevano molto di cui parlare, ma che tutto potesse aspettare ora. Il moro annuì, sentendosi energico e formicolante in ogni punto del corpo, come pronto a esplodere da un momento all'altro, senza fiato nonostante non avesse corso più di tanto, e con il battito che pretendeva di uscire dal petto dato come palpitasse senza sosta.
-Ti amo anch'io, Ace. E non devi scusarti di nulla, cerca solo di fidarti meglio di me; e comunque, penso che Sabo sia nella sua stanza.- spiegò poi, continuando a massaggiare i fianchi dell'altro prima che questo, annuendo, si voltasse per andare dal biondo coetaneo, con una corsa talmente funesta da essere già lì in un attimo.
-Fratello!- spalancò la porta, forse con troppa forza da sbatterla contro il muro e spaventare il biondo alla scrivania che sobbalzò, guardandolo poi perplesso, guardandolo parlare mentre gli si avvicinava.
-Grazie! E... E scusami, per tutto, davvero. Ma... ce l'abbiamo fatta, sì? Insomma, forse è più opportuno dire che ce l'avete fatta tu e Marco, e vi ringrazio davvero tanto e...- mormorò a testa bassa e un sorriso malinconico, iniziando poi, lucido, a credere che forse Sabo non fosse così felice per il brutto tiro che gli aveva fatto. Lo vide alzarsi e incrociò lo sguardo con il suo prima di sorprendersi per il sorriso e la stretta che ricevette.
-Finalmente ce l'abbiamo fatta, esatto. Sei stato fantastico, Ace, e non penso che esista una persona più coraggiosa e avventata di te. E poi, non vedo di cosa tu debba scusarti: è stato grazie a te se siamo riusciti a incastrarli. Non come avevamo previsto, ma l'importante è avercela fatta. La prossima volta, lascia che anch'io ti protegga. Mhm?- spiegò, staccandosi piano ma senza staccare una mano sopra la sua spalla, guardandolo sospirare tranquillo a occhi chiusi e annuire.
-Ti unisci alla festa?-
-Ti raggiungo.- parlò tranquillo, lasciandolo andare e tornando a sedersi mentre Ace, uscendo, andò a imbattersi contro Marco, ma che rifiutò anche lui l'invito a unirsi, pronunciando invece le stesse parole del fratello prima di aggregarsi a quest'ultimo appena il moro fu scomparso per il corridoio. Sabo non attese di riprendere fiato che subito rinfacciò desolato: -Non gli hai ancora detto di Akainu, vero?- spirò, cacciando aria fin troppo tragica per poi alzare gli occhi al soffitto.
-No. Non ho avuto il tempo, diciamo... E poi, è così felice ora.- mormorò, adagiandosi alla scrivania e lanciando uno sguardo ai fascicoli su di essa.
-Già. Non è stato ancora preso e Ace merita di rilassarsi un po'...- borbottò tra sé e sé, guardando nuovamente il biondo con attenzione. -Però ormai siamo alla fine: manca poco. Solo lui e tutto questo incubo finirà.- si incoraggiò, con un sorriso vittorioso, voltandosi poi con la sedia e tornando ai suoi documenti, volendo mandare quei criminali in galera il più presto possibile. Non voleva rivederli mai più, e ad Akainu avrebbe riservato la pena peggiore: stare in carcere a vita.
-Va bene, allora ti aspettiamo giù.- sbuffò sollevato, certo ormai che non c'era più niente da temere; scrollando le spalle e voltandosi un attimo nel sentirsi richiamare ancora una volta.
-Sì... E grazie, è solo merito tuo se il mandato di cattura di Ace è svanito nel nulla.-
-Per quello, è solo dovuto a Barbabianca, ma era un dovere da risolvere a ogni costo: Ace non è un criminale, tanto meno solo perché lo era suo padre.-
Disteso e a braccia aperte, contro il pavimento, chiuse gli occhi, inebriandosi della tranquillità che circolava nelle sue vene, che si muoveva leggera mentre sospirò sotto i suoni della musica, dei passi pesanti che battevano contro il pavimento e delle risate. Non si era mai sentito così... Così... Appagato...
-Andiamo, fratellone! Dobbiamo festeggiare! Balliamo!- afferrò un suo arto, Luffy, sollevandolo e tirando per cercare di fargli essere parte di quella gioia, con gli occhi che brillarono più intensamente nel vedere l'arrivo del biondo che, ridacchiando, afferrò l'altro arto.
-Sì, ho capito Luffy, ho capito e... Da quando hai quattro mani?- socchiuse un occhio, confuso prima di sorridere nell'incrociare le azzurre pupille di Sabo che, nello stesso istante di Luffy, tirò da farlo mettere seduto. -Ehi, ce l'hai fatta.- ironizzò, dandogli una pacca sulla spalla appena lo lasciò andare, mettendosi poi in piedi e gongolando nel sentirsi così entusiasta, circondato dalle persone che da sempre aveva voluto e cercato di proteggere dal male, ma che ora non doveva più fare: nessuno avrebbe torto un dito a loro, e questo gli aveva tolto un grande peso lacerante dal cuore.
-Ci divertiamo?- esordì, strapazzandolo un po' con vari e amichevoli scossoni prima di farsi trascinare da Luffy verso il copioso buffet.
-Sei... Davvero elettrizzato.- sospirò, ammettendo che era proprio questo che ricercava da tempo nei suoi occhi e nel suo animo... Sì! Ace aveva di nuovo la sua anima, quella libera, orgogliosa e viva: finalmente le sue pupille vibravano, sentivano, ed erano colorate e vispe! Poteva dire addio a tutti quegli incubi, Ace, alla fine! Già... Forse non tutti, non ora almeno.
-Non dovrei?- rise, con due piatti di plastica già ben carichi di dose di pasta, carne e dolci, voltandosi poi a fissare il biondo fratello, ma esibì una smorfia confusa nel vederlo: -Qualcosa non va?-
-No, ma che dici!- cambiò subito facciata, Sabo, sorridendo e gesticolando con le mani all'altezza delle spalle. -È una festa, e ora siamo tutti liberi! E solo... Che sono un po' stanco, sai, da quando siamo tornati dalla centrale non ho fatto altro che studiare i fascicoli... Ma ora posso rilassarmi con voi.- ammise sereno e sincero, con le mani ad afferrare in fretta dei cosciotti nel sentire un certo languorino nello stomaco, anche troppo forte da sovrastare, se possibile, la musica, tra le risate dei fratelli, con il maggiore che però di disincantò, iniziando a lottare e a scappare dalle grinfie di Luffy che aveva tentato di derubarlo dal suo cibo; e Sabo se la rise, sollevato e osservando poi come Ace decise di sedersi, con Nami a trascinarlo di forza su una sedia a un tavolo, per parlare di tutti gli avvenimenti odierni. Il biondo scuoté il capo, felice soprattutto di aver divagato bene: non gli avrebbe detto di Akainu. No, non ora. Quella sensazione di pace che irradiava suo fratello... Non poteva fargliela perdere. E avrebbe preservato quella luce a ogni costo.
-Fratellone, andiamo a ballare!- urlò Luffy a un tratto, dopo essersi riempito lo stomaco e aver ignorato la fuga di Ace, anche se un po' dispiaciuto di non aver potuto addentare quelle leccornie sul suo piatto, dato che ora, il tavolo era quasi svuotato, ma Thatch stava già tornando a riempire alcuni vassoi e quindi ne fu felice, ma la voglia di muoversi la ebbe vinta e così, senza attendere risposta, trascinò in mezzo alla pista Sabo, troppo forte però da farlo finire addosso a Zoro.
-Dannazione, Luffy!- sbottò il verde, che si era rovesciato addosso tutto il rum che teneva nel boccale, e sbuffò amareggiato, rialzandosi appena Sabo, ancora scosso e confuso, fece altrettanto.
-Scusa.- se la rise, l'amico bruno, almeno finché Zoro non lo afferrò per il colletto della camicia per rimproverarlo, e Sabo sghignazzò a quella vista, osservandoli tirarsi poi la faccia a vicenda prima di allontanarsi per potersi sedere da qualche parte al richiamo di cibo e bevande che aleggiò quando i cuochi varcarono la sala con nuove dosi per ciascuno.
Ma prima che potesse, Sabo, lo sguardo attento e rivoltò a sé, di Barbabianca, lo attirò da fargli cambiare meta, e così si diresse verso uno dei tanti tavoli agghindati là attorno, prendendo posto e guardandolo di sottocchio. Lui lo sapeva, sapeva di Akainu, anzi, lo sapevano tutti, eccetto i suoi fratelli. Le voci giravano in fretta, ma nessuno avrebbe mai toccato un argomento così delicato verso i diretti interessati, o almeno ci sperava, Sabo. In quel momento però, avrebbe voluto parlare, esporre i suoi piani e la sua volontà di lasciare che, per una volta, fosse Ace quello all'oscuro, che fosse Ace quello che si sentisse bene e si divertisse. Se lo meritava.
-Figliolo, c'è qualcosa che ti turba? Non ti vedo così energico come gli altri. È vero, abbiamo vinto una battaglia, ma è stata una di quelle più grandi e inside che tu abbia mai affrontato: dovresti festeggiare anche per questo. Akainu ormai è solo, ed è quindi una piccola pedina. Al momento non si farà vedere, resterà nascosto per molto, ma tranquillo: lo troveremo. Ma non oggi: questo giorno dobbiamo dedicarlo a voi, a voi che avete tagliato il traguardo nei confronti di quei criminali con coraggio. Mi dispiace che i miei figli non siano stati in grado di fare molto, ma adesso, godetevi il vostro premio.-
-Oh... La ringrazio...- farfugliò, alzando gli occhi verso di lui confuso, non pensando che i suoi pensieri gli si leggessero letteralmente in faccia, dato quelle parole, così sagge e leggere al tempo stesso mentre sorrise con un ghigno sincero e innocente per ciò che sentì di dire: -Papà.-
Ricevette una carezza da fargli scompigliare la chioma e che, nella sua mente, fu letteralmente fuori programma, ma poi fece come aveva detto Barbabianca, alzandosi ed entrando nella mischia dopo averlo ringraziato, lasciandolo a bere in compagnia della musica e dello spettacolo da cui aveva visuale dal suo trono prima che Marco sopraggiungesse assieme a Izou.
Sospirando sorrise, pronto per andare a dormire anche se, i lievi raggi di sole della finestra mostravano tutt'altro: ma avevano festeggiato tantissimo! Lui si era divertito tantissimo! E Marco era lì, con lui! Non poteva che essere felice! Anche se la stanchezza gli impediva di continuare a mostrare la propria enfasi.
-Wow, non ero mai stato in piedi fino alle... Sei del mattino.- si meravigliò dopo aver dato uno sguardo al telefono lasciato sulla scrivania, con Hawk a scuotersi e a far sentire il suono del suo piumaggio che si scompigliò di colpo prima che scendesse al piano inferiore della gabbia, verso l'abbeveratoio, a guardare di sfuggita il suo padrone sfilarsi la maglietta che gli sussurrava perdono, perché avrebbe dovuto attendere molto prima di poter godersi il sole dalla finestra, ora sigillata.
-Davvero? Non ci credo! Beh, forse è un po' da te... Magari sei più uno che sta fino alle sei, sveglio, ma per studiare.- bofonchiò, con il tono attutito dal cuscino dal sapore fresco e gioviale di Marco, che ridacchiò mentre gli si avvicinò con un sorriso, con il moro che restava disteso di petto contro il materasso e Kotatsu a sbuffare, seduto sul pavimento, un po' geloso.
-Sai, sono felice di averti salvato, mio principe.- mormorò, ridestando il termine usato qualche giorno prima grazie a Thatch, e ampliò la sua serenità scoprire del lieve ma intenso rossore sulle guance del moro, che, sussultando, si nascose in fretta, più a fondo nel suo guanciale, ma lasciando lo spazio al biondo di sedersi sul bordo.
-Ohm... Ecco... Sì, è vero, però... N-non chiamarmi così.- bisbigliò ma subito si irrigidì, sollevandosi nelle spalle e con il capo, voltandosi in fretta indietro poi e guardando le mani di Marco sui propri fianchi, con le dita che si muovevano lentamente prima che si bloccassero: non se l'era aspettato.
-Scusa.- alzò le mani, con un sorriso forzato, non credendo quella reazione, ma, il buio fu più forte per la sua visuale e non riusciva a capire se fosse offeso o altro. -Volevo solo farti un massaggio.-
-Cosa? Davvero?- si mise seduto, ridendo di gusto e strizzando gli occhi sereno, ma il sapore dell'imbarazzo tornò a colpirlo, e si strinse nelle spalle, socchiudendo un occhio alla volta e scrutando il volto buio del biondo che non poteva decifrare. -Cioè... È un onore... No! Insomma, sì, ehm...-
-Sei bravo ad aggrovigliarti nelle parole...- ironizzò, con un sospiro mentre lasciò le mani sulle spalle del suo ragazzo, iniziando a muovere e sciogliere la pelle di Ace con le dita, ascoltandolo mugolare felice, tanto appagato da lasciarsi ricadere disteso di schiena e costringendo così Marco a seguirlo.
Restò però a cavalcioni sopra il moro, che ad occhi chiusi gli lasciava il compito di rilassarsi e di farlo rabbrividire a ogni solletichino delle proprie dita. Quest'ultime che decisero di andare più a fondo mentre il biondo si leccò il labbro superiore alla vista di un volto così arrossato e prelibato, di Ace, scivolando così verso il petto e solleticando i fianchi.
-Mhm... Sono tutto tuo.- gongolò con poco fiato a quel punto, il moro, con delle parole non pensate ma che uscirono di netto; sorridendo però grato di quel contatto e di quella vicinanza, che andò anche a ricercare, sfregandosi così contro il suo mento spigoloso.
-E io sono tuo.- farfugliò, sospirando e lasciando le mani lontane dal suo corpo prima di distendersi al suo fianco, sospirando senza sentirsela di proseguire: non stava dicendo il vero, Ace era felice ma Akainu era a piede libero... Sarebbero stati felici un giorno, no? E sarebbe successo presto, molto presto... Doveva solo aspettare e, forse, dirglielo.
-Che c'è?- ridacchiò, avvicinando il volto sopra al suo petto e farfugliando quanto lo amasse mentre lo strinse con forza. -È bello starti vicino, soprattutto ora che sono così sollevato. Scusami ancora.- esordì, sfregandosi contro la sua pelle tiepida e socchiudendo gli occhi nello sbadigliare.
-Sei troppo avventato, e tutto questo per noi. Capisco il motivo, ti ripeto solo che devi fidarti anche di noi. Sono esausto, e lo sarai anche tu immagino. Domani tornerò a lezione, e vorrei riposarmi. Mi dispiace se non posso festeggiare come si deve.-
-È che voglio addossarmi tutto sulle spalle... Per voi, ora però è tutto risolto. E no, va bene, abbiamo già festeggiato. Tanto avremo tutto il tempo per stare assieme adesso.- si concedette un sospiro, stringendo poi la mano a pugno, accarezzando lentamente il petto tonico del biondo prima di farlo e poi addormentarsi con un sorriso, che nacque anche sulle labbra di Marco.
Sereno per quelle parole e quel volto, avvolse le spalle di Ace con il suo braccio prima di volgere gli occhi al giorno che arrivava e al suo Hawk agitato, di cui poteva solo sentire le ali sbattere con fare nervoso: voleva di certo vedere l'alba, o almeno che potesse aprirgli la finestra ma non poteva. La cosa migliore che gli veniva in mente, al momento, era di portarlo in un'altra stanza, ma non era mai uscito dalla sua camera e di certo lo avrebbe solo reso più irrequieto. Sospirò, sperando che si calmasse, forse Kotatsu avrebbe potuto essere di aiuto, ma già ronfava ai piedi del letto; così, tornò a fissare il moro senza farlo per davvero, o non troppo. Almeno i raggi solari iniziavano, fiochi, a permettergli di guardare la sua metà che, assopita, si godeva quel momento di tranquillità. Di sicuro era il primo, il primo vero momento di pace dopo tanti, troppi anni... Se lo meritava, sorrise. E doveva lasciare che ne godesse, davvero e completamente. Almeno per un po', si decise, chiudendo gli occhi dopo un bacio soffice sulla sua fronte liscia e fresca.
Parlare di come catturare Akainu, in una stanza appartata e in modo così segreto, all'oscuro di Ace... Non si sentiva affatto a suo agio in questo modo. E di certo, dato lo sguardo contrariato e insicuro di Sabo, valeva lo stesso anche per lui. Ma dovevano escogitare un modo, e oltre al loro, c'era solo Barbabianca al momento, a conoscenza di questo incontro, e non perché li tenesse d'occhio, ma perché Marco ci teneva a essere chiaro e sincero, almeno con lui... Già... E allora perché non con Ace? Sbagliava qualcosa, lo sapeva... Ma, interrompere la felicità del suo amato... Era un pensiero orribile da trattenere... Finalmente poteva capire come si era sentito Ace in tutti questi anni, e lo stesso doveva star pensando Sabo... Ma, tutto questo, a che prezzo? Era solo un peso, un macigno in più, ed era solo dolore che se veniva trascinato dietro avrebbe spezzato la sua schiena.
-Dobbiamo sbrigarci, perché temo che Ace possa andare a controllare di persona, in questi giorni. Magari, dopo aver preso coraggio vorrà andare in questura, e allora scoprirà la verità. O questo, o quando verrà con me in tribunale, dato che è la prova chiave...- sospirò, Sabo, dopo aver discusso e spiegato i suoi timori al coetaneo dall'altra parte del tavolo di quell'aria studio, tranquilla e solitaria. Aveva assicurato, Marco, che nessuno sarebbe venuto a disturbarli, e ci credeva: si fidava di lui. Ace e Luffy, poi, erano gli ultimi che potevano finire lì, anche se Zoro era entrato a sorprenderli già per ben due volte, ma dubitava che lo avrebbe rivelato a Luffy o ad altri, ammettendo così di essersi perso per la millesima volta, forse.
-Il piano?-
-Oh, al momento solo... Tenere d'occhio Ace. Di certo Akainu sarà furioso con lui, ed è meglio proteggerlo.- borbottò aspro, ammettendo un qualcosa che non tollerava affatto, Sabo, e socchiuse gli occhi con malinconia. Si sentiva troppo agitato al pensiero di poter ancora perdere tutto.
-Hai ragione. Possiamo fare a turni, in quanto io devo ancora continuare a seguire i corsi: di mattina lo proteggi tu, e di pomeriggio lo tengo d'occhio io.- propose deciso, Marco, annuendo e battendo un dito a tempo contro il tavolino, spazientito di essere costretto a, sì, stare con Ace, ma non nel modo come sperava.
-Sì, per me va bene.- confermò, peccato che lo fece con un tono troppo cupo e mogio, così come lo sguardo, e non c'era molto per rasserenarlo, se non catturare quel mostro. Strizzando gli occhi e portandoci sopra le dita, Sabo sospirò, ticchettando e guardandosi, poi attorno. -Dubito che si farà vivo presto, almeno, non con un piano. Ed è questo che temo di più.-
-Di certo non libererà i suoi compagni: perderebbe solo tempo e rischierebbe di farsi scoprire. Quindi, dopo aver tolto Ace, scapperà in un altro luogo. Ma dobbiamo impedire entrambe le cose. Per questo... cerchiamo di tenere duro.- incoraggiò, a quel punto, Marco, ma, sentendo che non ci fosse altro da dire, spostò la sedia e si alzò, affermando che avrebbe raggiunto il suo ragazzo, che, di certo, si stava divertendo per la festa in corso e che, ovviamente, non sarebbe finita così presto, o nei prossimi giorni.
-Già. Dovremmo rilassarci come lui, oggi. Da domani... invece... Beh, allora scendiamo.- sorrise, ci provò almeno prima di scuotere il capo e sfregarsi il collo con lentezza, pensieroso e dubbioso un attimo, se dovesse andare a controllare i fascicoli al posto di divertirsi per davvero. Ma l'idea di rifiutare l'invito di Marco non lo solleticava per niente, non del tutto, quindi preferì seguirlo.
Socchiuse le palpebre, aprendole lentamente per notare da dove provenisse quello sfregamento continuo e dolce contro la sua guancia, e sorrise alla vista di Marco, seduto a terra e al suo fianco, a fargli compagnia assieme alla sua narcolessia. C'era ancora chiasso, così come la musica, ma almeno era sollevato di essere immerso in quel tepore, in quel cerchio di famiglia con i suoi fratelli e con il suo lui.
-Ci stiamo divertendo.- rise, spontaneo e senza troppi pensieri mentre, chiudendo le palpebre, sospirò, quasi grato che fosse una giornata così allegra, e che fosse con il suo amato. -Dove sei stato? A studiare?-
-Sì.- gracchiò, portandosi poi una mano a coprirsi la bocca, già pentito della menzogna; con il gomito contro la coscia, al contrario dell'altra che si godeva della dolcezza della chioma mora del dolce ragazzo, disteso a respirare.
-Tutto bene? Posso darti una mano.- aprì un occhio, affermando con convinzione quelle parole, ridendosela prima di mugugnare e mettersi seduto, saltellandogli più vicino nel vedere quello sguardo conflittuale. -Che hai? Perché sei così adesso? Anche ieri...-
-Oh, no, non è niente. È solo che... Diciamo che c'è un grosso esame che devo dare, è quasi quello definitivo. Ci tengo molto a presentarlo come si deve, quindi... Sono un po' agitato, nulla di più. Ma ora ci sei tu.- sorrise mettendo giù l'arto dalle labbra, continuando a coccolarlo con foga sulla schiena, e con Ace che quasi fece le fusa verso di lui, per tutte quelle attenzioni.
-È normale, ma tanto, anche se non lo passi, cosa difficile dato che sei molto colto, potrai provarci ancora.-
-Mhm, lo spero.- concluse, chiudendo gli occhi e ghignando. -Ora cambiamo argomento, mhm? Vuoi andare a mangiare qualcosa?-
-Ottima idea!- sancì, afferrandogli la mano con un grande volto fiero, saltando in piedi per correre verso il grande e voluminoso tavolo da buffet. -Che bello. E sono felice che tu sia sceso: così è più allegra, questa festa.-
-Che onore, sentirti dire queste parole, Ace.- sghignazzò, afferrandolo per i fianchi appena si mise seduta, e sospirandogli aria calda contro il collo, assaporando i suoi frettolosi brividi.
-Ohm... Eh... Sei... Sei esagerato ora.- balbettò, adagiandogli una mano sul petto, ma nel vederlo scoperto e nel sentire il calore contro il suo palmo, arrossì, capendo l'errore compiuto, così si distaccò in fretta, indietreggiando e andando a sbattere contro il bordo del tavolino, che vibrò con tutti i piatti sopra. -Cioè... Beh, magari quando siamo in camera... No?- farfugliò sempre più piano, fino a coprirsi, con una mano, il volto infuocato, ma boccheggiò confuso nel vedere, in Marco, della serietà che comparse, quasi con cattiveria, e fece una smorfia, mostrandola con fare scettico davanti al biondo che, scuotendo il capo si affrettò a chinarsi per accontentare la sua ingordigia, afferrandogli le labbra con desiderio e bramosia, costringendolo a restare incastrato contro il tavolo, ma ad Ace non sembrò dispiacere, tanto che avanzò verso la sua metà con il volto, frettoloso e socchiudendo le palpebre sempre più. La musica era alta, le persone anche, e tutte ammassate a ballare creavano una barriera perfetta che li nascondeva, o comunque, i ragazzi erano troppo impegnati per fermarsi ad ammirarli, e dubitava, Ace, che avessero voluto farlo.
-Ehi... Fantastico.- concedette senza fiato, leccandosi poi le labbra per poi ingoiare un rovente groppo di saliva, sentendosi più accalorato di poco prima se fosse stato possibile mentre, tossicchiando, si voltò con il capo per afferrare un piatto di plastica. -Okay, mhm, tu vuoi niente?- mormorò dopo essersi schiarito la gola con un verso gutturale ma Marco negò e allora il moro afferrò tutto ciò che potesse inserire dentro all'oggetto nella sua mano, dato la montagna di roba che ci mise sopra.
-Ehi, Luffy!- lo notò in lontananza, e gli sorrise per come fosse più intento a mangiare che a dargli retta, come suo solito. Era così sollevato, però. Non si era mai sentito così... Così sicuro di stare bene. -Adesso inizia una nuova vita, no?- si voltò verso il biondo, ma lo vide incupirsi un attimo prima che annuisse con un sorriso soddisfatto.
-Ehi, ma che hai?- borbottò affranto, non volendo che tutto questo fosse troppo per lui prima che, pensando di comprendere la sua paura, sancì: -Guarda che parlo anche di te: la mia vita inizia insieme al mio Marco. Non preoccuparti!-
-Lo so, grazie.- farfugliò, avvicinando due dita alla sua chioma e accarezzando la sua pelle, dalla tempia fino a giungere a dietro l'orecchio. -Sei così bello, Ace.- concedette, rasserenato da ciò che voleva: era accaduto, no? Ace voleva vivere, finalmente. Ma purtroppo, c'era ancora un maledettissimo particolare! Quell'Akainu del cavolo! Però..., ghignò di più nell'immergersi in quelle pupille castane, con quel volto perfetto e lentigginoso che avvampò nuovamente; Marco lo avrebbe catturato, per il loro bene. Amava così tanto, Ace...
-G... Grazie, anche tu.- esordì farfugliando e a occhi quasi chiusi, diretti verso il basso mentre un tenero e gioviale sorriso la fece da padrone su di lui. -Va bene, ohm, sai, ecco... Beh, non so se vuoi, ma potremmo ballare, che dici?- ridacchiò, impuntandosi con i piedi un attimo, sulle punte, quasi con l'intenzione di raggiungerlo in altezza prima di cedere nuovamente, con le suole, sul pavimento e guardare il suo volto illuminarsi.
-Sarà molto romantico, mhm? Anche se la canzone rock, al momento, non pare dello stesso parere. Comunque, mi dispiace ma vorrei sbrigarmi: domani devo svegliarmi presto.- esordì, prendendogli entrambe le mani dopo che Ace si fu riempito lo stomaco in un colpo solo, fin troppo veloce.
Lentamente quindi, Marco lo condusse più lontano possibile dal bancone, indietreggiando, per avere più spazio anche se li circondavano tutta la massa di studenti fraterni, ma non era un problema, e fu un pretesto per portarselo contro al petto di botto ma con leggerezza, stringendoli e sospirando nel sentire il suo profumo, chiaro e ardente, così come il suo volto in quel momento. E mentre Ace, balbettava che non fosse un problema e che lo avrebbe raggiunto più tardi, in camera dato che non fosse stanco al momento, iniziò a dondolarsi senza rispettare il tempo forte e accennato della musica, preferendo cullarsi e stringerlo a sé, ora che poteva allontanare tutte le preoccupazioni, almeno per un po'. Ne aveva bisogno, così come una dormita per schiarirsi le idee. Il biondo temeva così tanto, e, ora come ora, riusciva a capire, a imprimere la sensazione di poterlo perdere dentro il suo cuore: era così che si era sentito per tutti quegli anni, Ace, e se ne dispiaceva... Aveva sofferto molto.
Per quello, più lo faceva dondolare nelle sue braccia, forti per consolarlo senza che lui lo sapesse, più era intenzionato a difenderlo e a trovare quel mostro. Eppure era così felice, poteva sentire il respiro di Ace sul suo petto, e i suoi occhi che oscillavano dai suoi pettorali al suo mento. Era così pieno di vita quando c'era Ace, ed era così fiero di essere stato trovato da lui. Se ci pensava ora, non riusciva a immaginarsi nemmeno un giorno, un mattino o un minuto senza di Ace. Il suo bellissimo e perfetto Ace, e il suo raggiante sorriso.
Sarebbe rimasto ancora un po'; si disse Ace, continuando a ballare nonostante il calore delle braccia di Marco in lui fosse persistente ma non reale sul suo corpo. Il suo ragazzo era salito già in camera da parecchio, un po' se ne dispiaceva, ma con gli altri poteva, e si stava, sempre divertendo. Poi Thatch non faceva che discutere, dire battute, ridere e far ridere; soprattutto Luffy, che aveva una ilarità troppo contagiosa, per gli altri e per sé. Sabo invece, in alcuni momenti sembrava triste ma poi riprendeva a partecipare con l'allegria e questo lo sollevava, ma, iniziava a credere, dopo aver visto quello sguardo anche in Marco, che ci fosse davvero qualcosa che non andava e che doveva scoprire, perché, di sicuro non glie lo avrebbero rivelato facilmente. Era un problema, ma sperava davvero che non si trattasse di nulla di troppo serio, mormorò nella sua mente, però con un tono, già di per sé, troppo tragico dentro di sé. La mente già volava verso i reconditi meandri delle sue paura, rinfacciandoli i suoi sbagli apertamente, con crudeltà... E se fosse?
"Sabo, ehi, ma tu e Marco vi siete detti qualcosa?", rifletté, indeciso se provare anche in quel modo prima che le braccia del suo fratellino lo avvolsero attorno alle spalle, solo per trascinarlo, insieme, a rotolare tra la folla con lui, almeno finché non crollarono, lui tra mille risate, ed Ace ancora stordito.
-Okay, cosa?- sussurrò perplesso per poi scuotere forte il capo, ma fu una pessima scelta dato come, quella sala, iniziò a decomporsi, dividendosi e ondeggiando senza regole, però con lentezza. -Mhm...- mugugnò negativo, strizzando gli occhi intanto che Luffy chiedeva di farlo ancora, in ginocchio e saltellante, ma gli mise una mano contro la bocca per ammutolirlo, anche se questo non bastò per far cedere il movimento errato dei mobili e delle persone, con alcuni che li stavano osservando e con la musica che peggiorava solo il tutto, al momento.
-Cavolo... Che ti è saltato in mente...?-
-È stato divertente!-
-...Forse.- bofonchiò, scrutando le pupille nere del minore che se la ridevano anche loro, dato come brillavano mentre Sabo li raggiunse. -Ehi, ti sei perso il giro gratuito.- ironizzò, con Luffy che subito affermò di poterlo rifare anche al biondo, che però indietreggiò, al punto da scappare se non fosse che, il lentigginoso lo braccò per una spalla con un ghigno che stava quasi a dire: "Ma come? Vuoi davvero perderti questa possibilità?", perché era certo che, mentre lui girava come una trottola, Sabo se la rideva con Thatch, che ora era impegnato con una splendida fanciulla al bancone, forse una dell'università.
E fu lui, quindi, a sbellicarsi alla vista dei suoi fratelli e di come si dimenarono, con troppa foga da far cadere alcuni come un domino, compresi loro stessi. Passandosi poi una mano contro la fronte, cercò di fermarsi dal ridere, di muovere freneticamente il petto per tornare a respirare, iniziando comunque ad avanzare, con difficoltà e con qualche lacrima divertita che scivolò sulla sua guancia; ad allungare un arto verso il biondo fratello che, però, invece di approfittarne per risalire, lo catapultò in quella mischia, tra le grosse ilarità di tutti intorno, compreso Barbabianca; salvo un paio di vittime di quell'"attacco", intanto che la musica si era fermata.
-Oh, caspita...- bofonchiò esausto, Ace, a occhi chiusi e con i pensieri che vorticarono nuovamente, con la stanza che si scosse prima di fermarsi quando atterrò mentre si accorse, poi, di essere disteso tra il busto di Luffy e le gambe di Sabo, così si scostò, cercando di evitare anche gli altri ragazzi che tentavano, come lui, di alzarsi.
-Si rifà?- esultò con un balzo, il minore prima di ricevere, questa volta in coro, un forte e intonante "No!", che fece solo più sganasciare il vecchio gigante e coloro che non erano stati protagonisti di quella tragica e aggrovigliata caduta.
-Penso invece che andrò da Marco, a dormire.- sancì, alzando le spalle con indifferenza e scrutando i fratelli nel momento in cui la musica tornò, e Luffy, annuendo, tornò a festeggiare, raggiungendo gli altri mentre Sabo optò per seguirlo, affermando che anche lui era stanco. -Va bene, allora andiamo.- sorrise, adagiando una mano contro la sua spalla e avviandosi, facendosi strada tra i ragazzi, che erano tornati a dimenarsi abbastanza in fretta, incasinando così la via.
Con uno sbuffo di sollievo, sorrise Ace per essere riuscito nell'impresa di rimanere solo con lui, e, ormai fuori dalla sala assieme a Sabo, riprese fiato, scrollandosi il capo e sfregandosi il collo con una mano, sbadigliando e stiracchiandosi con un braccio. Mugugnando ancora indeciso e stropicciandosi il naso con occhi socchiusi intanto che il fratello proseguì, precedendolo ma senza fretta, Ace cercò di non trattenere la sua bocca, ma sembrò troppo collosa ora che la paura continuava a formarsi come una grossa palla di cotone, nel suo petto. Scrollò ferocemente il capo e lasciò che la musica alleviasse tutto così in fretta da fargli dimenticare quasi ogni cosa, e leggero come musica si affiancò a Sabo nuovamente, in quel lungo corridoio che li allontanava dalla soffocante sala.
-Allora, domani che facciamo?-
-Beh, io devo lavorare, quindi...- mormorò prima di sorridere ancora più ampliamente Ace: poteva tornare, o meglio, iniziare a trascorrere una vita tranquilla, come mai. Era una cosa troppo incredibile! E forse si notò dall'entusiasmo che traspariva nel suo volto, dato come Sabo gli chiese come mai fosse così allegro di andare a lavorare. -Beh, sai, per una volta farò qualcosa perché voglio, non perché devo mettere soldi da parte e stare attento a chissà chi.- si spiegò, con gli occhi rivolti al terreno dalla commozione, quasi, e il sorriso ebete che non se la sentiva di togliere; in questo modo, però non notò lo sguardo ferito dell'altro, ed Ace rialzò il mento da terra solo quando arrivarono nei pressi delle scale.
-Mi farai compagnia?-
-Ma certo, ci sarà da divertirsi! E magari ci raggiunge anche Luffy, dopo scuola.- gracchiò allegro, sincero e sospirando poi, ma con un fiato troppo pesante per i gusti del lentigginoso, che piegò un sopracciglio confuso. -È meglio dormire, e poi, anch'io ho del lavoro da fare, ma non toglie che starò con te. Rivedrò i miei documenti su qualche tavolino quando ci saranno troppi clienti, e poi, una rivincita a calcetto non ce la toglie nessuno.-
-Va bene, ma devi raccontarmi anche cosa c'è che non va. Ti vedo troppo cupo: è per la causa? Puoi prendertela comoda se ti stressa troppo.-
-No, tranquillo: e comunque, è meglio che la finisco in fretta, così potremmo goderci la nostra nuova vita. Non vedo l'ora: gli ASL tornano!-
-Tornano vittoriosi!- si aggiunse al coro, abbracciando a quel punto, con un braccio attraverso le spalle, Ace, senza dare conto che rischiarono così di rotolare indietro in quei pochi gradini che avevano fatto, ma Sabo, che fu il primo a scivolare di un passo indietro, si trattenne e resse entrambi con una smorfia prima di ridere.
-Ah, sempre se non mi fai perdere proprio ora, con l'equilibrio.- ironizzò, rialzando anche Ace e tornando a salire con lui, felice di potersi svagare ancora un po' prima di finire in un turbine di pensieri appena sarebbe entrato in contatto con il proprio letto.
-Scusa, non volevo.- sghignazzò, sospirando e sfregando per bene la mano contro la schiena del biondo, stranamente con l'amarezza in bocca che lo spense un po', ma sospirò, stringendolo di più come se non lo volesse lasciare, non questa volta.
Aveva una pessima sensazione... Scuotendo il capo, però, e sotto gli occhi, adesso perplessi di Sabo ma che, Ace, preferì non dar retta, si divisero in un silenzio quasi spettrale, permettendo prima al biondo, alla sua sinistra, a passargli davanti per giungere verso la sua porta, e presto imitato dallo stesso Ace, che alzò una mano per salutarlo. -Buona notte!-
Alla fine, comunque, non vedeva l'ora di domani, per passare il loro primo giorno senza preoccupazioni o intrighi, o imbrogli. Lo sperava davvero, così tanto da fingere che nessuna preoccupazione fosse vera, da fingere che fosse vero che Sabo fosse stanco solo a causa del suo lavoro. Sì, di questo era davvero fiero, ora erano salvi; sorrise, inspirando poi più a fondo l'aria per prepararsi a non fare rumore, e abbassò la maniglia, felice di poter stare abbracciato al suo Marco fino a domani.
Si addentrò fino a immergersi sotto le coperte, gongolando per il calore eccessivo che ricevette, e senza dare importanza che fosse vestito si voltò; e con una risata delicata avvolse la guancia di Marco nella sua mano, sospirando al sapore del suo tepore, socchiudendo poi gli occhi davanti a quelli assopiti del biondo.
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