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Truth.

"No you don't know what its like

When nothing feels alright
You don't know what its like to be like me
To be hurt, to feel lost
To be left out in the dark
To be kicked when you're down
To feel like you've been pushed around
To be on the edge of breaking down
And no one there to save you
No you don't know what its like
Welcome to my life"


Si svegliò il giorno dopo, senza bisogno del padre, fortunatamente.
Tolse le coperte dal suo corpo caldo, fece leva sui polsi per alzarsi, fu costretto a fermarsi poiché venne colpito da un dolore lancinante.

Guardò il polso scorgendo un livido scurissimo.

Deglutì ripensando a ciò che aveva detto il padre 'Questa è solo una piccola parte'.

Cosa avrebbe fatto se avesse continuato?
Se non avesse voluto fermarsi alla piccola parte?

Aveva paura che, prima o poi, l'avrebbe ucciso, o l'avrebbe fatto finire all'ospedale e, forse, la seconda cosa non sarebbe stata così negativa.

I medici si sarebbero fatti due domande sulle condizioni del ragazzo e probabilmente avrebbero allontanato quell'uomo schifoso da lui.

Si diede forza con il braccio destro e si alzò, per poi vestirsi stando attento a non farsi male.

Uscì dalla stanza camminando nel corridoio, aprì un mobiletto che si trovava nel piccolo ripostiglio e prese un rotolo di garze mettendolo poi nello zaino.

I suoi dormivano perciò sorpassò indisturbato la soglia della porta di casa diretto verso scuola, senza le sue solite cuffie che gli facevano compagnia durante il solito, noioso e monotono tragitto casa-scuola.
Senza nessuna melodia che rimbombava nelle sue orecchie la strada sembrava molto più lunga, iniziò a pensare.
Perché andava a scuola? Ormai aveva diciassette anni, poteva lasciarla da un momento all'altro, nessuno poteva impedirglielo.

Ovviamente tutte le sue domande avevano già una risposta, lui era troppo buono per fare qualsiasi cosa che potesse portare un dispiacere ai suoi, nonostante lo odiassero, quasi, nonostante non facessero nulla per farlo stare bene.

Era questo il suo problema, pensava e inevitabilmente facendolo si sbatteva addosso la verità: era colpa sua.

Se avesse potuto sarebbe andato al parco, con Sharon, non a scuola, ma non poteva chiamarla o scriverle.

Si rassegnò all'idea che, in quel posto che tanto odiava chiamato scuola, doveva andarci per forza.
Appena arrivò cercò Sharon con lo sguardo, era appoggiata ad un muretto, aveva lo sguardo assente e stava guardando lo schermo del suo cellulare.

Salvatore si avvicinò a lei che appena lo vide sorrise.

"Hey" lo salutò, lui la abbracciò anche se solo con un braccio, ricambiò.
"Che hai?" chiese indicando il braccio che non aveva mosso, lui alzò leggermente la manica facendo vedere il livido, ma non la alzò abbastanza da permetterle di vedere i tagli.

Sgranò gli occhi visibilmente preoccupata.
"Oddio, ma come hai fatto?" avvicinò la mano al polso, ma lui lo ritrasse temendo che gli facesse male.

"Scusami, non volevo farti male" abbassò lo sguardo, lui prese il telefono della ragazza iniziando a scrivere sotto al suo sguardo confuso.

"Ieri sono caduto, mi sono fatto male al polso e ho rotto il cellulare" spiegò.
"Ah, beh usa pure il mio adesso, basta che non vai a vedere i selfie, sai sono imbarazzanti" esclamò sorridendogli.

"Mi aiuti?" scrisse, lei lo guardò con sguardo interrogativo.

Salvatore le ridiede il telefono, si tolse lo zaino tirando fuori le garze che aveva preso prima di uscire, gliele diede.

"Ho paura di farti male" ammise prendendole, lui le porse il braccio.
"Se ti faccio male dimmelo" sospirò iniziando a fare il giro del polso con le garze per tenerlo più fermo possibile.
Lui si strinse il labbro fra i denti, ogni movimento gli faceva male, ma non voleva farglielo notare.
"Devo stringere ancora?" domandò, Salvatore annuì.
"Ma ti fa male" rispose, non voleva farlo quindi lui prese il rotolo stringendolo.

"Hai tanto male?" tagliò la parte di garza in eccesso accarezzandogli delicatamente il polso.

Fece sì con la testa.

"Sicuro che non sia rotto? Sei gonfio"
Scosse la testa, in realtà non lo sapeva nemmeno lui se era rotto.
Riprese il cellulare della ragazza.

"Tu cos'hai? Mi sembri triste"
Sharon mugolò qualcosa, stiracchiandosi poco dopo.

"Sono solo stanca" rispose, ma lui lo capiva che non era varo.

"Dai Sharon, lo so che non stai bene, si vede" le sue dita si muovevano veloci fra i tasti del cellulare.

"Da cosa lo capisci?" domandò guardandolo.

"Dai tuoi occhi, di solito sono luminosi, brillano quando sorridi e sono davvero stupendi, oggi sono tristi, spenti, apatici"
Sorrise leggendo quel messaggio.

"Sai, nessuno mi ha mai parlato come fai tu, e se lo facevano era sempre per prendermi in giro- sospirò riportando lo sguardo sul ragazzo- andiamo nel 'nostro luogo' e ti racconto, ti va?" chiese facendo le virgolette con le dita.

Salvatore, ovviamente, annuì, tanto non gli importava della scuola.

Odiava il loro modo di valutare, di classificarti in base a dei numeri.

Noi non siamo degli stupidi numeri scritti un rosso su una verifica.

Mano nella mano tornarono nel loro piccolo luogo segreto.

"Allora- iniziò Sharon- ieri sera mi ha chiamata mio padre, io non volevo rispondergli però insisteva così ad un certo punto ho ceduto ed ho risposto, pensavo avrebbe smesso" poggiò la testa sul suo petto.

"Ha iniziato ad urlarmi contro, diceva che ero solo una stronza, che per colpa mia aveva perso tutto"

la sua voce era spezzata dal pianto che aveva iniziato a bagnare le sue guance, lui la stringeva a se incitandola a parlare.

"Io gli volevo bene, insomma è pur sempre mio padre, però lui faceva soffrire mia madre, io volevo solo che fosse felice, ma come ti ho già detto lei non mi ha mai creduto- singhiozzò- non è stata colpa mia Sal"

Iniziò ad accarezzarle dolcemente i capelli.

"Volevo solo un padre che amasse mia madre, che amasse me"

Lo strinse e nascose la testa nella sua felpa.

In quel momento Salvatore avrebbe tanto voluto dirle cosa succedeva a lui, dirle la verità, ma allo stesso tempo c'era qualcosa che gli ripeteva di non farlo: la sua insicurezza.

Cosa avrebbe pensato se avesse saputo che suo padre lo picchiava?

Però voleva farlo, aveva bisogno di qualcuno di cui potersi fidare e con cui poter parlare senza temere di dire qualcosa di troppo.

"Scusa- disse alzando il viso e asciugandosi le lacrime- il rapporto con i tuoi com'è?" chiese soffocando un ultimo singhiozzo.

"Fa schifo" scrisse semplicemente, lo guardò interrogativa e lui continuò a scrivere.
"Mio padre mi odia, mi picchia quasi ogni giorno, è stato lui a farmi male al polso e  rompermi il telefono e mia madre non mi crede, anzi"

Sharon lesse lentamente tornando indietro più e più volte cercando di capire se aveva letto giusto.

Non rispondeva e Salvatore iniziò a pensare di aver fatto un errore a dirle tutto.

"Cazzo, io...non so cosa dire- si passò una mano fra i lunghi capelli biondi cercando disperatamente qualcosa da dire- mi dispiace" fu l'unica cosa che riuscì a dire.

Rimasero in silenzio per qualche minuto, abbracciati ad ascoltare i loro respiri e i loro cuori battere all'unisono.

"Hai soldi? Magari messi da parte per qualcosa?" chiese la ragazza interrompendo il silenzio che si era creato fra i due.

Annuì scrivendo poi la cifra: 150€.

"Benissimo, altri 50 o qualcosa in più li metto io e possiamo comprare un altro telefono" esclamò entusiasta, ma lui scosse energicamente la testa.

"Non voglio che spendi soldi per me"
"Vedila così- iniziò lei- li spendo per me perché voglio sentirti e non posso farlo se non hai un cellulare" si giustificò e lui abbassò lo sguardo.

Portò le braccia al collo del ragazzo abbracciandolo e sussurrando un 
"Ti prego" con un adorabile voce da bambina.

Sospirò, sciolse l'abbraccio per guardarla negli occhi e annuì.

Lei sorrise e lo riabbracciò stringendolo, lui ricambiò.

"Andiamo domani dopo scuola" lo strinse forte, e lei lo strinse a sua volta.

Si stavano affezionando l'uno all'altro, forse un po' troppo, ma per ora non importava.
Finalmente, entrambi, erano davvero felici.

Heylà, scusate il ritardo.

Non mi giustifico, non avevo voglia di aggiornare, mi dispiace.
Sinceramente non ho nemmeno nulla da dire quindi, si passa direttamente allo spam che è cosa buona e giusta.

Seguite questo tipo che scassa il cazzo (ti amo lo stesso)
Scrokking-it-all (e leggete la sua storia)

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Ah si, grazie Aurora che ogni tanto mi dai ispirazione e che fai divertire formichina.

Eee niente, ciaone.

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