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Capitolo 19

Il tempo iniziò a scorrere e, a Remus, sembrava che qualcuno ne avesse modificato la velocità rendendola simile a quella della luce. Non mancava troppo alla sera e, più ci rifletteva, più non aveva idea di come sarebbe riuscito a uscire dalla trappola tesagli da Greyback.

Non era uno sciocco, sapeva che presto o tardi sarebbe stato messo alla prova, solo che sperava non avvenisse così presto. Era estremamente nervoso, teso come una corda di violino, il respiro accelerato a causa della paura di ciò che gli era stato chiesto di fare. Si conosceva bene però e quando si agitava così non era più in grado di ragionare in maniera lucida, quindi come prima cosa gli serviva un espediente per distrarsi e rilassarsi; solo a quel punto avrebbe potuto riprendere a ragionare con calma e attuare un piano sensato.

Non aveva voglia di parlare e, per sua fortuna, Luke si era addormentato, a quanto pare non era l'unico a essere debole quel giorno. Prese la sua valigia e iniziò a guardare tra i propri libri per sceglierne uno che potesse servire allo scopo, gli capitò tra le mani la copia di "Orgoglio e pregiudizio" prestatagli da Dora; probabilmente era uno stupido sentimentale ma, quando ancora non aveva trovato nelle tasche la collana di lei, aveva deciso di portarsi qualcosa che le appartenesse, come se potesse trarne un po' della sua energia.

Non era ancora riuscito a finirlo, concentrarsi su qualcosa di nuovo sarebbe stato sicuramente di aiuto; era un metodo che aveva già sperimentato in passato, proprio quando si trovava in situazioni che lo impanicavano o mettevano in estremo disagio.

Prese a sfogliare le pagine, le stesse che erano già state accarezzate dalla sua amata e, anche se lo trovava assurdo, cominciò a sentire parte dell'ansia scivolargli via dal corpo.

Ricercò il punto dove si era fermato l'ultima volta, evidentemente, lo sballottio a cui aveva sottoposto il romanzo, aveva fatto cadere il segnalibro; non gli fu difficile ritrovarlo, di solito possedeva una buona memoria per certe cose.

Si rammentava di essersi interrotto nel momento in cui la protagonista aveva ricevuto una lettera dall'uomo che le si era dichiarato poco prima, ed è proprio da lì che riprese a leggere.

"Leggeva con un'ansia che a stento le permetteva di capire, mentre l'impazienza di sapere ciò che diceva la frase successiva le impediva di cogliere il significato di quella che aveva sotto gli occhi."

Gli venne da ridere, doveva ammettere di trovarsi molto in sintonia con la ragazza, se fosse stata una persona che crede nei segni, di sicuro vi avrebbe trovato un qualche messaggio nascosto inviatogli dall'universo. Purtroppo, però, non era mai stato particolarmente fortunato e non pensava certo che, una scrittrice vissuta in un altro secolo, potesse fornirgli un qualche tipo di supporto per ciò che la attendeva.

Un attimo dopo si accorse di qualcosa che spuntava tra le pagine del libro.

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Ninfadora, quello stesso giorno, aveva ricevuto l'invito da parte di Bill. Si era smaterializzata in un punto lontano dall'ingresso della casa, voleva approfittare di una passeggiata e respirare a pieni polmoni l'aria refrigerante della sera.

Il cielo era limpido, senza neanche l'ombra di una nuvola ad oscurarlo e, il sole, stava iniziando a calare per lasciare il posto alla luna. Adorava i tramonti, amava perdersi ad osservare quelle sfumature di colore che cambiavano ogni sera, a volte arancioni, altre viola o grigie se cadeva la pioggia. Spesso, con Remus, si erano ritrovati sul terrazzino di Grimmauld ad ammirare quello spettacolo, divertendosi a scommettere sulla tinta che avrebbe assunto il cielo e lei, cambiava i propri capelli a seconda della sua proposta. Vinceva quasi sempre lui, non era mai stata brava ad interpretare i cambiamenti atmosferici, ma era un gioco che permetteva loro di svagarsi, faceva parte di quella routine che aveva contribuito ad avvicinarli.

La nostalgia la colpì come una pugnalata, la mancanza dell'uomo, nonché del suo ultimo ennesimo rifiuto, le provocava quasi un dolore fisico, desiderava, con ogni fibra del proprio essere, riaverlo accanto; le sembrava di sentire ogni cellula del suo corpo urlare il nome dell'amato, perché la verità era che Lupin non le aveva solo rubato il cuore, ma le era entrato dentro; le loro anime si erano ritrovate, come se si cercassero da sempre, fuse insieme, rendendo a entrambi impossibile vivere separati. Ne era certa, nonostante si ostinasse a non lasciarsi andare, sapeva che anche lui soffriva senza averla al suo fianco perché, seppur in un modo singolare, gliene aveva fornito la prova.

Era felice di poter rammentare le ore vissute insieme, come un piccolo bagaglio a portata di mano, non tutti possono essere così fortunati di innamorarsi di qualcuno e essere ricambiati e, questa consapevolezza, le donava comunque conforto e la forza di continuare a lottare per lui.

Persa nei suoi pensieri, non si accorse di essere arrivata alla porta della Tana fino a che non rischiò di sbatterci contro. Tirò un lungo sospiro e bussò, pochi istanti dopo fu l'amico ad aprire, felice di vederla:

«Grazie di essere venuta», la strinse tra le proprie braccia per poi chiederle:

«Ancora problemi con i poteri eh?»

«Già, ma non preoccuparti troppo! Sono sicura che si tratta di una cosa temporanea», cercò di sembrare convincente e tranquilla, ma la verità era che non aveva nessuna voglia di stare in compagnia. Non erano ancora arrivate notizie di Remus e, in quello stato di apprensione, avrebbe preferito rimanere sola per trovare rifugio in un libro o magari una pattuglia con Malocchio che avrebbe richiesto la sua completa concentrazione. Aveva però fatto una promessa ed era pronta a mantenerla.

Così indossò il suo sorriso migliore e si recò all'interno della casa, decisa a impegnarsi il più possibile per supportare Bill; come sempre fu accolta da tutti con calore e si lasciò pervadere dal senso di serenità che sapevano donarle.

L'inizio della cena fu accompagnato da un insolito e pesante silenzio, come se aleggiasse tra di loro la paura di dire la cosa sbagliata e fu proprio Tonks a intervenire:

«Allora Fleur, come ti trovi alla Gringott? Ti sei ambientata bene?»

«Oh Oui...sì! Il lavoro è così affoscinante e Bill mi sta aiutando très con la lingua!» Rispose entusiasta, seppur inciampando su qualche parola, non aveva ancora del tutto abbandonato il Francese.

Dora udì con chiarezza Fred farsi scappare una risatina e sussurrare a George:

«Già mi immagino il tipo di aiuto...» Lo fulminò con lo sguardo per farlo smettere.

In ogni caso era riuscita nel suo intento, aveva rotto il ghiaccio ed uno ad uno iniziarono ad inserirsi nella conversazione, ognuno con le proprie curiosità o commenti. Il resto del pasto trascorse in maniera molto più rilassata di come era iniziato, Fleur continuava ad apparire agli altri come una presuntuosa so tutto io ma per lo meno erano stati in grado di portare avanti la serata senza particolari intoppi.

Finito di mangiare si trasferirono in salotto per continuare a chiacchierare, Tonks ne approfittò per uscire a prendere una boccata d'aria per qualche minuto.

Puntò subito lo sguardo verso la luna e fu scossa da un brivido glaciale, le era impossibile non pensare a Remus e alla trasformazione che, di sicuro, era già iniziata; non aveva idea di che cosa fosse successo in quei giorni, se Greyback lo avesse accettato e come avrebbe trascorso quella notte, ma sperava che almeno avesse letto il suo biglietto e che sapesse di averla, in un modo o in un altro, al suo fianco.

Non si accorse del rumore di passi, prodotto da Bill, mentre le si avvicina; sobbalzò nel sentirsi stringere le spalle, ma riconobbe subito il tocco del suo vecchio amico. Alcune lacrime silenziose avevano iniziato a scorrerle lungo il viso, tutta quella incertezza la torturava; non gradiva farsi vedere così, ma il ragazzo la conosceva troppo bene e aveva già capito che c'era qualcosa che la turbava. Infatti le chiese:
«Che cosa hai Tonks? Sei stata fantastica come sempre a cena, senza di te sarebbe stato difficile avviare una conversazione, ma non sei tu. Si tratta di Sirius?»

Lei sorrise, per lo meno una conferma c'era, la loro amicizia non era stata scalfita dal passare degli anni e ne era contenta. Si convinse a girarsi e a guardarlo, lui notò subito il suo viso bagnato e glielo accarezzò.

«Avevamo legato molto negli ultimi mesi, eravamo simili e la sua morte è stata davvero un duro colpo per me.»

«Lo capisco certo, ma non si tratta solo di questo, vero?» Dora a quella domanda sbarrò gli occhi, non credeva di essere così cristallina.

«Come lo hai capito?»

«Andiamo, abbiamo passato tanto di quel tempo insieme. Sei positiva, solare, non neghi mai a nessuno una parola di conforto, ma so bene quando nascondi qualcosa.»

«Beccata...» Gli confermò, sarebbe stato inutile continuare a mentire.

«Dai racconta.»

«Mi sono innamorata...» Il ragazzo rimase allibito davanti a quell'affermazione, non lo aveva compreso nè tanto meno notato e non si capacitava di come fosse possibile.

«Sorpreso eh?! Ci sono cascata pure io alla fine...»

«Lo conosco?»

«Sì, si tratta di Remus.»

«Vi ho visti passare spesso il tempo insieme, ma credevo che foste solo amici.»

«All'inizio sì, mi sono resa conto di amarlo quando sono andata in missione a Malfoy Manor. Lui ha ammesso di ricambiare i miei sentimenti, ma continua a rifiutarmi a causa della sua malattia, è convinto che mi metterebbe in pericolo e farebbe di me un'emarginata», ogni volta che ricordava ciò che era solito ripeterle, veniva colta dall'abituale fervore; solo la reazione dei suoi capelli era diversa, un timido rossore si affacciava su qualche filo, ma niente di più.

«È...»

«Ottuso? Idiota? Irragionevole?» Lo interruppe prima che potesse finire ciò che aveva da dire.

«Comprensibile», vedendo lo sguardo esterrefatto della ragazza, alzò la mano per fermarla,

«Fammi finire per favore, quello che intendo è che se tiene davvero a te è normale che voglia proteggerti ed evitarti pericoli.»

«Quindi gli stai dando ragione?»

«No, dico che capisco le sue paure. Se però lui è la tua scelta, sono certa che puoi convincerlo, alla fine si tratta di una sola volta al mese e con le dovute precauzioni potete ovviare al problema», le spiegò cercando di calmarla.

«È quello che dico sempre anch'io e gli ripeto in continuazione, ma ora non posso nemmeno continuare a provarci...»

Bill la prese tra le sue braccia, ci sono momenti in cui una stretta vale più di qualsiasi altra cosa, è il miglior modo per dimostrare presenza e affetto.

«Passerà questo periodo Tonks e, lo sai, potrai sempre contare su di me...»

«Grazie...»

Si guardarono per un attimo, grati l'uno all'altro per il supporto reciproco, che mai si negavano; poi le scompigliò la chioma e si raccomandò:

«E vedi di far ritornare rosa questi capelli, perché alla storia della stanchezza non ci credi neanche tu!»

«Ah ah ah, sarà fatto!»

Dora lanciò un'ultima occhiata alla luna e poi si diressero di nuovo verso casa.

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Remus, nel frattempo, si stava recando in città insieme a Luke, Greyback e qualche altro membro del branco, ad alcuni non era stato permesso di andare con loro, probabilmente perché l'alfa non voleva comunque lasciare incustodito il loro nascondiglio.

Non mancava molto allo spuntare della luna e, l'uomo, era sempre più nervoso, voleva scappare, correre lontano, tornare al fianco di Dora per amarla di nuovo e non lasciarla più; sapeva però che non era ciò che tutti si aspettavano da lui, non poteva farlo, doveva compiere l'unico compito per cui sarebbe davvero stato utile all'Ordine. Approfittò di qualche momento di solitudine per respirare l'aria a pieni polmoni e ritrovare la calma.

Fenrir aveva preso da parte Luke per dargli istruzioni:

«Tu accompagnerai Lupin, non lasciarlo nemmeno per un attimo, sceglietevi una casa e osservalo, vedremo se è davvero pronto a essere uno di noi o se tenterà di fuggire prima della trasformazione.»

«Certo signore.»

Il ragazzo si avvicinò di nuovo a lui invitandolo a seguirlo, cominciarono a camminare per le strade, quasi deserte, di Bournemouth; gli abitanti a quell'ora erano pressoché tutti rincasati, cosa che di sicuro giocava a loro favore e gli permetteva di non essere notati.

Lunastorta non aveva idea di che cosa dovesse fare di preciso, così attese che il giovane, che camminava guardandosi intorno, gli fornisse ulteriori spiegazioni; ad un tratto lo vide fermarsi come attirato da qualcosa.

«Vedi quella casa laggiù, dove c'è una signora seduta in cortile?» Gli chiese, senza indicarla, ma Remus la inquadrò subito e annuì.

«Bene, la aggireremo per entrare dal retro e nasconderci. Una volta dentro, non appena sarai mutato, potrai dare il via alla tua prova di iniziazione.»

Al solo suono di quella parola non poté fare a meno di immaginarsi il corpo di quella povera donna martoriato, proprio dalle sue stesse mani; sentì lo stomaco rivoltarsi, fu scosso da un conato, ma cercò di deglutire in maniera decisa per evitare di vomitare a causa di quei pensieri. Era un lupo mannaro e sapeva di doverlo dimostrare per guadagnarsi qualche chance di riuscita della missione. Troppo impegnato nel tentare di trovare la forza per affrontare ciò che lo attendeva, non si accorse che Luke era già ripartito fino a che non lo chiamò:

«Allora, ti muovi o no? Non abbiamo molto tempo!»

«Sì certo...» Non sapeva proprio come nascondere il disgusto che provava, nonché l'immensa paura che lo privava della lucidità, sperava solo che lui non lo notasse.

Come suggerito poco prima, imboccarono una stradina laterale all'abitazione in modo da poter entrare senza essere scoperti. Scrutarono l'interno, per quanto possibile, per valutare la presenza di luci accese e di altre persone, ma niente fece loro presupporre che vi fosse qualcuno. Tutto appariva buio e silenzioso, evidentemente l'anziana era l'unico ospite della villetta.

Luke si accertò che non ci fosse nessuno nei dintorni che potesse vederli poi, ormai abituato a farlo dopo anni di esperienza, aprì una finestra che dava su un salotto semi illuminato da quella piccola parte di sole ancora visibile.

Facendo attenzione a non provocare rumore, si intrufolarono nella stanza; dovevano sfruttare il tempo concesso loro dall'assenza della proprietaria di casa per trovare un posto dove nascondersi in attesa della trasformazione.

Difficile spiegare ciò che Remus provasse in quegli attimi, neanche lui ci riusciva, aveva i nervi del proprio corpo talmente tesi che temeva potessero spezzarsi da un momento all'altro; il cuore gli batteva all'impazzata, sembrava volergli uscire dal petto per trovare un po' di refrigerio, come se il suo solito ambiente iniziasse a risultargli troppo stretto; la cosa che però più lo torturava erano le immagini che gli si affacciavano alla mente, senza alcuna intenzione di fermarsi, come se ci fosse un proiettore a trasmetterle in loop.

Non si era mai comportato così, non si era mai appostato o teso trappole a nessuno, mai si era presentata la necessità poiché, ad ogni plenilunio, si era ben guardato dal trovarsi nelle vicinanze di qualcuno. Non sapeva proprio come poter fuggire da quella situazione, così si limitò a seguire il giovane che, di sicuro, era molto più preparato di lui nel muoversi in maniera furtiva alla ricerca di un nascondiglio.

Sembrava avere un'idea precisa di dove dirigersi e, infatti, arrivati alla soglia della cucina, in un sussurro, gli disse:

«Di solito queste case hanno una cantinetta al piano inferiore. Lì vicino al bancone c'è una porta, tu rimani qui a controllare che lei non rientri, io vado a vedere cosa c'è dietro.»

«D'accordo», non aggiunse altro, non era necessario; rimase ad osservarlo mentre si avvicinava all'obiettivo. Si concesse un attimo per osservare la stanza, come se in qualche modo potesse capire qualcosa di quella signora a cui, presto, avrebbe inevitabilmente fatto del male.

I mobili erano verdi, anche se non se ne capiva in maniera chiara la tonalità, c'erano alcuni sportelli da cui si potevano intravedere serviti di tè e piatti, al centro un piccolo tavolo bianco di legno, intorno al quale vi erano quattro sedie con dei cuscini dal tema floreale; il ripiano, utilizzato per cucinare, era davvero ampio e vi poggiavano una grande quantità di utensili e attrezzi. Era tutto posizionato in maniera precisa, quasi maniacale e, nonostante la scarsa illuminazione, ogni cosa sembrava tirata a lucido, immacolata e, a Lupin, fu impossibile non pensare al contrasto di ciò che avrebbe provocato, invece, il passaggio di due creature oscure.

Fortunatamente non ebbe che qualche attimo per rimuginarci, Luke riapparve dalla porta facendogli cenno, con una mano, di raggiungerlo.

«Ho trovato ciò che pensavo, vieni!»

Remus attraversò la cucina e prese a scendere una breve scalinata che lo portò in un seminterrato dove era quasi impossibile orientarsi. Il compagno cercò a tastoni l'interruttore e lo tirò su per un breve istante, giusto per dargli il tempo di dare uno sguardo veloce intorno a loro. Se al piano superiore regnava l'ordine lì, al contrario, era sovrano il caos, tra oggetti di ogni tipo, scatoloni, cassettiere e scaffalature.

Nell'angolo più lontano dalla scala vi era un grande armadio, non troppo accostato al muro, dietro il quale, convenirono entrambi puntando lo sguardo nella stessa direzione, nessuno avrebbe potuto vederli.

Fu così, che spenta nuovamente la luce, si appostarono in attesa della trasformazione alla quale, ormai, mancava sicuramente poco. Udirono alcuni movimenti sopra le loro teste, evidentemente la donna era rientrata in casa e si era soffermata a trafficare nel cucinotto.

Remus era felice della loro impossibilità di conversare, non ne aveva voglia e, probabilmente, neanche la forza. Il terrore lo privava di ogni energia, era costretto a restare in piedi, ma si sarebbe volentieri buttato sul pavimento per lasciarsi sopraffare dal cambiamento, inevitabile, del proprio corpo e dagli eventi. Non contava più le volte in cui i sentimenti negativi quali paura, tristezza, angoscia, lo avevano spinto a cedere, a non lottare, convinto che fosse ciò che meritava un mostro come lui; in altrettante occasioni, però, c'era stato chi lo aveva preso per mano e aiutato ad affrontare tutti i suoi turbamenti, non da ultima la meravigliosa donna che la vita aveva posto sul suo cammino.

Fu con la visione di quel dolce viso a forma di cuore, contornato da brillanti capelli rosa che, a un uomo ordinario come lui, riuscivano a far girare la testa, che iniziò a percepire i primi segni del mutamento; non c'era più niente da fare, ciò che temeva sarebbe presto avvenuto e poteva solo cedere al dolore che, con prepotenza, aveva preso a torturarlo. Non riuscì neanche a prestare attenzione al giovane, ma solo a sentire le urla che si mescolavano alle sue.

Così come era arrivato, ben presto, il calore febbricitante e familiare lo abbandonò, al suo posto erano arrivate le zampe, il pelo e le zanne desiderose di trovare soddisfazione.

Con tutto ciò, però, era anche arrivato un grandissimo sollievo, anche da lontano Tonks era riuscita a fornirgli la soluzione di cui aveva bisogno. Era un lupo sì, ma solo fisicamente, perché dentro, era rimasto, con i piedi ben piantati, Remus Lupin. Nonostante non ci avesse creduto fino in fondo, perché non aveva rispettato alla lettera i tempi di assunzione, la pozione aveva funzionato.

Quel pomeriggio, mentre era intento a leggere, aveva trovato un biglietto di Dora che lo avvisava di un doppio fondo incantato della valigia, dove vi erano riposte alcune dosi di antilupo da usare in caso di emergenza. Lui, che non riusciva ad immaginare una situazione migliore di quella in cui farne uso, aveva approfittato del ragazzo al suo fianco addormentato e l'aveva bevuta. Ormai non lo credeva più possibile, ma, quella splendida Auror, era in grado di stupirlo anche senza stargli vicino e davvero non sapeva come avrebbe mai potuta ringraziarla adeguatamente; perché lei, più di chiunque altro, aveva dimostrato di capire la sua difficoltà nell'affrontare una missione del genere e cercato il modo per aiutarlo concretamente.

Ora, con la mente connessa alla realtà, sperava solo di superare quella notte senza troppi intoppi, perché il compito affidatogli da Greyback, come una spada di Damocle, continuava a pesare su di lui.

Senza quasi accorgersene, con Luke avevano rovesciato il mobile dietro il quale si trovavano e che ora lasciava loro via libera; lo vide scattare in avanti per raggiungere il piano superiore; senza neanche riflettere, lo attaccò alle spalle e lo scagliò contro il muro, aveva bisogno di metterlo, almeno per un po', fuori gioco, per guadagnare tempo. Non si era certo illuso di riuscire subito a bloccarlo e, in infatti, il ragazzo gli saltò addosso. Rotolarono sul pavimento, schiacciando una serie di oggetti indefiniti, alternando la loro posizione nel tentativo di stabilire il comando l'uno sull'altro. Lupin era svantaggiato, non era abituato a combattere nella sua forma da lupo e, soprattutto, non aveva il cervello disorientato come l'altro e con il solo intento di mordere. Per un po' nessuno dei due riuscì ad abbattere l'altro e Remus non intendeva cedere; avendo la capacità di poter vedere anche al buio, si accorse che si erano avvicinati ad una pila di scaffali su cui erano riposti una serie di ciottoli, pentole e altre chincaglierie simili.

Strinse tra le proprie zampe il muso di Luke e lo fece colpire, cercando di non usare troppa forza, contro il mobile in modo da stordirlo; scattò poi via per lasciare posto a tutte le cianfrusaglie che presero, rovinosamente, a cadere sul pavimento e addosso al ragazzo. Non potendo valutare quanto sarebbe rimasto bloccato in quella posizione, si diresse con velocità di sopra, trovava molto strano che la signora non si fosse affacciata a capire che cosa stesse succedendo nel seminterrato, ma, in ogni caso, voleva trovare un modo per salvarla.

Solo che non era per niente preparato allo spettacolo che gli si presentò davanti agli occhi: la cucina era stata buttata all'aria, tutti i cassetti erano stati rovesciati e un quantità indescrivibile di porcellana si trovava in terra, distrutta in mille pezzi. Non capiva proprio che cosa fosse accaduto, si diresse verso la sala e trovò la donna impegnata nel tentativo di liberarsi da un uomo che la teneva bloccata contro il muro, con una mano sulla bocca.

Lo sconosciuto, probabilmente, era alla ricerca di qualcosa, ma si era spaventato nel sentire la confusione del piano di sotto e stava zittendo la signora per impedirle di urlare ed attirare l'attenzione, forse con la speranza di proseguire con la sua ricerca in un successivo momento. Peccato però che non avesse messo in conto di ritrovarsi davanti a un lupo mannaro; Lunastorta si avventò contro il ladro per allontanarlo dalla malcapitata e lasciarle la possibilità di scappare.

Non aveva previsto che la situazione potesse precipitare in quel modo e, di certo, non era il caso che lui e il suo compagno si facessero trovare lì. Nonostante si trattasse di un delinquente, la forte morale di Remus lo spinse ad accertarsi del suo stato; nello spingerlo via, oltre ad averlo graffiato su un braccio, lo aveva visto sbattere contro un tavolino posto al centro del salotto. Gli si avvicinò per controllarlo, impregnandosi del sangue che gli usciva lentamente da dietro il collo, ebbe, però, solo il tempo di verificare che respirasse ancora, prima di sentirsi, all'improvviso, scagliato via da Luke che, riuscitosi a liberare facilmente, era stato attirato dall'odore metallico. Lupin ululò di dolore, nel cadere aveva urtato e rotto un vaso di ceramica un cui pezzo appuntito gli si era conficcato nella gamba.

Mentre si affannava nel cercare di estrarlo per evitare ulteriori danni, il giovane approfittò di avere il campo libero per mordere la sua preda; Remus, seppur zoppicante, cercò di raggiungerlo per fermarlo ma soprattutto per farlo fuggire insieme a lui. Mago o meno, qualcuno prima o poi sarebbe arrivato, attirato dalla fuga dell'anziana e dalle sue grida, non potevano assolutamente farsi beccare.

Finse così di interessarsi anche lui al ladro, sapeva che così Luke si sarebbe sentito sfidato e privato di una propria conquista, sperava inoltre di essere lui stesso una buona esca a causa del suo taglio.

Riuscì a distrarlo, si guardarono per un istante che parve durare un'eternità, dichiarandosi entrambi guerra, come se gli occhi fossero in grado di scagliarsi fulmini; Lupin capì che poteva solo mettere in atto l'unica cosa che, per un predatore, rende ancora più eccitante la caccia: la fuga.

Pose fine a quella connessione creatasi tra di loro e si precipitò verso l'uscita della casa, senza guardarsi indietro, ma non dovette attendere molto, perché riconobbe il rumore dei passi e l'ululato del compagno che lo inseguiva.

La cosa fondamentale era allontanarsi il più possibile dalla città per non causare altri problemi, così si diresse verso il mare e le grotte; confidava nel fatto che la parte più critica della notte fosse passata, ma non riusciva ad impedirsi di pensare a quel criminale e a chiedersi se fosse riuscito ad interrompere il morso, prima di diventare così profondo da riuscire a trasmettere la maledizione. 

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