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Capitolo 23


Non ci sono parole per descrivere quanto, a volte, il destino possa essere crudele e giochi a tuo sfavore. Ti sembra di essere nel bel mezzo di un sogno e, un attimo dopo, la realtà viene a bussare alla porta con insistenza.

L'abbraccio in cui erano stretti, che li ancorava con forza l'uno all'altro, era riuscito, con la sua potenza, a far loro dimenticare il buio che li circondava. Non solo quello causato dall'ora tarda, ma anche ciò che non era nient'altro che la conseguenza di una guerra ormai alle porte.

C'erano stati litigi, incomprensioni, rifiuti, lacrime, ma la verità era una sola: il loro amore gridava a gran voce al di sopra di tutta la negatività e splendeva, con una luminosità tale, da scacciare via il resto.

Remus e Dora sembravano i protagonisti di un quadro, le braccia intrecciate e serrate intorno alle rispettive schiene, come se non avessero abbastanza, ma potessero in qualche modo fondersi. Lei poggiava la testa sul suo petto, all'altezza del cuore, nel tentativo di udirne il battito incessante e che galoppava al pari del proprio. Lui, invece, con la fronte chinata sul collo della ragazza, per ispirare di nuovo quel profumo che tanto adorava e lo aveva stordito innumerevoli volte arrivando a privarlo del sonno. Anche i rispettivi mantelli si erano aggrovigliati, come se potessero legarli ancor di più.

Si erano entrambi abbandonati, lasciati andare a quel piccolo momento di calore che bramavano da mesi; ma, allo stesso tempo, erano saldi e stabili come le colonne di un antico tempio greco.
Tra loro era così sin dall'inizio, si concedevano di sfogarsi, di mostrarsi deboli, in un modo che ad altri non era permesso e si ergevano al pari di una roccia, a cui potersi aggrappare per non cadere nel profondo oblio.

Purtroppo, però, sapevano entrambi di non poter continuare a crogiolarsi in quel conforto ritrovato.

Lupin si scostò di poco, per poterla osservare; con tocco leggero, le sfiorò il mento per invitarla a guardarlo; poi si rigirò tra le dita una ciocca grigia dei suoi capelli e le chiese:

«Che ti succede? Non ti ho mai vista portare un colore del genere, sei pallida e decisamente più magra.»

«Parli tu?» Sorrise e gli accarezzò un paio di cicatrici che si intravedevano dalla porzione di pelle lasciata scoperta dal maglioncino logoro che indossava; poi continuò, «Queste non le avevi l'ultima volta».

«Dora, non scherzare», l'ammonì con un sospiro.

«Non lo faccio, ma riterrai con me che la tua domanda è alquanto sciocca. Non stiamo certo affrontando un periodo semplice e, soprattutto, lo facciamo separatamente.»

«Lo so, ma non è da te. Neanche nelle giornate più dure hai mutato il rosa, o perso così l'appetito», insistette lui con maggior foga.

«Il punto è proprio questo, non lo sto facendo volutamente», gli rispose liberandosi dalla stretta e voltandogli le spalle. Non era facile ammettere e mostrare la depressione in cui era caduta, ma era impossibile non notarla e lei sapeva che l'uomo sarebbe stato il primo a non riconoscere la solita donna positiva ed energica. Era sempre stata lei l'anima della festa, la compagnona di turno, quella che non può starsene ferma nel vedere qualcuno in un angolo ad autocommiserarsi.

Era diventata una di quelle persone che normalmente sarebbe andata a consolare e non era semplice ritrovarsi in quella situazione e non riuscire a mascherarla.

«Che cosa vuoi dire?»

«Non sono in grado di trasformarmi, i miei poteri non funzionano come prima. Lavoro molto comunque, sono quasi sempre fuori e capita che mi dimentichi di mangiare.» Non poteva sostenere il suo sguardo ma immaginarselo, a testa bassa, intento a fissare il pavimento colmo di foglie, terriccio e residui di vegetali. Era certa che volesse domandarle dell'altro ed era alla ricerca del coraggio.

Sentiva solo il suo respiro accelerato ma, se la sua testa fosse stato come un macchinario, di certo avrebbe udito il rumore degli ingranaggi. Lo conosceva così bene, il suo modo di riflettere o la maniera in cui i pensieri negativi e i sensi di colpa si facevano strada nella sua mente. Alla fine si decise e lo ascoltò mentre le poneva la questione che lo assillava:

«Da quanto tempo non puoi più cambiare?»

«Dalla mattina della tua partenza, solo qualche ciocca era rimasta rosa, ma presto sono sbiadite anche quelle», gli rispose cercando di sembrare il più ferma possibile. Il ricordo, però, del risveglio di quel maledetto giorno, diede il via alla discesa di alcune lacrime sulle sue guance.
Remus non era da meno, la conseguenza delle sue azioni, dell'essersi aperto e averle permesso di entrare, di non averla fermata prima che potesse innamorarsi di lui lo colpì in pieno petto, tanto da fargli perdere per un attimo la stabilità. La prese e la costrinse a voltarsi:

«Non era così che doveva andare, ti avevo detto di...»

«Cosa? Dimenticarti?! Come hai potuto essere davvero così ingenuo da crederlo?» Nonostante avesse preso subito fuoco, era strano non vederla incendiarsi come al solito. Non c'era alcun rossore sulle sue gote o capelli, ma gli occhi lanciavano fulmini, perché se c'era una cosa che non aveva perso, era il bisogno di far capire all'uomo quanto fosse testardo e ingenuo.

«È per il tuo bene, lo è sempre stato. Sono stato capace di ridurti in queste condizioni senza stare con te, figurati cosa succederebbe se ci impegnassimo in una relazione!»

«Possibile che tu ancora non l'abbia capito? Proprio perché tu non ci sei e ti ostini a rifiutarmi sto male; non me ne frega niente del rischio, dell'opinione degli altri, dell'essere allontanata dalla società. L'unico abbandono che può e potrà mai farmi soffrire è quello da parte tua, non dalla gente. Possono andare a farsi benedire tutti e le loro opinioni retrograde. Tu sei l'unico di cui mi importi!»

Non attese una replica e, per avvalorare ancora di più la sua tesi, gli prese il viso fra le mani e lo baciò.

Lupin fu colto alla sprovvista ma, invece di indietreggiare, le posò una mano dietro la testa per avvicinarla ancora di più. Lo faceva impazzire, la sua sola presenza aveva il potere di cancellargli ogni pensiero razionale dalla mente; le labbra invece avevano la forza di un uragano, pronte a spazzarlo via e condurlo in una dimensione che non era quella reale.

Se qualcuno, anni addietro, avesse detto loro che un giorno avrebbero offerto uno spettacolo del genere alla moltitudine di piante racchiuse nella serra, probabilmente sarebbero scoppiati a ridere.

Quel contatto però, non aveva niente di divertente, non era accompagnato dall'euforia classica dei primi e travolgenti amori; ma sapeva di urgenza, di desiderio, del bisogno di ritrovarsi, di riconoscersi, della necessità di calmare quel dolore, quasi fisico, causato dalla distanza tra i loro corpi.

Remus e Ninfadora non riuscivano mai ad azzeccare il momento giusto, quante volte erano stati interrotti o un ostacolo si era frapposto tra di loro. La passione che scorreva nelle vene di entrambi non poteva semplicemente essere dimenticata; se da una parte, ad assecondarla, c'era l'impulsività della donna, dall'altra la debolezza dell'uomo che gli impediva di resisterle. Nonostante Lupin avesse tentato, in più occasioni, di fuggire, non gli era sempre risultato facile ma, al contrario, si era ritrovato incatenato a lei senza via d'uscita.

Una voce li costrinse ad allontanarsi di scatto:

«Tonks! Dove sei?» Sentirono urlare, mentre si guardavano immobili, separati l'uno dall'altra e con il fiatone.

«Chi è?» Le chiese Lupin preoccupato, solo Silente sapeva della sua visita alla scuola e di certo non sarebbe stato positivo se avessero scoperto lui o Luke.

«Dawlish, è di turno con me questa sera», gli rispose con noncuranza.

«Tonks! Mi senti? Stai bene?!» Udirono di nuovo la voce dell'Auror avvicinarsi sempre di più.

«A quanto pare si preoccupa molto per te», si lasciò sfuggire Remus, preso da un attacco di gelosia. Non era un sentimento a cui era solito cedere ma, ciò che provava per Dora lo aveva condotto alla scoperta di emozioni che non credeva di poter vivere. Pensava quasi di esserne immune ed era vicino all'odiarsi, perché non era certo quello che avrebbe dovuto sentire, ma piuttosto il sollievo dettato dal fatto che ci fosse qualcuno interessato alla ragazza e che magari, prima o poi, avrebbe potuto ricambiare. La verità era che avrebbe tanto desiderato uscire e dirgli in faccia che Ninfadora stava bene, perché era con lui, anche se un lupo mannaro non era certo l'emblema della sicurezza.

Alla giovane non sfuggì la nota di disappunto contenuta nelle sue parole e gli rispose:

«Sai, mi piacerebbe potermi abituare a queste tue esternazioni, è molto meglio vederti infastidito per le attenzioni che qualcuno mi riserva, piuttosto che ascoltarti ripetere i tuoi soliti rifiuti.» Era affranta, non solo per l'ennesima discussione ma perché il tempo, nei loro confronti, era sempre tiranno e li stava, ancora una volta, dividendo.

«Dora... Io...» Non sapeva neanche lui che cosa volesse dirle, ma la sofferenza che poteva vedere sul suo viso, gli strappava il cuore e glielo calpestava senza pietà. Voleva consolarla ed era consapevole di non poterlo fare. Fu lei ad andare in suo soccorso:

«Lascia stare... Dimmi che cosa devi fare, così posso lasciarti campo libero e andare a distrarlo.» Era tornata in modalità Auror e Lupin la ammirava così tanto, il suo modo di reagire ed essere combattiva, quando era opportuno, lo avevano sempre affascinato.

«Credo che Albus mi abbia preparato le erbe che mi avevi consigliato. Devo trovarle e poi tornare indietro. Non sono da solo però, il mio compagno è nascosto nel chiostro.»

«D'accordo, me ne occupo io, porterò Dawlish lontano da qui. Cerca comunque di fare presto, è rischioso.» Tonks sentì il collega chiamarla ancora, prima di raggiungerlo, però, si perse un'ultima volta nel guardare colui che le aveva rubato l'anima.

«Fai attenzione», aggiunse e gli voltò nel spalle per avviarsi verso la porta. La cosa migliore sarebbe stata lasciarla andare ma Lupin non era bravo quando si trattava di prendere decisioni appropriate.

La tirò con delicatezza per un braccio e la fermò:

«Ti prego, abbi cura di te...posso affrontare tutti i dolori del mondo, ma non il tuo...» Quelle parole la colpirono più di un "Ti amo", erano la conferma del fatto che non l'aveva dimenticata, che sebbene si ostinasse a rifiutarla, ciò che provava per lei erano ancora vivido.

«Solo una cosa spero...che un giorno tu capisca che la chiave per la mia felicità l'hai sempre avuta tu.» Non disse altro, non era necessario, corse fuori dal collega per impedirgli di mandare a monte la missione di Remus.

All'uomo non fu difficile scoprire dove Silente aveva preparato la sacca con le erbe di cui necessitava, di sicuro nessun altro sarebbe passato dalla serra di notte, quindi non avrebbe avuto senso nasconderla particolarmente bene.

Dopo essersi assicurato che non ci fosse qualcuno nei dintorni, lasciò la serra e raggiunse Luke.

Una volta rientrati alla grotta, Lunastorta attese che il ragazzino si addormentasse, per rimanere da solo con i suoi pensieri. Era successo tutto così in fretta, l'incontro con Dora, il litigio, il bacio e si sentiva ancora in subbuglio per le emozioni che lo avevano travolto. Gli aveva fatto così male osservarla in quel suo nuovo stato, negli occhi aveva scorto la scintilla che la caratterizzava ma, per il resto, sembrava un'altra persona.

Sperava di trovare pace e riposo, ma sapeva che per quella notte non sarebbe stata un'impresa facile, se non impossibile. Nel togliersi il maglione, prima di mettersi a letto, fu attratto da un filo che vi era rimasto attaccato; se lo rigirò tra le mani ma il colore rosa gli saltò subito all'occhio, era senza dubbio un capello di Tonks.

Forse, presi dalla passione, non si erano accorti che una o più ciocche, per un istante, avevano ripreso vita. Le ultime parole che gli aveva rivolto iniziarono a martellarlo in testa con maggior insistenza, come poteva un lupo mannaro essere la felicità di qualcuno non era in grado di spiegarselo; se quello era un segno, in ogni caso, non era abbastanza. Non per uno come lui, che si riteneva una creatura indegna e capace solo di distruggere e perdere ciò che amava.

Nel frattempo anche Ninfadora era presa dallo stesso tormento, Dawlish le parlava, affiancandola nella ronda, ma lei non gli prestava ascolto. Si sfiorava in continuazione le labbra, con l'illusione che il calore che vi sentiva non l'avrebbe abbandonata. Per l'ennesima volta aveva fallito, erano scoppiati entrambi e le era stato sbattuto in faccia il rifiuto che accompagnava ogni loro ultimo incontro.

Neanche quello l'avrebbe fermata, era certa dei sentimenti di Remus, ne aveva percepito la forza sulla propria pelle; allo stesso tempo, però, la depressione cancellata da quei pochi istanti passati tra le sue braccia, stavo ritornando a pesarle addosso come una spessa coltre di nuvole.

Non aveva idea di quando si sarebbero rivisti ma di sicuro l'eterna guerra tra di loro non era ancora finita.

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I mesi iniziarono a scorrere e, in un lampo, arrivò Dicembre. Remus stava camminando sulla spiaggia innevata, il freddo non lo aveva mai particolarmente infastidito ed aveva bisogno di allontanarsi dall'ambiente chiuso della caverna e respirare aria fresca.

Aveva trascorso il periodo precedente per lo più rinchiuso in quella sorta di laboratorio, alla ricerca di un modo per poter combinare le erbe che aveva recuperato ad Hogwarts. Ore ed ore passate chino su fiale, provette e bacinelle simili a calderoni, senza trovare una soluzione ideale che rendesse soddisfatto Greyback.

L'alfa mostrava segni di nervosismo ma, soprattutto, appariva sempre più spazientito. Lupin sapeva di doversi muovere in fretta e, infatti, era contento dei risultati ottenuti dal rafforzarsi del suo legame con Luke. Almeno in quello aveva fatto enormi passi avanti e sperava di potergli rivelare, al più presto, il vero scopo della sua missione.

Si avvicinò, senza quasi accorgersene, all'ingresso della cittadina marina; gli edifici erano agghindati a festa, dalle finestre pendevano lucine colorate, a forma di stella o abete e si potevano sentire i primi canti natalizi; probabilmente si trattava di artisti di strada o di qualcuno che stava provando per un concerto.

All'uomo fu impossibile non ricordare l'anno passato, come aveva addobbato insieme a Sirius Grimmauld, o quanto fosse bella Dora quella sera e il regalo che gli aveva donato. Ora, invece, si ritrovava solo, distante dagli affetti e in mezzo a un branco di lupi mannari che ancora non sembravano del tutto convinti di potersi fidare di lui. Un opprimente senso di frustrazione misto a malinconia si impadronì di Remus; c'erano dei momenti in cui avrebbe davvero desiderato avere l'opportunità di spegnere il cervello e non pensare più, ma ci sono avvenimenti che non si possono semplicemente cancellare perché rimangono ancorati al cuore, senza l'utilizzo di un incantesimo permanente.

Con la scusa di alcune ricerche da fare, aveva ottenuto il permesso da Fenrir di partire per pochi giorni e senza essere accompagnato; forse era un ennesimo modo per metterlo alla prova e constatare se sarebbe tornato. La Tana era la sua destinazione, avrebbe così avuto la possibilità di confrontarsi con altri maghi, tra cui magari Piton e ricavarne qualche buon suggerimento. Di certo se nessuno aveva ancora inventato una pozione simile a quella richiesta dal capo, significava che non fosse di così facile preparazione, ma forse avrebbe potuto creare qualcosa che servisse a guadagnare del tempo utile.

Qualche dì più tardi, si apprestò a partire e a raggiungere i propri amici. Bussò alla porta della dimora in cui vi trovava sempre conforto, fu accolto da Molly che lo strinse tra le proprie braccia, in quel suo tipico modo che toglieva il fiato.

«Buon Natale Remus!!! Quanto sei magro, vieni dentro, così potrai scaldarti e mangiare un pasto caldo, chissà da quanto tempo non ne fai uno decente», esclamò contrariata.

«Di sicuro dalle cene che ci preparavi dopo le riunioni», accennò un sorriso per non mostrarsi troppo abbattuto davanti alle sue parole.

Doveva ammettere, però, che lo spettacolo che gli si presentò di fronte faceva bene al cuore, tutti i ragazzi erano riuniti a tavola e lo salutarono con entusiasmo prima di riprendere la conversazione o meglio a fare confusione come era loro abitudine. Era bello constatare che, nonostante le difficoltà, riuscissero a trovare spazio per scherzi e risate.

Lupin si fece travolgere dall'atmosfera familiare ma impallidì all'istante quando sentì pronunciare il nome che lo torturava giorno e notte:

«Mamma come mai non sei riuscita a convincere Tonks a unirsi a noi?» Domandò Ginny, la prima fan della ragazza, dato che la considerava come una sorella.

«Mi ha detto che era di turno, ma ammetto di non averle creduto». le rispose la madre dubbiosa.

«Perché?»

«Non lo so, ho avuto la sensazione che preferisse rimanere da sola.»

«Beh, io non ne sento così tanto la mancanza», si intromise Ron parlando con la bocca piena.

«Ronald!!!» Lo rimproverò Hermione.

«Che ho detto? Non potete negare che non sia più simpatica come prima, ma decisamente musona!» Replicò, ma non sembrava offeso, anzi piuttosto sicuro della propria affermazione.

«Come puoi essere così insensibile? La perdita di Sirius deve averla sconvolta e non fa altro che passare il tempo a lavorare, prova a metterti nei suoi piani!» Ginny cercò di difenderla e di mostrare una visione differente al fratello.

Remus ascoltò quello scambio senza proferire neanche una sola sillaba, non avrebbe voluto ricevere quel tipo di conferme sullo stato di Dora, sperava anzi di ricevere notizie positive sul suo conto. Il vagare dei suoi pensieri fu interrotto da Harry, che fino a ora non aveva aperto bocca ma aveva una questione da porgli:

«A proposito, c'è una cosa che vorrei chiederti.»

«Dimmi pure», gli rispose con gentilezza, ma aveva la netta sensazione che non si trattasse di nulla di buono.

«Un patronus può cambiare?»

«Sì, non è comune come cosa, ma a volte dei bruschi cambiamenti di vita o un evento negativo traumatico possono mutarne la forma, come mai me lo domandi?» Probabilmente avrebbe dovuto trattenersi ma la curiosità ebbe la meglio.

«Quello di Tonks è diverso, l'ho visto al mio arrivo ad Hogsmeade, ne ha inviato uno a Piton e sono rimasto sorpreso, non sapevo che potesse succedere», gli disse con noncuranza, soddisfatto delle spiegazioni ottenute.

L'ex insegnante invece iniziò a sudare freddo, poteva chiaramente sentire delle gocce scorrergli lungo il collo e la schiena, ma non poteva chiudere l'argomento, doveva indagare:

«Quali sembianze ha preso?»

«Azzarderei a dire di un lupo, anche se non posso esserne certo», non aggiunse altro perché la sua attenzione venne richiamata da un picchiettio sulla porta, chiaro segno di qualcuno che stava bussando.

Lupin invece diventò più pallido della camicia bianca che indossava, era sicuro della forma assunta dal patronus della donna, non poteva essere altrimenti; a quanto pare il suo rifiuto l'aveva distrutta in profondità, ma non fece in tempo a dare retta ai sensi di colpa che cominciavano a farsi strada nel suo petto, che la voce di Molly lo distrasse:

«Tonks, che bella sorpresa! Vieni, guarda un po' chi è tornato!» La donna, a conoscenza dei motivi della sofferenza della ragazza, sperava che il Natale fosse l'occasione giusta per una riconciliazione.

Dora era conscia del rientro alla base dell'uomo, aveva passato parecchio tempo a rimuginare sul da farsi, ma aveva bisogno di vederlo e accertarsi del suo stato di salute. Non le importava di nient'altro, né di riaprire le vecchie discussioni, né di dichiarargli ancora una volta il suo amore, solo di vederlo vivo e vegeto, seppur con qualche cicatrice in più.
Aveva sbagliato i suoi calcoli però, non era preparata all'effetto di ritrovarsi nuovamente nella stessa stanza con lui, gli occhi negli occhi e la voglia di correre tra le sue braccia che minacciava di sopraffarla.

Si accorse degli sguardi curiosi dei presenti puntati su di lei e si schiarì la voce nel vano tentativo di ricomporsi:

«Remus», lo salutò con un cenno del capo per poi rivolgersi a Molly, «In realtà sono venuta solo per lasciarvi i regali.»

«Non ti fermi neanche un momento?» Le chiese senza mascherare una nota di delusione.

«No grazie, devo proprio andare», insistette Tonks, non aveva la forza di affrontarlo davanti a tutti, non ancora. Nei mesi trascorsi la depressione si era impadronita sempre di più di lei, come quando d'autunno il verde delle foglie inizia a cedere il passo al giallo, piano piano, fino a che, quel nuovo colore, le priva di ogni energia facendole cadere. Ed era proprio ciò che aveva paura le succedesse; puntava i piedi per terra in maniera salda per impedirlo ma avrebbe desiderato tanto potersi aggrappare all'uomo che amava per ritrovare la forza che la stava abbandonando.

Osservò un'ultima volta Lupin, salutò tutti e se andò. Remus non era riuscito a parlare, non ne aveva avuto il coraggio, ma la notizia ricevuta da Harry lo aveva sconvolto e voleva placare i propri dubbi..

Si scusò con gli altri, prese il mantello e rincorse la giovane prima che si smaterializzasse:

«Dora aspetta!» Lei si arrestò ma senza voltarsi, stava piangendo e preferiva non mostrarsi così debole, non di nuovo.

«Harry me lo ha detto...» Le confessò di getto, senza neanche pensare, ma solo con una gran necessità di saperne di più.

«Che cosa?»

«Del tuo patronus...» Sussurrò, come se avesse paura a dirlo.

«A quanto pare le voci corrono e pensare che di solito siamo noi donne quelle definite pettegole», rispose con una punta di acidità.

«Perché?»

All'udire quella domanda Tonks si girò di scatto:

«Davvero Rem? Me lo stai chiedendo? Forse perché è la prova di ciò che tu continui a rinnegare?»

«Sai benissimo che non è così, ma che ci sono mille ragione per cui non dovrebbe esserci niente tra di noi.»

«Non ricominciare, ti prego, non ti vedo da settembre, questo è tutto ciò che hai da dirmi?»

L'uomo la guardò, c'erano così tante cose di cui avrebbe preferito conversare, ma ogni minuto che passava al suo fianco rischiava di aumentare il desiderio di sfiorarla e non poteva permetterlo.

«Vieni con me», lo invitò lei.

«Che cosa?»

«Ti ho chiesto di seguirmi», mosse qualche passo nella sua direzione, fin quasi a toccarlo, consapevole dell'effetto che aveva su di lui.

«Non credo che sia una buona idea», la voce gli uscì tremolante, segno dell'avvicinarsi della perdita del controllo.

«Io penso invece che non ti piacerebbe dare spettacolo e dato che sto per baciarti, credo che sarebbe opportuno andarcene», nonostante la sofferenza che la ingrigiva, la sola presenza di Remus era in grado di riaccendere il suo sorriso e di tirare fuori quel lato malizioso che, solo a lui, era concesso di conoscere davvero.

Non attese il suo tentativo di rifiuto, lo prese per mano e lo condusse nella sua stanza ad Hogsmeade.

Fu colta alla sprovvista, però, quando si ritrovò le labbra dell'uomo premere sulle proprie con urgenza. Credeva di doverlo convincere, di costringerlo a dimenticare tutte le sue dannate ragioni per ricevere le attenzioni che bramava ed invece, per una volta, Lupin sembrava davvero essersene fregato.

Ed era così, non poteva smettere di considerarsi sbagliato per lei, ma la rivelazione di Potter, le lacrime di Dora, il pallore del suo viso, le occhiaie profonde e, infine, ciò che gli aveva detto prima di trascinarlo via, gli avevano fatto abbattere ogni barriera. Quella era la vera forza della donna, arrivargli dritta al cuore, dove nessuno era mai riuscito a entrare, fargli scordare tutto il resto e pensare che anche lui meritasse l'amore che tanto agognava.

Nella camera divampò il fuoco, neanche una lunga lontananza può cancellare il desiderio di due persone che si adorano e che non agognano nient'altro che ritrovarsi. Se la loro prima unione era stata accompagnata dalla calma, dalla curiosità di imparare qualcosa in più l'uno dell'altra, in quel momento furono entrambi colti da una bramosia tale che li portò a liberarsi velocemente dei vestiti e a ritrovarsi nudi sul letto.

I cervelli disconnessi, i cuori che battevano all'impazzata, le mani che stringevano e accarezzavano; le labbra che sfioravano ogni centimetro di pelle, le gambe intrecciate nel tentativo di avvicinarsi ancora di più.

Non esistevano più le lotte, i dissapori, il nero che li circondava, gli ostacoli; c'erano solo due persone, né il mago, né la strega, ma comuni, che stavano facendo dialogare le loro anime che sussurravano parole d'amore; alla ricerca di una pace che solo loro erano in grado di donarsi. Si erano così tanto cercati, sofferto della distanza che li separava, che l'unione fisica era l'unica in grado di placare la furia che imperversava dentro di loro e che li sconquassava di brividi incontrollabili.

Si fermarono giusto per un istante, prima di finire la scalata che gli avrebbe condotti insieme alla vetta; il tempo di rinnovare, anche con il suono della loro voce, la loro promessa d'amore:

«Ti amo...»

«Anche io Dora, anche se...»

«Shh, non dire altro, non ora...»

L'uomo si lasciò zittire, ancora una volta la forza del suo sentimento aveva avuto la meglio su ogni pensiero razionale.

C'era qualcos'altro però, conscio tanto quanto loro, che il giorno dopo Lupin sarebbe stato di nuovo sopraffatto da rimorsi e sensi di colpa, si trattava dei capelli di Ninfadora. A differenza della volta precedente, il grigio era ben ancorato su di essi e non intenzionato a mutare in un arcobaleno di colori; perché se c'era una cosa che anche la magia della ragazza sapeva, era che ancora Remus non era pronto a crollare definitivamente.

Come il sovrano di uno Stato, aveva firmato un armistizio, ma la vittoria del paese avversario non era ancora stata proclamata.


 Spazio autrice:

Come sapete non sono solita farlo, ma vorrei avvisarvi che potrei impiegare qualche giorno in più del solito per pubblicare il prossimo capitolo! Sabato si sposa una delle mie più care amiche e le farò da testimone, quindi potete immaginare come saranno pieni i miei prossimi giorni!!! Cercherò in ogni caso di non tardare troppo, ma voglio dedicarmi come si deve all'evento! Nel frattempo vi ringrazio dal più profondo del mio cuore, la storia continua a crescere e a ricevere apprezzamenti e io non posso che esserne sempre più felice!

Vi abbraccio,

Serena

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