With you.
I'll carry you home.
No, you're not alone.
Keep marching on
This is worth fighting for,
You know we've all got battle scars
You've had enough,But just don't give up.
"Devi andare a casa?" chiese sciogliendo l'abbraccio, mantenendo però la vicinanza dei loro corpi.
Ci pensò, in realtà sarebbe dovuto tornare a casa, sicuramente la madre si sarebbe preoccupata non vedendolo tornare e il padre si sarebbe incazzato, ma in quel momento non gli importava.
Preferiva stare con Sharon piuttosto che chiudersi in casa evitando le domande dei genitori e sperando di non essere picchiato.
Scosse la testa facendo spuntare un sorriso sul volto della bionda.
"Perfetto, torniamo dov'eravamo l'altro giorno?" propose, Salvatore annuì.
Gli prese la mano ed uscirono da scuola stando vicini l'uno all'altro.
Camminavano lentamente, con i passi perfettamente coordinati fra loro, fecero intrecciare teneramente le loro dita e il ragazzo sorrise a quel gesto.
"Mi piace tanto il tuo sorriso, sorridi così poco che è diventata quasi una cosa rara e mi rende felice sapere che sono io a farti star bene"
Spostò lo sguardo su di lei leggermente imbarazzato dalla situazione.
"Sì, so che non sei abituato a sentirti dire queste cose e so anche che non sai come rispondere, ma non c'è bisogno che tu lo faccia, davvero" spiegò mantenendo lo sguardo sulla strada davanti a loro, poi gli strinse la mano e continuò.
"Di solito anch'io sono così impacciata, insicura, timida, ma con te non riesco ad esserlo.
Con te sono spontanea perché so che non mi giudicheresti mai, mi fido di te.
Probabilmente sei la persona che preferisco dentro alla nostra classe, quando sono con te sento di poter fare di tutto, potrei parlarti di qualsiasi cosa e tu mi ascolteresti interessato ed è bellissimo"
Salvatore prese il telefono e scrisse 'Sono una specie di psicologo?'
Lei rise "No, cioè se ti piace essere definito così va bene, ma io ti vedevo più come un ragazzo fantastico che sa quanto può essere importante, a volte, ascoltare senza interrompere o giudicare.
Magari lo fai solo perché non te ne frega un cazzo di ciò che dico ma non vuoi essere scortese ed io mi sto facendo troppe seghe mentali, scusa"
'Mi importa invece, mi piace ascoltarti' scrisse lasciandole la mano.
"Davvero?" chiese sorpresa e lui annuì.
In pochi minuti si ritrovarono nuovamente al parco, se così si poteva chiamare, in realtà era solo un grande scorcio d'erba con vari alberi in cui non andava quasi nessuno.
Si sedettero sul prato e il ragazzo prese il cellulare notando che segnava le 15:30.
Aveva vari messaggi dalla madre in cui chiedeva dove fosse, li ignorò ed aprì le sue amate note.
'Parlami di te, perché ti sei trasferita qui?'
Sospirò stendendosi e stiracchiando le braccia.
"Mio padre è uno stronzo- Salvatore deglutì rumorosamente a quella frase- tradiva mia madre, da sempre, io lo sapevo ma lei non mi credeva.
Quando l'ha scoperto ha sofferto molto e ha deciso di andare il più lontano possibile da lui che iniziò a darmi la colpa convinto che fossi stata io quando in realtà non avevo fatto nulla.
Adesso non lo sento più e sono felice di questo" rispose semplicemente poi continuò
"Che mi dici di te invece? Com'è il rapporto con i tuoi?
Si alzò guardandolo negli occhi.
Salvatore avrebbe tanto voluto dirle che se solo l'avesse guardato con più attenzione avrebbe visto tutta la sua vita, senza bisogno che lui le raccontasse nulla, invece rispose con un 'Normale' scritto nel suo cellulare.
Abbassò lo sguardo poiché non poteva dirle nulla, non poteva dirle che suo padre lo picchiava.
Forse poteva parlargli della madre, ma infondo non c'era nulla da raccontare.
"Non ti piace tanto parlare di te, vero?"
Annuì.
"Dimmi solo una cosa, come ti chiami?"
Effettivamente non gliel'aveva mai detto e quando i professori facevano l'appello non lo chiamavano mai.
'Salvatore'
"Tanto prima o poi ti farò parlare" sorrise convinta di ciò che aveva appena detto.
'Cosa te lo fa credere?'
"Intuito femminile"
Salvatore stava per ribattere quando notò un messaggio che diceva
'Se non torni entro le 16 ti distruggo, non me ne frega un cazzo se c'è tua madre.2
Guardò l'ora. 16:03.
Si irrigidì e iniziò a sudare freddo.
Le possibilità erano tre:
la prima, tornava a casa e se le prendeva;
la seconda, lo ignorava e restava con Sharon tornando a casa più tardi e se le prendeva dopo;
la terza, scappava in un altro stato sperando di non essere trovato;
L'ultima opzione era infattibile quindi ne rimanevano due, in entrambi i casi era fottuto.
'Devo andare, scusa' digitò con le mani che tremavano.
"Stai bene? Stai sudando" gli toccò il viso preoccupata, lui si allontanò alzandosi e evitando il suo sguardo.
"Sal, cos'hai?" si alzò anche lei e si abbassò per guardarlo negli occhi.
Spesso quando aveva paura aveva gli occhi lucidi e questa era proprio uno di quei momenti.
"Hey, ma hai gli occhi lucidi..." sussurrò accarezzandogli il viso con la mano.
"Non importa se non vuoi dirmi cos'è successo, ma non andare, posso aiutarti a stare meglio se solo me lo permetterai"
Scosse la testa.
'Ti prego, non puoi capire, lasciami andare'
"No, non ti lascio da solo se stai male- rispose decisa, poi lo abbracciò- lascia che ti aiuti" disse a voce bassa, stringendolo.
Salvatore si arrese ricambiando l'abbraccio e cercando di non pensare a cosa gli sarebbe aspettato una volta tornato a casa.
"Non ti lascerò stare male, non finché sarò con te"
Se solo avesse saputo che così stava solo peggiorando le cose, forse l'avrebbe lasciato andare, o l'avrebbe aiutato, ma come poteva aiutarlo se nemmeno lui sapeva come aiutare se stesso?
Rimasero insieme altre due ore, due ore che passarono troppo velocemente.
Il sole iniziava a calare lasciando spazio alla Luna e alle sue stelle.
I due si voltarono contemporaneamente e sorrisero per via della loro coordinazione.
"Mi sa che adesso dobbiamo andare, per forza" c'era un leggero velo di tristezza nella sua voce, tristezza che si formò anche negli occhi di Salvatore.
"Ti accompagno?" chiese, lui scosse la testa.
"Va bene, a domani allora" lo abbracciò.
Lui cercò di far durare quell'abbraccio il più a lungo possibile, ma prima o poi si sarebbe dovuto staccare.
Si salutarono e ognuno si diresse verso la propria abitazione.
Ogni passo che faceva aumentava l'ansia che si generava nel suo corpo.
Si maledì mentalmente per aver accettato di uscire con Sharon, se stava a casa come al solito era meglio.
Dopotutto stava bene da solo.
Lui e se stesso.
Non mise nemmeno le cuffie talmente era spaventato, non aveva mai ignorato gli avvertimenti del padre ed era spaventato da ciò che avrebbe potuto fare.
Svoltò nella via dove si trovava casa sua, la vide e rallentò il passo.
Guardava a terra scorgendo ogni minimo dettaglio della strada sotto ai suoi piedi.
"Salvatore!" una voce chiamò e lui s'immobilizzò.
Si avvicinò a lui e lo abbracciò, era sua madre.
"Tesoro, ero così preoccupata" lo stringeva come se non lo vedesse da anni, facendogli male al fianco.
"S-sto bene mamma...lasciami..." sussurrò.
"Dove sei stato?"
Se le avesse detto che era in giro con una ragazza non le avrebbe mai creduto, ne era certo, ma non poteva mentirgli.
Non poteva dirgli di essere stato in giro tutto il pomeriggio da solo perché sapeva bene che era una cosa che non faceva, non avrebbe avuto senso.
"Ero al parco...con Sharon..." disse il nome dell'amica, se così poteva definirla, a voce estremamente bassa, come se non volesse essere sentito.
"Entriamo così mi racconti"
Il suo sguardo si era illuminato nel sentire un nome uscire dalle labbra del figlio, lui però non si muoveva.
"C'è papà...?"
"No, perché?"
Tirò un sospiro di sollievo, scosse la testa ad indicare 'Niente' ed entrò in casa.
"Allora, chi è questa Sharon?"
"Beh, è una mia compagna di classe" spiegò
"Tua amica?" continuò incitandolo a farlo parlare di più, annuì.
"Con lei parli?" chiese speranzosa, fece no con la testa.
Sospirò.
"Dio, Salvatore, ma perché non vuoi parlare?
Hai una voce così bella, sei un ragazzo intelligente, io non so più cosa fare, le abbiamo provate tutte"
"Non fare nulla" rispose con fare ovvio, poi si allontanò sapendo che se fosse rimasto li sarebbero arrivate altre domande sul perché non parlasse, e lui odiava questo genere di domande.
Si chiuse in camera sua ed iniziò a disegnare, disegnava lui e Sharon che si tenevano per mano, oppure che si abbracciavano.
Disegnò molto quella sera, fino alle 23 circa.
Il padre non era ancora tornato, forse quella sera non sarebbe nemmeno tornato.
Si chiedeva spesso dove andasse quando non dormiva a casa, se lo chiedeva anche la madre, ma nessuno dei due aveva il coraggio di chiederglielo.
Preferivano restare all'oscuro di tutto e non rischiare nulla, soprattutto Salvatore.
S O N O M O R T A
Questo capitolo mi ha letteralmente uccisa, ho un male alla schiena che mi scende la madonna ortopedica.
1300 parole, apprezzate please.
CATERINA, APPREZZI?
Spero che vi sia piaciuto eee niente, ci rivediamo nel prossimo capitolo.
Forse ci vedremo prima in EIDS, ehehe, coseh.
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