Capitolo 16
⚠️ Attenzione: capitolo violento ⚠️
Quando si fermò dinanzi la porta della sua stanza, notò che anche lei aveva la lavagnetta qualche centimetro sotto la targhetta numerica. Era bianca, senza alcun simbolo sopra e non credeva vi avrebbe mai disegnato qualcosa di attinente.
Per quanto potesse essere stupido, non aveva nessuna intenzione di far sapere a qualcuno della Sezione che anche lei aveva uno strano segno marchiato sulla sua pelle, neppure a Luxor e a Rhea, tanto non avrebbe saputo come spiegarlo dal momento in cui le veniva difficile ricordare qualsiasi cosa appartenesse al suo passato e alle origini di quel simbolo.
Entrò nella sua camera e la prima cosa che fece, fu posare il libro sulla scrivania e avviarsi verso la porta finestra nascosta dietro la tenda bianco trasparente.
L'aria pungente pizzicò le sue guance non appena mise naso fuori, la nebbia fitta colorava di grigio i suoi capelli neri ma permise alla sua vista di vedere meglio gli orizzonti che sul tetto le sembravano inesistenti.
Il giardino ai suoi piedi, che fino a ieri le pareva piccolo, adesso sembrava di una imponente grandezza e dispersione tanto che il solo pensiero di entrarvi dentro le mise i brividi che il freddo non metteva sulla sua pelle gelida.
Ancora non riusciva a spiegarsi per quale motivo fosse così, ma non portava su di sé il calore di un umano, quella piacevole sensazione di sentirsi scaldati al contatto con un abbraccio.
Sentiva freddo perfino a toccarsi da sola, come se non stesse sfiorando la sua pelle ma un blocco di ghiaccio in pieno inverno.
Eileen fece viaggiare la sua immaginazione oltre il proprio sguardo, imbattendosi per la seconda volta in quella figura statuaria situata al centro del giardino.
Raffigurava una donna che non riusciva ad inquadrare in maniera perfetta da poterla descrivere. Non mise in dubbio fosse la donna di cui le aveva accennato Rhea e che vedeva in Eileen una leggera somiglianza ma, dal momento in cui la nebbia giocava a suo sfavore, avrebbe fatto in modo di vederla da più vicino e valutarlo lei stessa.
Dopo poco rientrò sistemando balcone e tenda com'erano, accese l'abat-jour sulla scrivania e si accomodò sulla sedia. Era abbastanza comoda, non l'aveva ancora provata, aveva il cuscino imbottito cucito sulla seduta e lo schienale alto non dava neanche tanto fastidio, nonostante i ritagli sul legno.
"Quando l'amore non può più amare", era così che si intitolava il grosso libro dalla copertina rigida color ocra sbiadito, la scritta era argento lucido e al contatto con le dita poteva sentirne a malapena il suo rilievo.
Ogni foglio era macchiato dai segni del tempo e dalla trascuratezza, ciò le fece capire che ormai quella libreria era vissuta poco e che sarebbe stato anche normale non perdere tempo a pulire migliaia e migliaia di libri messi anche in altezze difficili da raggiungere.
L'odore di carta però era rimasto quasi invariato anche se, sfogliando rapidamente, aveva buttato in aria una miriade di purviscoli polverosi. Iniziò a leggere a voce alta la prima pagina, quella subito dopo la rigida copertina:"Amore non dà a chi la vita toglie. Amore da a chi non teme la morte", fra parentesi e accapo vi era scritto l'autore: Pharrel.
Il giorno del suo diciottesimo compleanno, come di tradizione per la sua raggiunta maggiore età, Sagar lo proclamò erede della spada Gramal, lama conosciuta da tutti come quella più sporca di sangue mai usata prima.
Scintillante anche al buio, con impugnatura ramata dai ricami dorati, era stata artefice di crudeli guerre in cui non aveva risparmiato neppure donne e bambini. Il ragazzo fu contento di questo onore poiché vi aveva puntato i suoi occhi color miele già da quando i suoi primi passi diventarono l'inizio del lungo cammino ma Pharrel, diverso dall'uomo che gli aveva dato la vita, sentiva di essere troppo umile e diverso per dare alla spada altro sangue di cui saziarla.
Sapeva però che se avesse rifiutato l'incarico di guerriero patriottico, sarebbe stato escluso dalla sua terra e disconosciuto come figlio del più potente uomo del mondo di Truska.
Così fece disonore verso suo padre e verso il suo popolo, l'umiltà di un uomo era vista come debolezza e non era da quelli come lui che i truskani dovevano essere guidati e protetti.
Con pugno fermo e sangue freddo, Sagar allontanò suo figlio disconoscendolo come tale, riprese a sé la scintillante Gramal accusandolo di codardia e disprezzo del proprio orgoglio virile.
Cacciandolo dalla terra che non era più sua, Sagar lo spedì quanto prima su una nave con l'avviso di morte se si fossero mai incrociati l'uno nel cammino dell'altro.
"Da oggi tu non sarai più mio figlio", disse dinanzi al popolo:"Da oggi la vita che ho tanto amato farti avere, verrà levata se mai dovessi rimettere piedi a Truska".
Il popolo acclamò felice le scelte di Sagar e Eileen, leggendo quelle parole intrise di piacere, rimase quasi stupita di come un padre potesse liberarsi con tanta facilità del proprio figlio. Con i brividi ad accapponarle la pelle, riprese a leggere la storia di quel ragazzo cancellato dal mondo per aver scelto di non diventare come il padre e uccidere ogni forma vivente.
Fu un viaggio lungo e tortuoso quello in mare, imbarcato come schiavo di un grottesco pirata alcolizzato e senza ripudio alcuno nell'usare le donne come unico oggetto di piacere.
La sua umiltà di ragazzo lo spinse più volte a rischiare la vita quando, sotto i propri occhi, assisteva alla violenza contro la servitù, allo schiavismo dei suoi pari e al denaro promesso ma mai visto.
Più volte su quella nave, nelle celle spacciate per dormitori senza pane e acqua per giorni e la forza calante ogni attimo sempre di più, si pentiva di non aver dato retta a suo padre. Non avrebbe ucciso neanche volendo, voleva crescere senza dover stroncare la vita degli altri, aveva deciso che sarebbe stata un bene prezioso da conservare e da levare solo se vi era motivo per farlo.
I giorni in mare aperto passavano lenti tra onde alte, tempeste violente e il rischio di affondare ogni giorno e morire annegati.
Pharrel pensava spesso a come sarebbe voluto morire, sicuramente non sotto chilometri di un fondale marino, dove alghe e muschio lo avrebbero ricoperto a tal punto da non permettere a nessuno di riconoscerlo.
Pensava perfino che se non avesse fatto qualcosa di eclatante, probabilmente nessuno si sarebbe mai ricordato di lui se non del ragazzo allontanato dalla sua terra e schiavizzato da un vecchio pirata ubriaco. la cui vita sembrava pesargli nonostante avesse completamente rimosso tutto ciò che gli apparteneva.
Aveva trovato nuovi amici, per quanto poveri fossero anche a livello mentale, avuto nuove esperienze, aveva conosciuto il sesso con Agariel, una donna più grande di lui invaghita del suo modo di proteggerla ogni qualvolta Tomyus aveva tentato di metterle le mani addosso in sua presenza.
Pharrel non la amava, sapeva di non poterle dare nulla in cambio se non il piacere di notti passionali e carnali atti a dimenticare i giorni caldi e violenti, ma la apprezzava per il suo carattere forte e determinato nonostante la prima volta che si erano incontrati, l'aveva trovata accasciata in un angolo buio con il volto sfigurato e la paura negli occhi.
Era per lui un punto di riferimento sulla donna che avrebbe voluto una volta toccato terra ferma, ma quel pensiero fu solo una oscura illusione: forse i suoi piedi non avrebbero mai più calpestato asfalti e foglie secche, le sue mani non avrebbero più raccolto fiori come faceva nei campi per portarli sulla tomba della madre, non avrebbe galoppato sui suoi mustang e fatto l'amore con un'altra donna all'infuori di lei.
Pharrel nutriva di interessi sopraffini per un uomo cresciuto alla visione del sangue: voleva sposarsi, immaginava la sua vecchiaia affiancata da una bellissima creatura simile a sua madre, con il suo stesso timbro delicato di voce e quella pazienza che in poche donne avrebbero avuto con un marito come Sagar.
Voleva dei figli, tre o forse quattro, prediligeva i maschi ma anche una bambina gli avrebbe dato più gioie di quel che poteva immaginare. E dei nipoti, tanti nipoti al quale avrebbe insegnato ad amare la vita come l'unica e sola e apprezzare quella degli altri come fosse la loro.
Quindicesimo giorno sulla nave, andava sempre peggio, Pharrel malediceva ogni giorno di non avere il sangue freddo di Sagar.
Aveva il suo DNA ma non la sua brutale barbaria, il colore dei suoi occhi ma non il suo menefreghismo, la sua altezza ma non la sua stessa forza fisica.
In quella notte buia e tempestosa dove la nave sembrava diventata un'altalena, Pharrel si fece coraggio stringendo i pugni per studiare quanto prima la sua vendetta.
Quando nell'ennesima e immancabile tortura fisica e mentale, Tomyus aveva assassinato e gettato in mare uno dei suoi amici con l'accusa di saccheggio al suo prezioso oro.
"Vedete inutili scarafaggi?" Singhiozzò librando in aria la sua bottiglia di whisky:"Io ho il potere di schiacciarvi uno ad uno, proprio come ho fatto con il vostro amico. Non potete nulla contro Tomyus, io vi distruggerò finché di voi rimarranno solo le ossa", barcollava su se stesso. Non riusciva neppure a reggersi in piedi:"Tu puttanella, vieni qui dal tuo padrone", urlò contro una delle donne che si era affacciata per guardare quanto stesse accadendo:"Inginocchiati al mio cospetto", ella obbedì e con una grossa risata, Tomyus le versò l'intera bottiglia di whisky addosso, per poi ordinarle di spogliarsi davanti a tutti e farsi possedere malvagiamente da ogni marinaio presente.
Nonostante fosse disgustoso, nonostante ormai ogni uomo si era unito contro le ingiustizie del pirata pazzo pur di non essere uccisi, erano pur sempre uomini consapevoli di poter morire da un momento all'altro o di non toccare terra mai più.
Nessuno, a giro, si era rifiutato di affondare le proprie libido all'interno di quella povera donna ormai stanca e imbarazzata dei peccati subiti senza alcun ripudio.
Il turno di Pharrel arrivò proprio in quel momento, quando la donna non aveva più forza per muoversi. Il silenzio calò improvviso, nemmeno più singhiozzava, tutti i marinai lo guardavano in attesa di godersi l'ultimo attimo di spettacolo.
Pharrel deglutì faticosamente fissando la donna inerme, le si avvicinò lentamente mentre tutti gli altri iniziarono a ridacchiare e a incitarlo di darci dentro senza pietà.
Lui ignorò tutti, tutt'al più afferrò la veste della donna e avvolse la sua nudità tremante che a contatto con la sua mano si scosse come terrorizzata.
"Che cosa stai facendo?" Singhiozzò ubriaco il pirata.
Pharrel si alzò molto lentamente:"La ragazza ha subito abbastanza".
Tomyus lo spinse bruscamente lontano da lei:"Non sei tu a decidere quando per lei è abbastanza, inutile scarafaggio. Guardala, ha ancora tanta voglia di essere violentata".
Tomyus si abbassò i pantaloni e con violenza si servì della donna fino all'ultima lacrima scivolata via dal suo viso, impotente dinanzi quella disgustosa scena, Pharrel abbassò il capo quando si rese conto che lei lo stava guardando.
Non ce la faceva più, non poteva più sopportare una cosa simile, Pharrel sentiva di dover fare qualcosa contro quel pirata, e pure in fretta.
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