Memories.
Questo non è il capitolo dove accadono cose riguardanti Sharon e Salvatore, ho aggiunto qualche capitolo perché pensare di finire Reject mi spezza il cuore, non sono pronta a farlo, scusatemi ma non posso lasciare adesso i miei piccini.
A walking disaster, the son of all bastards
You regret, you made me
I
t's too late to save me
Salvatore, abituato all'orario scolastico, si svegliò molto presto nonostante avesse la febbre, si sentiva meglio.
Non benissimo, ma perlomeno aveva la forza per restare sveglio.
Sospirò mettendosi supino a fissare la bianca parete davanti a lui, inevitabilmente finì a vagare fra i ricordi.
I ricordi di una vita in cui lui era ancora felice, era solo un bambino e non poteva nemmeno immaginare cosa gli sarebbe toccato passare una volta cresciuto,
Non avrebbe mai immaginato che l'uomo che per lui era un esempio sarebbe diventato la causa del suo dolore.
Non l'avrebbe mai immaginato e faticava a crederci anche adesso.
Dieci anni prima.
"Papà, papà!"
Un piccolo bambino correva incontro al padre sorridendo, il quale era appena tornato da lavoro.
"Ciao piccino" lo salutò prendendolo in braccio "Tutto bene?"
Il piccolo annuì, stringendosi al padre.
Gli voleva davvero molto bene, ed era una cosa reciproca.
"Devi fare i compiti?"
"Shi" rispose aggiungendo un 'h' e mettendo il broncio.
"Coraggio, ti aiuto io, va a prendere i libri" lo mise giù scompigliandogli i capelli con la mano.
Andò a prendere libri e quaderni, il padre lo aiutò con piacere.
Come avrebbe fatto qualsiasi padre normale.
"Sei più bravo di me!" si lamentó l'uomo facendo sorridere il figlio.
"Sì" rispose soddisfatto.
"Da grande diventerai un grande scienziato, o magari un medico"
Salvatore lo guardò con occhi sognanti, gli sarebbe piaciuto davvero tanto essere uno scienziato.
"E farai un mucchio di soldi" aggiunse poi.
"Sììì!" saltò giù dalla sedia agitando le mani al cielo.
"Non fate troppo casino voi due, ho appena pulito!" li informó la madre dalla cucina, i due si guardarono, due sguardi complici.
"Andiamo a far arrabbiare la mamma?"
Entrambi si diressero verso la cucina, Salvatore prese un bicchiere il padre una bottiglia di succo.
Iniziò a versarlo e, distrattamente, ne fece cadere un po'
"Ma papà!" Si lamentò il piccolo che dopo poco urtò il bicchiere versando il liquido sul tavolo e sul pavimento.
"Ma Salvatore!" Lo imitò.
La donna sospirò con un sorriso rassegnato.
"Voi due, tornate subito di la prima che vi faccia pulire tutto con la lingua"
"Agli ordini signora!" Risposero, poi tornarono a dedicarsi allo studio.
Quattro anni prima.
Salvatore era chiuso nella sua camera da giorni, usciva solo per andare a scuola e di certo non era una cosa da lui.
Solitamente usciva spesso con i suoi amici, ma in quei giorni non ne aveva proprio voglia.
Restava a casa a fare i compiti, studiare e dopo ciò accendeva il suo portatile per guardare qualche video o serie TV.
I suoi genitori erano preoccupati, non avevano mai visto il loro figlio comportarsi in quel modo e non sapevano come intervenire, soprattutto perché lui non era uno di quei ragazzi che quando stava male veniva a sfogarsi, a dire che cosa c'era che lo turbava.
Preferiva tenersi tutto dentro, dopotutto a nessuno importava del suo dolore.
Perché nessuno può capire quanto stai male finché non prova la stessa cosa.
Il suono di un ticchettio ripetuto giunse alle sue orecchie, qualcuno stava bussando alla porta.
"Avanti" sospirò, quasi scazzato dal fatto che qualcuno interrompesse la sua giornata in solitudine.
"Hey" suo padre entrò nella stanza e si sedette nel letto affianco a lui
"Che succede?"
"Nulla" rispose senza distogliere lo sguardo dallo schermo del computer.
"Salvatore, ti prego, tua madre è preoccupata e anch'io lo sono, sono giorni che non esci, qualcosa sarà pur successo"
Spostò lo sguardo verso l'uomo vicino a lui.
"Non è nulla di così importante"
"Se ti far star male evidentemente un po' di importanza ce l'ha"
"Non preoccuparti papà, è solo un periodo no, davvero, va tutto bene" lo rassicurò e l'uomo annuì incerto.
"Va bene, se ti succede qualcosa dimmelo eh, nessuno può far del male al mio ragazzo" disse cercando di fare un'espressione da duro, ma fallì miseramente.
Salvatore sorrise.
"Certo papà"
Tre anni prima.
Un uomo sulla quarantina varcò la soglia della porta di casa.
Le sopracciglia aggrottate evidenziavano le rughe sulla sua fronte, sbattè la porta imprecando.
"Papà, tutto okay?" domandò Salvatore vedendolo nervoso.
"Sta zitto" lo fulminò con lo sguardo, come se volesse farlo scomparire, come se la sua presenza gli desse fastidio.
"Papà...è successo qualcosa?" insistette, non si era mai comportato così ed era preoccupato per lui.
Uno schiaffo lo colpì in viso.
Il primo schiaffo.
Si tocco la guancia dolorante guardandolo incredulo, dopo poco l'espressione dell'uomo mutò.
"Scusa, oddio scusami, non volevo darti uno schiaffo, mi dispiace... è stata una brutta giornata, non è colpa tua"
Il ragazzo annuì sussurrando un 'non importa'.
Invece importava.
Due anni prima.
Salvatore era nella sua camera intento a fare un ritratto di uno dei protagonisti della sua serie TV preferita, ci stava lavorando da giorni ed era davvero soddisfatto del risultato, ormai era quasi concluso.§
"Salvatore! Vieni giù!" suo padre lo chiamò dal piano terra, lui andò giù per capire cosa volesse.
Non aveva paura di lui, non ne aveva motivo.
"Dimmi papà"
Uno schiaffo.
Il secondo schiaffo.
"Lo vedi cos'è questo? Eh?" domandò mostrandogli un foglio.
"Cos'è...?" rispose a voce bassa.
"Sono stato licenziato, ecco cos'è!" sbraitò.
"Mi dispiace..." abbassò lo sguardo, perché gli stava urlando contro?
"E' solo colpa tua!"
"Papà..io...scusa" si scusò, nonostante non avesse assolutamente nulla di cui scusarsi.
"Non voglio più sentire una sola parola uscire dalla tua bocca, chiaro?!" urlò, fortunatamente la madre non era a casa, chissà cosa avrebbe pensato.
Salvatore annuì, tenendo lo sguardo basso.
La sua ultima parola era stata una scusa rivolta al suo carnefice.
-
La sua mente gli aveva fatto rivivere tutto per filo e per segno, aveva visto il primo schiaffo che gli aveva lasciato una ferita enorme, anche se non era nulla in confronto a ciò che aveva passato dopo.
Aveva rivisto la sua ultima parola nei confronti di suo padre.
Aveva rivisto tutto, anche quando era felice e forse era proprio quello ad avergli fatto più male.
Ricordare i momenti felici quando si sta male è il peggior dolore che si possa passare.
A Salvatore suo padre mancava, gli mancava il suo vero padre, quello che gli voleva bene, che lo difendeva, quello che si comportava da padre.
Non si trattenette, lasciò che le lacrime cadessero dai suoi occhi bagnandogli il viso.
Non era più forte.
Passò quasi un'ora a piangere, a chiedersi se fosse davvero colpa sua e a sentire la mancanza di suo padre.
Spero che questo capitolo ambientato un po' nel passato vi sia piaciuto, non ho mai fatto capitoli così quindi potrebbe fare leggermente schifo, mi dispiace
Migliorerò, giuro.
Fatemi sapere che ne pensate :)
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