Christmas Gift- A Natale tutto combacia
Natale 1997
«Salvio Hexia... Protego totalum», Dora pronunciò decisa quegli incantesimi mentre, con la bacchetta, eseguiva il giusto movimento per lanciarli.
Era la notte della vigilia di Natale, Remus aveva appena superato l'ennesima luna piena ed era andato a letto molto presto; così la donna ne aveva approfittato per terminare i preparativi della sorpresa che aveva architettato per lui.
Si erano in realtà ripromessi di non regalarsi niente, il bambino che stava crescendo dentro di lei era già sufficiente come dono, niente avrebbe potuto eguagliare la gioia che stavano provando nell'aspettare la sua nascita.
Tonks aveva, però, da un po' di tempo, un'idea che le frullava per la testa e aveva deciso di approfittare di quell'occasione per metterla in pratica.
Avrebbero trascorso la festività da soli, con la guerra in corso non era prudente fare visite a parenti e amici ma era certa che sarebbero riusciti a trovare comunque un sereno equilibrio; il loro amore avrebbe sicuramente fatto dimenticare l'assenza degli affetti.
Spense tutte le luci e si diresse verso la camera, si sedette al fianco del marito e gli tastò la fronte per accertarsi che non avesse la febbre, uno dei possibili effetti della sua trasformazione. Fu felice di sentirlo fresco e, dall'aspetto, non sembrava neanche troppo sofferente; si perse per qualche istante a guardarlo, come adorava fare soprattutto quando lui non poteva accorgersene e rimproverarla dolcemente per l'imbarazzo.
Gli accarezzò le guance in maniera lenta e delicata, percorrendo la linea delle cicatrici; un'altra cosa che non avrebbe mai smesso di amare, quei segni per quanto potessero essere la conseguenza della malattia, facevano parte integrante di lui, del suo vissuto e la ragazza se ne era innamorata come di tutto il resto che lo aveva reso la persona speciale che era.
Ogni volta che lo osservava non poteva far altro che ammettere che ne era valsa la pena; ogni difficoltà, giornata storta, lacrima, lotta, litigio, baci dal sapore di addio, tutto li aveva portati dove erano ora e, sebbene la sofferenza potesse sembrare insuperabile, lei avrebbe ripetuto ogni singola azione perché niente aveva più importanza. Erano insieme, contro il male, i pregiudizi e qualsiasi altro scoglio e, presto, sarebbero diventati genitori; ogni passaggio superato, così come succede con uno di quei giochi babbani strutturati su livelli differenziati per difficoltà, aveva portato dei frutti e, soprattutto, li aveva condotti a vivere, il più liberamente possibile, il loro rapporto.
Sentì l'arrivo di uno sbadiglio, era ormai molto tardi; fece il giro del letto e si infilò sotto le coperte, non voleva disturbare Lupin ma, lui, come se avesse percepito la sua presenza, si girò verso di lei e la prese tra le proprie braccia. Era innegabile, quella stretta, per entrambi, sarebbe stato per sempre il loro rifugio o, ancor più semplicemente, casa.
Il mattino dopo Remus si risvegliò nella stessa posizione, stava riprendendo le forze e avrebbe voluto preparare la colazione alla moglie ma si concesse del tempo per crogiolarsi in quella sensazione di benessere ormai familiare. Aveva sognato con tanto ardore e per un numero indefinito di ore di poter godere della presenza di lei al suo fianco che, ancora, gli sembrava che non fosse reale. Iniziò a trastullarsi con le ciocche dei suoi capelli rosa, intrecciandovi le dita e beandosi della loro morbidezza; era un movimento che ripeteva spesso quando erano accoccolati, lo trovava intimo e rilassante.
In passato si era ritrovato a provare gelosia nei confronti di colleghi decisamente troppo invadenti, anche quando non ne aveva alcun diritto, ora, invece, una prorompente soddisfazione si impadroniva del suo cuore quando realizzava che era realmente "sua", che Ninfadora aveva combattuto con le unghie e con i denti per conquistare proprio lui e che da quando erano sposati niente e nessuno avrebbe potuto allontanarli di nuovo; non l'avrebbe permesso.
Udì il tipico mugolio di Dora indice del suo tentativo di riconnessione al mondo dei vivi; posò le labbra vicino al suo orecchio e le domandò:
«Ci stiamo svegliando, bella addormentata?»
«Mmm... Forse...» Disse con la voce ancora impastata dal sonno.
«Ti serve un incentivo magari?» Le chiese e cominciò a lasciarle una scia di baci lungo il collo.
«Confesso che ne approfitterei volentieri...» Si voltò verso l'uomo, tenendo gli occhi chiusi e permettendogli di raggiungere meglio le porzioni di pelle non coperte dalla camicia da notte. Poi, come un lampo improvviso che squarcia il cielo, tirò su le palpebre e scattò ritta sul letto.
«Fermi tutti!»
«Che succede, Dora? Ti senti male?» Remus portò d'istinto una mano verso la sua pancia, preoccupato.
«Ma no, scemo, sto benone! È Natale!!!» Esclamò entusiasta e battendo le mani.
«Lo sai, vero, che mi hai fatto prendere un colpo?!» Si lamentò, senza riuscire però a fermare il sorriso che gli si stava affacciando sulla bocca; non poteva altro che essere felice di vederla in quel modo, con gli occhi luminosi e la gioia stampata sul volto.
«Scusami, ma sai quanto adoro le feste!» Gli posò la testa nell'incavo del collo con lo sguardo all'insù e lo scrutò con intensità, poi parlò:
«Auguri, Signor Lupin.»
«Auguri, Signora Lupin, il nostro primo Natale da marito e moglie.»
«Il primo di una lunga serie», confermò lei prima di catturargli le labbra.
Rimasero per un po' sdraiati, a chiacchierare, a ridere, scherzare, prendersi in giro e scambiarsi effusioni, proprio come erano soliti fare in quelle giornate agrodolci che si susseguivano dal loro matrimonio. Quel dì, però, si erano promessi di non occupare la mente, neanche per un secondo, con ricordi negativi o preoccupazioni.
Esistevano solo Remus e Dora e la luce che erano in grado di emanare grazie all'amore che scalpitava loro nel petto; come erano stati capaci di fare in altri momenti si isolavano dentro la loro personale bolla di sapone, cullati, confortati e riscaldati dai loro corpi che non smettevano mai di cercarsi; bastava poco, una dolce occhiata, uno sfiorarsi delle mani, un leggero bacio sulla fronte e le loro anime si toccavano, intrecciate anche a distanza; con un semplice gesto stabilivano una sinergia che, con la forza pari a uno tsunami, sapeva come far risplendere entrambi.
Era come se fossero due ombre o due lampade spente alla smaniosa ricerca della luce e quando, finalmente, si avvicinavano l'una all'altra e si tastavano, come per magia, si riattivavano e illuminavano di nuovo.
Dora cercò di trattenersi il più possibile per non rivelare subito la sorpresa al marito, voleva fargli credere di aver davvero rispettato il loro accordo ma, a un tratto, fu Remus a darle il La che aspettava:
«Mi spieghi perché continui a tormentarti le dita? Di solito quando lo fai o sei agitata o mi nascondi qualcosa», terminò con un ghigno divertito.
«Non ti sfugge nulla, eh?» Rispose fingendosi offesa.
«Ti conosco troppo bene, mia cara. Su, avanti, che cosa c'è?»
La donna fece il labbrino come se avesse da comunicargli un qualcosa di piacevole o fosse colpevole di un qualche atto che lo avrebbe fatto arrabbiare; poi, dopo qualche secondo, si alzò in piedi dal divano ed esclamò:
«Ho una sorpresa per te!!!»
«Ma non avevamo...» Tentò di dire ma lei lo interruppe subito:
«Lo so, lo so, non fare il solito guastafeste e seguimi!» Lo prese per mano e lo condusse verso l'ingresso della casa.
«Dove stiamo andando? Vuoi uscire?» Domandò preso dall'agitazione, non voleva assolutamente che Dora andasse fuori e non capiva che cosa avesse architettato.
«Certo che no! Ci fermiamo sul pianerottolo!» Rispose come se fosse un fatto ovvio.
«Sul pian...?»
«Ora abbi pazienza un momento», lo fece fermare di fronte alla porta dell'abitazione vicina e iniziò a pronunciare gli incantesimi per disattivare le protezioni che aveva inserito.
Lupin la guardava confuso, poi le si girò ed estrasse dalla tasca delle chiavi:
«Auguri, amore!» Gli disse, sventolandogli il mazzo davanti alla faccia.
«Che significa? Non capisco...» Affermò ancora più dubbioso di prima.
«Vieni, andiamo dentro», lo invitò a seguirla in modo da non rimanere allo scoperto.
«Ho affittato questa casa per te, o meglio, per noi. Non sopporto di saperti fuori per ogni luna piena, con la guerra in corso corri ancora più pericoli del passato e io non ce la faccio; voglio essere più sicura e tranquilla e con l'idea di averti vicino lo sarei.» Lo vide aprire la bocca per parlare, ma lo zittì posandovici sopra un dito:
«So cosa stai pensando, che potrebbe essere un rischio per i vicini ma li difenderemo, in fin dei conti anche quando eravamo a Grimmauld non eravamo isolati. Non mi importa neanche della spesa, ce la faremo a sostenerla. Ti voglio accanto a me, Rem, odio non poter far nulla, alleviare in qualche modo le tue sofferenze, permettici almeno di non separarci, i boschi nascondono troppe insidie.»
All'uomo sfuggirono alcune lacrime dagli occhi, non riusciva proprio a capacitarsi di come avesse potuto meritarsi una meravigliosa donna come Dora, aveva il potere di stupirlo ogni volta sempre di più, come se lei e il loro bambino non fossero già un dono abbastanza immenso. Aprì le braccia per accoglierla e stringerla, era difficile trovare le parole giuste da dire davanti a tanto amore.
«Non so davvero come ringraziarti», le sussurrò.
«Non ce n'è bisogno, ti ho sempre detto che per me non sarebbe stato un problema la tua malattia e voglio che la affrontiamo insieme, nel modo che rende più sereni entrambi. Così la mattina dopo sarà ancora più semplice, non dovrai preoccuparti di tornare da chissà dove e io potrò curarti subito e metterti a letto», lo confortò in quella maniera che la contraddistingueva da chiunque altro.
Lupin le sollevò il mento per incastrare i propri occhi con i suoi e, Tonks, vi lesse dentro l'immenso orgoglio che provava:
«L'ho sempre saputo, sin dalla prima volta che hai messo piedi a casa Black e me lo confermi tutt'ora... Sei la persona più straordinaria che io abbia mai conosciuto e ti amo, come non ho mai fatto con nessuno...»
«Ti amo anche io e ora cerchiamo di rendere questo posto un po' più confortevole!» Propose guardandosi intorno.
«Aspetta, ci penseremo domani, ora ho anche io qualcosa per te!» Dora provò a protestare ma lui la bloccò e la condusse di nuovo nel loro appartamento.
Le chiuse le palpebre con dolcezza e, quando le diede il permesso di riaprirle, la donna si ritrovò nel salotto al buio ma con, sulla parete di fronte a sè, un grande telo bianco illuminato e, vicino al divano, un marchingegno da cui partiva la luce.
«Ma è un proiettore!!!» Esclamò eccitata come una bambina.
«Esatto e ho anche trovato qualcosa da vedere questa sera», le confermò lui con un enorme sorriso.
Le porse un pacchettino rosso con un fiocco dorato che scartò immediatamente:
«Orgoglio e Pregiudizio», disse ormai vicino al pianto.
Si osservarono a lungo, entrambi rimembrando una delle prime conversazioni che avevano avuto, poi Remus si decise a parlare:
«Ho pensato che è finalmente arrivato il momento di poterlo guardare senza rimpianti o malinconia...»
«Grazie amore, è un regalo stupendo. E, sai», proseguì avvicinandosi a lui e posandogli le mani sui fianchi, «Questo è decisamente il miglior Natale della mia vita.»
«Anche per me», le rispose e poi la baciò.
Impossibile stabilire quanto durò quello scambio, ogni volta che le loro labbra si scontravano davano il via a una danza passionale e colma d'amore che faceva fatica ad arrivare a una fine. Così restarono uniti a lungo cercando di trasmettersi, l'un l'altro, tutte le emozioni che erano in grado di suscitarsi a vicenda; sentimenti che conoscevano bene il meccanismo che faceva girare il motore del loro rapporto.
Quando si allontanarono, con le mani unite, si distesero sul divano, si rintanarono sotto una coperta e, stretti stretti, senza smettere mai di accarezzarsi, diedero inizio alla proiezione del film che, esattamente come loro, aveva un invidiabile lieto fine.
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Natale 2015
Era il 24 Dicembre, Remus e Teddy erano a casa per la pausa didattica, entrambi seduti sul divano concentrati sulla conversazione che stavano ormai tirando avanti da qualche ora. Qualcuno avrebbe potuto dire che erano "impressionanti", erano così simili; quando uno parlava l'altro abbassava la testa per tenersela con le mani, in un gesto di semi disperazione e viceversa. Se il ragazzo, ormai decisamente cresciuto, aveva preso dalla madre il lato giocherellone e positivo, dal padre aveva ereditato quello riflessivo e, talvolta, paranoico. Non che avesse dei reali motivi per esserlo, non gli mancava nulla, possedeva il raro dono della metamorfosi con cui non esitava a divertirsi, soprattutto per far ridere i compagni; a scuola si era sempre distinto e senza l'aiuto o le raccomandazioni di Lupin, aveva amici e, da un po' di tempo, una ragazza; purtroppo, però, la natura, si sa, gioca brutti scherzi e lui tendeva a scivolare nel pessimismo senza che ci fossero effettivi problemi a spingerlo.
E, quel pomeriggio, a quanto pare, era stato colto da uno di questi attacchi di negatività, sembrava quasi che facesse fatica a godersi del tutto dei momenti di spensieratezza o in cui poteva rilassarsi; il papà se ne era immediatamente accorto, aveva notato qualcosa di strano in lui e, ora, stava cercando di sostenerlo e tirarlo sù.
«Sono tornata!!!» La voce squillante di Dora fece sobbalzare entrambi gli uomini, erano talmente impegnati a parlare dei turbamenti del giovane da non essersi resi conto di essersi avvicinati alla fine del turno della donna.
Tonks si liberò del mantello e delle scarpe e li raggiunse:
«Ciao, amori miei», li salutò prendendo posto sulle gambe di Remus, nonostante fossero passati degli anni e lei non fosse più una ragazzina, non perdeva la voglia di comportarsi come tale o di essere affettuosa con il marito che, comunque, non era da meno e le diede un dolce bacio sulla guancia.
«Bentornata», le disse cercando, con un grande sorriso, di non farle capire cosa stava succedendo.
«Allora, che cosa stavate combinando? Dov'è Victoire? Credevo di trovarla già qui», osservò la stanza intorno a sé dubbiosa.
«No beh... Lei... » Balbettò il figlio senza riuscire a confessare la verità.
«Un momento», si bloccò come se le si fosse accesa la lampadina in testa, «Le luci abat-jour e dell'albero sono spente, siete praticamente al buio e tutti e due sul divano nella stessa posizione... No, vi prego, non ditemi che stavate avendo una di quelle chiacchierate, stile confessionale, sull'amore», si interruppe per tirare un lungo sospiro ma poi riprese, «Tesoro, quante volte ti ho spiegato che papà non è la persona più adatta con cui averle?»
«Cara la mia signora Lupin mi sembra che tu non abbia avuto motivi per cui lamentarti in questi ultimi anni», constatò fingendosi indispettito.
«Hai ragione, amore mio», rispose e gli accarezzò il sopracciglio che aveva sollevato per mostrarsi dubbioso; si persero per un attimo a osservarsi, con quella stessa intensità che li aveva legati e mai andava a scemare. Fu un colpo di tosse del ragazzo a riscuoterli e Tonks riprese a parlare:
«Devi comunque ammettere che all'inizio tu non sia stato un grandissimo esempio e, non so perché, ma ho la netta sensazione che voi due non abbiate fatto grandi progressi. Qual è il problema? Perché la tua ragazza non è qui?» Domandò e distolse la propria attenzione dal compagno per rivolgerla al figlio.
«Semplicemente perché non lo è più», ammise innervosito.
«Che cosa? Sembravano andare così bene la vostra relazione, credevo foste felici, che cosa è successo?»
«Mamma, calma, ok? Papà non sarà esperto ma, per lo meno, non inizia a tempestarmi di domande e non si agita come fai tu!» Si alzò in piedi, ormai incapace di stare fermo, sempre più vicino allo scoppio.
«Non mi sto agitando, sto solo cercando di capire che cosa vi è capitato e se posso fare qualcosa», replicò seguendo l'esempio di Teddy e portandosi al suo pari.
«Non puoi fare niente!!! Niente!!! Nessuno può, ok?!» Iniziò ad alzare la voce e i suoi capelli assunsero una pericolosa sfumatura di rosso.
«Avrai anche diciassette anni ma io rimango tua madre ed esigo rispetto!» Dora provò a trattenersi dall'urlare ma era impossibile non cogliere la sua ira. Remus scrutava entrambi preoccupato, gli sembrava di avere davanti due fuochi in lotta per la supremazia e non i membri della sua famiglia.
«Perché non proviamo a calmarci?» Chiese l'uomo con il suo solito tono fermo e, in simultanea, autoritario; l'occhiata fulminea che ricevette in cambio, però, non fu affatto rassicurante.
«Calmarmi, papà?! E tu falla smettere con questo interrogatorio!» Insistette con un'espressione alquanto dura e, prima che potessero fermarlo, aggiunse:
«Io me ne vado in camera, non ho alcuna intenzione di festeggiare questa sera.»
«Ma...» Dora allungò la mano per trattenerlo ma fu intercettata dal marito:
«Lascialo andare, sono sicuro che stare un po' da solo gli farà bene.» Lei si addolcì e le sue ciocche, anch'esse porpora, tornarono di nuovo rosa.
«Mi dispiace, non intendevo pressarlo, volevo solo essere di aiuto...» Pronunciò quelle parole affranta e lui, di certo, non faticava a crederle.
«Lo so benissimo, ma è ancora molto giovane e ha bisogno dei suoi tempi per aprirsi, avere a che fare con dei cambiamenti non è mai semplice e lo sappiamo entrambi. Dai vieni qui», la tirò per il braccio e la strinse a sé.
«Spero solo che gli passi al più presto, si rovinerà anche il Natale così...»
«Vedrai che più tardi si unirà a noi, senza doverlo sollecitare», la rassicurò senza smettere di accarezzarle la testa con tenerezza.
«Forse però... Una cosa potrei farla», suggerì lei con l'umore risollevato.
«Che intenzioni hai?» Le chiese pensieroso.
«Tu non preoccuparti, lascia fare a me, ci vediamo dopo», gli diede un veloce bacio sulle labbra e corse a prepararsi.
«Dora, aspe...» Non fece in tempo a terminare la frase che udì il classico crack della smaterializzazione, sapeva quanto la donna fosse brava a risolvere attriti ma sperava che, stavolta, non peggiorasse la situazione.
«Chi è?» Domandò Bill Weasley dopo aver sentito tre colpi alla porta.
«Sono Tonks», poteva apparire assurdo ma non aveva mai smesso di pretendere di essere riconosciuta con quel nome, neanche Lupin era mai riuscito a farle apprezzare il nome Ninfadora, nonostante lui, invece, continuasse ad adorarlo e usarlo di quando in quando.
«Ehi, ciao!» Le disse dopo averle aperto, poi la abbracciò con calore; il loro rapporto non era cambiato di una virgola, ci sono amicizie che durano per una vita e non esiste niente che possa scalfirle.
«Credevo che ti avrei vista al pranzo di domani alla Tana», confessò sorpreso.
«Sì beh, lo pensavo anche io. Avrei bisogno di parlare con Victoire, se possibile», affermò mentre con il viso mimava una delle sue tipiche espressioni buffe.
«Oh magari tu riuscirai a farla sfogare e ragionare», rispose lui sbuffando.
«È quello che mi auguro!»
«Puoi andare di sopra, è in camera sua, non vi disturberà nessuno. Fleur non è ancora rientrata, voleva terminare alcune compere», le spiegò lui rassegnato e ormai fin troppo abituato alla passione della moglie per lo shopping natalizio.
«Vado allora», non aggiunse altro e si diresse verso le scale ma Bill la fermò:
«Sai, credevo di aver smesso tempo fa di vedere pianti causati dal passaggio di un Lupin», pronunciò quelle parole contrariato ma, allo stesso tempo, divertito.
«Oh no, probabilmente hai appena iniziato di nuovo!» Si lasciarono andare entrambi a una risata e poi si separarono.
Victoire accolse Tonks nella propria stanza senza troppa convinzione; si legò i lunghi capelli biondi con un elastico, come ogni volta che si preparava a dover affrontare qualcosa di non particolarmente piacevole, era una specie di tenuta da combattimento. A Dora non sfuggirono le occhiaie profonde e gli occhi affaticati, era evidente che avesse smesso di piangere da poco.
Si accomodarono sul letto e la donna le prese le mani in un gesto d'affetto; la ragazza, come la madre, ci metteva un po' a dare confidenza, ad aprirsi ma, quando lo faceva, diventava tenera come il padre e, visto il profondo legame che univa Ninfadora e Bill, non aveva fatto troppa fatica ad attaccarsi a lei.
«Ti va di parlare e spiegarmi cosa è successo?» L'Auror le pose la questione con una dolcezza davanti alla quale era impossibile non cedere.
«In realtà non c'è molto da dire, è paranoico e io sono stanca di lottare...» Sussurrò quelle parole, sembrava arrabbiata, delusa ma anche dubbiosa, come se non fosse davvero sicura di ciò che aveva fatto.
«Quindi l'hai lasciato?»
«Sì...»
«La vigilia di Natale?» Victoire percepì subito il tono con cui glielo aveva chiesto, con disapprovazione, come se si trattasse di un giorno particolare in cui siamo obbligati a essere solo felici. La cosa la fece innervosire non poco e non provò neanche a mascherarlo:
«Sì beh che dovevo fare!!! Vorrei vedere te se avessi a che fare con un ragazzo che non fa altro che preoccuparsi per mille cose inutili e a cui non dò affatto importanza!!! Non sono una bambina e lui continua a trattarmi come tale!» Prese ad alzare la voce e
Dora le permise di lasciarsi andare e tirare fuori tutto ciò che le opprimeva il petto, non la interruppe ma attese con pazienza il momento giusto per parlare.
«Sai, Vic, forse non lo sai ma Remus era così. Ho combattuto con le sue rimostranze per mesi, ho usato tutto il mio fiato, fino all'ultima briciola, per convincerlo che non c'era niente di male nell'instaurare una relazione e vivere il nostro amore. Teddy è giovane, è solare, divertente, spiritoso ma, a volte, tende a essere troppo riflessivo come il padre. Tu gli hai fatto perdere la testa, si ritrova ad affrontare un sentimento forte, nuovo e questo lo scombussola, lo manda in confusione e magari ha semplicemente paura di sbagliare, di ferirti o di non essere giusto per te», cercò di spiegarle ciò che affliggeva il figlio, ovviamente non avrebbe mai ammesso di aver ricevuto un piccolo aiuto dalla Legilimanzia, si era praticamente immaginata tutto da sola ma un supporto non fa mai male.
«E quindi, come dovrei comportarmi?» Delacour stava cominciando a calmarsi ma era ancora troppo dubbiosa.
«Ascoltarlo e dargli tempo... Devi armarti di pazienza, lo so, ma è solo standogli accanto, facendogli vedere che sei ferma e convinta della tua decisione che lo tranquillizzerai. Può sembrare dura e, credimi, lo capisco alla grande, ma le soddisfazioni e la felicità che proverai dopo sono indescrivibili, te lo posso garantire.»
«Non lo so... Forse hai ragione ma io non so se ne sono capace... Non so se sono in grado di aspettare...» Tenne la testa bassa mentre esplicava ciò le frullava per la testa, come se si vergognasse ma Tonks le sollevò il mento per guardarla e poi la prese tra le proprie braccia per cullarla.
«Sei una ragazza forte e tenace, sono certa che saprai affrontare questo piccolo intoppo insieme a lui, prendetevi i vostri tempi entrambi e, passo, passo, insieme, troverete il vostro equilibrio e il vostro modo di portare avanti la relazione. Ognuno, d'altra parte, ha il suo, non esistono regole precise, ogni coppia stabilisce le proprie», la rassicurò e tranquillizzò, poi si preparò ad andare.
«Ci penserò, ok?»
«Certo, se cambi idea l'invito per la cena è sempre valido», non aggiunse altro e si smaterializzò.
Rientrata a casa trovò Remus in cucina, lo abbracciò da dietro e gli posò la testa sulla schiena.
«Hai intenzione di spiegarmi dove sei stata?» Le domandò mentre godeva di quel familiare contatto.
«Facciamo che te lo dico se ha funzionato, ora voglio solo stringerti.» Lupin si voltò e le chiese:
«Che succede?»
«Niente... Stavo solo pensando che sono felice di non averti permesso di scappare e di avere avuto la fortuna di sposarti. Ti amo», due parole che mai aveva smesso di adorare, non avrebbe mai smesso di ricordarlo al marito.
«Anche io, amore, ma il vero fortunato, ormai dovresti saperlo, sono io!»
«Non finisci mai di ripeterlo in effetti», scherzò lei.
«Se preferisci potrei sostituire questo discorso con quello vecchio, d'altra parte rimango sempre troppo perico...»
«Remus John Lupin, non provarci nemmeno, o userò contro di te tutta l'esperienza accumulata in questi anni!!!»
«Amo farti arrabbiare, con le gote arrossate diventi ancora più luminosa», ammise squadrandola con ammirazione.
«Già e accentuo anche le rughe!» Replicò con stizza.
«Ti riferisci a queste meravigliose linee che si formano quando aggrotti la fronte e che io non perdo mai occasione per accarezzarle?»
«Proprio quelle!» Disse lei con disgusto.
«In effetti fanno concorrenza alle mie cicatrici, non ne sono poi così felice», ironizzò lui e ricevette un pugno in pieno petto.
«Scemo!!!»
«Lo so, ma rimango il tuo preferito comunque...»
«Sempre», constatò con serietà prima di catturargli le labbra per baciarlo con passione.
Era ormai giunta l'ora di mettersi a tavola e il giovane della famiglia si era convinto a unirsi ai genitori; a un tratto il suono del campanello li fece sobbalzare.
«Teddy, per favore, potresti andare tu ad aprire?»
Il ragazzo accettò con un mugolio contrariato ma cambiò decisamente espressione quando vide chi si trovava dietro alla porta:
«Victoire! Credevo che non saresti venuta», allargò il braccio per invitarla a entrare.
«Anche io ma poi qualcuno mi ha fatto capire che stavamo sbagliando entrambi e che avrei dovuto fare un passo in avanti per noi», replicò regalandogli un enorme e splendido sorriso.
Al ragazzo non sfuggì l'occhiata d'intesa che Delacour scambiò con sua madre, le mimò con le labbra un "grazie" e poi rivolse di nuovo l'attenzione alla giovane:
«Sono così felice che tu sia qui», le disse stringendola a sé e fregandosene di trovarsi di fronte ai genitori.
«Anche io», sussurrò lei sorpresa da quel gesto inaspettato.
Si unirono a Dora e Remus per festeggiare la Vigilia, erano l'immagine della famiglia non perfetta, perché nessuna lo è, ma felice, serena e pronta a combattere per superare gli ostacoli e non esisteva persona che avrebbe avuto il coraggio di affermare il contrario.
Perché, si sa, è l'amore a far girare il mondo e se c'è quello non esiste paranoia o tenebra insuperabile, la luce sarà sempre dietro l'angolo, pronta a essere raggiunta.
Spazio Autrice:
Prima di tutto ringrazio _ilMoro_ , amica speciale che, come sempre, mi ha regalato una super immagine per questo capitolo natalizio!
Ho voluto farvi un dono, visto l'immenso supporto che mi avete dato e spero, con tutto il cuore, che questo extra vi sia piaciuto!
Vi auguro buone feste, serene e felici, nonostante le difficoltà!
Un abbraccio forte
Serena
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