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Broken home.

Hey mum, hey dad
When did this end?
When did you lose your happiness?
I'm here alone inside of this

Broken home.




Sentiva l'odio che il padre provava verso di lui bruciargli sulla pelle.
Non riusciva a muoversi, stava persino trattenendo il respiro, temeva che anche il minimo movimento potesse ritorcerseglisi contro.
"Salvatore, ma che cazzate stai dicendo?" lo rimproverò la madre, era palese che non gli credesse.
"Lo sappiamo tutti che tu e lui non andate d'accordo ma inventarsi addirittura che ti picchia, non me l'aspettavo da te"

Lui non rispose.

"Andiamo figliolo, davvero pensi questo di me?" chiese il padre con un insolito, quanto falso, tono di voce dolce.
Si avvicinò a Salvatore che indietreggiò iniziando a tremare.
"T-ti prego, n-non picchiarmi" lo supplicò balbettando, la madre sbuffò sonoramente incrociando le braccia sotto al seno.
"Salvatore, smettila con questa sceneggiata, va in camera tua" ordinò.
"Mamma..." la richiamò provando a spiegarsi a difendersi, ma lei non lo voleva ascoltare.
"Vai!" gridò, poi iniziò a piangere.

"Perché non ho un figlio normale? Non parli, non hai amici e adesso ti inventi che tuo padre ti picchia, cos'ho fatto per meritarmi questo?"
L'uomo che poco prima si trovava sulle scale si avvicinò alla donna cingendole le spalle con il braccio.
"Coraggio, non piangere tesoro"

Salvatore guardava incredulo quella scena.
L'unica persona di cui si era sempre fidato non gli credeva.
L'unica persona di cui si fidava avrebbe voluto che non fosse nato.

Si allontanò da loro con le lacrime agli occhi, si chiuse in camera ed iniziò a piangere.
Per la prima volta non si trattenne, non c'era più bisogno di far finta di essere forte, di stare bene.
Lui non era più forte, non stava bene, era distrutto.
Ogni parte di lui era stata presa a calci fino a sanguinare per poi lasciarlo li, senza nessuno che gli curasse le ferite.

Aveva sempre fatto tutto da solo, si era rialzato da solo, metteva su un sorriso finto da mostrare alla madre per non farla preoccupare, ma adesso?

Per chi era quel sorriso?

Per nessuno, era inutile, quindi poteva sparire.

Salvatore si fermò ad osservare la scrivania, sopra ad essa c'erano tutti i suoi disegni e gli strumenti che utilizzava per essi: le matite, le gomme, il temperino.
Si soffermò su quest'ultimo, osservava la lama grigia al suo interno.

Chissà come sarebbe stato avere quella lama appoggiata sulla pelle pronta a creare un taglio netto, pensò.

Si asciugò le lacrime ed aprì un cassetto della sua scrivania estraendone un piccolo oggetto appuntito, simile ad un cacciavite, con cui svitò la vite del temperino facendo cadere la lama che prese subito dopo in mano.

La sfiorò con le dita creandosi un piccolo taglio nel polpastrello.
La poggiò sul braccio premendo con forza, chiuse gli occhi.

Rimase in quella posizione per qualche secondo, aveva paura di farlo.
La parte più ragionevole di lui gli diceva di lasciar perdere, l'altra di continuare, tanto peggio di così non poteva andare.

Lasciò che il piccolo oggetto tagliente scivolasse sulla sua pelle bianca creando una linea rossa, in pieno contrasto col suo pallore.

Aprì gli occhi osservando ciò che aveva appena fatto, nonostante fosse sbagliato gli piaceva.

Premette la lama in un altro punto creando un'altra di quelle linee che pian piano iniziavano a sanguinare e continuò per un po'.

Il suo braccio destro aveva il marchio della sua sofferenza e quel marchio erano i tagli.

La vibrazione del suo cellulare lo riportò alla realtà, mise via con cura la lametta e lesse il messaggio.

Sharon.

Per la prima volta si era completamente dimenticato di lei.

'Salvatore, mi dici cos'hai?' diceva il messaggio.
'Nulla, tranquilla, sono solo stanco' mentì, ma non del tutto.
Lui era davvero stanco, ma non perché aveva dormito poco, ma perché odiava la sua vita.

Odiava suo padre per averlo rovinato, odiava sua madre per non avergli creduto e odiava se stesso per non riuscire a fare nulla per cambiare la situazione.

Era stanco di vivere così.

'Faccio finta di crederti, sicuro che non ce l'hai con me?' chiese.
'No, non hai fatto nulla Sharon, tranquilla' scrisse, e nel momento in cui stava per inviare il messaggio la porta dietro di lui si spalancò violentemente facendolo sussultare.

Si voltò vedendo il padre visibilmente incazzato avvicinarsi minacciosamente a lui.
Lo prese per la felpa buttandolo a terra.

"Che cazzo volevi fare, eh?! Lo sai che devi stare zitto!" urlò strattonandolo, lui teneva in mano il telefono stringendolo.

"E questo?" lo tirò su con forza tirandogli il braccio e gli strappò il telefono dalle mani iniziando a leggere.

"Sharon-rise- adesso hai anche le amichette? Povero sfigato" lo prese in giro poi buttò il telefono a terra, pestandolo e quindi rompendolo in mille pezzi.

Salvatore spalancò gli occhi, che bisogno c'era di farlo?

"Tua madre è uscita, da chi andrai adesso?" chiese con un sorriso spaventoso in volto, lui abbassò lo sguardo.
Lo spinse violentemente contro al muro e un gemito di dolore uscì dalle labbra del ragazzo.

"Ah, quando hai male parli"

Gli diede uno schiaffo lasciando il segno della mano sulla guancia.
Provò a dargliene un altro, ma Salvatore gli prese la mano prima che si scontrasse col suo viso.

"Da quando ti difendi?" sputò acidamente rigirando la situazione e prendendo il suo polso in mano.

Iniziò a stringerlo girandolo lentamente.
Gli stava facendo malissimo, sentiva che stava portando la sua resistenza al limite.

"Adoro il tuo sguardo spaventato, i tuoi occhi mi supplicano di smettere e questo mi fa solo divertire di più"

Continuò quel movimento straziante.

"Il tuo corpo è cos' fragile, basterebbe un colpo secco e le tue ossa si spezzerebbero"

Stringeva gli occhi per trattenere le lacrime, per non dargli soddisfazione.
Tremava come se stesse congelando mentre cercava inutilmente di liberarsi, ma quell'uomo era forte, molto più di Salvatore e opporre resistenza avrebbe solo peggiorato le cose quindi rimase fermo sperando che si fermasse.

Aumentò la presa un ultima volta, poi lo lasciò facendogli sbattere il polso contro al muro.
Un gemito strozzato uscì dalle sue labbra, con l'altra mano si prese il polso ferito, provò a massaggiarlo per alleviare il dolore, ma ad ogni contatto era come se avesse un coltello conficcato nella pelle che gli faceva provare un dolore straziante.

"Questa è solo una piccola parte di quello che posso farti, mi disobbedirai ancora?" chiese in modo retorico.
Salvatore scosse la testa.

"Cosa dirai a tua madre?"
Non rispose e in una frazione di secondo uno schiaffo lo colpì.
"Cosa le dirai?!" ripeté in modo più severo.
"S-sono scivolato p-per le s-scale" balbettò spaventato da quell'uomo che avrebbe dovuto essere un esempio per lui, una fonte d'ispirazione.

"Bravo" disse, poi uscì sbattendo la porta e lo sguardo del ragazzo andò a finire sul cellulare: era distrutto.

Sharon, non le aveva più risposto, chissà cosa pensava adesso.
Forse pensava che fosse incazzato, o che non la voleva.
Provò a prendere il portatile dallo scaffale per entrare su Facebook da li e spiegarle.

Il polso sinistro era inutilizzabile, faceva troppo male;
con il destro da solo non riusciva, o meglio forse ce l'avrebbe fatta ma temeva che l'avrebbe fatto cadere e non poteva rompere anche quello.

Sospirò arrendendosi, l'unica cosa che poteva fare era aspettare il giorno dopo per poterle 'parlare'.

Scusate il ritardo, ho avuto problemi.
Spero comunque che vi piaccia :)

Passate a leggere la storia di Scrokking-it-all (ciao amore)

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