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Capitolo 2

Eileen, a piedi nudi, aveva iniziato a camminare al centro del corridoio cercando di non perdersi nessun dettaglio di quello spazio lungo e stretto. Aveva immaginato perfino quante persone avrebbero potuto fare muro prima di poter toccare un lato con l'altro, o quante scarpe calpestavano quel pavimento liscio e lucido ogni giorno.

Di tanto in tanto il suo sguardo si imbatteva in porte mimetizzate alle pareti, con accanto delle targhette numerate di un colore oro scintillante e lo stesso gioco andava avanti per le seguenti quattro porte che passò prima di trovarsi dinanzi ad un bivio.

Alla sua sinistra, una rampa di scale portava ai piani superiori e una conduceva ai piani bassi, entrambe poco illuminate da un grosso rosone con uno spesso cornicione nero che nonostante affacciasse al cielo, la luce non penetrava per via della nebbia che copriva ogni fonte luminosa esterna.

Alla sua destra invece vi era una sola scala a scendere, nascosta dal buio. Dritto davanti a sé, il corridoio proseguiva per altre tre o quattro porte fino a concludersi con un grosso muro spoglio.

L'istinto di Eileen le aveva appena suggerito di andare verso la direzione che sembrava vietata, trenta gradini in ombra la accompagnarono dinanzi ad una grande e larga porta in legno consumata. La serratura non chiudeva più a tal punto da farla entrare senza compiere alcuno sforzo, l'unico suono emesso dalla stessa fu uno stridulo cigolio delle cerniere, arrugginite dal tempo trascorso troppo in fretta per mantenerle intatte.

Il buio che percorreva le scale scomparve quando si ritrovò dinanzi ad una grande stanza mal ridotta  riempita di foglie secche e ragnatele.

L'aria odorava di polvere nonostante sulla parete nord vi fossero quattro finestroni spalancati, Eileen aveva notato perfino che a due ante mancavano i vetri. Sul lato est, poggiati al muro sgretolato, vi erano due lunghi tavoli da circa venti posti ricoperti di cemento. Sul soffitto, un grande lampadario circolare con cristalli a goccia dava l'impressione di non accendersi più e al centro della stanza, vi era nascosto sotto un grande telone ingiallito qualcosa che catturò la sua attenzione, più di quanto aveva fatto il resto dello spoglio arredamento.

Si chiese che stanza fosse quella prima di essere stata distrutta e abbandonata, aveva tutta l'aria di funzionare come una sala da ricevimento o qualcosa di altrettanto utile per gli ospiti di buon partito. Magari si trovava all'interno di un vecchio castello e non avrebbe tardato a conoscere il Re e la Regina della grande dimora.

Quel pensiero la fece arrossire quando si guardò piedi e braccia: se c'era qualcuno di regale in questo strano posto, lei non era sicuramente la migliore invitata con il miglior vestito comprato nei negozi più costosi e all'altezza dei suoi proprietari.

Incurvò la schiena abbandonando il pensiero, fece un bel respiro e riprese il suo giro di perlustrazione avvicinandosi incuriosita a quell'oggetto nascosto che le sembrava davvero imponente visto da così vicino. Spinta dal fremito di vedere cosa ci fosse sotto quel tessuto rigido e maleodorante, si accorse che qualcosa dietro le sue spalle stava muovendosi per bloccarla dal fare un qualsiasi altro gesto.

Il vento si era alzato in un solo attimo senza neppure darle il tempo di voltarsi, un vortice di foglie si sollevò fin sopra le sue ginocchia e i bisbigli che avvertiva insistenti in quella stanza da cui si era da poco svegliata, ricominciarono a torturarle la psiche.

"Se vuoi vivere...", Eileen iniziò ad indietreggiare facendo degli scatti su se stessa:"Devi ucciderlo".

"Che cosa vuoi da me?" Domandò cercando di ripararsi dal turbinio di foglie che non le stava dando scampo:"Chi sei?"

"Uccidilo... Uccidilo... Uccidilo".

Un grido straziante penetrò dall'esterno fin dentro la sua testa, un dolore lancinante la costrinse a tapparsi le orecchie con la speranza che tutto cessasse quanto prima di fischiarle dentro. Mentre il vento smise di soffiare forte, tutto cadde a terra e l'unico suono che adesso sentiva era il suo respiro pesante accompagnato ai passi scalzi sul pavimento ricoperto da quelle foglie che un attimo prima sembrava volessero ingabbiarla.

Si guardò le mani pallide e tremanti, il segno sul suo polso aveva ormai smesso di fare male da quando aveva lasciato quella stanza bianca, Eileen non riusciva a capire che cosa le stava succedendo e perché accadesse proprio a lei. C'erano tanti tasselli di un puzzle che non riusciva ancora a ricomporre ma sapeva di doverlo fare quanto prima se voleva evitare che tutto questo accadesse di nuovo e si ritrovasse impreparata.

Con profondo dispiacere causato dalla paura, lasciò la vecchia stanza e si recò verso il piano da cui tutto era partito. Non vi era nessuno, del resto era vuoto ciò che aveva lasciato, così a passo cauto andò verso la direzione contraria alla rampa di scale per tornare in quella stanza che al momento era l'unica che conosceva e che sembrava ripararla da ogni orrore.

Ma nel silenzio della notte e dei pensieri, qualcuno alle sue spalle la spinse a fermarsi ancor prima che potesse compiere un ulteriore passo. Una voce si schiarì insieme ad un movimento deciso che riecheggiò nella penombra, Eileen si voltò con il timore di chi avrebbe trovato dietro di sé e fu sollevata nel vedere al suo cospetto una donna elegante dai corti capelli grigiastri, un tailleur rosso con sotto una camicia bianca, il viso non troppo invecchiato per quel colore di capelli e una lunga cicatrice a disegnarle la palpebra mobile dell'occhio sinistro fino ad arrivare al mento spigoloso, passando per la guancia infossata.

Aveva le braccia ferme lungo i fianchi e una posizione dura e rigida che non ricordava affatto la scioltezza di una donna, era lei però che nella stanza bianca si era assicurata che la giovane avesse ripreso a vivere perché la sua voce non era parsa nuova all'udito di Eileen.

"Credevamo che non ti svegliassi più, invece è un vero piacere vederti finalmente in piedi".

Ogni parola era scandita perfettamente e il suo timbro di voce era quieto ed elegante.

"Che... che cosa mi è successo?" Eileen iniziò a balbettare, ma non si fece mancare una smorfia a mezza bocca.

La Signora avanzò fermandosi a pochi passi da lei. La studiò in silenzio senza farsene accorgere, le sembrava così irreale che fosse ancora in piedi nonostante il modo in cui il suo corpo era stato ritrovato.

Anche le profonde ferite che riportava su entrambe le gambe non sembravano pesarle minimamente, tutta questa forza fisica le risultava strana eppure non aveva fatto altro che soccorrere giovani ritrovati allo stesso stato di Eileen che per riprendersi impiegavano più del dovuto o si lasciavano del tutto morire.

In lei sembrava che la morte si fosse scansata.

"Speravo che potessi dirmelo tu, ti hanno trovata priva di sensi all'interno del bosco durante un addestramento notturno", La Signora guardò dritta davanti a lei proprio fino alla fine della porta dietro cui vi era la stanza bianca.

"Mi ha trovata chi?" Domandò Eileen pensando a quelle voci che sentiva quando ancora non si era del tutto svegliata.

"Oh, farai presto la loro conoscenza", la Signora congiunse le mani:"Sei rimasta immobile per due giorni, chi veniva a controllare che ti svegliassi ha giurato perfino di non averti sentita più respirare", Eileen deglutì mentre la Signora prese il passo:"Volevano dichiararti morta ma...", si fermò a guardarla come a voler gustare l'espressione della ragazza a quell'affermazione:"Ho fatto bene ad aspettare".

L'ultima frase suonò distorta alle orecchie di Eileen tanto che le venne un brivido pungente lungo la schiena. Allontanò il pensiero che aveva cominciato a farla sentire inquieta e piena di ansia, seguì il passo dell'elegante Signora, aveva tanto da chiederle.

"Cosa sarebbe successo se fossi... morta davvero?"
Quella domanda fu pesante da formulare:"Voglio dire, a volte la morte può essere apparente, momentanea".

"Saresti stata trasferita nell'obitorio", ma la Signora non evitò di essere ancora una volta troppo diretta.

"Avete un obitorio?" Eileen impallidì.

La Signora si fermò all'improvviso facendo perdere l'equilibrio alla giovane che si fermò a due passi in avanti rispetto a lei:"Ogni grande struttura deve possederne uno".

Eileen deglutì rumorosamente:"Immagino io debba ringraziarla, allora", disse.

"Non è necessario", rispose senza accennare emozioni.

"Potrebbe dirmi dov'è che mi trovo?" Chiese Eileen.

"Lasciamo le domande a domattina", rispose la Signora pacatamente:"Questa è l'ora del coprifuoco e tu stai girovagando da troppo tempo".

Eileen corrugò la fronte:"Avete anche un coprifuoco?"

La Signora la guardò:"Salvaguardiamo la tranquillità di ogni studente".

"Studente? Quante persone ci sono qui dentro?" Eileen si guardò attorno.

"Abbastanza", asserì la Signora.

"Capisco", farfugliò la giovane.

"Noto con piacere che la voglia di fare domande non ti manca affatto", le fece notare la Signora.

Eileen si sentì le guance divampare, era arrossita:"Sono solo curiosa".

"La curiosità dona piaceri come anche tanti problemi, impara a gestirla".

"Lo farò", disse Eileen a voce bassa.

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