Capitolo 26
Arrivati nell'appartamento di Tonks si tolsero, in silenzio e in maniera del tutto meccanica, i mantelli. Presero entrambi a guardarsi intorno spaesati, quella sera era stato un tale turbinio di emozioni positive e negative da lasciarli completamente confusi e spossati.
Si persero per un attimo a scrutarsi negli occhi, alla ricerca di un'idea sul come comportarsi e sciogliere quella sorta di tensione imbarazzante che aleggiava nell'aria.
Non avevano mai avuto problemi nello stare insieme da soli, senza gli altri membri dell'Ordine confusionari, ma le cose erano cambiate, non erano più Remus e Dora, gli eterni litiganti, che un giorno si avvicinano e il successivo si separavano. Stavolta l'uomo aveva messo un punto a tutto ciò, pronto ad iniziare un nuovo capitolo della loro storia e, nonostante lo sognassero da tempo, l'incertezza dell'essere appena diventati un "noi" aveva colto anche loro alla sprovvista.
Fu Dora a parlare per prima:
«Sai, non credo di aver molta voglia di andare a dormire.»
«Non sei stanca?»
«Mmm...» Era evidente che fosse pensierosa e non sapesse districare quel groviglio, Lupin ormai la conosceva bene, non poteva certo nascondersi da lui. Gli voltò le spalle come se il salotto, improvvisamente, richiedesse la sua attenzione.
Le si avvicinò e le posò le mani sulle spalle:
«Dora... Che succede?» Le chiese con dolcezza e senza riuscire a celare un po' di preoccupazione. Dato che tardava nel rispondere, le avvolse le braccia intorno alla vita e la strinse a sé, nel tentativo di infonderle sicurezza.
«Ho paura... Non voglio andare a letto, addormentarmi e rischiare di svegliarmi da sola...»
L'Auror forte e coraggiosa, pronta a sbaragliare il mondo, in quel momento sembrava essersi trasformata in una bambina spaventata e indifesa, bisognosa di certezze e sostegno. Lui la sentì abbandonarsi completamente contro il suo petto, ma voleva che lo vedesse, così la fece girare e le sollevò il mento per poterla osservare meglio. Notò la traccia di una lacrima sulla sua guancia e gliela asciugò con un pollice:
«So di aver sbagliato, ma ora sono qui e ho intenzione di restare. Non posso dire di non essere spaventato, lo sai, i timori di prima sono immutati, ma non voglio sprecare altro tempo. La morte di Silente mi ha sbattuto di nuovo in faccia la realtà; le nostre vite, ora più che mai, sono appese a un filo e non riesco a immaginare di passarla lontano da te.» Le sorrise senza smettere di accarezzarle il viso.
«Deve farti così male averlo perso, era una guida per tutti noi, ma per te è sempre stato più importante.»
«Lo era, una delle poche persone ad avermi dato piena fiducia e appoggio. Non posso negare il dolore che provo, ma con te al mio fianco ho tutta la forza che mi serve per affrontarlo.»
«Alla fine ci sei arrivato eh, Lupin? Quante volte ti avrò ripetuto che in due avremmo potuto superare qualsiasi prova!» Scherzò lei.
«Bello constatare che ti piaccia ancora prendermi in giro, Ninfadora», rispose mettendosi a ridere.
«È dura perdere certe abitudini e poi mi è mancato il suono della tua risata. Era da tanto che non la sentivo e volevo controllare che ti ricordassi come si fa!»
«A quanto pare lo rammento solo se ci sei tu nei paraggi!»
Era passato parecchio tempo da quando si erano conosciuti ma, sebbene ci fossero stati un'infinità di impedimenti, Dora ogni volta diventava come un pupazzo di neve esposto al sole; l'uomo era l'unico in grado di farla sciogliere, di stravolgerla, di farle perdere la rotta e le sembrava impossibile che avrebbe davvero potuto iniziare a crogiolarsi in quel mare di sensazioni.
«Credo di sapere come potremmo combattere l'insonnia», disse con un'espressione inequivocabile.
«Oh conosco quello sguardo!»
«Quale?»
«Quello con cui mi fai capire che hai appena ideato un piano malefico», le sorrise complice.
«Sai una cosa... Continuo a pensare che sia un bene che io non sia stata una tua studentessa.»
«Perché? Non dici sempre che ho un modo speciale di spiegare?» La provocò, immaginando dove volesse andare a parare.
«Vero, ma sarebbe stato problematico fermarmi e non superare la scrivania per fare questo»; cominciò a sbottonargli la camicia e a posargli delicati baci sul petto.
«Cosa ti fa credere che avrei voluto che ti frenassi?» Le chiese scosso dai brividi che gli provocava il suo tocco.
«Il tuo essere integerrimo», era ormai arrivata all'ultimo bottone e, in un attimo, gli sfilò l'indumento.
«Direi che ho dimostrato di perdere il controllo quando si tratta di te...»
«Davvero? Devo essermi distratta all'ultima lezione, forse necessito di un ripasso?» Domandò fingendosi assorta, mentre con l'indice si picchiettava il labbro inferiore.
«Decisamente», Remus la prese tra la braccia e la baciò. La ragazza fu colta in contropiede, non era da lui prendere, con una tale foga, il controllo della situazione. Un ultimo pensiero però le attraversò la mente, finalmente aveva la libertà di rivivere quel genere di contatto ogni volta che ne avrebbe avuto voglia, senza doversi preoccupare di cosa sarebbe accaduto dopo, di un nuovo rifiuto o di una qualche frase che l'avrebbe ferita.
"Libertà", una così bella parola che non tutti hanno la fortuna di apprezzare fino in fondo, sembra scontata e invece può esserti strappata via in un secondo. Credeva di saperne il vero significato, l'aveva sperimentata volando, a cavallo di una scopa, durante una partita di Quidditch; o quando si era diplomata e aveva iniziato la sua nuova vita all'Accademia degli Auror; o ancora il giorno in cui aveva finalmente traslocato in un appartamento tutto suo.
La verità era che si rendeva conto che niente era paragonabile a ciò che stava provando in quel momento, aveva passato più di un anno a disperarsi, a sopportare un dolore che aveva rischiato di annullarla del tutto, perché le era mancata la libertà più grande di tutte, quella di amare e di essere completamente se stessi. Senza Remus non ne era capace, non più, perché dal momento in cui lo aveva incontrato aveva scoperto che possedeva il dono di arricchirla; era sempre stata in grado di bastarsi, ma lui le aveva fatto vedere che insieme potevano diventare molto di più, forti, luminosi, l'ancora l'uno dell'altro.
Erano come due piante sottoposte alle intemperie; la neve le imbiancava, il freddo le ghiacciava, il vento faceva perdere loro stabilità, ma continuavano, imperterrite, a rimanere in piedi e fissate al terreno.
Lupin, dal canto suo, si sentiva privato di un peso che gli gravava sul cuore; non era possibile cancellare, con un semplice schiocco delle dita, la paura che rischiava di soffocarlo se solo tentava di immaginare le future prove a cui sarebbe stata sottoposta Tonks, ma accettare il sentimento di entrambi e di iniziare un percorso al suo fianco lo aveva fatto rinascere. Lei era la sua cura, il faro che rischiarava le tenebre che, da quando era bambino, si portava dentro e non voleva più negarlo.
«Finalmente sei mio», gli disse Dora in un sussurro, separandosi da lui e guardandolo con ammirazione.
«E tu mia, amore.»
«Sono secoli che aspetto di sentirlo.»
«Vuoi che lo ripeta all'infinito?» Domandò lui, accostandosi al suo orecchio e proseguendo nel lasciare una scia di baci fino al bordo della maglietta che indossava.
Lei rispose tra i sospiri:
«Sarebbe utile in effetti...»
Le sfilò la t-shirt e le sfiorò con le labbra il petto:
«Mia...»
Le si inginocchiò di fronte, le tolse il reggiseno e continuò a baciarla:
«Mia...»
Si fermava tra un tocco e l'altro per pronunciare quelle tre semplici lettere, ma che racchiudevano un immenso significato.
Lei aveva chiuso gli occhi e si stava completamente lasciando andare a quell'esplorazione che la sconquassava di brividi, ma soprattutto la conduceva verso picchi di felicità che neanche nelle occasioni precedenti aveva provato. Tutto aveva un sapore nuovo, non c'era ansia, terrore, angoscia o dolore; solo gioia, passione e amore.
Remus si arrestò per un attimo per tornare a riprendere possesso delle labbra di lei e ripeterle ancora una volta:
«Mia...»
La sollevò e la portò in camera, la stanza dove per la prima volta l'aveva vista muoversi come una trottola in mezzo al caos e si era sentito quasi come un intruso. Ora invece era sereno nell'invadere i suoi spazi, felice di poterne fare parte e di buttare all'aria le lenzuola immacolate insieme a lei. Lui ordinato, metodico, riflessivo si trasformava, lasciandosi travolgere dall'uragano che era Tonks e non gliene importava niente, ci sarebbero stati altri momenti in cui sarebbe ritornato il solito Remus, ma non era quello né il tempo, né l'ora.
Si svestirono del tutto e lei lo spintonò scherzosamente per farlo cascare sul letto e posizionarsi sopra di lui.
Prese ad accarezzargli le cicatrici, aumentate a causa della missione e del trattamento che gli aveva riservato Greyback, ma a lei non interessava, le ricordavano le sofferenze che doveva sopportare a causa della sua malattia e non era disgustata, ma anzi sentiva crescere la voglia di lenire quel dolore e di prendersi cura di lui, di coccolarlo e toccarlo come meritava. Notò il suo sguardo, un misto di preoccupazione e desiderio, e lo tranquillizzò:
«Dammi la tua mano, amore», intrecciarono le dita e lei continuò a parlare, mentre lo invitava a seguire il suo percorso, «Non c'è niente di cui vergognarsi, lo sai che non ti stimo di meno per questo, se possibile ti desidero ancora di più; ora non sei più da solo, lo affronteremo insieme.»
Quel discorso gli arrivò dritto nelle più vaste profondità del suo cuore, dove si nascondono gelosamente i sentimenti e gli affetti più importanti; lei era riuscita a giungere lì, con le sue parole e sostegno, mai nessuno ne era stato in grado e lui era sicuro che con Tonks non avrebbe mai più conosciuto l'abbandono.
La guardò con gli occhi lucidi, colmi di amore:
«Ti amo e adoro i tuoi pazzi capelli!» Le disse prendendo una ciocca che aveva preso a mutare a intermittenza.
La donna scoppiò a ridere, i suoi poteri erano tornati e non li aveva mai apprezzati così tanto.
«E io amo te e tutti i segni che ti rendono l'uomo che sei», gli disse tornando seria. Non aggiunsero altro, non ce n'era bisogno; con un movimento del bacino Dora lo accolse dentro di sè e finalmente furono liberi di essere loro stessi e un tutt'uno.
Fu come se non si fossero mai separati, i loro corpi si riconobbero all'istante, come i cocci di un vaso rotto che indovinano il loro incastro perfetto e si ricompongono; erano così, la guerra e le difficoltà potevano allontanarli, ma si sarebbero sempre ritrovati.
Remus la tenne stretta per i fianchi, senza perdere, neanche per un istante, il contatto con la sua pelle; mentre la donna trovava il ritmo giusto per entrambi che avrebbe soddisfatto la brama di tutti e due.
Ad un tratto l'uomo la prese e capovolse la loro posizione, la scrutò con desiderio; le ciocche spettinate che avevano ormai assunto una tonalità rossa come la passione che ardeva dentro di lei, le labbra di un colore acceso che non chiedevano altro che essere baciate e il viso a forma di cuore, non più pallido ma porpora.
«Mia...»
«Prendimi...ti prego...» Gli domandò, sopraffatta dalle emozioni e sempre più bisognosa di placare quel fuoco che sembrava bruciarla ovunque, in ogni millimetro del proprio corpo. Lui non aspettava altro che poterla accontentare, ma si era concesso quell'attimo per poterla guardare ancora, per ricordarsi che era davvero sua; affondò dentro di lei con la consapevolezza che non ne avrebbe mai avuto abbastanza.
Quella stanza abbandonata per lungo tempo, ora splendeva di nuova luce, perché c'era l'amore ad irradiarla, la felicità di due persone a cui è concesso di stare insieme.
Lupin condusse Tonks alle vette più alte del piacere e quando lei gridò il suo nome, la raggiunse su quella cima di estasi, che assomigliava tanto al paradiso.
Sarebbe stato bello se alle pareti, spettatrici di quell'atto, fosse stato concesso di brillare di vita proprio, perché di sicuro avrebbero sorriso e tirato un sospiro di sollievo nel vedere Remus e Ninfadora finalmente riuniti.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, intrecciati l'un all'altro, persi ad assaporare quei momenti di beatitudine.
«Lo sai vero che da domani controllerò che tu faccia dei pasti regolari?» Le disse lui dandole un pizzicotto sulla vita.
«Senti chi parla! Sei dimagrito ancora da Natale! Immagino che dovrò fare scorte di cioccolata per rimpinzarti!» Esclamò divertita, ma lui la osservò seria e lei non poté fare a meno di notarlo, gli accarezzò una guancia e proseguì:
«Che hai?»
«Stavo riflettendo sulle tue ultime parole, significa che vuoi che io resti qui?»
«Non penserai certo che ti rispedirò alla Tana!»
«Dora io non posso...»
Lei lo interruppe subito:
«Aiutarmi? Non mi interessa, riusciremo a farcela con ciò che guadagno. Non ti permetterò di andare da nessuna parte, sia chiaro!»
«Non ne avevo intenzione», replicò regalandole uno dei suoi dolci sorrisi.
«Benvenuto a casa allora e ora baciami che l'insonnia non è ancora passata!»
«Con grande piacere, amore mio», rispose prima di avventarsi di nuovo sulla sua bocca e renderla sua ancora una volta.
La mattina Dora si svegliò, come non succedeva da tempo, riposata e con uno strano formicolio lungo il corpo. Ci mise un attimo a focalizzare la situazione e si accorse che quelle sensazioni erano provocate dalle dita di Remus che, con dolcezza, la stava accarezzando. Era sdraiato al suo fianco, con il petto appoggiato alla sua schiena e, quando lei si voltò, rimase incantata dal modo in cui la stava contemplando. Mai nessuno l'aveva guardata così, come se fosse la creazione di un artista; si riteneva semplicemente Ninfadora ma lui riusciva a farla sentire infinitamente più speciale e preziosa.
«Buongiorno, amore», gli disse dandogli un bacio sul collo proprio dove vi aveva posato la testa.
«Buongiorno, come hai dormito?»
«È brutto se, nonostante ciò che è successo, rispondo divinamente?»
«Di solito non sono io quello che si preoccupa troppo? Se può essere di conforto è la prima notte che passo serena e senza incubi», le rispose stringendola fra le braccia.
Un gufo picchiettò alla finestra della camera e Tonks si alzò controvoglia per aprirgli; lesse la lettera consegnatogli e si rivolse all'uomo:
«Arriva da Hogwarts, è di Minerva, ci avvisa che il funerale di Silente si terrà oggi», poi riportò la sua attenzione sul rapace e lo invitò a tornare indietro, non aveva alcuna risposta da dargli; era ovvio che sarebbero stati presenti.
Avvertì la presenza di Lupin dietro di sé e, proprio come la sera precedente, si abbandonò contro il suo petto e si lasciò sorreggere. Lui non era ancora pronto a dare l'ultimo addio a colui che era sempre stata una guida e un suo grande sostenitore, voleva farsi cullare da quello stato di beatitudine in cui lo conduceva la donna, il più possibile.
«Stavo pensando di farmi una doccia...» Iniziò a parlare, poi si chinò verso l'orecchio della ragazza e proseguì in un sussurro, «Vuoi venire con me?»
Accompagnò quelle parole con una carezza lenta che fece partire dal collo, proseguire lungo il braccio e terminare sulla mano che strinse. La donna fu percorsa da un brivido e iniziò a pervaderla un senso di eccitazione mai provato; Remus non aveva certo fatto mistero del desiderio che nutriva nei suoi confronti, ma non aveva mai preso l'iniziativa, era sempre stata lei a incoraggiarlo. Sapere che ora lui era pronto a sgretolare la propria barriera protettiva, a condurre i giochi insieme a lei, non per imporre una decisione a entrambi e che li avrebbe portati alla separazione, piuttosto per il benessere di tutti e due, la mandava in fibrillazione. Non avrebbe certo rifiutato un invito del genere e, anzi, sperava che ne sarebbero seguiti altri anche successivamente.
Si girò e gli lanciò uno sguardo inequivocabile in cui, era certa, avrebbe potuto scorgere il fuoco che alimentava la sua passione.
L'acqua tiepida scorreva lungo i loro corpi; Dora aveva preso a schizzare e insaponare Remus ovunque e lui, dal canto suo, sfruttava tutti i suoi punti deboli per solleticarla. Ascoltarla ridere lo faceva impazzire; era bello permettersi, almeno per un po', di tornare bambini, di godere di quegli scherzi innocenti, non avevano intenzione di sprecare neanche un minuto di quei momenti che li erano stati concessi dalla vita. Lupin avrebbe potuto cedere prima, ma era come se quei mesi di dolore fossero stati spazzati via, dimenticati, archiviati in un lontanissimo angolo della mente. Era bastato pronunciare tre lettere "Mia" per annullare un passato che nessuno dei due aveva voglia di ricordare. C'erano loro e il presente, il resto non aveva senso di essere menzionato.
«Tregua!» Urlò lei tra le risate.
«Ti arrendi? Davvero?»
«Sì sì, basta ti prego, mi stai torturando!» Lupin si fermò senza dire niente, ma cominciando a osservarla con uno sguardo che lei non mancò di notare.
«Che c'è?»
«Sei bellissima...» Dora scosse la testa e l'abbassò, ma lui gliela risollevò con delicatezza.
«È vero. Adoro tutto di te, dai capelli che cambiano colore ogni momento, agli occhi che diventano più scuri quando ti sono così vicino, alle labbra che potrei baciare per ore ed ore...» Nel frattempo, con una mano, tracciò una linea invisibile che collegava ogni parte di lei appena citata; poi, con entrambe le strinse i fianchi.
«E il resto, lo trovo talmente perfetto che vorrei perdermi ad esplorarne ogni centimetro, senza dover mai smettere.» Tons era, stranamente, senza parole, esterrefatta davanti a quel discorso e in balia delle forte emozioni che solo lui era in grado di donarle.
«E sai, c'è una cosa che ammiro ancora di più. Hai un grandissimo potere, potresti scegliere di trasfomarti nel modo che preferisci, invece ti mostri esattamente come sei e indossi un rosa che di certo non passa inosservato, a dimostrazione che non ti curi del giudizio degli altri. Mi sono sempre vergognato delle mie cicatrici, del mio pallore, del mio aspetto trasandato, ma tu mi hai dato una grandissima lezione; forse non imparerò oggi e nemmeno domani, ma grazie a te ho capito che non c'è via migliore di quella di permettere agli di vederci per come siamo, dentro e fuori. Ci sarà sempre chi ci criticherà, ma anche chi ci amerà e tu me lo hai dimostrato con forza. Ti amo, più di quanto avrei mai creduto possibile...»
Remus era una persona riservata, con i suoi rifiuti era stato capace di gettare Dora nelle profondità di un baratro, ma quando si apriva ed esprimeva i propri sentimenti era un vero tornado. La travolgeva, disorientava, la portava sulla più alta vetta di una montagna e poi sempre più su, ben oltre le nuvole; con lui non le sembrava di toccare il cielo con un dito, per quello sarebbe bastata una scopa; no, con l'uomo si sentiva catapultata in un'altra galassia e se non ci fosse stata la forza di gravità a tenerla con i piedi per terra, si sarebbe librata nell'universo, cullata dall'energia dell'amore che lui sprigionava.
Non le permise di rispondere, voleva amarla e dimostrarle quanto non potesse fare a meno di lei. La prese in collo e la chiuse tra sé e la parete della doccia, senza lasciarle via di scampo, anche se era certo che non fosse necessario. Lei lo voleva tanto quanto lui desiderava affondare in lei e unirsi al suo corpo, fondersi con la sua anima e non lasciarla più.
Furono colti entrambi da una frenesia tale da non concedere spazio alla calma o alla pazienza; diedero il via ad una danza frenetica, si strinsero con maggiore veemenza, si sfiorarono con le mani e le labbra, si baciarono, assaporarono; mentre, con ogni movimento, Remus era la fonte del loro piacere. Quando finalmente portò entrambi al culmine, il mondo intorno a loro esplose e l'acqua, che continuava a sgorgare, li inondò di una pura e vera felicità.
E se fino a prima di incontrarsi, avevano creduto che non esistesse magia più forte di quella che sprigionavano con le bacchette, ora che erano finalmente uniti, sapevano con sicurezza che niente poteva essere paragonato alla potenza dell'amore.
Il tempo volò troppo in fretta per i loro gusti, ma il momento di andare ad Hogwarts era arrivato e non c'erano alternative.
Poco prima di varcare i cancelli e di unirsi al gruppo di persone che era già arrivato, Remus si arrestò e porse la mano a Dora:
«Insieme?»
«Sempre», annuì lei e intrecciò le dita con le sue.
I ragazzi erano già circondati dalla famiglia Weasley e da altri membri dell'ordine ma, nonostante il momento doloroso, osservarono tutti con piacere l'arrivo della nuova coppia, aggrappati l'uno all'altra e i capelli della donna ritornati al vecchio splendore. Nel guardarli non poterono evitare di lasciarsi scappare un sorriso, non dissero nulla ma era facile leggere in quegli occhi la loro approvazione.
Tonks e Lupin presero posto vicino agli amici, senza mai interrompere la loro connessione e quando lei lo vide versare lacrime silenziose, gli si avvicinò ancora di più, gli posò la testa sulla spalla e lui fece lo stesso, adagiandosi sulla sua morbida capigliatura.
L'attimo in cui devi salutare un'anonima bara è il più difficile, perché che sai che contiene un pezzo di te e del tuo cuore, ma soprattutto che te lo sta portando definitivamente via. Fino a quell'istante la tua mente ti illude che quella persona sia ancora con te, al tuo fianco, che stia semplicemente dormendo e che presto riaprirà gli occhi. Quando però vedi quella cassa chiusa e pronta per essere sepolta, realizzi che chi fino a poco tempo prima era al tuo fianco ora non c'è più. Non potrai più ascoltare la sua voce, udire la sua risata, o parlarci, confrontarti con lei perché ormai la sua anima è volata via.
Esiste una cosa però che neanche la morte può cancellare, si tratta dei ricordi, quelli belli, ma anche brutti, che ti hanno visto insieme a chi ora non può essere fisicamente presente, ma che rimarrà sempre dentro di te.
Harry ed altri si avvicinarono, uno ad uno, a quell'involucro per deporvi una carezza; anche Remus seguì il loro esempio, con Dora stretta al suo braccio.
«Hai visto Albus, ce l'ho fatta, alla fine l'ho convinto. Ci mancherai, non so cosa combineremo senza di te, ma di sicuro continueremo a lottare per un mondo libero, come lo sognavi anche tu», disse la ragazza visibilmente commossa. Lupin invece era incapace di emettere alcun suono, ma gli rivolse comunque un saluto silenzioso, con la preghiera di continuare a guidarli ovunque si trovasse.
Si accostarono ai Weasley, Molly sembrava faticasse nel non mostrare la sua soddisfazione nel vederli insieme:
«Che ne dite di venire a mangiare da noi? In certe occasioni di sicuro stare insieme è di aiuto.»
Dora e Remus si scambiarono uno sguardo di tacito assenso prima di rispondere:
«Volentieri», replicò la giovane.
Fu in effetti confortante ritrovarsi in quell'ambiente familiare e impossibile per Lupin e Tonks non rammentare il loro ultimo incontro in quella casa. Quante cose erano cambiate, ma ora ci ripensavano con leggerezza, senza quell'odioso peso a schiacciare i loro cuori.
Bill, ad un tratto, prese da parte la ragazza:
«Sono contenta di vederti star meglio oggi, spero che non dovrai sopportare troppe conseguenze.»
«E io sono felice di riavere con me la mia vecchia amica. Ammetto di aver sentito la mancanza di questo rosa accecante!»
«Scemo», lo rimproverò lei con una pacca sul braccio. Poi si voltò verso Remus che era impegnato in una conversazione con Arthur, ma che sentì comunque il suo sguardo su di sé e le sorrise. Lei ricambiò e riprese a parlare:
«I miei poteri non aspettavano altro che Remus si decidesse e non so dirti quanto sono felice.»
«Ha fatto bene a non lasciarsi scappare una ragazza meravigliosa come te.»
«Hai ragione», Tonks sussultò nel sentire la voce dell'amato, non si era accorta che l'aveva raggiunta.
«Ora però se non vi dispiace andiamo, devo portare Ninfadora in un posto e preferirei non fare troppo tardi», continuò lui con fare misterioso.
«Beh posso sicuramente affermare che è proprio quello giusto visto che gli permetti di usare il tuo nome!» Disse divertito Bill.
Salutarono tutti e si congedarono, ma ovviamente la donna non riuscì a frenare la propria curiosità:
«Dove mi porti?»
«Vedrai», le sorrise e le prese la mano per smaterializzarsi insieme a lei.
«Chiudi gli occhi, aprili solo quando ti dò il permesso.»
«Ok, prof!» Gli strizzò per costringersi ad obbedire e si lasciò guidare dall'uomo.
Fecero qualche passo, poi lui la bloccò:
«Ora puoi guardare.»
Lei non perse tempo e osservò con stupore l'ambiente circostante:
«Amore, ma questo è il parco...»
«Dove mi hai portato quando mi hai costretto a correre con te, sì», la interruppe lui. Poi si diresse verso un albero e vi si appoggiò:
«E questo è il punto esatto in cui mi sono fermato quando non mi trovavi più.»
«Ah, vuoi dire quando hai fatto finta di non vedermi perché eri troppo divertito nel guardarmi così preoccupata!» Rispose lei, facendo il broncio.
«Sì, ma non è del tutto esatto.»
«Che significa? Perché mi hai portata qui?»
«Non ti osservavo solo per divertimento, allora non sapevo dargli una definizione, ma tu riuscivi a smuovere qualcosa dentro di me. Ti cercavo sempre, anche solo con lo sguardo, ogni volta che mi eri accanto a Grimmauld o al Ministero ero felice, il cuore mi batteva all'impazzata e se tardavi dal lavoro facevo fatica a mantenermi calmo.»
Lei lo raggiunse, proprio come aveva fatto in quell'occasione e lo vide tirare fuori la bacchetta per lanciare un incantesimo di protezione e disillusione su di loro.
«C'è un motivo per cui ti ho condotta qui», disse usando di nuovo la magia per far piovere sopra le loro teste e ricordare quella notte. Dora, in un'altra occasione, sarebbe sicuramente saltata per aria nel sentirsi invadere così improvvisamente dall'acqua, ma era incapace di muoversi o di emettere alcun suono. Attese solo che lui proseguisse:
«Quella sera, è stata speciale; per la prima volta, sei stata proprio tu a farmi notare la gioia che leggevi nei miei occhi, perché mi era impossibile nasconderla, soprattutto a te. La verità è che è solo merito tuo se ho scoperto di poter essere di nuovo felice, di saper provare un amore così profondo. Tu sei il mio centro e mi dispiace averci messo così tanto nel capire che, per quanto cerchi di proteggerti, non riuscirei mai a starti lontano e a vivere senza di te.»
Prese fiato per un istante, asciugò una lacrima sul viso di Dora che neanche aveva cercato di frenare e poi pronunciò la parola che mai e poi mai lei si sarebbe aspettata di sentire:
«Sposami.»
Spazio Autrice:
Come sapete, raramente scrivo qualcosa qui sotto, ma sento il bisogno di farlo! Nelle mia storia cerco sempre di inserire dei messaggi, soprattutto positivi e di speranza. In questo capitolo Dora mi è stata di aiuto per farlo, proprio perché è lei stessa un personaggio positivo e capace di dare grandi insegnamenti.
C'è una cosa quindi che vorrei dirvi, forse perché lo farei anche con la "Serena" di qualche anno fa, ed è: AMATEVI!!! Fatelo sempre, imparate ad apprezzare anche le vostre debolezze, non solo i vostri pregi, cercate sempre di migliorarvi, ma amatevi! Cercate un sogno, un hobby, una passione, qualcosa che vi faccia sentire vivi e vi renda felici e non permettete mai a nessuno di giudicarvi o tarparvi le ali! Siate voi stessi e non abbiate timore di esserlo e di mostrarvi esattamente così!
Non aggiungo altro, se non un grazie per il continuo supporto che mi date! Vi abbraccio!
Serena
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