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È questo un padre?

Socchiuse un occhio, sbadigliando e facendo fremere la punta del naso, strizzando le palpebre prima di mettere a fuoco il tatuaggio blu che aveva davanti, e sorrise, contento di avere un'altra illusione, ormai quasi abituato ad esse. Forse aveva bevuto troppo ieri... Aveva bevuto? Beh, poco importava. Certo, se solo ricordasse cosa avesse fatto prima di tornare a casa, o proprio in linea generale... Ma non era il momento, si disse.

-Marco...- mormorò contento, strusciandosi contro quei muscoli e annusando il suo odore mentre si sentiva stringere da quelle braccia ancora di più. Che bello, pensò, anche se non credeva che potesse rivelarsi così reale il tocco di un qualcosa di immaginario, ma volle goderne intanto che decise di iniziare, e provò a ricordare di ieri sera: per avere un'altra visione come quella e così tangibile doveva essersi ubriaco tanto.

-Buongiorno, dormito bene?-

Quella voce..., era così viva e reale nelle sue orecchie, così dolce... Sorrise ancora, ad occhi chiusi mentre ripercorse i ricordi; c'era stata la festa ora che ci rifletteva; sì, del compleanno, e proprio di Marco guarda tu; e poi... Teach, quello schifoso!; però le parole di Marco erano state fantastiche, ma poi anche Thatch che lo voleva far ballare con qualcuno, forse, e ne era certo, con Marco..., per non parlare del pigiama di Marco e del suo odore, che era così forte in quel momento, intensificato come se aleggiasse ovunque... Eh? Come? Il pigiama? Oh, no... Era vero! Era tutto dannatamente vero quello, non fantasia! Ci stava dormendo sopra!, come aveva potuto dimenticarsene! Quello che stava abbracciando, o che lo stava abbracciando, era Marco, quello vero!

-Ah! M-Marco!- urlò sconvolto, scansandosi di scatto con così tanta furia da rotolare a terra al centro della camera, finendoci di sedere; e tirò aria nei polmoni al massimo per darsi la carica, stringendosi nelle spalle, e guardandolo dal basso verso l'alto, lì, nel suo letto, che lo osservava leggermente preoccupato. -S-scusa!- si affrettò, seduto, a chinarsi con il busto in segno di dispiacere.

-Perdonami, mi sono appropriato del tuo letto, e-e... Ecco, non volevo fare quelle cose che ho fatto prima...- mormorò, rosso in volto, e guardando il pavimento, imbarazzato per aver osato tanto con lui: aveva perfino mosso la guancia contro quel petto scolpito e stupendo come avrebbe fatto un gattino in cerca di coccole e che emetteva fusa!

Si irrigidì, sentendo le coperte frusciare e i passi dell'altro arrivargli davanti fino a chinarsi su un ginocchio. Temeva un rimprovero, non che gli coccolasse la chioma corvina e spettinata mentre boccheggiò, incredulo, restando a testa bassa e a occhi sgranati per quel gesto di affetto.

-Vieni, andiamo a fare colazione.- rispose tranquillo, sorridendogli gentile.

-Mhm... O-okay...?- mormorò confuso, alzandosi e tenendosi però, leggermente distante, mandando uno sguardo intorno a sé, impacciato e agitato, sfregandosi un gomito con una mano; osservando dalla gabbietta con il pappagallo, pulita e brillante come sempre, fino alla scrivania vuota e libera prima di farfugliare: -Che ore sono?-

-Quasi mezzogiorno.- continuò a essere allegro mentre gli prese la mano; anche perché era fiero di aver potuto godere appieno della serenità, nei sogni, di Ace; davvero sereno tra le proprie braccia mentre lo coccolava, cercando di non destarlo; sperava solo di non aver osato troppo, anche se era incosciente. Poi lo aveva visto aprire di poco quel bellissimo occhio e farfugliare il suo nome con gioia, peccato che fosse balzato lontano come scottato quando aveva capito che stesse realmente accadendo.

Ace, invece, lo guardò sconvolto: Aveva dormito così tanto... con lui?, trasalì nel pensiero, arrossendo di più anche per via della mano che ora stringeva la propria, e si chiese se Marco si fosse svegliato prima di lui, per poi rimanere a guardarlo. Sarebbe stata una cosa imbarazzante e sbagliata!

...Giusto?

-M-ma... se è così tardi, forse non dovremmo fare colazione...- lo diceva più per lui, dubitava dormisse tanto, e quindi aveva orari diversi, perché, lui mangiava sempre quando aveva fame e quindi il problema non sorgeva; e poi... Il pigiama! Non poteva uscire in quel modo! Già poteva udire i commenti di Thatch, o gli sguardi curiosi delle altre persone, pensò mordendosi la lingua tra i denti, senza farsi male e con una smorfia, rosso in volto.

-Aspetta!- urlò stravolto, fermando bruscamente l'andatura dell'altro che non riuscì nemmeno a raggiungere la porta, venendo quasi spinto indietro dall'altro. -Oggi è martedì! Il lavoro! Io... Devo andare, scusa.-

-Ehi, ehi.- si voltò e lo braccò subito da quella che stava per diventare una corsa improvvisa; prendendolo dal busto allungando un braccio, e guardandolo al suo fianco mentre sembrava volerlo ascoltare senza spostarsi, con il suo volto a inquadrare il proprio, entrambi fermi sul posto. -Guarda che oggi l'università è chiusa: hanno festeggiato troppo ieri, nessuno avrebbe abbastanza forza mentale nemmeno per una semplice equazione. È già tanto se riescono a stare in piedi.- lo rincuorò, portandoselo davanti con il braccio e con l'altro che indietreggiò mentre dietro aveva la porta, ancora chiusa.

-Oh... Davvero?- attese un cenno affermativo, un po' preoccupato di perdere il lavoro, e anche di deludere Lucci in fin dei conti, piccione compreso, e poi sospirò, più tranquillo, anche se si diede dell'idiota: stava per andare al bar in pigiama... E con quello di Marco.

-Quindi, oggi non lavoro...- ci ragionò su, come se fosse una cosa troppo strana e paranormale; socchiudendo gli occhi e sbadigliando senza coprirsi mentre stringeva, con una mano, il lembo della maglia azzurra che teneva; all'altezza del cuore che palpitò al ricordo di chi appartenesse, e all'odore che trasmetteva.

-Dovrei togliermelo, no?- mormorò, sperando in una risposta negativa nel guardare Marco, e forse, le sue pupille uscirono fin troppo dispiaciute, o forse la sua voce, ma il biondo si limitò a scuotere la testa e a commentare, magari proprio per quella reazione; con un:

-Tranquillo, se vuoi, puoi cambiarti dopo colazione.-

-Ohm...- arrossì, accostandosi di nuovo a lui con un sussurrato "Okay.", e tornando a prendergli la mano, sperando non si offendesse, ma gli era piaciuto prima quando era stato lui a coglierla, e voleva riavere quel tocco su di sé, ricevendone solo un sorriso sincero dal biondo nel vedere come si avvicinasse a lui e quel rapporto che cresceva.

-Andiamo.-

Marco aprì la porta, percorrendo poi il corridoio desolato dopo che Ace la ebbe richiusa, e lasciando udire alle proprie orecchie il suono ripetuto e secco dei loro passi nell'aria; magari gli altri erano in sala, o in stanza, pensò, iniziando a scendere le scale a chiocciola, arrivando poi a destinazione, in quell'immensa stanza dove pranzavano o si riunivano, e che regnava incontrastata della metà di figure dormienti che abitavano quel luogo, adagiate nei posti più impensabili; eccetto suo padre, seduto sul suo trono a sorseggiare sakè, e tenendo d'occhio tutti i suoi figli, senza che nessuna delle ragazze lo rimproverasse perché bevesse, visto che erano a riposare. Erano tutti stanchi dato ieri sera.

-Buongiorno Marco... Teach non c'è, vero? E da ieri sera che non lo vedo, mi sto iniziando a preoccupare.-

Si ridestò a quelle parole, volandosi a guardare il moro che scrutava in giro con tono minaccioso; sembrava pronto a picchiare chiunque si sarebbe avvicinato, soprattutto un certo ciccione di loro conoscenza, e lasciò che il proprio respiro vagasse nell'aria, dispiaciuto, controllando un attimo con gli occhi poi per avere la certezza anche lui, ma si fidava di Thatch; visto che sapeva che Ace avrebbe dormito da loro, gli avrà intimato di non lasciare la stanza nemmeno se l'istituto avesse preso fuoco.

-Buongiorno padre. No, non c'è. Ma tranquillo, forse avrà solo mal di testa visto quando ha bevuto: sarà a riposare ancora.-

-Se compare, gli tiro un pugno. E non chiedo scusa, sia chiaro.- volle intendere, deciso e furente per l'affronto subito ieri sera, limitandosi che solo Marco ascoltasse quelle parole minacciose e che decise di non rispondere, perché capiva e lo accettava. Avrebbe spiegato poi, a suo padre ogni cosa, tenendo da parte certi particolari, dato che Ace non avrebbe voluto. Ma ovviamente, proprio come gli aveva promesso, non avrebbe permesso che gli si avvicinasse più, e nel ribadirlo, strinse di più la presa della mano del moro che lo osservò curioso e in modo pacato prima di irrigidirsi in un attimo.

-Ace!- l'urlo forte ed energico di Thatch provocò molti mugugni di dissenso da parte dei ragazzi, distesi a terra che strizzarono gli occhi; e, alcuni, decisero di tirargli un cuscino in faccia, brontolando.

-Ciao...- ricambiò il saluto, osservandolo prendersi in pieno volto quel guanciale candido e soffice che ricadde subito dopo a terra, lasciandolo con una faccia di sufficienza, e che lo fece ridere, tranquillizzandolo perché non era la persona che aveva temuto: per un attimo temeva fosse sbucato fuori Teach; invece, per fortuna, era il suo amico cuoco.

-Uff... Maleducati.- guardò male i dormienti, che lo ignorarono, prima che si avvicinasse e passasse con un braccio, le spalle del moro. -Vedo che hai il pigiama di Marco. Com'è andata, dormito bene?-

-Molto, sì. Grazie.- arrossì, deviando lo sguardo ma tenendo ancora la mano del biondo vicino a sé, e stretta a sé. Figurati se non sarebbe stato il primo argomento, quello, esclamò con uno sbuffo, osservandosi in quei vestiti troppo comodi e caldi.

-Ci credo: avevi il pigiama di Marco! E lo hai ancora. Hai più che dormito bene.- sorrise scaltro, mandando un'occhiata all'amico accanto che soffiò aria seccata dalla bocca, con uno sguardo infastidito mentre Barbabianca si godeva la scena con il solito sorriso gigante.

-Ahm... ecco...-

-Dove hai dormito? Non dirmi che Marco ha osato farti stare nel letto di scorta!- fece, finto sconvolto, ma si capiva scherzasse.

-Ecco...-

-Ace ha dormito nel mio letto.- interruppe Marco, guardandolo come a capire se avesse continuato o meno con quelle battute; ommettendo, però di fargli sapere che gli aveva fatto compagnia.

-Oww, che dolce. Neh, Ace?- gli diede una lieve gomitata di intesa su un fianco, mentre il moro si strinse nelle spalle, mordendosi il labbro nel sentirsi osservato da quell'omone su quella sedia enorme; perché lo stava osservando?, pensò infastidito. E perché proprio lui!

-Finiscila, Thatch.-

-Oh, andiamo, non è giusto: perché sei dolce solo con Ace?- ridacchiò, beccandosi un calcio nell'addome e uno sguardo irritato dal biondo che teneva una smorfia sul volto, a braccia scoperte sul petto nudo prima che venisse travolto dalla figura dell'altro che gli urlò contro per quel gesto funesto per poi iniziare a spingerlo indietro venendo ricambiato con la stessa moneta in una lotta fronte contro fronte tra le proteste generali per quel casino; e tutto quello, al momento, era ignorato alle orecchie e agli occhi del diretto interessato di quella discussione, troppo concentrato a scrutare di sottecchi Barbabianca che ricambiava apertamente, bevendo ancora.

-So che eri alla festa di mio figlio.- rise a gran voce, anche se smise subito e attirando l'attenzione degli altri due che cessarono di bisticciare in quel modo bizzarro mentre gli altri, stesi a terra, sembrarono infastiditi ma non dissero nulla questa volta, voltandosi su sé stessi alla ricerca di una posa più comoda.

Ace li guardò strano a quel punto: Se Thatch parlava, sì ma se era quel "padre" a disturbarli con le sue risate sguaiate non emettevano nemmeno un suono? Erano scemi, o cosa?

-Sì, esatto... Ehm, buongiorno signore...- affermò cordiale, guardando le enormi ginocchia; parlando piano per non arrecare danno a quelle persone, e portando le mani lungo i fianchi, chinandosi in segno di saluto prima di tornare in posizione eretta, osservandolo come se fosse un animale mitologico da studiare e capire.

-Buongiorno.- continuò a sorridere, quasi a fondersi con i suoi baffi all'insù e lunghi; ed Ace pensò, socchiudendo gli occhi con sufficienza, che non poteva, né sopportarlo, né tollerarlo: i padri erano fastidiosi...

-Padre, mi dispiace interromperti, ma desidero discutere, in privato, di una cosa importante.- espresse le sue parole, Marco con tono cauto e di rispetto.

Ace strabuzzò gli occhi, restando a bocca aperta appena Barbabianca si fu alzato, mostrandosi esattamente per quel che era: un gigante. Tra poco avrebbe raggiunto il lampadario e si sarebbe beccato una testata contro il soffitto, pensò, scrutando poi il biondo e quel colosso avviarsi verso un'altra stanza, più appartata, e sperò solo che non raccontasse quello che temeva.

-Visto quanto è grande il mio babbo?- si vantò, continuando a tenerselo vicino, con il braccio sulla spalla dell'altro, il castano.

-Ecco... Mhm... Ma Marco non sta per dirgli che, insomma, Teach mi stava per... mhm...- farfugliò cupo, non volendo che altri venissero a saperlo, almeno senza il suo consenso; riprendendosi nell'udire lo scrollamento amichevole dell'altro.

-Tranquillo. Marco rispetterà la tua volontà; è andato solo a riferire che Teach ha avuto un comportamento sconveniente, troppo anche.-

-Capisco.- mormorò, e, in fondo, lo trovava giusto, rifletté. Oh, ma cosa diceva; a chi importava se doveva avvisare quel titano di cose che riguardavano altri? Bah, si credeva troppo un padre per capire che non lo era nemmeno un po'!

-Ace?-

-Mhm?- si voltò, osservando curioso il castano e lo strano cambiamento di tono nella voce che aveva avuto, ora molto più serio e teso. -Cosa c'è?-

-Tu... Tu!- si distaccò con fare sconcertato, puntandogli il dito contro come se fosse spaventato, e, d'istinto portò la medesima sensazione al lentigginoso che indietreggiò, confuso e preoccupato che avesse capito qualcosa di sconveniente, come il fatto che non sopportasse Barbabianca e il suo voler imitare i genitori, o i padri in generale, o che avesse capito di chi fosse figlio; quest'ultima lo terrorizzò maggiormente da fagli ingoiare un groppo amaro di saliva, in gola.

-Non hai ancora fatto colazione!-

Continuò a urlare, lasciando che gli altri si lamentassero perennemente per il suo comportamento irrequieto, prima che lo portasse via, senza fargli neanche dare una risposta; lasciandolo solo con un volto, anche se più sereno, ancora perplesso, e con le pupille che sembravano aver udito qualcosa di innaturale: non se lo aspettava.

-Ma... non aspettiamo Marco?- si lasciò sfuggire, troppo piano perché lo sentisse mentre si lasciava indietro la sala con i sospiri grati e appagati dei ragazzi, contenti del silenzio, tanto agognato e ora tornato.

Si lasciò a sedere, dopo aver varcato la soglia delle ante della cucina, sulla prima sedia grigia disponibile, tra le tante; lì tutto era di quel colore, come le nuvole prima della pioggia. Chiuse e riaprì le palpebre due volte, e in un attimo, si ritrovò i piatti davanti, di una colazione che, dire completa era poco, almeno secondo i suoi canoni.

-Wow! E che buon profumino!- esclamò, rivelando la sua impressione ad occhi, piacevolmente sgranati, e la lingua a leccarsi i baffi prima di affondare la forchetta, dopo averla presa da sopra il tovagliolo, nel piatto di pancakes, con accanto una torta, dei biscotti, e, con l'immancabile bicchiere di latte caldo.

-Grazie. Sai, è la prima volta che Marco sta così tardi in stanza e non per studiare... Che avete fatto? Parlato?- sorrise, sedendosi e mettendosi in modo da avere lo schienale davanti al petto.

Ace alzò lo sguardo, notando che non c'era nessun barlume di malizia o altro in quelle parole, così inghiottì il pezzo di cibo, annuendo leggermente, anche perché, quello avevano fatto, in effetti.

-Però, ammetto di essere io quello che ha dormito fino ad ora.- specificò. -Almeno credo. Mi sembrava già sveglio, Marco. E i regali che c'erano ieri sulla scrivania erano scomparsi, quindi magari gli ha messi in ordine.-

-Sì, lo immaginavo. Ieri ci siamo divertiti molto... al contrario di un certo festeggiato.- affermò, con tono di rimprovero per l'ultima frase mentre guardò dietro le spalle del più giovane, diretto alla porta da cui provenne un sospiro.

-Tranquillo, mi sono divertito molto anch'io.- esclamò, serio.

-E allora perché lo dici così? Non sembri allegro.- mormorò confuso, per poi indicargli la torta nel suo piatto, che poi era stata preparate per lui, ieri: -Ne vuoi?-

-No, grazie, Ace.- prese posto, guardando il castano che lo scrutò male.

-Visto? Lo dice anche Ace che sembri triste!- disse, offeso da quel comportamento ma porgendogli comunque un piatto di pancakes e una tazza di caffè caldo.

-Non triste, indifferente. Però, è sempre così, no?- chiese piano, curioso, finendo la colazione e congratulandosene con un sorriso.

-Beh, non sempre. Ma è felice soprattutto da quando ci sei...- venne interrotto ancora, Thatch, per via del colpo di Marco da sotto il tavolo ma che riuscì a schivare in tempo.

-Non hai niente di meglio da fare?- sbottò, lievemente innervosito mentre quello sorrise di più.

-Oh, beh. Se volevate restare soli, bastava dirlo.- ridacchiò prima di fermarsi, osservando Ace alzarsi, come se non avesse ascoltato i loro discorsi, e iniziare a mettere in ordine le stoviglie usate, andando verso il lavabo.

Stava esagerando, si disse. Thatch aveva troppo ragione: lo frequentava troppo, e la situazione era degenerata da ieri sera a quella mattina, per non parlare da quando lo aveva conosciuto in generale. No, doveva fermarsi, non poteva continuare così: Marco non meritava di soffrire per quello che le persone avrebbero detto di lui nel vederli insieme, e non meritava di stare con una persona come lui in primis, troppo imperfetta, troppo sbagliata... Socchiuse le palpebre, malinconico di dover abbandonare quella felicità e quel calore che gli sapeva trasmettere, come quando era ad abbracciarlo, nel suo letto. Ma tanto, nel sapere anche lui la verità sul suo conto, lo avrebbe odiato come tutti gli altri.

-Ace? Tutto bene?- gli diede una lieve pacca, il cuoco; sporgendosi a scrutare il suo volto così cupo senza che riuscisse a trovarne un motivo, davanti al lavandino ormai, e con il tavolo distante dove ancora regnava la figura interessata di Marco che li osservava, seduto a dargli le spalle ma voltato con la testa.

-Mhm? Oh, sì. Stavo... solo... pensando.- borbottò, aggiungendo mentalmente che anche Thatch lo avrebbe odiato; già, si convinse.

-Pensi troppo.- si lamentò lui, con disapprovazione ma sempre ironico.

-Mhm...- mugugnò indeciso, prima di ravvivarsi e annuire, imprecando mentalmente visto come era sembrato, già un paio volte, perso in un altro mondo, e non voleva farsi vedere con così tanta tristezza da quei due, quindi si affrettò a dire, più contento: -Cercherò di farlo di meno, allora.-

-Ma devi dirmi la verità.- sussurrò, facendoselo più vicino, Thatch. -Stavi pensando a... Tu sai chi?-

-No, e smettila.- arrossì, con il diretto interessato che li raggiunse.

-"Tu sai chi?"- commentò curioso, Marco, facendosi avanti in mezzo ai due, e guardando diffidente l'amico che ridacchiò.

-Sì, non lo conosci? Molti lo sanno con il nome di... Voldemort.- esclamò, divertito, Ace, e pronunciando l'ultima parola con un tono abbastanza tenebroso ma scherzoso intanto che fissò il biondo con un sorriso, girandosi completamente, e lasciando il resto del lavaggio a più tardi, dato che, comunque, di lavare e risciacquare aveva fatto: doveva solo asciugare. Non seppe nemmeno lui perché, non seguiva la serie di questo personaggio, ma ne aveva sentito parlare, al Baratie, da Usop; magari nemmeno esisteva, forse era una creazione, una solita bugia del nasone; ma non voleva far capire a Marco di chi si trattasse in realtà mentre il sorriso del cuoco aumentava da orecchio a orecchio, in un modo, a dir poco, inquietante; ma forse stava solo dicendogli: "E così, hai capito Ace: non vuoi farti scoprire, furbacchione!".

Il lentigginoso rispose con una faccia di sufficienza; ma possibile che non capisse: Non voleva stare con Marco! Forse però, sarebbe riuscito a farglielo capire meglio a parole, vere.

-Harry Potter? E che c'entra?-

-Mhm?- tornò a guardare l'altro curioso, non capendo chi fosse il tipo appena pronunciato, e forse il cuoco lo intuì visto come gli si avvicinò, affacciandosi al suo orecchio.

-Harry Potter è una serie di film e libri.- gli spiegò, con Marco che sospirò, come rassegnato da quei segreti che però udiva bene nelle orecchie, soprattutto ora che gli era vicino.

-Ah. No, ma io non vedo la TV: ve l'ho già detto. Ne ho solo sentito parlare dagli amici di Luffy di questo Voldemort.- spiegò, grattandosi il capo impacciato, e lasciando che Marco alzasse un sopracciglio.

-Quindi... Parlavate di qualcosa che neanche conosci.- disse pacato e annuendo, capendo ormai la menzogna ma Thatch si affrettò a controbattere:

-Oh. Dovremmo rimediare, allora.- rise Thatch, per poi mettere in ordire il piatto, ormai vuoto, di Marco, insieme agli altri nella credenza, dopo averlo lavato; tra cui quello che Ace aveva utilizzato e pulito dopo averli asciugati entrambi. -Così eviterai di pensare troppo.-

-Pensare non è un crimine.- si difese, allora, Ace; leggermente offeso ma era più che voluto a partecipare a essere scherzoso.

-Capisco.- sghignazzò il cuoco, facendogli l'occhiolino e bisbigliando. -Se poi pensi a "Voldemort"...-

-Marco non è Voldemort.- protestò subito, accigliato, ma arrossendo subito dopo. -Ahm... Cioè, io non sto pensando a... a Voldemort...-

Marco non poté fare a meno di sorridere, onorato da quella rivelazione e allungando poi una mano sulla capigliatura del moro ma che si distanziò subito dopo scuotendo il capo imbarazzato.

-N-non s-stavo pensando a te...- mormorò, distogliendo lo sguardo dall'azzurro di quegli occhi.

-Certo che no...- fece ironico, il cuoco, prolungando la prima vocale di molto.

Era così stanco: non poteva farsi avvicinare in quel modo, pensò Ace irritato. Ma era così difficile, più arduo di ogni sfida stargli lontano; e ne aveva affrontate di sfide! Forse doveva tornare a casa, in fondo, Luffy sarebbe tornato a breve, e lui doveva sistemare la casa, e sperare di sopravvivere un'altra sera... Sopravvivere, giusto... Sempre così, sempre quello doveva fare... No?

-Ace?-

-Ahm... Scusate, ma penso che io ora debba tornare a casa mia...- mormorò, voltandosi verso la porta prima di ricordarsi in che indumenti era, e sentirsi ancora più a disagio; ma la cosa più importante: si sarebbe ricordato la strada per la camera di Marco?; quel posto era immenso!

-Ma hai detto che non avresti più pensato troppo!- si offese, il castano, con una finta smorfia ma venendo ignorato da entrambi.

-Tranquillo.- espose il biondo verso Ace, facendo un passo avanti e lasciando che il lentigginoso imprecasse nel pensiero senza che lo sapessero. -Ti possiamo accompagnare, dopo che ci saremo cambiati.- disse, dato che tutti e tre erano con i loro pigiami, con il castano che fece un giro su sé stesso dentro il proprio, colore arancio, affermando di essere sempre sexy e pronto per fare conquiste anche così.

-No, non c'è bisogno.- sussurrò. -Vado a cambiarmi, grazie di tutto.- esclamò poi, voltandosi e facendo un distinto inchino per poi recarsi fuori, aumentando poi l'andatura fino alle scale, e infine nella stanza che trovò senza capacitarsi lui del come: non si era perso. Raccattando poi i propri vestiti in fretta e furia, e abbandonando quelli del biondo con rammarico, ma in ordine sopra al letto. Per un attimo ebbe la tentazione di portarseli dietro, con la scusa che non lo avrebbe mai più rivisto e che si meritava un ricordo; ma lasciò che l'istinto non lo sottomettesse e abbandonò la stanza dopo aver salutato, con la mano, il pappagallo nella gabbia che cinguettò prima di voltarsi verso il panorama alla finestra, finito di guardare i suoi movimenti.




Non aveva dubitato di ritrovarsi Marco e Thatch fuori dalla porta di quella stanza, ma era subito sobbalzato dalla sorpresa; forse il primo più convinto dal secondo, o magari il contrario ma almeno lo avevano accompagnato fino al portone di quei dormitori; e poi si era recato alla sua macchina, mettendola in moto veloce per recarsi al primo supermercato che avrebbe trovato, e poi alla propria dimora. Ricordava vagamente di quello che era accaduto ieri sera, ma non avrebbe mai pensato che, nel sonno, si sarebbe accoccolato a Marco! Ah, era meglio non pensarci, si disse, già completamente rosso dall'imbarazzo: stava guidando, e non doveva distrarsi... Anche se gli dispiaceva non poterlo più rivedere, certo, lavoro a parte. Beh, ora la cosa importante era un'altra, e poi, quando sarebbe tornato a casa si sarebbe anche dovuto cambiare le fasciature; era meglio che se lo tenesse bene a mente questo particolare, anche se non sarebbe stato difficile farlo: davano fastidio averle penzolanti e non fisse all'interno dei suoi indumenti, e prudevano.

E poi... Poi si sarebbe lasciato andare, permettendo che la mente paragonasse tutto quello a un semplice quanto amato ricordo che non sarebbe più tornato ma che avrebbe custodito nel cuore con molta gelosia, come quando gli prendeva la mano, o gli accarezzava i capelli, o lo abbracciava... Sterzò alla prima curva a destra, socchiudendo gli occhi e mugugnando, ascoltando il muscolo nel petto accaldarsi a quei pensieri e tremolare denso di emozione intanto che continuò su quella strada infinita.

Già gli mancava, Marco...


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